Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
Norme in materia ambientale

(G.U. n. 88 del 14 aprile 2006)

Parte prima - Disposizioni comuni e principi generali

1. Ambito di applicazione.
2. Finalità.
3. Criteri per l'adozione dei provvedimenti successivi.
3-bis. Principi sulla produzione del diritto ambientale.
3-ter. Principio dell'azione ambientale.
3-quater. Principio dello sviluppo sostenibile.
3-quinquies. Principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.
3-sexies. Diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a scopo collaborativo.

Parte seconda - Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC)

Titolo I - Norme generali

4. Finalità
5. Definizioni.
6. Oggetto della disciplina
7. Competenze
8. Norme di organizzazione
8-bis. Commissione istruttoria per l'autorizzazione  integrata ambientale - IPPC
9. Norme procedurali generali
10. Norme per il coordinamento e la semplificazione dei procedimenti

Titolo II - Valutazione ambientale strategica - VAS

11. Modalità di svolgimento
12. Verifica di assoggettabilità
13. Redazione del rapporto ambientale
14. Consultazione
15. Valutazione del rapporto ambientale e degli esiti i risultati della consultazione
16. Decisione
17. Informazione sulla decisione
18. Monitoraggio

Titolo III - La Valutazione di impatto ambientale

19. Modalità di svolgimento
20. Verifica di assoggettabilità
21.Definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale
22. Studio di impatto ambientale
23. Presentazione dell'istanza
24. Consultazione
25. Valutazione dello studio di impatto ambientale e degli esiti della consultazione
26. Decisione
27. Informazione sulla decisione
28. Monitoraggio
29. Controlli e sanzioni

Titolo III-bis. L'autorizzazione integrata ambientale

29-bis. Individuazione e utilizzo delle migliori tecniche disponibili

29-ter. Domanda di autorizzazione integrata ambientale

29-quater. Procedura per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale

29-quinquies. Indirizzi per garantire l'uniforme applicazione sul territorio nazionale

29-sexies. Autorizzazione integrata ambientale 

29-septies. Migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale

29-octies. Rinnovo e riesame

29-nonies. Modifica degli impianti o variazione del gestore

29-decies. Rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale

29-undecies. Inventario delle principali emissioni e loro fonti

29-duodecies. Comunicazioni

29-terdecies. Scambio di informazioni

29-quattuordecies. Sanzioni

Titolo IV - Valutazioni ambientali interregionali e transfrontaliere

30. Impatti ambientali interregionali
31. Attribuzione competenze
32. Consultazioni transfrontaliere
32-bis. Effetti transfrontalieri

Titolo V - Norme transitorie e finali

33. Oneri istruttori
34. Norme tecniche, organizzative e integrative
35. Disposizioni transitorie e finali
36. Abrogazioni e modifiche
37. - 52.
(abrogati)

Parte terza - Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche

Sezione I - Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione

Titolo I - Principi generali e competenze

Capo I - Principi generali

53. Finalità.
54. Definizioni.
55. Attività conoscitiva.
56. Attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione.

Capo II - Competenze

57. Presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo.
58. Competenze del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
59. Competenze della conferenza Stato-regioni.
60. Competenze dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - APAT.
61. Competenze delle regioni.
62. Competenze degli enti locali e di altri soggetti.
63. Autorità di bacino distrettuale.

Titolo II - I distretti idrografici, gli strumenti, gli interventi

Capo I - Distretti idrografici

64. Distretti idrografici.

Capo II - Gli strumenti

65. Valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale.
66. Adozione ed approvazione dei piani di bacino.
67. I piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di prevenzione per le aree a rischio.
68. Procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio.

Capo III - Gli interventi

69. Programmi di intervento.
70. Adozione dei programmi.
71. Attuazione degli interventi.
72. Finanziamento.

Sezione II - Tutela delle acque dall'inquinamento

Titolo I - Principi generali e competenze

73. Finalità.
74. Definizioni.
75. Competenze.

Titolo II - Obiettivi di qualità

Capo I - Obiettivo di qualità ambientale e obiettivo di qualità per specifica destinazione

76. Disposizioni generali.
77. Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale.
78. Standard di qualità per l'ambiente acquatico.
79. Obiettivo di qualità per specifica destinazione.

Capo II - Acque a specifica destinazione

80. Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile.
81. Deroghe.
82. Acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile.
83. Acque di balneazione.
84. Acque dolci idonee alla vita dei pesci.
85. Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci.
86. Deroghe.
87. Acque destinate alla vita dei molluschi.
88. Accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi.
89. Deroghe.
90. Norme sanitarie.

Titolo III - Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi

Capo I - Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento

91. Aree sensibili.
92. Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola.
93. Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e zone vulnerabili alla desertificazione.
94. Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano.

Capo II - Tutela quantitativa della risorsa e risparmio idrico

95. Pianificazione del bilancio idrico.
96. Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.
97. Acque minerali naturali e di sorgenti.
98. Risparmio idrico.
99. Riutilizzo dell'acqua.

Capo III - Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi

100. Reti fognarie.
101. Criteri generali della disciplina degli scarichi.
102. Scarichi di acque termali.
103. Scarichi sul suolo.
104. Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee.
105. Scarichi in acque superficiali.
106. Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili.
107. Scarichi in reti fognarie.
108. Scarichi di sostanze pericolose.

Capo IV - Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici

109. Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte.
110. Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane.
111. Impianti di acquacoltura e piscicoltura.
112. Utilizzazione agronomica.
113. Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia.
114. Dighe.
115. Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici.
116. Programmi di misure.

Titolo IV - Strumenti di tutela

Capo I - Piani di gestione e piani di tutela delle acque

117. Piani di gestione e registro delle aree protette.
118. Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell'impatto esercitato dall'attività antropica.
119. Principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici.
120. Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici.
121. Piani di tutela delle acque.
122. Informazione e consultazione pubblica.
123. Trasmissione delle informazioni e delle relazioni.

Capo II - Autorizzazione agli scarichi

124. Criteri generali.
125. Domanda dì autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali.
126. Approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane.
127. Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue.

Capo III - Controllo degli scarichi

128. Soggetti tenuti al controllo.
129. Accessi ed ispezioni.
130. Inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico.
131. Controllo degli scarichi di sostanze pericolose.
132. Interventi sostitutivi.

Titolo V - Sanzioni

Capo I - Sanzioni amministrative

133. Sanzioni amministrative.
134. Sanzioni in materia di aree di salvaguardia.
135. Competenza e giurisdizione.
136. Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie.

Capo II - Sanzioni penali

137. Sanzioni penali.
138. Ulteriori provvedimenti sanzionatori per l'attività di molluschicoltura.
139. Obblighi del condannato.
140. Circostanza attenuante.

Sezione III - Gestione delle risorse idriche

Titolo I - I principi generali e competenze

141. Ambito di applicazione.
142. Competenze.
143. Proprietà delle infrastrutture.
144. Tutela e uso delle risorse idriche.
145. Equilibrio del bilancio idrico.
146. Risparmio idrico.

Titolo II - Servizio idrico integrato

147. Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato.
148. Autorità d'ambito territoriale ottimale.
149. Piano d'ambito.
150. Scelta della forma di gestione e procedure di affidamento.
151. Rapporti tra autorità d'ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato.
152. Poteri di controllo e sostitutivi.
153. Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato.
154. Tariffa del servizio idrico integrato.
155. Tariffa del servizio di fognatura e depurazione.
156. Riscossione della tariffa.
157. Opere di adeguamento del servizio idrico.
158. Opere e interventi per il trasferimento di acqua.

Titolo III - Vigilanza, controlli e partecipazione

159. Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti.
160. Compiti e funzioni dell'Autorità di vigilanza.
161. Osservatorio sulle risorse idriche e sui rifiuti.
162. Partecipazione, garanzia e informazione degli utenti.
163. Gestione delle aree di salvaguardia.
164. Disciplina delle acque nelle aree protette.
165. Controlli.

Titolo IV - Usi produttivi delle risorse idriche

166. Usi delle acque irrigue e di bonifica.
167. Usi agricoli delle acque.
168. Utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico.
169. Piani, studi e ricerche.

Sezione IV - Disposizioni transitorie e finali

170. Norme transitorie.
171. Canoni per le utenze di acqua pubblica.
172. Gestioni esistenti.
173. Personale.
174. Disposizioni di attuazione e di esecuzione.
175. Abrogazione di norme.
176. Norma finale.

Parte quarta - Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati

Titolo I - Gestione dei rifiuti

Capo I - Disposizioni generali

177. Campo di applicazione.
178. Finalità.
179. Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti.
180. Prevenzione della produzione di rifiuti.
181. Recupero dei rifiuti.
181-bis. Materie, sostanze e prodotti secondari.
182. Smaltimento dei rifiuti.
183. Definizioni.
184. Classificazione.
184-bis. Sottoprodotto
184-ter. Cessazione della qualifica di rifiuto
185. Limiti al campo di applicazione.
186. Terre e rocce da scavo.
187. Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi.
188. Oneri dei produttori e dei detentori.
188-bis. Controllo della tracciabilità dei rifiuti
188-ter. Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) (abrogato dall'art. 6, comma 2, decreto-legge n. 138 del 2011)
189. Catasto dei rifiuti.
190. Registri di carico e scarico.
191. Ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi.
192. Divieto di abbandono.
193. Trasporto dei rifiuti.
194. Spedizioni transfrontaliere.

Capo II - Competenze

195. Competenze dello stato.
196. Competenze delle regioni.
197. Competenze delle province.
198. Competenze dei comuni.

Capo III - Servizio di gestione integrata dei rifiuti

199. Piani regionali.
200. Organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.
201. Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.
202. Affidamento del servizio.
203. Schema tipo di contratto di servizio.
204. Gestioni esistenti.
205. Misure per incrementare la raccolta differenziata.
206. Accordi, contratti di programma, incentivi.
206-bis. Osservatorio nazionale sui rifiuti
207. Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti.

Capo IV - Autorizzazioni e iscrizioni

208. Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.
209. Rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale.
210. Autorizzazioni in ipotesi particolari.
211. Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione.
212. Albo nazionale gestori ambientali.
213. Autorizzazioni integrate ambientali.

Capo V - Procedure semplificate

214. Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate.
215. Autosmaltimento.
216. Operazioni di recupero.

Titolo II - Gestione degli imballaggi

217. Ambito di applicazione.
218. Definizioni.
219. Criteri informatori dell'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio.
220. Obiettivi di recupero e di riciclaggio.
221. Obblighi dei produttori e degli utilizzatori.
222. Raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione.
223. Consorzi.
224. Consorzio nazionale imballaggi.
225. Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio.
226. Divieti.

Titolo III - Gestione di particolari categorie di rifiuti

227. Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto.
228. Pneumatici fuori uso.
229. Combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti di qualità elevata - cdr e cdr-q.
230. Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture.
231. Veicoli fuori uso non disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209.
232. Rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico.
233. Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti.
234. Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene.
235. Consorzio nazionale per la raccolta e trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi.
236. Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati.
237. Criteri direttivi dei sistemi di gestione.

Titolo IV - Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani

238. Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani.

Titolo V - Bonifica di siti contaminati

239. Princìpi e campo di applicazione.
240. Definizioni.
241. Regolamento aree agricole.
242. Procedure operative ed amministrative.
243. Acque di falda.
244. Ordinanze.
245. Obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione.
246. Accordi di programma.
247. Siti soggetti a sequestro.
248. Controlli.
249. Aree contaminate di ridotte dimensioni.
250. Bonifica da parte dell'amministrazione.
251. Censimento ed anagrafe dei siti da bonificare.
252. Siti di interesse nazionale.
252-bis. Siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale
253. Oneri reali e privilegi speciali.

Titolo VI - Sistema sanzionatorio e disposizioni transitorie e finali

Capo I - Sanzioni

254. Norme speciali.
255. Abbandono di rifiuti.
256. Attività di gestione di rifiuti non autorizzata.
257. Bonifica dei siti.
258. Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari.
259. Traffico illecito di rifiuti.
260. Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.
260-bis. Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti (abrogato dall'art. 6, comma 2, decreto-legge n. 138 del 2011)
260-ter. Sanzioni amministrative accessorie. Confisca
261. Imballaggi.
262. Competenza e giurisdizione.
263. Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie.

Capo II - Disposizioni transitorie e finali

264. Abrogazione di norme.
265. Disposizioni transitorie.
266. Disposizioni finali.

Parte quinta - Norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera

Titolo I - Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività

267. Campo di applicazione.
268. Definizioni.
269. Autorizzazione alle emissioni in atmosfera.
270. Convogliamento delle emissioni.
271. Valori limite di emissione e prescrizioni.
272. Impianti e attività in deroga.
273. Grandi impianti di combustione.
274. Raccolta e trasmissione dei dati sulle emissioni dei grandi impianti di combustione.
275. Emissioni di cov.
276. Controllo delle emissioni di cov derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali agli impianti di distribuzione.
277. Recupero di cov prodotti durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli presso gli impianti di distribuzione carburanti.
278. Poteri di ordinanza.
279. Sanzioni.
280. Abrogazioni.
281. Disposizioni transitorie e finali.

Titolo II - Impianti termici civili

282. Campo di applicazione.
283. Definizioni.
284. Denuncia di installazione o modifica.
285. Caratteristiche tecniche.
286. Valori limite di emissione.
287. Abilitazione alla conduzione.
288. Controlli esanzioni.
289. Abrogazioni.
290. Disposizioni transitorie e finali.

Titolo III - Combustibili

291. Campo di applicazione.
292. Definizioni.
293. Combustibili consentiti.
294. Prescrizioni per il rendimento di combustione.
295. Raccolta e trasmissione di dati relativi al tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi.
296. Sanzioni.
297. Abrogazioni.
298. Disposizioni transitorie e finali.

Parte sesta - Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente

Titolo I - Ambito di applicazione

299. Competenze ministeriali.
300. Danno ambientale.
301. Attuazione del principio di precauzione
302. Definizioni.
303. Esclusioni.

Titolo II - Prevenzione e ripristino ambientale

304. Azione di prevenzione.
305. Ripristino ambientale.
306. Determinazione delle misure per il ripristino ambientale.
307. Notificazione delle misure preventive e di ripristino.
308. Costi dell'attività di prevenzione e di ripristino.
309. Richiesta di intervento statale.
310. Ricorsi.

Titolo III - Risarcimento del danno ambientale

311. Azione risarcitoria in forma specifica e per equivalente patrimoniale.
312. Istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale.
313. Ordinanza.
314. Contenuto dell'ordinanza.
315. Effetti dell'ordinanza sull'azione giudiziaria.
316. Ricorso avverso l'ordinanza.
317. Riscossione dei crediti e fondo di rotazione.
318. Norme transitorie e finali.

Allegati:
- alla Parte seconda

- alla Parte terza
- alla Parte quarta
- alla Parte quinta
- alla Parte sesta


Parte prima - Disposizioni comuni e principi generali

1. Ambito di applicazione

1. Il presente decreto legislativo disciplina, in attuazione della legge 15 dicembre 2004, n. 308, le materie seguenti:

a) nella parte seconda, le procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC);
b) nella parte terza, la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione, la tutela delle acque dall'inquinamento e la gestione delle risorse idriche;
c) nella parte quarta, la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati;
d) nella parte quinta, la tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera;
e) nella parte sesta, la tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente.

2. Finalità

1. Il presente decreto legislativo ha come obiettivo primario la promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell'ambiente e l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali.

2. Per le finalità di cui al comma 1, il presente decreto provvede al riordino, al coordinamento e all'integrazione delle disposizioni legislative nelle materie di cui all'articolo 1, in conformità ai principi e criteri direttivi di cui ai commi 8 e 9 dell'articolo 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, e nel rispetto degli obblighi internazionali, dell'ordinamento comunitario, delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali.
(comma così sostituito dall'articolo 1, comma 1, d.lgs. n. 128 del 2010)

3. Le disposizioni di cui al presente decreto sono attuate nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

3. Criteri per l'adozione dei provvedimenti successivi

1. (comma abrogato dall'articolo 1, comma 2, d.lgs. n. 128 del 2010)

2. (comma abrogato dall'articolo 1, comma 2, d.lgs. n. 128 del 2010)

3. Per la modifica e l'integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia ambientale, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare acquisisce, entro 30 giorni dalla richiesta, il parere delle rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA), senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
(comma così sostituito dall'articolo 1, comma 2, d.lgs. n. 128 del 2010)

4. (comma abrogato dall'articolo 1, comma 2, d.lgs. n. 128 del 2010)

5. (comma abrogato dall'articolo 1, comma 2, d.lgs. n. 128 del 2010)

3-bis. Principi sulla produzione del diritto ambientale

1. I principi posti dalla presente Parte prima costituiscono i principi generali in tema di tutela dell'ambiente, adottati in attuazione degli articoli 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44, 117 commi 1 e 3 della Costituzione e nel rispetto degli obblighi internazionali e del diritto comunitario.
(comma così modificato dall'articolo 1, comma 3, d.lgs. n. 128 del 2010)

2. I principi previsti dalla presente Parte Prima costituiscono regole generali della materia ambientale nell'adozione degli atti normativi, di indirizzo e di coordinamento e nell'emanazione dei provvedimenti di natura contingibile ed urgente.

3. Le norme di cui al presente decreto possono essere derogate, modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da successive leggi della Repubblica, purché sia comunque sempre garantito il rispetto del diritto europeo, degli obblighi internazionali e delle competenze delle Regioni e degli Enti locali.
(comma così sostituito dall'articolo 1, comma 3, d.lgs. n. 128 del 2010)

3-ter. Principio dell'azione ambientale

1. La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale.

3-quater. Principio dello sviluppo sostenibile

1. Ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future.

2. Anche l'attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell'ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione.

3. Data la complessità delle relazioni e delle interferenze tra natura e attività umane, il principio dello sviluppo sostenibile deve consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell'ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinché nell'ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca altresì il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la qualità dell'ambiente anche futuro.

4. La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve essere cercata e trovata nella prospettiva di garanzia dello sviluppo sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e l'evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attività umane.

3-quinquies. Principi di sussidiarietà e di leale collaborazione

1. I principi contenuti nel presente decreto legislativo costituiscono le condizioni minime ed essenziali per assicurare la tutela dell'ambiente su tutto il territorio nazionale.
(comma così modificato dall'articolo 1, comma 4, d.lgs. n. 128 del 2010)

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare forme di tutela giuridica dell'ambiente più restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio, purché ciò non comporti un'arbitraria discriminazione, anche attraverso ingiustificati aggravi procedimentali.

3. Lo Stato interviene in questioni involgenti interessi ambientali ove gli obiettivi dell'azione prevista, in considerazione delle dimensioni di essa e dell'entità' dei relativi effetti, non possano essere sufficientemente realizzati dai livelli territoriali inferiori di governo o non siano stati comunque effettivamente realizzati.

4. Il principio di sussidiarietà di cui al comma 3 opera anche nei rapporti tra regioni ed enti locali minori. Qualora sussistano i presupposti per l'esercizio del potere sostitutivo del Governo nei confronti di un ente locale, nelle materie di propria competenza la Regione può esercitare il suo potere sostitutivo.
(comma così modificato dall'articolo 1, comma 4, d.lgs. n. 128 del 2010)

3-sexies. Diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a scopo collaborativo

1. In attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e delle previsioni della Convenzione di Aarhus, ratificata dall'Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, e ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, chiunque, senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, può accedere alle informazioni relative allo stato dell'ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale.

Parte seconda - Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC)

Titolo I - PRINCIPI GENERALI PER LE PROCEDURE DI VIA, DI VAS E PER LA VALUTAZIONE D'INCIDENZA E L'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (AIA).

Art. 4. Finalità

1. Le norme del presente decreto costituiscono recepimento ed attuazione:

a) della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli impatti di determinati piani e programmi sull'ambiente;
b) della direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985, concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata ed integrata con la direttiva 97/11/CE del Consiglio del 3 marzo 1997 e con la direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003;
c) della direttiva 2008/1/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 gennaio 2008, concernente la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento.
(lettera aggiunta dall'articolo 2, comma 1, d.lgs. n. 128 del 2010)

2. Il presente decreto individua, nell'ambito della procedura di Valutazione dell'impatto ambientale modalità di semplificazione e coordinamento delle procedure autorizzative in campo ambientale, ivi comprese le procedure di cui al Titolo III-bis, Parte Seconda del presente decreto.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 1, d.lgs. n. 128 del 2010)

3. La valutazione ambientale di piani, programmi e progetti ha la finalità di assicurare che l'attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, e quindi nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un'equa distribuzione dei vantaggi connessi all'attività economica. Per mezzo della stessa si affronta la determinazione della valutazione preventiva integrata degli impatti ambientali nello svolgimento delle attività normative e amministrative, di informazione ambientale, di pianificazione e programmazione.

4. In tale ambito:

a) la valutazione ambientale di piani e programmi che possono avere un impatto significativo sull'ambiente ha la finalità di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e approvazione di detti piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile.
b) la valutazione ambientale dei progetti ha la finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema in quanto risorsa essenziale per la vita. A questo scopo, essa individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e secondo le disposizioni del presente decreto, gli impatti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori:

1) l'uomo, la fauna e la flora;
2) il suolo, l'acqua, l'aria e il clima;
3) i beni materiali ed il patrimonio culturale;
4) l'interazione tra i fattori di cui sopra;

c) l'autorizzazione integrata ambientale ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente dalle attività di cui all'allegato VIII e prevede misure intese a evitare, ove possibile, o a ridurre le emissioni nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente salve le disposizioni sulla valutazione di impatto ambientale.
(lettera aggiunta dall'articolo 2, comma 1, d.lgs. n. 128 del 2010)

Art. 5. Definizioni

1. Ai fini del presente decreto si intende per:
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 2, d.lgs. n. 128 del 2010)

a) valutazione ambientale di piani e programmi, nel seguito valutazione ambientale strategica, di seguito VAS: il processo che comprende, secondo le disposizioni di cui al titolo II della seconda parte del presente decreto, lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità, l'elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l'espressione di un parere motivato, l'informazione sulla decisione ed il monitoraggio;
b) valutazione ambientale dei progetti, nel seguito valutazione d'impatto ambientale, di seguito VIA: il procedimento mediante il quale vengono preventivamente individuati gli effetti sull'ambiente di un progetto, secondo le disposizioni di cui al titolo III della seconda parte del presente decreto, ai fini dell'individuazione delle soluzioni più idonee al perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 4, commi 3 e 4, lettera b);
c) impatto ambientale: l'alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa dell'ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell'attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti;
d) patrimonio culturale: l'insieme costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici in conformità al disposto di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
e) piani e programmi: gli atti e provvedimenti di pianificazione e di programmazione comunque denominati, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità europea, nonché le loro modifiche:

1) che sono elaborati e/o adottati da un'autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un'autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, amministrativa o negoziale e
2) che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative;

f) rapporto ambientale: il documento del piano o del programma redatto in conformità alle previsioni di cui all'articolo 13;
g) progetto preliminare: gli elaborati progettuali predisposti in conformità all'articolo 93 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel caso di opere pubbliche; negli altri casi, il progetto che presenta almeno un livello informativo e di dettaglio equivalente ai fini della valutazione ambientale;
h) progetto definitivo: gli elaborati progettuali predisposti in conformità all'articolo 93 del decreto n. 163 del 2006 nel caso di opere pubbliche; negli altri casi, il progetto che presenta almeno un livello informativo e di dettaglio equivalente ai fini della valutazione ambientale;
i) studio di impatto ambientale: elaborato che integra il progetto definitivo, redatto in conformità alle previsioni di cui all'articolo 22;
i-bis) sostanze: gli elementi chimici e loro composti, escluse le sostanze radioattive di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e gli organismi geneticamente modificati di cui ali decreti legislativi del 3 marzo 1993, n. 91 e n. 92;
i-ter) inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore o più in generale di agenti fisici o chimici, nell'aria, nell'acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell'ambiente, causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell'ambiente o ad altri suoi legittimi usi;

i-quater) impianto: l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell'allegato VIII e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento;

i-quinquies) impianto esistente: un impianto che, al 10 novembre 1999, aveva ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all'esercizio, o il provvedimento positivo di compatibilità ambientale, o per il quale a tale data erano state presentate richieste complete per tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per il suo esercizio, a condizione che esso sia entrato in funzione entro il 10 novembre 2000;

i-sexies) impianto nuovo: un impianto che non ricade nella definizione di impianto esistente;

i-septies) emissione: lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell'impianto, opera o infrastruttura, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore, agenti fisici o chimici, radiazioni, nell'aria, nell'acqua ovvero nel suolo;

i-octies) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione ovvero il livello di un'emissione che non possono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze, indicate nel allegato X. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano, tranne i casi diversamente previsti dalla legge, nel punto di fuoriuscita delle emissioni dell'impianto; nella loro determinazione non devono essere considerate eventuali diluizioni. Per quanto concerne gli scarichi indiretti in acqua, l'effetto di una stazione di depurazione può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dall'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente, fatto salvo il rispetto delle disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto;

i-nonies) norma di qualità ambientale: la serie di requisiti, inclusi gli obiettivi di qualità, che sussistono in un dato momento in un determinato ambiente o in una specifica parte di esso, come stabilito nella normativa vigente in materia ambientale;
l) modifica: la variazione di un piano, programma, impianto o progetto approvato, compresi, nel caso degli impianti e dei progetti, le variazioni delle loro caratteristiche o del loro funzionamento, ovvero un loro potenziamento, che possano produrre effetti sull'ambiente;

l-bis) modifica sostanziale di un progetto, opera o di un impianto: la variazione delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento dell'impianto, dell'opera o dell'infrastruttura o del progetto che, secondo l'autorità competente, producano effetti negativi e significativi sull'ambiente. In particolare, con riferimento alla disciplina dell'autorizzazione integrata ambientale, per ciascuna attività per la quale l'allegato VIII indica valori di soglia, è sostanziale una modifica che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa;
l-ter) migliori tecniche disponibili: la più efficiente e avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l'impatto sull'ambiente nel suo complesso. Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre tenere conto in particolare degli elementi di cui all'allegato XI. Si intende per:

1) tecniche: sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell'impianto;

2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente idonee nell'ambito del relativo comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché il gestore possa utilizzarle a condizioni ragionevoli;

3) migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso;

m) verifica di assoggettabilità: la verifica attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se progetti possono avere un impatto significativo e negativo sull'ambiente e devono essere sottoposti alla fase di valutazione secondo le disposizioni del presente decreto;

m-bis) verifica di assoggettabilità di un piano o programma: la verifica attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se piani, programmi ovvero le loro modifiche, possano aver effetti significativi sull'ambiente e devono essere sottoposti alla fase di valutazione secondo le disposizioni del presente decreto considerato il diverso livello di sensibilità ambientale delle aree interessate;

m-ter) parere motivato: il provvedimento obbligatorio con eventuali osservazioni e condizioni che conclude la fase di valutazione di VAS, espresso dall'autorità competente sulla base dell'istruttoria svolta e degli esiti delle consultazioni;

n) provvedimento di verifica: il provvedimento obbligatorio e vincolante dell'autorità competente che conclude la verifica di assoggettabilità;
o) provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale: il provvedimento dell'autorità competente che conclude la fase di valutazione del processo di VIA. è un provvedimento obbligatorio e vincolante che sostituisce o coordina, tutte le autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze, i pareri, i nulla osta e gli assensi comunque denominati in materia ambientale e di patrimonio culturale secondo le previsioni di cui all'articolo 26;
o-bis) autorizzazione integrata ambientale: il provvedimento che autorizza l'esercizio di un impianto rientrante fra quelli di cui all'articolo 4, comma 4, lettera c), o di parte di esso a determinate condizioni che devono garantire che l'impianto sia conforme ai requisiti di cui al titolo III-bis del presente decreto ai fini dell'individuazione delle soluzioni più idonee al perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 4, comma 4, lettera c). Un'autorizzazione integrata ambientale può valere per uno o più impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore;
p) autorità competente: la pubblica amministrazione cui compete l'adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilità, l'elaborazione del parere motivato, nel caso di valutazione di piani e programmi, e l'adozione dei provvedimenti conclusivi in materia di VIA, nel caso di progetti ovvero il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, nel caso di impianti;
q) autorità procedente: la pubblica amministrazione che elabora il piano, programma soggetto alle disposizioni del presente decreto, ovvero nel caso in cui il soggetto che predispone il piano, programma sia un diverso soggetto pubblico o privato, la pubblica amministrazione che recepisce, adotta o approva il piano, programma;
r) proponente: il soggetto pubblico o privato che elabora il piano, programma o progetto soggetto alle disposizioni del presente decreto;
r-bis) gestore: qualsiasi persona fisica o giuridica che detiene o gestisce l'impianto oppure che dispone di un potere economico determinante sull'esercizio tecnico dell'impianto stesso;
s) soggetti competenti in materia ambientale: le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che, per le loro specifiche competenze o responsabilità in campo ambientale, possono essere interessate agli impatti sull'ambiente dovuti all'attuazione dei piani, programmi o progetti;
t) consultazione: l'insieme delle forme di informazione e partecipazione, anche diretta, delle amministrazioni, del pubblico e del pubblico interessato nella raccolta dei dati e nella valutazione dei piani, programmi e progetti;
u) pubblico: una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione vigente, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;
v) pubblico interessato: il pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale o che ha un interesse in tali procedure; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti previsti dalla normativa statale vigente, nonché le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, sono considerate come aventi interesse.

Art. 6. Oggetto della disciplina
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 3, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. La valutazione ambientale strategica riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale.

2. Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi:

a) che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV del presente decreto;
b) per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo 5 del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni.

3. Per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale è necessaria qualora l'autorità competente valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12.

3-bis. L'autorità competente valuta, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12, se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al comma 2, che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione dei progetti, producano impatti significativi sull'ambiente.

3-ter. Per progetti di opere e interventi da realizzarsi nell'ambito del Piano regolatore portuale, già sottoposti ad una valutazione ambientale strategica, e che rientrano tra le categorie per le quali è prevista la Valutazione di impatto ambientale, costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi valutati in sede di VAS o comunque desumibili dal Piano regolatore portuale. Qualora il Piano regolatore Portuale ovvero le rispettive varianti abbiano contenuti tali da essere sottoposti a valutazione di impatto ambientale nella loro interezza secondo le norme comunitarie, tale valutazione è effettuata secondo le modalità e le competenze previste dalla Parte Seconda del presente decreto ed è integrata dalla valutazione ambientale strategica per gli eventuali contenuti di pianificazione del Piano e si conclude con un unico provvedimento.

4. Sono comunque esclusi dal campo di applicazione del presente decreto:

a) i piani e i programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale caratterizzati da somma urgenza o coperti dal segreto di Stato ricadenti nella disciplina di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni;
b) i piani e i programmi finanziari o di bilancio;
c) i piani di protezione civile in caso di pericolo per l'incolumità pubblica;
c-bis) i piani di gestione forestale o strumenti equivalenti, riferiti ad un ambito aziendale o sovraziendale di livello locale, redatti secondo i criteri della gestione forestale sostenibile e approvati dalle regioni o dagli organismi dalle stesse individuati. 
(lettera aggiunta dall'articolo 4-undecies della legge n. 205 del 2008)

5. La valutazione d'impatto ambientale, riguarda i progetti che possono avere impatti significativi e negativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale.

6. Fatto salvo quanto disposto al comma 7, viene effettuata altresì una valutazione per:

a) i progetti di cui agli allegati II e III al presente decreto;
b) i progetti di cui all'allegato IV al presente decreto, relativi ad opere o interventi di nuova realizzazione, che ricadono, anche parzialmente, all'interno di aree naturali protette come definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394.

7. La valutazione è inoltre necessaria, qualora, in base alle disposizioni di cui al successivo articolo 20, si ritenga che possano produrre impatti significativi e negativi sull'ambiente, per:

a) i progetti elencati nell'allegato II che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di due anni;
b) le modifiche o estensioni dei progetti elencati nell'allegato II che possono avere impatti significativi e negativi sull'ambiente;
c) i progetti elencati nell'allegato IV.

8. Per i progetti di cui agli allegati III e IV, ricadenti all'interno di aree naturali protette, le soglie dimensionali, ove previste, sono ridotte del cinquanta per cento.

9. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono definire, per determinate tipologie progettuali o aree predeterminate, sulla base degli elementi indicati nell'allegato V, un incremento nella misura massima del trenta per cento o decremento delle soglie di cui all'allegato IV. Con riferimento ai progetti di cui all'allegato IV, qualora non ricadenti neppure parzialmente in aree naturali protette, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono determinare, per specifiche categorie progettuali o in particolari situazioni ambientali e territoriali, sulla base degli elementi di cui all'allegato V, criteri o condizioni di esclusione dalla verifica di assoggettabilità.

10. L'autorità competente in sede statale valuta caso per caso i progetti relativi ad opere ed interventi destinati esclusivamente a scopo di difesa nazionale non aventi i requisiti di cui al comma 4, lettera a). La esclusione di tali progetti dal campo di applicazione del decreto, se ciò possa pregiudicare gli scopi della difesa nazionale, è determinata con decreto interministeriale del Ministro della difesa e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare.

11. Sono esclusi in tutto in parte dal campo di applicazione del presente decreto, quando non sia possibile in alcun modo svolgere la valutazione di impatto ambientale, singoli interventi disposti in via d'urgenza, ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, al solo scopo di salvaguardare l'incolumità delle persone e di mettere in sicurezza gli immobili da un pericolo imminente o a seguito di calamità. In tale caso l'autorità competente, sulla base della documentazione immediatamente trasmessa dalle autorità che dispongono tali interventi:

a) esamina se sia opportuna un'altra forma di valutazione;
b) mette a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le ragioni per cui è stata concessa;
c) informa la Commissione europea, tramite il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare nel caso di interventi di competenza regionale, prima di consentire il rilascio dell'autorizzazione, delle motivazioni dell'esclusione accludendo le informazioni messe a disposizione del pubblico.

12. Per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l'effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere.

13. L'autorizzazione integrata ambientale è necessaria per:

a) i progetti di cui all'allegato VIII del presente decreto;
b) le modifiche sostanziali degli impianti di cui alla lettera a) del presente comma;

14. Per gli impianti ove è svolta una attività di cui all'allegato VIII del presente decreto, nonché per le loro modifiche  sostanziali l'autorizzazione integrata ambientale è rilasciata nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 208, commi 6 e 7, del presente decreto.

15. Per gli impianti di cui alla lettera a) del comma 12 del presente articolo, nonché per le loro modifiche sostanziali, l'autorizzazione integrata ambientale è rilasciata nel rispetto della disciplina di cui al presente decreto e dei termini di cui all'articolo 29-quater, comma 10.

16. L'autorità competente, nel determinare le condizioni per l'autorizzazione integrata ambientale, fermo restando il rispetto delle norme di qualità ambientale, tiene conto dei seguenti principi generali:

a) devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell'inquinamento, applicando in particolare le migliori tecniche disponibili;

b) non si devono verificare fenomeni di inquinamento significativi;

c) deve essere evitata la produzione di rifiuti, a norma della quarta parte del presente decreto; in caso contrario i rifiuti sono recuperati o, ove ciò sia tecnicamente ed economicamente impossibile, sono eliminati evitandone e riducendone l'impatto sull'ambiente, secondo le disposizioni della medesima quarta parte del presente decreto;

d) l'energia deve essere utilizzata in modo efficace ed efficiente;

e) devono essere prese le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze;

f) deve essere evitato qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione definitiva delle attività e il sito stesso deve essere ripristinato ai sensi della normativa vigente in materia di bonifiche e ripristino ambientale.

17. Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia marine dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, oltre che per i soli idrocarburi liquidi nella fascia marina compresa entro cinque miglia dalle linee di base delle acque territoriali lungo l'intero perimetro costiero nazionale. Per la baia storica del Golfo di Taranto di cui all'articolo 1 del d.P.R. 26 aprile 1977, n. 816, il divieto relativo agli idrocarburi liquidi è stabilito entro le cinque miglia dalla linea di costa. Al di fuori delle medesime aree, le predette attività sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle attività di cui al primo periodo. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano ai procedimenti autorizzatori in corso alla data di entrata in vigore del presente comma. Resta ferma l'efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla stessa data. Dall'entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma è abrogato il comma 81 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239.
(comma così modificato dall'articolo 3, comma 1, d.lgs. n. 121 del 2011)

Art. 7. Competenze
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 4, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Sono sottoposti a VAS in sede statale i piani e programmi di cui all'articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete ad organi dello Stato.

2. Sono sottoposti a VAS secondo le disposizioni delle leggi regionali, i piani e programmi di cui all'articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete alle regioni e province autonome o agli enti locali.

3. Sono sottoposti a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II al presente decreto .

4. Sono sottoposti a VIA secondo le disposizioni delle leggi regionali, i progetti di cui agli allegati III e IV al presente decreto.

4-bis. Sono sottoposti ad AIA in sede statale i progetti relativi alle attività di cui all'allegato XII al presente decreto e loro modifiche sostanziali.

4-ter. Sono sottoposti ad AIA secondo le disposizioni delle leggi regionali e provinciali i progetti di cui all'allegato VIII che non risultano ricompresi anche nell'allegato XII al presente decreto e loro modifiche sostanziali.

5. In sede statale, l'autorità competente è il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare. Il provvedimento di via e il parere motivato in sede di VAS sono espressi di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, che collabora alla relativa attività istruttoria. Il provvedimento di AIA è rilasciato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.

6. In sede regionale, l'autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle province autonome.

7. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le competenze proprie e quelle degli altri enti locali. Disciplinano inoltre:

a) i criteri per la individuazione degli enti locali territoriali interessati;
b) i criteri specifici per l'individuazione dei soggetti competenti in materia ambientale;
c) fermo il rispetto della legislazione comunitaria eventuali ulteriori modalità, rispetto a quelle indicate nel presente decreto, purché con questo compatibili, per l'individuazione dei piani e programmi o progetti da sottoporre a VAS, VIA ed AIA e per lo svolgimento della relative consultazione;
d) le modalità di partecipazione delle regioni e province autonome confinanti al processo di VAS, in coerenza con quanto stabilito dalle disposizioni nazionali in materia;
e) le regole procedurali per il rilascio dei provvedimenti di VIA ed AIA e dei pareri motivati in sede di VAS di propria competenza, fermo restando il rispetto dei limiti generali di cui al presente decreto ed all'articolo 29 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

8. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano informano, ogni dodici mesi, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare circa i provvedimenti adottati e i procedimenti di valutazione in corso.

9. Le Regioni e le Province Autonome esercitano la competenza ad esse assegnata dai commi 2, 4 e 7 nel rispetto dei principi fondamentali dettati dal presente Titolo.

Art. 8. Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale - VIA e VAS
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 5, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. La Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale di cui all'articolo 7 del decreto legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito nella legge 14 luglio 2008, n. 123, assicura il supporto tecnico-scientifico per l'attuazione delle norme di cui alla presente Parte.

2. Nel caso di progetti per i quali la valutazione di impatto ambientale spetta allo Stato, e che ricadano nel campo di applicazione di cui all'allegato VIII del presente decreto, il supporto tecnico-scientifico viene assicurato in coordinamento con la Commissione istruttoria per l'autorizzazione ambientale integrata di cui all'articolo 8-bis.

3. I componenti della Commissione sono nominati, nel rispetto del principio dell'equilibrio di genere, con decreto del Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, per un triennio.

4. I componenti della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale provenienti dalle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono posti in posizione di comando, distacco o fuori ruolo, nel rispetto dei rispettivi ordinamenti, conservando il diritto al trattamento economico in godimento. Le amministrazioni di rispettiva provenienza rendono indisponibile il posto liberato. In alternativa, ai componenti della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale provenienti dalle medesime amministrazioni pubbliche si applica quanto previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e, per il personale in regime di diritto pubblico, quanto stabilito dai rispettivi ordinamenti. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai componenti della Commissione nominati ai sensi dell’articolo 7 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123.
(comma così sostituito dall'articolo 4, comma 1-ter, legge n. 13 del 2008)

Art. 8-bis. Commissione istruttoria per l'autorizzazione  integrata ambientale - IPPC
(articolo introdotto dall'articolo 2, comma 6, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. La Commissione istruttoria per l'IPPC, di cui all'articolo 28, commi 7, 8 e 9, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, svolge l'attività di supporto scientifico per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare con specifico riguardo alle norme di cui al titolo III-bis del presente decreto. La Commissione svolge i compiti di cui all'articolo 10, comma 2, del d.P.R. 14 maggio 2007, n. 90.

2. I componenti della Commissione sono nominati nel rispetto dell'articolo 28, commi 7, 8 e 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Si applicano i commi 2 e 3 dell'articolo 8 del presente decreto.

Art. 9. Norme procedurali generali

1. Alle procedure di verifica e autorizzazione disciplinate dal presente decreto si applicano, in quanto compatibili, le norme della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, concernente norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.
(comma così sostituito dall'articolo 2, comma 7, d.lgs. n. 128 del 2010)

2. L'autorità competente, ove ritenuto utile indice, così come disciplinato dagli articoli che seguono, una o più conferenze di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990 al fine di acquisire elementi informativi e le valutazioni delle altre autorità pubbliche interessate.

3. Nel rispetto dei tempi minimi definiti per la consultazione del pubblico, nell'ambito delle procedure di seguito disciplinate, l'autorità competente può concludere con il proponente o l'autorità procedente e le altre amministrazioni pubbliche interessate accordi per disciplinare lo svolgimento delle attività di interesse comune ai fini della semplificazione e della maggiore efficacia dei procedimenti.

4. Per ragioni di segreto industriale o commerciale è facoltà del proponente presentare all'autorità competente motivata richiesta di non rendere pubblica parte della documentazione relativa al progetto, allo studio preliminare ambientale o allo studio di impatto ambientale. L'autorità competente, verificate le ragioni del proponente, accoglie o respinge motivatamente la richiesta soppesando l'interesse alla riservatezza con l'interesse pubblico all'accesso alle informazioni. L'autorità competente dispone comunque della documentazione riservata, con l'obbligo di rispettare le disposizioni vigenti in materia.

Art. 10. Norme per il coordinamento e la semplificazione dei procedimenti
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 8, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Il provvedimento di valutazione d'impatto ambientale fa luogo dell'autorizzazione integrata ambientale per i progetti per i quali la relativa valutazione spetta allo Stato e che ricadono nel campo di applicazione dell'allegato XII del presente decreto. Qualora si tratti di progetti rientranti nella previsione di cui al comma 7 dell'articolo 6, l'autorizzazione integrata ambientale può essere richiesta solo dopo che, ad esito della verifica di cui all'articolo 20, l'autorità competente valuti di non assoggettare i progetti a VIA.

1-bis. Nei casi di cui al comma 1, lo studio di impatto ambientale e gli elaborati progettuali contengono anche le informazioni previste ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 29-ter e il provvedimento finale le condizioni e le misure supplementari previste dagli articoli 29-sexies e 29-septies del presente decreto. Qualora la documentazione prodotta risulti incompleta, si applica il comma 4 dell'articolo 23.

1-ter. Nei casi di cui al comma 1, il monitoraggio e i controlli successivi al rilascio del provvedimento di valutazione di impatto ambientale avviene anche con le modalità di cui agli articoli 29-decies e 29-undecies.

2. Le regioni e le province autonome assicurano che, per i progetti per i quali la valutazione d'impatto ambientale sia di loro attribuzione e che ricadano nel campo di applicazione dell'allegato VIII del presente decreto, la procedura per il rilascio di autorizzazione integrata ambientale sia coordinata nell'ambito del procedimento di VIA. è in ogni caso disposta l'unicità della consultazione del pubblico per le due procedure. Se l'autorità competente in materia di VIA coincide con quella competente al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, le disposizioni regionali e delle province autonome possono prevedere che il provvedimento di valutazione d'impatto ambientale faccia luogo anche di quella autorizzazione. In questo caso, si applica il comma 1-bis del presente articolo.

3. La VAS e la VIA comprendono le procedure di valutazione d'incidenza di cui all'articolo 5 del decreto n. 357 del 1997; a tal fine, il rapporto ambientale, lo studio preliminare ambientale o lo studio di impatto ambientale contengono gli elementi di cui all'allegato G dello stesso decreto n. 357 del 1997 e la valutazione dell'autorità competente si estende alle finalità di conservazione proprie della valutazione d'incidenza oppure dovrà dare atto degli esiti della valutazione di incidenza. Le modalità di informazione del pubblico danno specifica evidenza della integrazione procedurale.

4. La verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 20 può essere condotta, nel rispetto delle disposizioni contenute nel presente decreto, nell'ambito della VAS. In tal caso le modalità di informazione del pubblico danno specifica evidenza della integrazione procedurale.

5. Nella redazione dello studio di impatto ambientale di cui all'articolo 22, relativo a progetti previsti da piani o programmi già sottoposti a valutazione ambientale, possono essere utilizzate le informazioni e le analisi contenute nel rapporto ambientale. Nel corso della redazione dei progetti e nella fase della loro valutazione, sono tenute in considerazione la documentazione e le conclusioni della VAS.

Titolo II - LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA

Art. 11. Modalità di svolgimento
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 9, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. La valutazione ambientale strategica è avviata dall'autorità procedente contestualmente al processo di formazione del piano o programma e comprende, secondo le disposizioni di cui agli articoli da 12 a 18:

a) lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità limitatamente ai piani e ai programmi di cui all'articolo 6, commi 3 e 3-bis;
b) l'elaborazione del rapporto ambientale;
c) lo svolgimento di consultazioni;
d) la valutazione del rapporto ambientale e gli esiti delle consultazioni;
e) la decisione;
f) l'informazione sulla decisione;
g) il monitoraggio.

2. L'autorità competente, al fine di promuovere l'integrazione degli obiettivi di sostenibilità ambientale nelle politiche settoriali ed il rispetto degli obiettivi, dei piani e dei programmi ambientali, nazionali ed europei:

a) esprime il proprio parere sull'assoggettabilità delle proposte di piano o di programma alla valutazione ambientale strategica nei casi previsti dal comma 3 dell'articolo 6;
b) collabora con l'autorità proponente al fine di definire le forme ed i soggetti della consultazione pubblica, nonché l'impostazione ed i contenuti del Rapporto ambientale e le modalità di monitoraggio di cui all'articolo 18;
c) esprime, tenendo conto della consultazione pubblica, dei pareri dei soggetti competenti in materia ambientale, un proprio parere motivato sulla proposta di piano e di programma e sul rapporto ambientale nonché sull'adeguatezza del piano di monitoraggio e con riferimento alla sussistenza delle risorse finanziarie.

3. La fase di valutazione è effettuata anteriormente all'approvazione del piano o del programma, ovvero all'avvio della relativa procedura legislativa, e comunque durante la fase di predisposizione dello stesso. Essa è preordinata a garantire che gli impatti significativi sull'ambiente derivanti dall'attuazione di detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione.

4. La VAS viene effettuata ai vari livelli istituzionali tenendo conto dell'esigenza di razionalizzare i procedimenti ed evitare duplicazioni nelle valutazioni.

5. La VAS costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione. I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge.

Art. 12. Verifica di assoggettabilità
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma10, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Nel caso di piani e programmi di cui all'articolo 6, commi 3 e 3-bis, l'autorità procedente trasmette all'autorità competente, su supporto informatico ovvero, nei casi di particolare difficoltà di ordine tecnico, anche su supporto cartaceo, un rapporto preliminare comprendente una descrizione del piano o programma e le informazioni e i dati necessari alla verifica degli impatti significativi sull'ambiente dell'attuazione del piano o programma, facendo riferimento ai criteri dell'allegato I del presente decreto.

2. L'autorità competente in collaborazione con l'autorità procedente, individua i soggetti competenti in materia ambientale da consultare e trasmette loro il documento preliminare per acquisirne il parere. Il parere è inviato entro trenta giorni all'autorità competente ed all'autorità procedente.

3. Salvo quanto diversamente concordato dall'autorità competente con l'autorità procedente, l'autorità competente, sulla base degli elementi di cui all'allegato I del presente decreto e tenuto conto delle osservazioni pervenute, verifica se il piano o programma possa avere impatti significativi sull'ambiente.

4. L'autorità competente, sentita l'autorità procedente, tenuto conto dei contributi pervenuti, entro novanta giorni dalla trasmissione di cui al comma 1, emette il provvedimento di verifica assoggettando o escludendo il piano o il programma dalla valutazione di cui agli articoli da 13 a 18 e, se del caso, definendo le necessarie prescrizioni.

5. Il risultato della verifica di assoggettabilità, comprese le motivazioni, deve essere reso pubblico.

6. La verifica di assoggettabilità a VAS ovvero la VAS relative a modifiche a piani e programmi ovvero a strumenti attuativi di piani o programmi già sottoposti positivamente alla verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 12 o alla VAS di cui agli articoli da 12 a 17, si limita ai soli effetti significativi sull'ambiente che non siano stati precedentemente considerati dagli strumenti normativamente sovraordinati.

Art. 13. Redazione del rapporto ambientale

1. Sulla base di un rapporto preliminare sui possibili impatti ambientali significativi dell'attuazione del piano o programma, il proponente e/o l'autorità procedente entrano in consultazione, sin dai momenti preliminari dell'attività di elaborazione di piani e programmi, con l'autorità competente e gli altri soggetti competenti in materia ambientale, al fine di definire la portata ed il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel rapporto ambientale.

2. La consultazione, salvo quanto diversamente concordato, si conclude entro novanta giorni dall'invio del rapporto preliminare di cui al comma 1 del presente articolo.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 11, d.lgs. n. 128 del 2010)

3. La redazione del rapporto ambientale spetta al proponente o all'autorità procedente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il rapporto ambientale costituisce parte integrante del piano o del programma e ne accompagna l'intero processo di elaborazione ed approvazione.

4. Nel rapporto ambientale debbono essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi che l'attuazione del piano o del programma proposto potrebbe avere sull'ambiente e sul patrimonio culturale, nonché le ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma stesso. L'allegato VI al presente decreto riporta le informazioni da fornire nel rapporto ambientale a tale scopo, nei limiti in cui possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione correnti, dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma. Il Rapporto ambientale dà atto della consultazione di cui al comma 1 ed evidenzia come sono stati presi in considerazione i contributi pervenuti. Per evitare duplicazioni della valutazione, possono essere utilizzati, se pertinenti, approfondimenti già effettuati ed informazioni ottenute nell'ambito di altri livelli decisionali o altrimenti acquisite in attuazione di altre disposizioni normative.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 11, d.lgs. n. 128 del 2010)

5. La proposta di piano o di programma è comunicata, anche secondo modalità concordate, all'autorità competente. La comunicazione comprende il rapporto ambientale e una sintesi non tecnica dello stesso. Dalla data pubblicazione dell'avviso di cui all'articolo 14, comma 1, decorrono i tempi dell'esame istruttorio e della valutazione. La proposta di piano o programma ed il rapporto ambientale sono altresì messi a disposizione dei soggetti competenti in materia ambientale e del pubblico interessato affinché questi abbiano l'opportunità di esprimersi.

6. La documentazione è depositata presso gli uffici dell'autorità competente e presso gli uffici delle regioni e delle province il cui territorio risulti anche solo parzialmente interessato dal piano o programma o dagli impatti della sua attuazione.

Art. 14. Consultazione
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 12, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Contestualmente alla comunicazione di cui all'articolo 13, comma 5, l'autorità procedente cura la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana o nel Bollettino Ufficiale della regione o provincia autonoma interessata. L'avviso deve contenere: il titolo della proposta di piano o di programma, il proponente, l'autorità procedente, l'indicazione delle sedi ove può essere presa visione del piano o programma e del rapporto ambientale e delle sedi dove si può consultare la sintesi non tecnica.

2. L'autorità competente e l'autorità procedente mettono, altresì, a disposizione del pubblico la proposta di piano o programma ed il rapporto ambientale mediante il deposito presso i propri uffici e la pubblicazione sul proprio sito web.

3. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'avviso di cui al comma 1, chiunque può prendere visione della proposta di piano o programma e del relativo rapporto ambientale e presentare proprie osservazioni in forma scritta, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi.

4. In attuazione dei principi di economicità e di semplificazione, le procedure di deposito, pubblicità e partecipazione, eventualmente previste dalle vigenti disposizioni anche regionali per specifici piani e programmi, si coordinano con quelle di cui al presente articolo, in modo da evitare duplicazioni ed assicurare il rispetto dei termini previsti dal comma 3 del presente articolo e dal comma 1 dell'articolo 15. Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazioni di cui all'articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241.

Art. 15. Valutazione del rapporto ambientale e degli esiti i risultati della consultazione
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 13, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. L'autorità competente, in collaborazione con l'autorità procedente, svolge le attività tecnico-istruttorie, acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, nonché le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi dell'articolo 14 e dell'articolo 32, nonché i risultati delle consultazioni transfrontaliere di cui al medesimo articolo 32 ed esprime il proprio parere motivato entro il termine di novanta giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui all'articolo 14. La tutela avverso il silenzio dell'Amministrazione è disciplinata dalle disposizioni generali del processo amministrativo.

2. L'autorità procedente, in collaborazione con l'autorità competente, provvede, prima della presentazione del piano o programma per l'approvazione e tenendo conto delle risultanze del parere motivato di cui al comma 1 e dei risultati delle consultazioni transfrontaliere, alle opportune revisioni del piano o programma.

Art. 16. Decisione

1. Il piano o programma ed il rapporto ambientale, insieme con il parere motivato e la documentazione acquisita nell'ambito della consultazione, sono trasmessi all'organo competente all'adozione o approvazione del piano o programma.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 14, d.lgs. n. 128 del 2010)

Art. 17. Informazione sulla decisione

1. La decisione finale è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino Ufficiale della Regione con l'indicazione della sede ove si possa prendere visione del piano o programma adottato e di tutta la documentazione oggetto dell'istruttoria. Sono inoltre rese pubbliche, anche attraverso la pubblicazione sui siti web della autorità interessate:

a) il parere motivato espresso dall'autorità competente;
b) una dichiarazione di sintesi in cui si illustra in che modo le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano o programma e come si è tenuto conto del rapporto ambientale e degli esiti delle consultazioni, nonché le ragioni per le quali è stato scelto il piano o il programma adottato, alla luce delle alternative possibili che erano state individuate;
c) le misure adottate in merito al monitoraggio di cui all'articolo 18.

 Art. 18. Monitoraggio

1. Il monitoraggio assicura il controllo sugli impatti significativi sull'ambiente derivanti dall'attuazione dei piani e dei programmi approvati e la verifica del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità prefissati, così da individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e da adottare le opportune misure correttive. Il monitoraggio è effettuato dall'Autorità procedente in collaborazione con l'Autorità competente anche avvalendosi del sistema delle Agenzie ambientali e dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 15, d.lgs. n. 128 del 2010)

2. Il piano o programma individua le responsabilità e la sussistenza delle le risorse necessarie per la realizzazione e gestione del monitoraggio.

3. Delle modalità di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle eventuali misure correttive adottate ai sensi del comma 1 è data adeguata informazione attraverso i siti web dell'autorità competente e dell'autorità procedente e delle Agenzie interessate.

4. Le informazioni raccolte attraverso il monitoraggio sono tenute in conto nel caso di eventuali modifiche al piano o programma e comunque sempre incluse nel quadro conoscitivo dei successivi atti di pianificazione o programmazione.

Titolo III - LA VALUTAZIONE D'IMPATTO AMBIENTALE

Art. 19. Modalità di svolgimento

1. La valutazione d'impatto ambientale comprende, secondo le disposizioni di cui agli articoli da 20 a 28:

a) lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità limitatamente alle ipotesi di cui all'articolo 6, comma 7;
(lettera così modificata dall'articolo 2, comma 16, d.lgs. n. 128 del 2010)
b) la definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale;
c) la presentazione e la pubblicazione del progetto;
d) lo svolgimento di consultazioni;
f) la valutazione dello studio ambientale e degli esiti delle consultazioni;
g) la decisione;
h) l'informazione sulla decisione;
i) il monitoraggio.

2. Per i progetti inseriti in piani o programmi per i quali si è conclusa positivamente la procedura di VAS, il giudizio di VIA negativo ovvero il contrasto di valutazione su elementi già oggetto della VAS è adeguatamente motivato.

Art. 20. Verifica di assoggettabilità
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 17, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Il proponente trasmette all'autorità competente il progetto preliminare, lo studio preliminare ambientale in formato elettronico, ovvero nei casi di particolare difficoltà di ordine tecnico, anche su supporto cartaceo, nel caso di progetti:

a) elencati nell'allegato II che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di due anni;
b) inerenti le modifiche o estensioni dei progetti elencati nell'allegato II che possano produrre effetti negativi e significativi sull'ambiente;
c) elencati nell'allegato IV, secondo le modalità stabilite dalle Regioni e dalle Province autonome, tenendo conto dei commi successivi del presente articolo.

2. Dell'avvenuta trasmissione è dato sintetico avviso, a cura del proponente, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana per i progetti di competenza statale, nel Bollettino Ufficiale della regione per i progetti di rispettiva competenza, nonché all'albo pretorio dei comuni interessati. Nell'avviso sono indicati il proponente, l'oggetto e la localizzazione prevista per il progetto, il luogo ove possono essere consultati gli atti nella loro interezza ed i tempi entro i quali è possibile presentare osservazioni. In ogni caso copia integrale degli atti è depositata presso i comuni ove il progetto è localizzato. Nel caso dei progetti di competenza statale la documentazione è depositata anche presso la sede delle regioni e delle province ove il progetto è localizzato. I principali elaborati del progetto preliminare e lo studio preliminare ambientale, sono pubblicati sul sito web dell'autorità competente.

3. Entro quarantacinque giorni dalla pubblicazione dell'avviso di cui al comma 2 chiunque abbia interesse può far pervenire le proprie osservazioni.

4. L'autorità competente nei successivi quarantacinque giorni, sulla base degli elementi di cui all'allegato V del presente decreto e tenuto conto delle osservazioni pervenute, verifica se il progetto abbia possibili effetti negativi e significativi sull'ambiente. Entro la scadenza del termine l'autorità competente deve comunque esprimersi. L'autorità competente può, per una sola volta, richiedere integrazioni documentali o chiarimenti al proponente, entro il termine previsto dal comma 3. In tal caso, il proponente provvede a depositare la documentazione richiesta presso gli uffici di cui ai commi 1 e 2 entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 3. L'Autorità competente si pronuncia entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine previsto per il deposito della documentazione da parte del proponente. La tutela avverso il silenzio dell'Amministrazione è disciplinata dalle disposizioni generali del processo amministrativo.

5. Se il progetto non ha impatti negativi e significativi sull'ambiente, l'autorità compente dispone l'esclusione dalla procedura di valutazione ambientale e, se del caso, impartisce le necessarie prescrizioni.

6. Se il progetto ha possibili impatti negativi e significativi sull'ambiente si applicano le disposizioni degli articoli da 21 a 28.

7. Il provvedimento di assoggettabilità, comprese le motivazioni, è pubblico a cura dell'autorità competente mediante:

a) un sintetico avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ovvero nel Bollettino Ufficiale della regione o della provincia autonoma;
b) con la pubblicazione integrale sul sito web dell'autorità competente.

Art. 21. Definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 18, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Sulla base del progetto preliminare, dello studio preliminare ambientale e di una relazione che, sulla base degli impatti ambientali attesi, illustra il piano di lavoro per la redazione dello studio di impatto ambientale, il proponente ha la facoltà di richiedere una fase di consultazione con l'autorità competente e i soggetti competenti in materia ambientale al fine di definire la portata delle informazioni da includere, il relativo livello di dettaglio e le metodologie da adottare. La documentazione presentata dal proponente, in formato elettronico, ovvero nei casi di particolare difficoltà di ordine tecnico, anche su supporto cartaceo, include l'elenco delle autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati necessari alla realizzazione ed esercizio del progetto.

2. L'autorità competente all'esito delle attività di cui al comma 1:

a) si pronuncia sulle condizioni per l'elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale;
b) esamina le principali alternative, compresa l'alternativa zero;
c) sulla base della documentazione disponibile, verifica, anche con riferimento alla localizzazione prevista dal progetto, l'esistenza di eventuali elementi di incompatibilità;
d) in carenza di tali elementi, indica le condizioni per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, i necessari atti di consenso, senza che ciò pregiudichi la definizione del successivo procedimento.

3. Le informazioni richieste tengono conto della possibilità per il proponente di raccogliere i dati richiesti e delle conoscenze e dei metodi di valutazioni disponibili

4. La fase di consultazione di cui al comma 1 si conclude entro sessanta giorni e, allo scadere di tale termine, si passa alla fase successiva.

Art. 22. Studio di impatto ambientale

1. La redazione dello studio di impatto ambientale, insieme a tutti gli altri documenti elaborati nelle varie fasi del procedimento, ed i costi associati sono a carico del proponente il progetto.

2. Lo studio di impatto ambientale, è predisposto, secondo le indicazioni di cui all'allegato VII del presente decreto e nel rispetto degli esiti della fase di consultazione definizione dei contenuti di cui all'articolo 21, qualora attivata.

3. Lo studio di impatto ambientale contiene almeno le seguenti informazioni:

a) una descrizione del progetto con informazioni relative alle sue caratteristiche, alla sua localizzazione ed alle sue dimensioni;
b) una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare gli impatti negativi rilevanti;
c) i dati necessari per individuare e valutare i principali impatti sull'ambiente e sul patrimonio culturale che il progetto può produrre, sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio;
d) una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal proponente, ivi compresa la cosiddetta opzione zero, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale;
e) una descrizione delle misure previste per il monitoraggio.

4. Ai fini della predisposizione dello studio di impatto ambientale e degli altri elaborati necessari per l'espletamento della fase di valutazione, il proponente ha facoltà di accedere ai dati ed alle informazioni disponibili presso la pubblica amministrazione, secondo quanto disposto dalla normativa vigente in materia.

5. Allo studio di impatto ambientale deve essere allegata una sintesi non tecnica delle caratteristiche dimensionali e funzionali del progetto e dei dati ed informazioni contenuti nello studio stesso inclusi elaborati grafici. La documentazione dovrà essere predisposta al fine consentirne un'agevole comprensione da parte del pubblico ed un'agevole riproduzione.

Art. 23. Presentazione dell'istanza
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 19, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. L'istanza è presentata dal proponente l'opera o l'intervento all'autorità competente. Ad essa sono allegati il progetto definitivo, lo studio di impatto ambientale, la sintesi non tecnica e copia dell'avviso a mezzo stampa, di cui all'articolo 24, commi 1 e 2. Dalla data della presentazione decorrono i termini per l'informazione e la partecipazione, la valutazione e la decisione.

2. Alla domanda è altresì allegato l'elenco delle autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati, già acquisiti o da acquisire ai fini della realizzazione e dell'esercizio dell'opera o intervento, nonché una copia in formato elettronico, su idoneo supporto, degli elaborati, conforme agli originali presentati.

3. La documentazione è depositata su supporto informatico ovvero, nei casi di particolare difficoltà di ordine tecnico, anche su supporto cartaceo, a seconda dei casi, presso gli uffici dell'autorità competente, delle regioni, delle province e dei comuni il cui territorio sia anche solo parzialmente interessato dal progetto o dagli impatti della sua attuazione.

4. Entro trenta giorni l'autorità competente verifica la completezza della documentazione e l'avvenuto pagamento del contributo dovuto ai sensi dell'art. 33. Qualora l'istanza risulti incompleta, l'autorità competente richiede al proponente la documentazione integrativa da presentare entro un termine non superiore a trenta giorni e comunque correlato alla complessità delle integrazioni richieste. In tal caso i termini del procedimento si intendono interrotti fino alla presentazione della documentazione integrativa. Qualora entro il termine stabilito il proponente non depositi la documentazione completa degli elementi mancanti e, l'istanza si intende ritirata. è fatta salva la facoltà per il proponente di richiedere una proroga del termine per la presentazione della documentazione integrativa in ragione della complessità della documentazione da presentare.

Art. 24. Consultazione
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 20, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Contestualmente alla presentazione di cui all'articolo 23, comma 1, del progetto deve essere data notizia a mezzo stampa e su sito web dell'autorità competente. Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazioni di cui all'articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241.

2. Le pubblicazioni a mezzo stampa vanno eseguite a cura e spese del proponente. Nel caso di progetti di competenza statale, la pubblicazione va eseguita su un quotidiano a diffusione nazionale e su un quotidiano a diffusione regionale per ciascuna regione direttamente interessata. Nel caso di progetti per i quali la competenza allo svolgimento della valutazione ambientale spetta alle regioni, si provvederà con la pubblicazione su un quotidiano a diffusione regionale o provinciale.

3. La pubblicazione di cui al comma 1 deve contenere, oltre una breve descrizione del progetto e dei suoi possibili principali impatti ambientali, l'indicazione delle sedi ove possono essere consultati gli atti nella loro interezza ed i termini entro i quali è possibile presentare osservazioni.

4. Entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione di cui all'articolo 23, chiunque abbia interesse può prendere visione del progetto e del relativo studio ambientale, presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi.

5. Il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale deve tenere in conto le osservazioni pervenute, considerandole contestualmente, singolarmente o per gruppi.

6. L'autorità competente può disporre che la consultazione avvenga mediante lo svolgimento di un'inchiesta pubblica per l'esame dello studio di impatto ambientale, dei pareri forniti dalle pubbliche amministrazioni e delle osservazioni dei cittadini. senza che ciò comporti interruzioni o sospensioni dei termini per l'istruttoria.

7. L'inchiesta di cui al comma 6 si conclude con una relazione sui lavori svolti ed un giudizio sui risultati emersi, che sono acquisiti e valutati ai fini del provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale.

8. Il proponente, qualora non abbia luogo l'inchiesta di cui al comma 6, può, anche su propria richiesta, essere chiamato, prima della conclusione della fase di valutazione, ad un sintetico contraddittorio con i soggetti che hanno presentato pareri o osservazioni. Il verbale del contraddittorio è acquisito e valutato ai fini del provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale.

9. Entro trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 4, il proponente può chiedere di modificare gli elaborati, anche a seguito di osservazioni o di rilievi emersi nel corso dell'inchiesta pubblica o del contraddittorio di cui al comma 8. Se accoglie l'istanza, l'autorità competente fissa per l'acquisizione degli elaborati un termine non superiore a quarantacinque giorni, prorogabili su istanza del proponente per giustificati motivi, ed emette il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale entro novanta giorni dalla presentazione degli elaborati modificati.

9-bis. L'autorità competente, ove ritenga che le modifiche apportate siano sostanziali e rilevanti per il pubblico, dispone che il proponente ne depositi copia ai sensi dell'articolo 23, comma 3 e, contestualmente, dia avviso dell'avvenuto deposito secondo le modalità di cui ai commi 2 e 3. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione del progetto, emendato ai sensi del comma 9, chiunque abbia interesse può prendere visione del progetto e del relativo studio ambientale, presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi in relazione alle sole modifiche apportate agli elaborati ai sensi del comma 9. In questo caso, l'autorità competente esprime il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale entro novanta giorni dalla scadenza del termine previsto per la presentazione delle osservazioni.

10. Sul suo sito web, l'autorità competente pubblica la documentazione presentata, ivi comprese le osservazioni, le eventuali controdeduzioni e le modifiche eventualmente apportate al progetto, disciplinate dai commi 4, 8, 9, e 9-bis.

Art. 25. Valutazione dello studio di impatto ambientale e degli esiti della consultazione
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 21, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Le attività tecnico-istruttorie per la valutazione d'impatto ambientale sono svolte dall'autorità competente.

2. L'autorità competente acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi dell'articolo 24, nonché, nel caso dei progetti di competenza dello Stato, il parere delle regioni interessate, che dovrà essere reso entro novanta giorni dalla presentazione di cui all'articolo 23, comma 1. L'autorità competente comunica alla Regione interessata che il proponente ha apportato modifiche sostanziali al progetto e fissa il termine di sessanta giorni, decorrente dalla comunicazione, entro il quale la Regione può esprimere un ulteriore parere.

3. Contestualmente alla pubblicazione di cui all'articolo 24, il proponente, affinché l'autorità competente ne acquisisca le determinazioni, trasmette l'istanza, completa di allegati, a tutti i soggetti competenti in materia ambientale interessati, qualora la realizzazione del progetto preveda autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale. Le amministrazioni rendono le proprie determinazioni entro sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza di cui all'articolo 23, comma 1, ovvero nell'ambito della Conferenza dei servizi istruttoria eventualmente indetta a tal fine dall'autorità competente. Entro il medesimo termine il Ministero per i beni e le attività culturali si esprime ai sensi dell'articolo 26 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e negli altri casi previsti dal medesimo decreto. A seguito di modificazioni ovvero integrazioni eventualmente presentate dal proponente, ovvero richieste dall'autorità competente, ove l'autorità competente ritenga che le modifiche apportate siano sostanziali, sono concessi alle Amministrazioni di cui al presente comma, ulteriori quarantacinque giorni dal deposito delle stesse per l'eventuale revisione dei pareri resi.

3-bis. Qualora le amministrazioni di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo non si siano espresse nei termini ivi previsti ovvero abbiano manifestato il proprio dissenso, l'autorità competente procede comunque a norma dell'articolo 26.

4. L'autorità competente può concludere con le altre amministrazioni pubbliche interessate accordi per disciplinare lo svolgimento delle attività di interesse comune ai fini della semplificazione delle procedure.

Art. 26. Decisione
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 22, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 24 l'autorità competente conclude con provvedimento espresso e motivato il procedimento di valutazione dell'impatto ambientale nei centocinquanta giorni successivi alla presentazione dell'istanza di cui all'articolo 23, comma 1. Nei casi in cui è necessario procedere ad accertamenti ed indagini di particolare complessità, l'autorità competente, con atto motivato, dispone il prolungamento del procedimento di valutazione sino ad un massimo di ulteriori sessanta giorni dandone comunicazione al proponente.

2. L'inutile decorso dei termini previsti dal presente articolo ovvero dall'articolo 24, implica l'esercizio del potere sostitutivo da parte del Consiglio dei Ministri, che provvede, su istanza delle amministrazioni o delle parti interessate, entro sessanta giorni, previa diffida all'organo competente ad adempire entro il termine di venti giorni. Per i progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale in sede non statale, si applicano le disposizioni di cui al periodo precedente fino all'entrata in vigore di apposite norme regionali e delle province autonome, da adottarsi nel rispetto della disciplina comunitaria vigente in materia e dei principi richiamati all'articolo 7, comma 7, lettera e), del presente decreto.

2-bis. La tutela avverso il silenzio dell'Amministrazione è disciplinata dalle disposizioni generali del processo amministrativo.

3. L'autorità competente può richiedere al proponente entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui all'articolo 24, comma 4, in un'unica soluzione, integrazioni alla documentazione presentata, con l'indicazione di un termine per la risposta che non può superare i quarantacinque giorni, prorogabili, su istanza del proponente, per un massimo di ulteriori quarantacinque giorni. L'autorità competente esprime il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale entro novanta giorni dalla presentazione degli elaborati modificati.

3-bis. L'autorità competente, ove ritenga che le modifiche apportate siano sostanziali e rilevanti per il pubblico, dispone che il proponente depositi copia delle stesse ai sensi dell'articolo 23, comma 3, e, contestualmente, dia avviso dell'avvenuto deposito secondo le modalità di cui all'articolo 24, commi 2 e 3. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione del progetto emendato ai sensi del presente articolo, chiunque abbia interesse può prendere visione del progetto e del relativo studio di impatto ambientale, presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi in relazione alle sole modifiche apportate agli elaborati ai sensi del comma 3. In questo caso, l'autorità competente esprime il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale entro novanta giorni dalla scadenza del termine previsto per la presentazione delle osservazioni.

3-ter. Nel caso in cui il proponente non ottemperi alle richieste di integrazioni da parte dell'autorità competente, non presentando gli elaborati modificati, o ritiri la domanda, non si procede all'ulteriore corso della valutazione.

4. Il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l'esercizio dell'opera o dell'impianto.

5. Il provvedimento contiene le condizioni per la realizzazione, esercizio e dismissione dei progetti, nonché quelle relative ad eventuali malfunzionamenti. In nessun caso può farsi luogo all'inizio dei lavori senza che sia intervenuto il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale.

6. I progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale. Tenuto conto delle caratteristiche del progetto il provvedimento può stabilire un periodo più lungo. Trascorso detto periodo, salvo proroga concessa, su istanza del proponente, dall'autorità che ha emanato il provvedimento, la procedura di valutazione dell'impatto ambientale deve essere reiterata. I termini di cui al presente comma si applicano ai procedimenti avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4.
(comma così modificato dall'articolo 23, comma 21-quinquies, legge n. 102 del 2009)

Art. 27. Informazione sulla decisione

1. Il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale è pubblicato per estratto, con indicazione dell'opera, dell'esito del provvedimento e dei luoghi ove lo stesso potrà essere consultato nella sua interezza, a cura del proponente nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana per i progetti di competenza statale ovvero nel Bollettino Ufficiale della regione, per i progetti di rispettiva competenza. Dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ovvero dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della regione decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di soggetti interessati.

2. Il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale deve essere pubblicato per intero e su sito web dell'autorità competente indicando la sede ove si possa prendere visione di tutta la documentazione oggetto dell'istruttoria e delle valutazioni successive.

Art. 28. Monitoraggio

1. Il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale contiene ogni opportuna indicazione per la progettazione e lo svolgimento delle attività di controllo e monitoraggio degli impatti. Il monitoraggio assicura, anche avvalendosi dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e del sistema delle Agenzie ambientali, il controllo sugli impatti ambientali significativi sull'ambiente provocati dalle opere approvate, nonché la corrispondenza alle prescrizioni espresse sulla compatibilità ambientale dell'opera, anche, al fine di individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e di consentire all'autorità competente di essere in grado di adottare le opportune misure correttive.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 23, d.lgs. n. 128 del 2010)

1-bis. In particolare, qualora dalle attività di cui al comma 1 risultino impatti negativi ulteriori e diversi, ovvero di entità significativamente superiore, rispetto a quelli previsti e valutati nel provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale, l'autorità competente, acquisite informazioni e valutati i pareri resi può modificare il provvedimento ed apporvi condizioni ulteriori rispetto a quelle di cui al comma 5 dell'articolo 26. Qualora dall'esecuzione dei lavori ovvero dall'esercizio dell'attività possano derivare gravi ripercussioni negative, non preventivamente valutate, sulla salute pubblica e sull'ambiente, l'autorità competente può ordinare la sospensione dei lavori o delle attività autorizzate, nelle more delle determinazioni correttive da adottare.
(comma così introdotto dall'articolo 2, comma 23, d.lgs. n. 128 del 2010)

2. Delle modalità di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle eventuali misure correttive adottate ai sensi del comma 1 è data adeguata informazione attraverso i siti web dell'autorità competente e dell'autorità procedente e delle Agenzie interessate.

Art. 29. Controlli e sanzioni

1. La valutazione di impatto ambientale costituisce, per i progetti di opere ed interventi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, presupposto o parte integrante del procedimento di autorizzazione o approvazione. I provvedimenti di autorizzazione o approvazione adottati senza la previa valutazione di impatto ambientale, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge.

2. Fermi restando i compiti di vigilanza e controllo stabiliti dalle norme vigenti, l'autorità competente esercita il controllo sull'applicazione delle disposizioni di cui al Titolo III della parte seconda del presente decreto nonché sull'osservanza delle prescrizioni impartite in sede di verifica di assoggettabilità e di valutazione. Per l'effettuazione dei controlli l'autorità competente può avvalersi, nel quadro delle rispettive competenze, del sistema agenziale.

3. Qualora si accertino violazioni delle prescrizioni impartite o modifiche progettuali tali da incidere sugli esiti e sulle risultanze finali delle fasi di verifica di assoggettabilità e di valutazione, l'autorità competente, previa eventuale sospensione dei lavori, impone al proponente l'adeguamento dell'opera o intervento, stabilendone i termini e le modalità. Qualora il proponente non adempia a quanto imposto, l'autorità competente provvede d'ufficio a spese dell'inadempiente. Il recupero di tali spese è effettuato con le modalità e gli effetti previsti dal regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato.

4. Nel caso di opere ed interventi realizzati senza la previa sottoposizione alle fasi di verifica di assoggettabilità o di valutazione in violazione delle disposizioni di cui al presente Titolo III, nonché nel caso di difformità sostanziali da quanto disposto dai provvedimenti finali, l'autorità competente, valutata l'entità del pregiudizio ambientale arrecato e quello conseguente alla applicazione della sanzione, dispone la sospensione dei lavori e può disporre la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale a cura e spese del responsabile, definendone i termini e le modalità. In caso di inottemperanza, l'autorità competente provvede d'ufficio a spese dell'inadempiente. Il recupero di tali spese è effettuato con le modalità e gli effetti previsti dal testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato.

5. In caso di annullamento in sede giurisdizionale o di autotutela di autorizzazioni o concessioni rilasciate previa valutazione di impatto ambientale o di annullamento del giudizio di compatibilità ambientale, i poteri di cui al comma 4 sono esercitati previa nuova valutazione di impatto ambientale.

6. Resta, in ogni caso, salva l'applicazione di sanzioni previste dalle norme vigenti.

Titolo III-bis. L'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE
(titolo introdotto dall'articolo 2, comma 24, d.lgs. n. 128 del 2010)

Art. 29-bis. Individuazione e utilizzo delle migliori tecniche disponibili

1. L'autorizzazione integrata ambientale per gli impianti rientranti nelle attività di cui all'allegato VIII è rilasciata tenendo conto di quanto indicato nell'allegato XI e delle informazioni diffuse ai sensi dell'articolo 29-terdecies, comma 4 e dei documenti BREF (BAT Reference Documents) pubblicati dalla Commissione europea, nel rispetto delle linee guida per l'individuazione e l'utilizzo delle migliori tecniche disponibili, emanate con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Con la stessa procedura si provvede all'aggiornamento ed alla integrazione delle suddette linee guida, anche sulla base dello scambio di informazioni di cui all'articolo 29-terdecies, commi 3 e 4.

2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere determinati i requisiti per talune categorie di impianti, che tengano luogo dei corrispondenti requisiti fissati per ogni singola autorizzazione, purché siano garantiti un approccio integrato ed una elevata protezione equivalente dell'ambiente nel suo complesso.

3. Per le discariche di rifiuti da autorizzare ai sensi del presente titolo, si considerano soddisfatti i requisiti tecnici di cui al presente titolo se sono soddisfatti i requisiti tecnici di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.

Art. 29-ter. Domanda di autorizzazione integrata ambientale

1. Ai fini dell'esercizio di nuovi impianti, della modifica sostanziale e dell'adeguamento del funzionamento degli impianti esistenti alle disposizioni del presente decreto, si provvede al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale di cui all'articolo 29-sexies. Fatto salvo quanto disposto dal comma 4 e ferme restando  le informazioni richieste dalla normativa concernente aria, acqua, suolo e rumore, la domanda deve contenere le seguenti informazioni:

a) l'impianto, il tipo e la portata delle sue attività;

b) le materie prime e ausiliarie, le sostanze e l'energia usate o prodotte dall'impianto;

c) le fonti di emissione dell'impianto;

d) lo stato del sito di ubicazione dell'impianto;

e) il tipo e l'entità delle emissioni dell'impianto in ogni settore ambientale, nonché un'identificazione degli effetti significativi delle emissioni sull'ambiente;

f) la tecnologia utilizzata e le altre tecniche in uso per prevenire le emissioni dall'impianto oppure per ridurle;

g) le misure di prevenzione e di recupero dei rifiuti prodotti dall'impianto;

h) le misure previste per controllare le emissioni nell'ambiente nonché le attività di autocontrollo e di controllo programmato che richiede l'intervento dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente;

i) le eventuali principali alternative prese in esame dal gestore, in forma sommaria;

l) le altre misure previste per ottemperare ai principi di cui all'articolo 6, comma 15, del presente decreto.

2. La domanda di autorizzazione integrata ambientale deve contenere anche una sintesi non tecnica dei dati di cui alle lettere da a) a l) del comma 1 e l'indicazione delle informazioni che ad avviso del gestore non devono essere diffuse per ragioni di riservatezza industriale, commerciale o personale, di tutela della proprietà intellettuale e, tenendo conto delle indicazioni contenute nell'articolo 39 della legge 3 agosto 2007, n. 124, di pubblica sicurezza o di difesa nazionale. In tale caso il richiedente fornisce all'autorità competente anche una versione della domanda priva delle informazioni riservate, ai fini dell'accessibilità al pubblico.

3. Qualora le informazioni e le descrizioni fornite secondo un rapporto di sicurezza, elaborato conformemente alle norme previste sui rischi di incidente rilevante connessi a determinate attività industriali, o secondo la norma UNI EN ISO 14001, ovvero i dati prodotti per i siti registrati ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001 e successive modifiche, nonché altre informazioni fornite secondo qualunque altra normativa, rispettino uno o più requisiti di cui al comma 1 del presente articolo, tali dati possono essere utilizzati ai fini della presentazione della domanda e possono essere inclusi nella domanda o essere ad essa allegati.

4. Entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, l'autorità competente verifica la completezza della stessa e della documentazione allegata. Qualora queste risultino incomplete, l'autorità competente ovvero, nel caso di impianti di competenza statale, la Commissione di cui all'articolo 8-bis potrà chiedere apposite integrazioni, indicando un termine non inferiore a trenta giorni per la presentazione della documentazione integrativa. In tal caso i termini del procedimento si intendono interrotti fino alla presentazione della documentazione integrativa. Qualora entro il termine indicato il proponente non depositi la documentazione completa degli elementi mancanti, l'istanza si intende ritirata. E' fatta salva la facoltà per il proponente di richiedere una proroga del termine per la presentazione della documentazione integrativa in ragione della complessità della documentazione da presentare.

Art. 29-quater. Procedura per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale 

1. Per gli impianti di competenza statale la domanda è presentata all'autorità competente per mezzo di procedure telematiche, con il formato e le modalità stabiliti con il decreto di cui all'articolo 29-duodecies, comma 2.

2. L'autorità competente individua gli uffici presso i quali sono depositati i documenti e gli atti inerenti il procedimento, al fine della consultazione del pubblico.

3. L'autorità competente, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda ovvero, in caso di riesame ai sensi dell'articolo 29-octies, comma 4, contestualmente all'avvio del relativo procedimento, comunica al gestore la data di avvio del procedimento ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e la sede degli uffici di cui al comma 2. Entro il termine di quindici giorni dalla data di ricevimento della comunicazione il gestore provvede a sua cura e sue spese alla pubblicazione su un quotidiano a diffusione provinciale o regionale, ovvero a diffusione nazionale nel caso di progetti che ricadono nell'ambito della competenza dello Stato, di un annuncio contenente l'indicazione della localizzazione dell'impianto e del proprio nominativo, nonché gli uffici individuati ai sensi del comma 2 ove è possibile prendere visione degli atti e trasmettere le osservazioni. Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazioni di cui all'articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Le informazioni pubblicate dal gestore ai sensi del presente comma sono altresì pubblicate dall'autorità competente nel proprio sito web. è in ogni caso garantita l'unicità della pubblicazione per gli impianti di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto.

4. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dell'annuncio di cui al comma 3, i soggetti interessati possono presentare in forma scritta, all'autorità competente, osservazioni sulla domanda.

5. La convocazione da parte dell'autorità competente, ai fini del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, di apposita conferenza di servizi, alla quale sono invitate le amministrazioni competenti in materia ambientale e comunque, nel caso di impianti di competenza statale, i Ministeri dell'interno, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e dello sviluppo economico, oltre al soggetto richiedente l'autorizzazione, ha luogo ai sensi degli articoli 14, 14-ter, commi da 1 a 3 e da 6 a 9, e 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

7. Nell'ambito della Conferenza dei servizi di cui al comma 5, vengono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonché il parere dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale per gli impianti di competenza statale o delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente per quanto riguarda il monitoraggio ed il controllo degli impianti e delle emissioni nell'ambiente. In presenza di circostanze intervenute successivamente al rilascio dell'autorizzazione di cui al presente titolo, il sindaco, qualora lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può chiedere all'autorità competente di verificare la necessità di riesaminare l'autorizzazione rilasciata, ai sensi dell'articolo 29-octies.

8. Nell'ambito della Conferenza dei servizi, l'autorità competente può richiedere integrazioni alla documentazione, anche al fine di valutare la applicabilità di specifiche misure alternative o aggiuntive, indicando il termine massimo non superiore a novanta giorni per la presentazione della documentazione integrativa. In tal caso, il termine di cui al comma 9 resta sospeso fino alla presentazione della documentazione integrativa.

9. Salvo quanto diversamente concordato, la Conferenza dei servizi di cui al comma 5 deve concludersi entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine previsto dal comma 4 per la presentazione delle osservazioni.

10. L'autorità competente esprime le proprie determinazioni sulla domanda di autorizzazione integrata ambientale comunque entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda, ovvero, nel caso di cui al comma 8, entro centottanta giorni dalla presentazione della domanda. La tutela avverso il silenzio dell'Amministrazione è disciplinata dalle disposizioni generali del processo amministrativo.

11. Le autorizzazioni integrate ambientali, rilasciate ai sensi del presente decreto, sostituiscono ad ogni effetto le autorizzazioni riportate nell'elenco dell'allegato IX, secondo le modalità e gli effetti previsti dalle relative norme settoriali. In particolare le autorizzazioni integrate ambientali sostituiscono la comunicazione di cui all'articolo 216, ferma restando la possibilità di utilizzare successivamente le procedure semplificate previste dal capo V.

12. Ogni autorizzazione integrata ambientale deve includere le modalità previste dal presente decreto per la protezione dell'ambiente, nonché l'indicazione delle autorizzazioni sostituite.

13. Copia dell'autorizzazione integrata ambientale e di qualsiasi suo successivo aggiornamento, è messa a disposizione del pubblico, presso l'ufficio di cui al comma 2. Presso il medesimo ufficio sono inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento.

14. L'autorità competente può sottrarre all'accesso le informazioni, in particolare quelle relative agli impianti militari di produzione di esplosivi di cui al punto 4.6 dell'allegato VIII, qualora ciò si renda necessario per l'esigenza di salvaguardare ai sensi dell'articolo 24, comma 6, lettera a), della legge 7 agosto 1990, n. 241, e relative norme di attuazione, la sicurezza pubblica o la difesa nazionale. L'autorità competente può inoltre sottrarre all'accesso informazioni non riguardanti le emissioni dell'impianto nell'ambiente, per ragioni di tutela della proprietà intellettuale o di riservatezza industriale, commerciale o personale.

 15. In considerazione del particolare e rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse nazionale dell'impianto, nel rispetto delle disposizioni del presente decreto, possono essere conclusi, d'intesa tra lo Stato, le regioni, le province e i comuni territorialmente competenti e i gestori, specifici accordi, al fine di garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della collettività, l'armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali. In tali casi l'autorità competente, fatto comunque salvo quanto previsto al comma 12, assicura il necessario coordinamento tra l'attuazione dell'accordo e la procedura di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale. Nei casi disciplinati dal presente comma i termini di cui al comma 10 sono raddoppiati.

Art. 29-quinquies. Indirizzi per garantire l'uniforme applicazione sul territorio nazionale

1. Con uno o più decreti del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e del lavoro, della salute e delle politiche sociali e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere emanati indirizzi per garantire l'uniforme applicazione delle disposizioni del presente titolo da parte delle autorità competenti.

Art. 29-sexies. Autorizzazione integrata ambientale

1. L'autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi del presente decreto deve includere tutte le misure necessarie per soddisfare i requisiti di cui agli articoli 6, comma 15, e 29-septies, al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso. L'autorizzazione integrata ambientale di attività regolamentate dal decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216, contiene valori limite per le emissioni dirette di gas serra, di cui all'allegato B del medesimo decreto, solo quando ciò risulti indispensabile per evitare un rilevante inquinamento locale.

2. In caso di nuovo impianto o di modifica sostanziale, se sottoposti alla normativa in materia di valutazione d'impatto ambientale, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 10 del presente decreto.

3. L'autorizzazione integrata ambientale deve includere valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti, in particolare quelle elencate nell'allegato X, che possono essere emesse dall'impianto interessato in quantità significativa, in considerazione della loro natura, e delle loro potenzialità di trasferimento dell'inquinamento da un elemento ambientale all'altro, acqua, aria e suolo, nonché i valori limite ai sensi della vigente normativa in materia di inquinamento acustico. I valori limite di emissione fissati nelle autorizzazioni integrate non possono comunque essere meno rigorosi di quelli fissati dalla normativa vigente nel territorio in cui è ubicato l'impianto. Se necessario, l'autorizzazione integrata ambientale contiene ulteriori disposizioni che garantiscono la protezione del suolo e delle acque sotterranee, le opportune disposizioni per la gestione dei rifiuti prodotti dall'impianto e per la riduzione dell'inquinamento acustico. Se del caso, i valori limite di emissione possono essere integrati o sostituiti con parametri o misure tecniche equivalenti. Per gli impianti di cui al punto 6.6 dell'allegato VIII, i valori limite di emissione o i parametri o le misure tecniche equivalenti tengono conto delle modalità pratiche adatte a tali categorie di impianti.

4. Fatto salvo l'articolo 29-septies, i valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti di cui ai commi precedenti fanno riferimento all'applicazione delle migliori tecniche disponibili, senza l'obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente. In tutti i casi, le condizioni di autorizzazione prevedono disposizioni per ridurre al minimo l'inquinamento a grande distanza o attraverso le frontiere e garantiscono un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso.

5. L'autorità competente rilascia l'autorizzazione integrata ambientale osservando quanto specificato nell'articolo 29-bis, commi 1, 2 e 3. In mancanza delle linee guida di cui all'articolo 29-bis, comma 1, l'autorità competente rilascia comunque l'autorizzazione integrata ambientale tenendo conto di quanto previsto nell'allegato XI.

6. L'autorizzazione integrata ambientale contiene gli opportuni requisiti di controllo delle emissioni, che specificano, in conformità a quanto disposto dalla vigente normativa in materia ambientale e nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 29-bis, comma 1, la metodologia e la frequenza di misurazione, la relativa procedura di valutazione, nonché l'obbligo di comunicare all'autorità competente i dati necessari per verificarne la conformità alle condizioni di autorizzazione ambientale integrata ed all'autorità competente e ai comuni interessati i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall'autorizzazione integrata ambientale. Tra i requisiti di controllo, l'autorizzazione stabilisce in particolare, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 29-bis, comma 1, e del decreto di cui all'articolo 33, comma 1, le modalità e la frequenza dei controlli programmati di cui all'articolo 29-decies, comma 3. Per gli impianti di cui al punto 6.6 dell'allegato VIII, quanto previsto dal presente comma può tenere conto dei costi e benefici. Per gli impianti di competenza statale le comunicazioni di cui al presente comma sono trasmesse per il tramite dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.

7. L'autorizzazione integrata ambientale contiene le misure relative alle condizioni diverse da quelle di normale esercizio, in particolare per le fasi di avvio e di arresto dell'impianto, per le emissioni fuggitive, per i malfunzionamenti, e per l'arresto definitivo dell'impianto.

8. Per gli impianti assoggettati al decreto legislativo del 17 agosto 1999, n. 334, l'autorità competente ai sensi di tale decreto trasmette all'autorità competente per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale i provvedimenti adottati, le cui prescrizioni ai fini della sicurezza e della prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti sono riportate nella autorizzazione. In caso di decorrenza dei termine stabilito dall'articolo 29-quater, comma 10, senza che le suddette prescrizioni siano pervenute, l'autorità competente rilascia l'autorizzazione integrata ambientale e provvede ad integrarne il contenuto, una volta concluso il procedimento ai sensi del decreto legislativo del 17 agosto 1999, n. 334.

9. L'autorizzazione integrata ambientale può contenere altre condizioni specifiche ai fini del presente decreto, giudicate opportune dall'autorità competente. Le disposizioni di cui al successivo art. 29-nonies non si applicano alle modifiche necessarie per adeguare la funzionalità degli impianti alle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale.

Art. 29-septies. Migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale

1. Se, a seguito di una valutazione dell'autorità competente, che tenga conto di tutte le emissioni coinvolte, risulta necessario applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l'autorità competente può prescrivere nelle autorizzazioni integrate ambientali misure supplementari particolari più rigorose, fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale.

Art. 29-octies. Rinnovo e riesame

1. L'autorità competente rinnova ogni cinque anni l'autorizzazione integrata ambientale, o l'autorizzazione avente valore di autorizzazione integrata ambientale che non prevede un rinnovo periodico, confermando o aggiornando le relative condizioni, a partire dalla data di rilascio dell'autorizzazione. A tale fine, sei mesi prima della scadenza, il gestore invia all'autorità competente una domanda di rinnovo, corredata da una relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all'articolo 29-ter, comma 1. Alla domanda si applica quanto previsto dall'articolo 29-ter, comma 3. L'autorità competente si esprime nei successivi centocinquanta giorni con la procedura prevista dall'articolo 29-quater, commi da 5 a 9. Fino alla pronuncia dell'autorità competente, il gestore continua l'attività sulla base della precedente autorizzazione.

2. Nel caso di un impianto che, all'atto del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, risulti registrato ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, il rinnovo di cui al comma 1 è effettuato ogni otto anni. Se la registrazione ai sensi del predetto regolamento è successiva all'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, il rinnovo di detta autorizzazione è effettuato ogni otto anni a partire dal primo successivo rinnovo.

3. Nel caso di un impianto che, all'atto del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, risulti certificato secondo la norma UNI EN ISO 14001, il rinnovo di cui al comma 1 è effettuato ogni sei anni. Se la certificazione ai sensi della predetta norma è successiva all'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, il rinnovo di detta autorizzazione è effettuato ogni sei anni a partire dal primo successivo rinnovo.

4. Il riesame è effettuato dall'autorità competente, anche su proposta delle amministrazioni competenti in materia ambientale, comunque quando:

a) l'inquinamento provocato dall'impianto è tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite di emissione fissati nell'autorizzazione o l'inserimento in quest'ultima di nuovi valori limite;

b) le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni senza imporre costi eccessivi;

c) la sicurezza di esercizio del processo o dell'attività richiede l'impiego di altre tecniche;

d) nuove disposizioni legislative comunitarie o nazionali lo esigono.

5. In caso di rinnovo o di riesame dell'autorizzazione, l'autorità competente può consentire deroghe temporanee ai requisiti ivi fissati ai sensi dell'articolo 29-sexies, comma 4, se un piano di ammodernamento da essa approvato assicura il rispetto di detti requisiti entro un termine di sei mesi, e se il progetto determina una riduzione dell'inquinamento.

6. Per gli impianti di cui al punto 6.6 dell'allegato VIII, il rinnovo di cui al comma 1 è effettuato ogni dieci anni.

Art. 29-nonies. Modifica degli impianti o variazione del gestore

1. Il gestore comunica all'autorità competente le modifiche progettate dell'impianto, come definite dall'articolo 5, comma 1, lettera l). L'autorità competente, ove lo ritenga necessario, aggiorna l'autorizzazione integrata ambientale o le relative condizioni, ovvero, se rileva che le modifiche progettate sono sostanziali ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera l-bis), ne dà notizia al gestore entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione ai fini degli adempimenti di cui al comma 2 del presente articolo. Decorso tale termine, il gestore può procedere alla realizzazione delle modifiche comunicate.

2. Nel caso in cui le modifiche progettate, ad avviso del gestore o a seguito della comunicazione di cui al comma 1, risultino sostanziali, il gestore invia all'autorità competente una nuova domanda di autorizzazione corredata da una relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all'articolo 29-ter, commi 1 e 2. Si applica quanto previsto dagli articoli 29-ter e 29-quater in quanto compatibile.

3. Agli aggiornamenti delle autorizzazioni o delle relative prescrizioni di cui al comma 1 e alle autorizzazioni rilasciate ai sensi del comma 2 si applica il disposto dell'articolo 29-octies, comma 5, e dell'articolo 29-quater, comma 15.

4. Nel caso in cui intervengano variazioni nella titolarità della gestione dell'impianto, il vecchio gestore e il nuovo gestore ne danno comunicazione entro trenta giorni all'autorità competente, anche nelle forme dell'autocertificazione.

Art. 29-decies. Rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale

1. Il gestore, prima di dare attuazione a quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale, ne dà comunicazione all'autorità competente.

2. A far data dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, il gestore trasmette all'autorità competente e ai comuni interessati i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall'autorizzazione integrata ambientale, secondo modalità e frequenze stabilite nell'autorizzazione stessa. L'autorità competente provvede a mettere tali dati a disposizione del pubblico tramite gli uffici individuati ai sensi dell'articolo 29-quater, comma 3.

3. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, per impianti di competenza statale, o le agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, negli altri casi, accertano, secondo quanto previsto e programmato nell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 29-sexies, comma 6 e con oneri a carico del gestore:

a) il rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale;

b) la regolarità dei controlli a carico del gestore, con particolare riferimento alla regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell'inquinamento nonché al rispetto dei valori limite di emissione;

c) che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in particolare che abbia informato l'autorità competente regolarmente e, in caso di inconvenienti o incidenti che influiscano in modo significativo sull'ambiente, tempestivamente dei risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto.

4. Ferme restando le misure di controllo di cui al comma 3, l'autorità competente, nell'ambito delle disponibilità finanziarie del proprio bilancio destinate allo scopo, può disporre ispezioni straordinarie sugli impianti autorizzati ai sensi del presente decreto.

5. Al fine di consentire le attività di cui ai commi 3 e 4, il gestore deve fornire tutta l'assistenza necessaria per lo svolgimento di qualsiasi verifica tecnica relativa all'impianto, per prelevare campioni e per raccogliere qualsiasi informazione necessaria ai fini del presente decreto.

6. Gli esiti dei controlli e delle ispezioni sono comunicati all'autorità competente ed al gestore indicando le situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni di cui al comma 3, lettere a), b) e c), e proponendo le misure da adottare.

7. Ogni organo che svolge attività di vigilanza, controllo, ispezione e monitoraggio su impianti che svolgono attività di cui agli allegati VIII e XII, e che abbia acquisito informazioni in materia ambientale rilevanti ai fini dell'applicazione del presente decreto, comunica tali informazioni, ivi comprese le eventuali notizie di reato, anche all'autorità competente.

8. I risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e in possesso dell'autorità competente, devono essere messi a disposizione del pubblico, tramite l'ufficio individuato all'articolo 29-quater, comma 3, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.

9. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, o di esercizio in assenza di autorizzazione, l'autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni:

a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità;

b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività autorizzata per un tempo determinato, ove sì manifestino situazioni di pericolo per l'ambiente;

c) alla revoca dell'autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell'impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l'ambiente.

10. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l'autorità competente, ove si manifestino situazioni di pericolo o di danno per la salute, ne dà comunicazione al sindaco ai fini dell'assunzione delle eventuali misure ai sensi dell'articolo 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.

11. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale esegue i controlli di cui al comma 3 anche avvalendosi delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente territorialmente competenti, nel rispetto di quanto disposto all'articolo 03, comma 5, del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.

Art. 29-undecies. Inventario delle principali emissioni e loro fonti

1. I gestori degli impianti di cui all'allegato VIII trasmettono all'autorità competente e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, per il tramite dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, entro il 30 aprile di ogni anno, i dati caratteristici relativi alle emissioni in aria, acqua e suolo dell'anno precedente.

2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, in conformità a quanto previsto dalla Commissione europea, sentita la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono apportate modifiche ai dati e al formato della comunicazione di cui al decreto dello stesso Ministro 23 novembre 2001, attuativo dell'articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372.

3. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale elabora i dati di cui al comma 1 e li trasmette all'autorità competente e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare anche per l'invio alla Commissione europea.

4. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare e l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale assicurano, nel rispetto del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, l'accesso del pubblico ai dati di cui al comma 1 e alle successive elaborazioni.

Art. 29-duodecies. Comunicazioni

1. Le autorità competenti comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, con cadenza annuale, i dati concernenti le domande ricevute, le autorizzazioni rilasciate ed i successivi aggiornamenti, d'intesa con la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nonché un rapporto sulle situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni della autorizzazione integrata ambientale.

2. Le domande relative agli impianti di competenza statale di cui all'articolo 29-quater, comma 1, i dati di cui al comma 1 del presente articolo e quelli di cui ai commi 6 e 7 dell'articolo 29-decies, sono trasmessi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, per il tramite dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, secondo il formato e le modalità di cui al decreto dello stesso Ministro 7 febbraio 2007.

Art. 29-terdecies. Scambio di informazioni

1. Le autorità competenti trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, per il tramite dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale , ogni tre anni, entro il 30 aprile, una comunicazione relativa all'applicazione del presente titolo, ed in particolare ai valori limite di emissione applicati agli impianti di cui all'allegato VIII e alle migliori tecniche disponibili su cui detti valori si basano, sulla base dell'apposito formulario adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare del 24 luglio 2009.

2. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare predispone e invia alla Commissione europea una relazione sull'attuazione della direttiva 2008/1/CE e sulla sua efficacia rispetto ad altri strumenti comunitari di protezione dell'ambiente, sulla base del questionario, stabilito con decisione 2006/194/UE del 2 marzo 2006 della Commissione europea, e successive modificazioni, redatto a norma degli articoli 5 e 6 della direttiva 91/692/CEE.

3. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di intesa con il Ministero dello sviluppo economico, con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministero della salute e con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede ad assicurare la partecipazione dell'Italia allo scambio di informazioni organizzato dalla Commissione europea relativamente alle migliori tecniche disponibili e al loro sviluppo, nonché alle relative prescrizioni in materia di controllo, e a rendere accessibili i risultati di tale scambio di informazioni. Le modalità di tale partecipazione, in particolare, dovranno consentire il coinvolgimento delle autorità competenti in tutte le fasi ascendenti dello scambio di informazioni.

Le attività di cui al presente comma sono svolte di intesa con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali limitatamente alle attività di cui al punto 6.6 dell'allegato VIII.

4. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, provvede a garantire la sistematica informazione del pubblico sullo stato di avanzamento dei lavori relativi allo scambio di informazioni di cui al comma 3 e adotta d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 modalità di scambio di informazioni tra le autorità competenti, al fine di promuovere una più ampia conoscenza sulle migliori tecniche disponibili e sul loro sviluppo.

Art. 29-quattuordecies. Sanzioni

1. Chiunque esercita una delle attività di cui all'allegato VIII senza essere in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale o dopo che la stessa sia stata sospesa o revocata è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 2.500 euro a 26.000 euro.

2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sola pena dell'ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall'autorità competente.

3. Chiunque esercita una delle attività di cui all'allegato VIII dopo l'ordine di chiusura dell'impianto è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni o con l'ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro.

4. è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 52.000 euro il gestore che omette di trasmettere all'autorità competente la comunicazione prevista dall'articolo 29-decies, comma 1.

5. è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 euro a 11.000 euro il gestore che omette di comunicare all'autorità competente e ai comuni interessati i dati relativi alle misurazioni delle emissioni di cui all'articolo 29-decies, comma 2.

6. E' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 26.000 euro il gestore che, senza giustificato e documentato motivo, omette di presentare, nel termine stabilito dall'autorità competente, la documentazione integrativa prevista dall'articolo 29-quater, comma 8.

7. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

8. Le sanzioni sono irrogate dal prefetto per gli impianti di competenza statale e dall'autorità competente per gli altri impianti.

9. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo sono versate all'entrata dei bilanci delle autorità competenti.

10. Per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del presente titolo, dalla data di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, non si applicano le sanzioni, previste da norme di settore, relative a fattispecie oggetto del presente articolo.

Titolo IV - VALUTAZIONI AMBIENTALI INTERREGIONALI E TRANSFRONTALIERE

Art. 30. Impatti ambientali interregionali
(articolo così sostituito dall'articolo 2, comma 25, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Nel caso di piani e programmi soggetti a VAS, di progetti di interventi e di opere sottoposti a procedura di VIA di competenza regionale, nonché di impianti o parti di essi le cui modalità di esercizio necessitano del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale con esclusione di quelli previsti dall'allegato XII, i quali risultino localizzati anche sul territorio di regioni confinanti, le procedure di valutazione e autorizzazione ambientale sono effettuate d'intesa tra le autorità competenti.

2. Nel caso di piani e programmi soggetti a VAS, di progetti di interventi e di opere sottoposti a VIA di competenza regionale nonché di impianti o parti di essi le cui modalità di esercizio necessitano del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale con esclusione di quelli previsti dall'allegato XII, i quali possano avere impatti ambientali rilevanti ovvero effetti ambientali negativi e significativi su regioni confinanti, l'autorità competente è tenuta a darne informazione e ad acquisire i pareri delle autorità competenti di tali regioni, nonché degli enti locali territoriali interessati dagli impatti.

2-bis. Nei casi di cui al comma 2, ai fini dell'espressione dei rispettivi pareri, l'autorità competente dispone che il proponente invii gli elaborati alle Regioni nonché agli enti locali territoriali interessati dagli impatti, che si esprimono nei termini di cui all'articolo 25, comma 2.

Art. 31. Attribuzione competenze

1. In caso di piani, programmi o progetti la cui valutazione ambientale è rimessa alla regione, qualora siano interessati territori di più regioni e si manifesti un conflitto tra le autorità competenti di tali regioni circa gli impatti ambientali di un piano, programma o progetto localizzato sul territorio di una delle regioni, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su conforme parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, può disporre che si applichino le procedure previste dal presente decreto per i piani, programmi e progetti di competenza statale.

 Art. 32. Consultazioni transfrontaliere
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 26, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. In caso di piani, programmi, progetti e impianti che possono avere impatti rilevanti sull'ambiente di un altro Stato, o qualora un altro Stato così richieda, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, d'intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali e con il Ministero degli affari esteri e per suo tramite, ai sensi della Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata ai sensi della legge 3 novembre 1994, n. 640, nell'ambito delle fasi previste dalle procedure di cui ai titoli II, III e III-bis, provvede alla notifica dei progetti di tutta la documentazione concernente il piano, programma, progetto o impianto. Nell'ambito della notifica è fissato il termine, non superiore ai sessanta giorni, per esprimere il proprio interesse alla partecipazione alla procedura.

2. Qualora sia espresso l'interesse a partecipare alla procedura, gli Stati consultati trasmettono all'autorità competente i pareri e le osservazioni delle autorità pubbliche e del pubblico entro novanta giorni dalla comunicazione della dichiarazione di interesse alla partecipazione alla procedura ovvero secondo le modalità ed i termini concordati dagli Stati membri interessati, in modo da consentire comunque che le autorità pubbliche ed il pubblico degli Stati consultati siano informati ed abbiano l'opportunità di esprimere il loro parere entro termini ragionevoli. L'Autorità competente ha l'obbligo di trasmettere agli Stati membri consultati le decisioni finali e tutte le informazioni già stabilite dagli articoli 17, 27 e 29-quater del presente decreto.

3. Fatto salvo quanto previsto dagli accordi internazionali, le regioni o le province autonome nel caso in cui i piani, i programmi, i progetti od anche le modalità di esercizio di un impianto o di parte di esso, con esclusione di quelli previsti dall'allegato XII, possano avere effetti transfrontalieri, informano immediatamente il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare e collaborano per lo svolgimento delle fasi procedurali di applicazione della convenzione.

4. La predisposizione e la distribuzione della documentazione necessaria sono a cura del proponente o del gestore o dell'autorità procedente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, che deve provvedervi su richiesta dell'autorità competente secondo le modalità previste dai titoli II, III o III-bis del presente decreto ovvero concordate dall'autorità competente e gli Stati consultati.

5. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero degli affari esteri, d'intesa con le regioni interessate, stipulano con i Paesi aderenti alla Convenzione accordi per disciplinare le varie fasi al fine di semplificare e rendere più efficace l'attuazione della convenzione.

5-bis. Nel caso in cui si provveda ai sensi dei commi 1 e 2, il termine per l'emissione del provvedimento finale di cui all'articolo 26, comma 1, è prorogato di 90 giorni o del diverso termine concordato ai sensi del comma 2.

5-ter. Gli Stati membri interessati che partecipano alle consultazioni ai sensi del presente articolo ne fissano preventivamente la durata in tempi ragionevoli.

Art. 32-bis. Effetti transfrontalieri
(articolo introdotto dall'articolo 2, comma 27, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Nel caso in cui il funzionamento di un impianto possa avere effetti negativi e significativi sull'ambiente di un altro Stato dell'Unione europea, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, comunica a tale Stato membro i dati forniti ai sensi degli articoli 29-ter, 29-quater e 29-octies, nel momento stesso in cui sono messi a disposizione del pubblico. Comunque tali dati devono essere forniti ad uno Stato dell'Unione europea che ne faccia richiesta, qualora ritenga di poter subire effetti negativi e significativi sull'ambiente nel proprio territorio. Nel caso in cui l'impianto non ricada nell'ambito delle competenze statali, l'autorità competente, qualora constati che il funzionamento di un impianto possa avere effetti negativi e significativi sull'ambiente di un altro Stato dell'Unione europea, informa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che provvede ai predetti adempimenti.

2. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, nel quadro dei rapporti bilaterali fra Stati, affinché, nei casi di cui al comma 1, le domande siano accessibili anche ai cittadini dello Stato eventualmente interessato per un periodo di tempo adeguato che consenta una presa di posizione prima della decisione dell'autorità competente

Titolo V - NORME TRANSITORIE E FINALI

Art. 33. Oneri istruttori
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 28, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, sono definite, sulla base di quanto previsto dall'articolo 9 del d.P.R. 14 maggio 2007, n. 90, le tariffe da applicare ai proponenti per la copertura dei costi sopportati dall'autorità competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attività istruttorie, di monitoraggio e controllo previste dal presente decreto.

2. Per le finalità di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono definire proprie modalità di quantificazione e corresponsione degli oneri da porre in capo ai proponenti.

3. Nelle more dei provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, si continuano ad applicare le norme vigenti in materia.

3-bis. Le spese occorrenti per effettuare i rilievi, gli accertamenti ed i sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande di autorizzazione integrata ambientale e per i successivi controlli previsti dall'art. 29-decies, sono a carico del gestore. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono disciplinate le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dal Titolo III-bis del presente decreto, nonché i compensi spettanti ai membri della commissione istruttoria di cui all'articolo 8-bis. Gli oneri per l'istruttoria e per i controlli sono quantificati in relazione alla complessità, delle attività svolte dall'autorità competente, sulla base del numero e della tipologia delle emissioni e delle componenti  ambientali interessate, nonché della eventuale presenza di sistemi di gestione registrati o certificati e delle spese di funzionamento della commissione di cui all'articolo 8-bis. Gli introiti derivanti dalle tariffe corrispondenti a tali oneri, posti a carico del gestore, sono utilizzati esclusivamente per le predette spese. A tale fine gli importi delle tariffe vengono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare con gli stessi criteri e modalità, le tariffe sono aggiornate almeno ogni due anni.

3-ter. Nelle more dei decreti di cui al comma 3-bis, resta fermo quanto stabilito dal DM 24 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 22 settembre 2008.

4. Al fine di garantire l'operatività della Commissione di cui all'articolo 8-bis, nelle more dell'adozione del decreto di cui al comma 3-bis, e fino all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe di cui al comma 1 del presente articolo, per le spese di funzionamento nonché per il pagamento dei compensi spettanti ai componenti della predetta Commissione è posto a carico del richiedente il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma forfetaria pari ad euro venticinquemila per ogni richiesta di autorizzazione integrata ambientale per impianti di competenza statale; la predetta somma è riassegnata entro sessanta giorni, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, e da apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare. Le somme di cui al presente comma si intendono versate a titolo di acconto, fermo restando l'obbligo del richiedente di corrispondere conguaglio in relazione all'eventuale differenza risultante a quanto stabilito dal decreto di determinazione delle tariffe, fissate per la copertura integrale del costo effettivo del servizio reso.

Art. 34. Norme tecniche, organizzative e integrative
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 29, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con uno o più regolamenti da emanarsi, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, provvede alla modifica ed all'integrazione delle norme tecniche in materia di valutazione ambientale nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto. Resta ferma l'applicazione dell'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, relativamente al recepimento di direttive comunitarie modificative delle modalità esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell'ordinamento nazionale. Resta ferma altresì, nelle more dell'emanazione delle norme tecniche di cui al presente comma, l'applicazione di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988.

2. Al fine della predisposizione dei provvedimenti di cui al comma 1, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare acquisisce il parere delle associazioni ambientali munite di requisiti sostanziali omologhi a quelli previsti dall'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349.

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Governo, con apposita delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica, su proposta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome, ed acquisito il parere delle associazioni ambientali munite di requisiti sostanziali omologhi a quelli previsti dall'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, provvede all'aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile di cui alla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica del 2 agosto 2002.

4. Entro dodici mesi dalla delibera di aggiornamento della strategia nazionale di cui al comma 3, le regioni si dotano, attraverso adeguati processi informativi e partecipativi, senza oneri aggiuntivi a carico dei bilanci regionali, di una complessiva strategia di sviluppo sostenibile che sia coerente e definisca il contributo alla realizzazione degli obiettivi della strategia nazionale. Le strategie regionali indicano insieme al contributo della regione agli obiettivi nazionali, la strumentazione, le priorità, le azioni che si intendono intraprendere. In tale ambito le regioni assicurano unitarietà all'attività di pianificazione. Le regioni promuovono l'attività delle amministrazioni locali che, anche attraverso i processi di Agenda 21 locale, si dotano di strumenti strategici coerenti e capaci di portare un contributo alla realizzazione degli obiettivi della strategia regionale.

5. Le strategie di sviluppo sostenibile definiscono il quadro di riferimento per le valutazioni ambientali di cui al presente decreto. Dette strategie, definite coerentemente ai diversi livelli territoriali, attraverso la partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni, in rappresentanza delle diverse istanze, assicurano la dissociazione fra la crescita economica ed il suo impatto sull'ambiente, il rispetto delle condizioni di stabilità ecologica, la salvaguardia della biodiversità ed il soddisfacimento dei requisiti sociali connessi allo sviluppo delle potenzialità individuali quali presupposti necessari per la crescita della competitività e dell'occupazione.

6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, le regioni e le province autonome cooperano per assicurare assetti organizzativi, anche mediante la costituzione di apposite unità operative, senza aggravio per la finanza pubblica, e risorse atti a garantire le condizioni per lo svolgimento di funzioni finalizzate a:

a) determinare, nell'ottica della strategia di sviluppo sostenibile, i requisiti per una piena integrazione della dimensione ambientale nella definizione e valutazione di politiche, piani, programmi e progetti;
b) garantire le funzioni di orientamento, valutazione, sorveglianza e controllo nei processi decisionali della pubblica amministrazione;
c) assicurare lo scambio e la condivisione di esperienze e contenuti tecnico-scientifici in materia di valutazione ambientale;
d) favorire la promozione e diffusione della cultura della sostenibilità dell'integrazione ambientale;
e) agevolare la partecipazione delle autorità interessate e del pubblico ai processi decisionali ed assicurare un'ampia diffusione delle informazioni ambientali.

7. Le norme tecniche assicurano la semplificazione delle procedure di valutazione. In particolare, assicurano che la valutazione ambientale strategica e la valutazione d'impatto ambientale si riferiscano al livello strategico pertinente analizzando la coerenza ed il contributo di piani, programmi e progetti alla realizzazione degli obiettivi e delle azioni di livello superiore. Il processo di valutazione nella sua interezza deve anche assicurare che piani, programmi e progetti riducano il flusso di materia ed energia che attraversa il sistema economico e la connessa produzione di rifiuti.

8. Il sistema di monitoraggio, effettuato anche avvalendosi delle Agenzie ambientali e dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), garantisce la raccolta dei dati concernenti gli indicatori strutturali comunitari o altri appositamente scelti dall'autorità competenti.

9. Salvo quanto disposto dai commi 9-bis e 9-ter le modifiche agli allegati alla parte seconda del presente decreto sono apportate con regolamenti da emanarsi, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare.

9-bis. L'elenco riportato nell'allegato IX, ove necessario, è modificato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Con le stesse modalità, possono essere introdotte modifiche all'allegato XII, anche per assicurare il coordinamento tra le procedure di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale e quelle in materia di valutazione d'impatto ambientale.

9-ter. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, previa comunicazione ai Ministri dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e delle politiche agricole, alimentari e forestali, si provvede al recepimento di direttive tecniche di modifica degli allegati VIII, X e XI e XII emanate dalla Commissione europea.

Art. 35. Disposizioni transitorie e finali
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 30, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Le regioni ove necessario adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni del presente decreto, entro dodici mesi dall'entrata in vigore. In mancanza di norme vigenti regionali trovano diretta applicazione le norme di cui al presente decreto.

2. Trascorso il termine di cui al comma 1, trovano diretta applicazione le disposizioni del presente decreto, ovvero le disposizioni regionali vigenti in quanto compatibili.

2-bis. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono alle finalità del presente decreto ai sensi dei relativi statuti.

2-ter. Le procedure di VAS, VIA ed AIA avviate precedentemente all'entrata in vigore del presente decreto sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell'avvio del procedimento.

2-quater. Fino a quando il gestore si sia adeguato alle condizioni fissate nell'autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi dell'articolo 29-quater, trovano applicazione le disposizioni relative alle autorizzazioni in materia di inquinamento atmosferico, idrico e del suolo previste dal presente decreto e dalle altre normative vigenti o le prescrizioni precedenti il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale in corso di attuazione. 

2-quinquies. La sanzione prevista dall'articolo 29-quattuordecies, comma 1, non si applica ai gestori di impianti esistenti o di impianti nuovi già dotati di altre autorizzazioni ambientali alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, i quali abbiano presentato domanda di autorizzazione integrata ambientale nei termini stabiliti nel decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 19 aprile 2006 ovvero nei successivi provvedimenti di proroga, fino alla conclusione del relativo procedimento autorizzatorio.

2-sexies. Le amministrazioni statali, gli enti territoriali e locali, gli enti pubblici, ivi compresi le università e gli istituti di ricerca, le società per azioni a prevalente partecipazione pubblica, comunicano alle autorità competenti un elenco dei piani e un riepilogo dei dati storici e conoscitivi del territorio e dell'ambiente in loro possesso, utili ai fini delle istruttorie per il rilascio di autorizzazioni integrate ambientali, segnalando quelli riservati e rendono disponibili tali dati alle stesse autorità competenti in forma riproducibile e senza altri oneri oltre quelli di copia, anche attraverso le procedure e gli standard di cui all'articolo 6-quater del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365. I dati relativi agli impianti di competenza statale sono comunicati, per il tramite dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, nell'ambito dei compiti istituzionali allo stesso demandati.

2-septies. L'autorità competente rende accessibili ai gestori i dati storici e conoscitivi del territorio e dell'ambiente in proprio possesso, di interesse ai fini dell'applicazione del presente decreto, ove non ritenuti riservati, ed in particolare quelli di cui al comma 2-sexies, anche attraverso le procedure e gli standard di cui all'articolo 6-quater del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365. A tale fine l'autorità competente può avvalersi dell'Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale, nell'ambito dei compiti istituzionali allo stesso demandati.

2-octies. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, della salute e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalità di autorizzazione nel caso in cui più impianti o parti di essi siano localizzati sullo stesso sito, gestiti dal medesimo gestore, e soggetti ad autorizzazione integrata ambientale da rilasciare da più di una autorità competente.

2-nonies. Il rilascio dell'autorizzazione di cui al presente decreto non esime i gestori dalla responsabilità in relazione alle eventuali sanzioni per il mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di cui al decreto legislativo 4 luglio 2006, n. 216 e successive modifiche ed integrazion

Art. 36. Abrogazioni e modifiche

1. Gli articoli da 4 a 52 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati.

2. Gli allegati da I a V della Parte II del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono sostituiti dagli allegati al presente decreto.

3. Fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 4, a decorrere dalla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto sono inoltre abrogati:

a) l'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349;
b) l'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67;
c) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377;
d) l'articolo 7 della legge 2 maggio 1990, n. 102;
e) il comma 2, dell'articolo 4, ed il comma 2, dell'articolo 5, della legge 4 agosto 1990, n. 240;
f) il comma 2, dell'articolo 1, della legge 29 novembre 1990, n. 366;
g) l'articolo 3 della legge 29 novembre 1990, n. 380;
h) l'articolo 2 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;
i) il d.P.R. 5 ottobre 1991, n. 460;
l) l'articolo 3 della legge 30 dicembre 1991, n. 412;
m) articolo 6 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 100;
n) articolo 1 della legge 28 febbraio 1992, n. 220;
o) il d.P.R. 27 aprile 1992;
p) il comma 6, dell'articolo 17, della legge 5 gennaio 1994, n. 36;
q) il d.P.R. 18 aprile 1994, n. 526;
r) il comma 1, dell'articolo 2-bis, della legge 31 maggio 1995, n. 206 (decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96);
s) il d.P.R. 12 aprile 1996 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996;
t) il d.P.R. 11 febbraio 1998;
u) il d.P.R. 3 luglio 1998;
v) la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 agosto 1999;
z) il d.P.R. 2 settembre 1999, n. 348;
aa) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 1999, n. 302;
bb) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° settembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 dell'11 ottobre 2000;
cc) l'articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93;
dd) l'articolo 77, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289;
ee) gli articoli 1 e 2 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 gennaio 2004, n. 5;
ff) l'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59;
gg) l'articolo 30 della legge 18 aprile 2005, n. 62.

4. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto:

a) nell'articolo 5, comma 1, lettera h) del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, alla fine sono inserite le seguenti parole: «nonché le attività di autocontrollo e di controllo programmato che richiede l'intervento dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente»;
b) nell'articolo 5, comma 10, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le parole «convoca» sono sostituite dalle seguenti: «può convocare»;
c) nell'articolo 5, comma 11, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le parole «Nell'ambito della conferenza di servizi di cui al comma 10 sono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.» Sono sostituite dalle seguenti: «L'autorità competente, ai fini del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, acquisisce, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell'annuncio di cui al comma 7, trascorsi i quali l'autorità competente rilascia l'autorizzazione anche in assenza di tali espressioni, ovvero nell'ambito della conferenza di servizi di cui al comma 10, le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonché il parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale per gli impianti di competenza statale o delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente negli altri casi per quanto riguarda il monitoraggio ed il controllo degli impianti e delle emissioni nell'ambiente.»;
d) nell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le parole «L'autorità ambientale rinnova ogni cinque anni le condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale, o le condizioni dell'autorizzazione avente valore di autorizzazione integrata ambientale che non prevede un rinnovo periodico, confermandole o aggiornandole, a partire dalla data di cui all'articolo 5, comma 18, per gli impianti esistenti, e, a partire dalla data di rilascio dell'autorizzazione negli altri casi, salvo per gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici ai quali si applica il disposto dell'articolo 17, comma 4, per i quali il primo rinnovo dell'autorizzazione ambientale è effettuato dopo sette anni dalla data di rilascio dell'autorizzazione.», sono sostituite dalle seguenti: «L'autorità ambientale rinnova ogni cinque anni l'autorizzazione integrata ambientale, o l'autorizzazione avente valore di autorizzazione integrata ambientale che non prevede un rinnovo periodico, confermando o aggiornando le relative condizioni, a partire dalla data di rilascio dell'autorizzazione.»;
e) nell'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono abrogate le seguenti parole: «Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta le determinazioni relative all'autorizzazione integrata ambientale per l'esercizio degli impianti di competenza statale, in conformità ai principi del presente decreto, entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dal rilascio della valutazione di impatto ambientale. Per gli impianti già muniti di valutazione di impatto ambientale, il predetto termine di sessanta giorni decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Nei casi di inutile scadenza del termine previsto dal presente comma, o di determinazione negativa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la decisione definitiva in ordine all'autorizzazione integrata ambientale è rimessa al Consiglio dei Ministri.»;
f) nell'articolo 17, comma 5, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono abrogate le seguenti parole «fino al termine fissato nel calendario» nonché le parole "entro tale termine"».

5. Sono fatte salve le disposizioni contenute nel presente articolo, nel caso in cui dalla loro abrogazione o modifica derivino effetti diretti o indiretti a carico della finanza pubblica.

da 37. a 52. (abrogati dal d.lgs. n. 4 del 2008)

Parte terza - Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche

Sezione I - Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione

Titolo I - Principi generali e competenze

Capo I - Principi generali

53. Finalità.

1. Le disposizioni di cui alla presente sezione sono volte ad assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione.

2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, la pubblica amministrazione svolge ogni opportuna azione di carattere conoscitivo, di programmazione e pianificazione degli interventi, nonché preordinata alla loro esecuzione, in conformità alle disposizioni che seguono.

3. Alla realizzazione delle attività previste al comma 1 concorrono, secondo le rispettive competenze, lo Stato, le regioni a statuto speciale ed ordinario, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane e i consorzi di bonifica e di irrigazione.

54. Definizioni

1. Ai fini della presente sezione si intende per:

a) suolo: il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali;
b) acque: le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee come di seguito specificate;
c) acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole acque sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;
d) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o il sottosuolo;
e) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;
f) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie, ma che può essere parzialmente sotterraneo;
g) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
h) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce;
i) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali, e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;
l) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, un fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, nonché di acque di transizione o un tratto di acque costiere;
m) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;
n) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è sostanzialmente modificata;
o) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;
p) falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee;
q) reticolo idrografico: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico;
r) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta;
s) sottobacino o sub-bacino: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
t) distretto idrografico: area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;
u) difesa del suolo: il complesso delle azioni ed attività riferibili alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali e collettori, degli specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera, delle acque sotterranee, nonché del territorio a questi connessi, aventi le finalità di ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l'uso e la gestione del patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche collegate;
v) dissesto idrogeologico: la condizione che caratterizza aree ove processi naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici, del suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio sul territorio;
z) opera idraulica: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico.

55. Attività conoscitiva

1. Nell'attività conoscitiva, svolta per le finalità di cui all'articolo 53 e riferita all'intero territorio nazionale, si intendono comprese le azioni di:

a) raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati;
b) accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;
c) formazione ed aggiornamento delle carte tematiche del territorio;
d) valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti di opere previsti dalla presente sezione;
e) attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta necessaria per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 53.

2. L'attività conoscitiva di cui al presente articolo è svolta, sulla base delle deliberazioni di cui all'articolo 57, comma 1, secondo criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione e consultazione, nonché modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque operanti nel settore, che garantiscano la possibilità di omogenea elaborazione ed analisi e la costituzione e gestione, ad opera del Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, di un unico sistema informativo, cui vanno raccordati i sistemi informativi regionali e quelli delle province autonome.

3. È fatto obbligo alle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonché alle istituzioni ed agli enti pubblici, anche economici, che comunque raccolgano dati nel settore della difesa del suolo, di trasmetterli alla regione territorialmente interessata ed al Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), secondo le modalità definite ai sensi del comma 2 del presente articolo.

4. L'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI) contribuisce allo svolgimento dell'attività conoscitiva di cui al presente articolo, in particolare ai fini dell'attuazione delle iniziative di cui al comma 1, lettera e), nonché ai fini della diffusione dell'informazione ambientale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di recepimento della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003, e in attuazione di quanto previsto dall'articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e altresì con riguardo a:

a) inquinamento dell'aria;
b) inquinamento delle acque, riqualificazione fluviale e ciclo idrico integrato;
c) inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso;
d) tutela del territorio;
e) sviluppo sostenibile;
f) ciclo integrato dei rifiuti;
g) energie da fonti energetiche rinnovabili;
h) parchi e aree protette.

5. L'ANCI provvede all'esercizio delle attività di cui al comma 4 attraverso la raccolta e l'elaborazione dei dati necessari al monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale in regime di convenzione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono definiti i criteri e le modalità di esercizio delle suddette attività. Per lo svolgimento di queste ultime viene destinata, nei limiti delle previsioni di spesa di cui alla convenzione in essere, una somma non inferiore all'uno e cinquanta per cento dell'ammontare della massa spendibile annualmente delle spese d'investimento previste per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per l'esercizio finanziario 2006, all'onere di cui sopra si provvede a valere sul fondo da ripartire per la difesa del suolo e la tutela ambientale.

56. Attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione

1. Le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione degli interventi destinati a realizzare le finalità di cui all'articolo 53 riguardano, ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, in particolare:

a) la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini idrografici, con interventi idrogeologici, idraulici, idraulico-forestali, idraulico-agrari, silvo-pastorali, di forestazione e di bonifica, anche attraverso processi di recupero naturalistico, botanico e faunistico;
b) la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua, dei rami terminali dei fiumi e delle loro foci nel mare, nonché delle zone umide;
c) la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso, vasche di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi o altro, per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti;
d) la disciplina delle attività estrattive nei corsi d'acqua, nei laghi, nelle lagune ed in mare, al fine di prevenire il dissesto del territorio, inclusi erosione ed abbassamento degli alvei e delle coste;
e) la difesa e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili, nonché la difesa degli abitati e delle infrastrutture contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto;
f) il contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di risalita delle acque marine lungo i fiumi e nelle falde idriche, anche mediante operazioni di ristabilimento delle preesistenti condizioni di equilibrio e delle falde sotterranee;
g) la protezione delle coste e degli abitati dall'invasione e dall'erosione delle acque marine ed il rifacimento degli arenili, anche mediante opere di ricostituzione dei cordoni dunosi;
h) la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso vitale negli alvei sottesi nonché la polizia delle acque;
i) lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di navigazione interna, nonché della gestione dei relativi impianti;
l) la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli impianti nel settore e la conservazione dei beni;
m) la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi di cui alle lettere precedenti ai fini della loro tutela ambientale, anche mediante la determinazione di criteri per la salvaguardia e la conservazione delle aree demaniali e la costituzione di parchi fluviali e lacuali e di aree protette;
n) il riordino del vincolo idrogeologico.

2. Le attività di cui al comma 1 sono svolte secondo criteri, metodi e standard, nonché modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque competenti, preordinati, tra l'altro, a garantire omogeneità di:

a) condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed i beni;
b) modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione dei servizi connessi.

Capo II - Competenze

57. Presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo

1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, approva con proprio decreto:

a) su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare:

1) le deliberazioni concernenti i metodi ed i criteri, anche tecnici, per lo svolgimento delle attività di cui agli articoli 55 e 56, nonché per la verifica ed il controllo dei piani di bacino e dei programmi di intervento;
2) i piani di bacino, sentita la Conferenza Stato-regioni;
3) gli atti volti a provvedere in via sostitutiva, previa diffida, in caso di persistente inattività dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni previste dalla presente sezione;
4) ogni altro atto di indirizzo e coordinamento nel settore disciplinato dalla presente sezione;

b) su proposta del Comitato dei Ministri di cui al comma 2, il programma nazionale di intervento.
(lettera dichiarata parzialmente incostituzionale da Corte costituzionale n. 232 del 2009, nella parte in cui non prevede che sia sentita preventivamente la Conferenza unificata)

2. Il Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Comitato presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è composto da quest'ultimo e dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, per gli affari regionali e per i beni e le attività culturali, nonché dal delegato del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di protezione civile.

3. Il Comitato dei Ministri ha funzioni di alta vigilanza ed adotta gli atti di indirizzo e di coordinamento delle attività. Propone al Presidente del Consiglio dei Ministri lo schema di programma nazionale di intervento, che coordina con quelli delle regioni e degli altri enti pubblici a carattere nazionale, verificandone l'attuazione.

4. Al fine di assicurare il necessario coordinamento tra le diverse amministrazioni interessate, il Comitato dei Ministri propone gli indirizzi delle politiche settoriali direttamente o indirettamente connesse con gli obiettivi e i contenuti della pianificazione di distretto e ne verifica la coerenza nella fase di approvazione dei relativi atti.

5. Per lo svolgimento delle funzioni di segreteria tecnica, il Comitato dei Ministri si avvale delle strutture delle Amministrazioni statali competenti.

6. I princìpi degli atti di indirizzo e coordinamento di cui al presente articolo sono definiti sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

58. Competenze del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione, ferme restando le competenze istituzionali del Servizio nazionale di protezione civile.

2. In particolare, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare:

a) formula proposte, sentita la Conferenza Stato-regioni, ai fini dell'adozione, ai sensi dell'articolo 57, degli indirizzi e dei criteri per lo svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna e per la realizzazione, gestione e manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;
b) predispone la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico, da allegare alla relazione sullo stato dell'ambiente di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, nonché la relazione sullo stato di attuazione dei programmi triennali di intervento per la difesa del suolo, di cui all'articolo 69, da allegare alla relazione previsionale e programmatica. La relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico e la relazione sullo stato dell'ambiente sono redatte avvalendosi del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT);
c) opera, ai sensi dell'articolo 2, commi 5 e 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione, delle funzioni di difesa del suolo con gli interventi per la tutela e l'utilizzazione delle acque e per la tutela dell'ambiente.

3. Ai fini di cui al comma 2, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare svolge le seguenti funzioni:

a) programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia di difesa del suolo;
(lettera dichiarata parzialmente incostituzionale da Corte costituzionale n. 232 del 2009,
nella parte in cui non prevede che sia sentita preventivamente la Conferenza unificata)
b) previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane, alluvioni e altri fenomeni di dissesto idrogeologico, nel medio e nel lungo termine al fine di garantire condizioni ambientali permanenti ed omogenee, ferme restando le competenze del Dipartimento della protezione civile in merito agli interventi di somma urgenza;
c) indirizzo e coordinamento dell'attività dei rappresentanti del Ministero in seno alle Autorità di bacino distrettuale di cui all'articolo 63;
d) identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali e alla difesa del suolo, nonché con riguardo all'impatto ambientale dell'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, delle opere di competenza statale e delle trasformazioni territoriali;
(lettera dichiarata parzialmente incostituzionale da Corte costituzionale n. 232 del 2009, nella parte in cui non prevede che sia sentita preventivamente la Conferenza unificata)
e) determinazione di criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione, da parte del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), e di consultazione dei dati, definizione di modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici operanti nel settore, nonché definizione degli indirizzi per l'accertamento e lo studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;
f) valutazione degli effetti conseguenti all'esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti su scala nazionale di opere nel settore della difesa del suolo;
g) coordinamento dei sistemi cartografici.

59. Competenze della conferenza Stato-regioni

1. La Conferenza Stato-regioni formula pareri, proposte ed osservazioni, anche ai fini dell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 57, in ordine alle attività ed alle finalità di cui alla presente sezione, ed ogni qualvolta ne è richiesta dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. In particolare:

a) formula proposte per l'adozione degli indirizzi, dei metodi e dei criteri di cui al predetto articolo 57;
b) formula proposte per il costante adeguamento scientifico ed organizzativo del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) e per il suo coordinamento con i servizi, gli istituti, gli uffici e gli enti pubblici e privati che svolgono attività di rilevazione, studio e ricerca in materie riguardanti, direttamente o indirettamente, il settore della difesa del suolo;
c) formula osservazioni sui piani di bacino, ai fini della loro conformità agli indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;
d) esprime pareri sulla ripartizione degli stanziamenti autorizzati da ciascun programma triennale tra i soggetti preposti all'attuazione delle opere e degli interventi individuati dai piani di bacino;
e) esprime pareri sui programmi di intervento di competenza statale.

60. Competenze dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - APAT

1. Ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) esercita, mediante il Servizio geologico d’Italia-Dipartimento difesa del suolo, le seguenti funzioni:

a) svolgere l'attività conoscitiva, qual'è definita all'articolo 55;
b) realizzare il sistema informativo unico e la rete nazionale integrati di rilevamento e sorveglianza;
c) fornire, a chiunque ne formuli richiesta, dati, pareri e consulenze, secondo un tariffario fissato ogni biennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Le tariffe sono stabilite in base al principio della partecipazione al costo delle prestazioni da parte di chi ne usufruisca.

61. Competenze delle regioni

1. Le regioni, ferme restando le attività da queste svolte nell'ambito delle competenze del Servizio nazionale di protezione civile, ove occorra d'intesa tra loro, esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali, ed in particolare:

a) collaborano nel rilevamento e nell'elaborazione dei piani di bacino dei distretti idrografici secondo le direttive assunte dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, ed adottano gli atti di competenza;
b) formulano proposte per la formazione dei programmi e per la redazione di studi e di progetti relativi ai distretti idrografici;
c) provvedono alla elaborazione, adozione, approvazione ed attuazione dei piani di tutela di cui all’articolo 121;
d) per la parte di propria competenza, dispongono la redazione e provvedono all'approvazione e all'esecuzione dei progetti, degli interventi e delle opere da realizzare nei distretti idrografici, istituendo, ove occorra, gestioni comuni;
e) provvedono, per la parte di propria competenza, all'organizzazione e al funzionamento del servizio di polizia idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;
f) provvedono all'organizzazione e al funzionamento della navigazione interna, ferme restando le residue competenze spettanti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
g) predispongono annualmente la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico del territorio di competenza e sullo stato di attuazione del programma triennale in corso e la trasmettono al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il mese di dicembre;
h) assumono ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in materia di conservazione e difesa del territorio, del suolo e del sottosuolo e di tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza ed esercitano ogni altra funzione prevista dalla presente sezione.

2. Il Registro italiano dighe (RID) provvede in via esclusiva, anche nelle zone sismiche, alla identificazione e al controllo dei progetti delle opere di sbarramento, delle dighe di ritenuta o traverse che superano 15 metri di altezza o che determinano un volume di invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi. Restano di competenza del Ministero delle attività produttive tutte le opere di sbarramento che determinano invasi adibiti esclusivamente a deposito o decantazione o lavaggio di residui industriali.

3. Rientrano nella competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano le attribuzioni di cui al d.P.R. 1° novembre 1959, n. 1363, per gli sbarramenti che non superano i 15 metri di altezza e che determinano un invaso non superiore a 1.000.000 di metri cubi. Per tali sbarramenti, ove posti al servizio di grandi derivazioni di acqua di competenza statale, restano ferme le attribuzioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il Registro italiano dighe (RID) fornisce alle regioni il supporto tecnico richiesto.

4. Resta di competenza statale la normativa tecnica relativa alla progettazione e costruzione delle dighe di sbarramento di qualsiasi altezza e capacità di invaso.

5. Le funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267, sono interamente esercitate dalle regioni.

6. Restano ferme tutte le altre funzioni amministrative già trasferite o delegate alle regioni.


62. Competenze degli enti locali e di altri soggetti

1. I comuni, le province, i loro consorzi o associazioni, le comunità montane, i consorzi di bonifica e di irrigazione, i consorzi di bacino imbrifero montano e gli altri enti pubblici e di diritto pubblico con sede nel distretto idrografico partecipano all'esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del suolo nei modi e nelle forme stabilite dalle regioni singolarmente o d'intesa tra loro, nell'ambito delle competenze del sistema delle autonomie locali.

2. Gli enti di cui al comma 1 possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, del Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) e sono tenuti a collaborare con la stessa.

63. Autorità di bacino distrettuale

1. In ciascun distretto idrografico di cui all'articolo 64 è istituita l'Autorità di bacino distrettuale, di seguito Autorità di bacino, ente pubblico non economico che opera in conformità agli obiettivi della presente sezione ed uniforma la propria attività a criteri di efficienza, efficacia, economicità e pubblicità.

2. Sono organi dell'Autorità di bacino: la Conferenza istituzionale permanente, il Segretario generale, la Segreteria tecnico-operativa e la Conferenza operativa di servizi. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica, da emanarsi sentita la Conferenza permanente Stato-regioni entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sono definiti i criteri e le modalità per l'attribuzione o il trasferimento del personale e delle risorse patrimoniali e finanziarie, salvaguardando i livelli occupazionali, definiti alla data del 31 dicembre 2005, e previa consultazione dei sindacati.

3. Le autorità di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono abrogate a far data dal 30 aprile 2006 e le relative funzioni sono esercitate dalle Autorità di bacino distrettuale di cui alla parte terza del presente decreto. Il decreto di cui al comma 2 disciplina il trasferimento di funzioni e regolamenta il periodo transitorio.

4. Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorità di bacino vengono adottati in sede di Conferenza istituzionale permanente presieduta e convocata, anche su proposta delle amministrazioni partecipanti, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare su richiesta del Segretario generale, che vi partecipa senza diritto di voto. Alla Conferenza istituzionale permanente partecipano i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, per la funzione pubblica, per i beni e le attività culturali o i Sottosegretari dai medesimi delegati, nonché i Presidenti delle regioni e delle province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico o gli Assessori dai medesimi delegati, oltre al delegato del Dipartimento della protezione civile. Alle conferenze istituzionali permanenti del distretto idrografico della Sardegna e del distretto idrografico della Sicilia partecipano, oltre ai Presidenti delle rispettive regioni, altri due rappresentanti per ciascuna delle predette regioni, nominati dai Presidenti regionali. La conferenza istituzionale permanente delibera a maggioranza. Gli atti di pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

5. La conferenza istituzionale permanente di cui al comma 4:

a) adotta criteri e metodi per la elaborazione del Piano di bacino in conformità agli indirizzi ed ai criteri di cui all'articolo 57;
b) individua tempi e modalità per l'adozione del Piano di bacino, che potrà eventualmente articolarsi in piani riferiti a sub-bacini;
c) determina quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a più regioni;
d) adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque l'elaborazione del Piano di bacino;
e) adotta il Piano di bacino;
f) controlla l'attuazione degli schemi previsionali e programmatici del Piano di bacino e dei programmi triennali e, in caso di grave ritardo nell'esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto ai tempi fissati nel programma, diffida l'amministrazione inadempiente, fissando il termine massimo per l'inizio dei lavori. Decorso infruttuosamente tale termine, all'adozione delle misure necessarie ad assicurare l'avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il Presidente della Giunta regionale interessata che, a tal fine, può avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
g) nomina il Segretario generale.

6. La Conferenza operativa di servizi è composta dai rappresentanti dei Ministeri di cui al comma 4, delle regioni e delle province autonome interessate, nonché da un rappresentante del Dipartimento della protezione civile; è convocata dal Segretario Generale, che la presiede, e provvede all'attuazione ed esecuzione di quanto disposto ai sensi del comma 5, nonché al compimento degli atti gestionali. La conferenza operativa di servizi delibera a maggioranza.

7. Le Autorità di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente:

a) all'elaborazione del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo 65;
b) ad esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei piani e programmi comunitari, nazionali, regionali e locali relativi alla difesa del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche;
c) all'elaborazione, secondo le specifiche tecniche che figurano negli allegati alla parte terza del presente decreto, di un'analisi delle caratteristiche del distretto, di un esame sull'impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee, nonché di un'analisi economica dell'utilizzo idrico.

8. Fatte salve le discipline adottate dalle regioni ai sensi dell'articolo 62, le Autorità di bacino coordinano e sovrintendono le attività e le funzioni di titolarità dei consorzi di bonifica integrale di cui al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonché del consorzio del Ticino - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago Maggiore, del consorzio dell'Oglio - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago d'Iseo e del consorzio dell’Adda - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago di Como, con particolare riguardo all'esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi d'acqua ed alla fitodepurazione.

Titolo II - I distretti idrografici, gli strumenti, gli interventi

Capo I - Distretti idrografici

64. Distretti idrografici

1. L'intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, è ripartito nei seguenti distretti idrografici:

a) distretto idrografico delle Alpi orientali, con superficie di circa 39.385 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Adige, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
2) Alto Adriatico, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Lemene, Fissare Tartaro Canalbianco, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) bacini del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

b) distretto idrografico Padano, con superficie di circa 74.115 Kmq, comprendente il bacino del Po, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
c) distretto idrografico dell'Appennino settentrionale, con superficie di circa 39.000 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Arno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
2) Magra, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Fiora, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) Conca Marecchia, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
5) Reno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
6) bacini della Liguria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
7) bacini della Toscana, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
8) fiumi Uniti, Montone, Ronco, Savio, Rubicone e Uso, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
9) Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone altri bacini minori, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
10) Lamone, già bacino regionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
11) bacini minori afferenti alla costa Romagnola, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

d) distretto idrografico pilota del Serchio, con superficie di circa 1.600 Kmq, comprendente il bacino idrografico del Serchio;
e) distretto idrografico dell’Appennino centrale, con superficie di circa 35.800 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Tevere, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
2) Tronto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Sele, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) bacini dell'Abruzzo, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
5) bacini del Lazio, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle Marche, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

f) distretto idrografico dell'Appennino meridionale, con superficie di circa 68.200 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Liri-Garigliano, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
2) Volturno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Scic, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) Sinni e Noce, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
5) Bradano, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
6) Saccione, Fortore e Biferno, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
7) Ofanto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
8) Lao, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
9) Trigno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
10) bacini della Campania, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
11) bacini della Puglia, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
12) bacini della Basilicata, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
13) bacini della Calabria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
14) bacini del Molise, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

g) distretto idrografico della Sardegna, con superficie di circa 24.000 Kmq, comprendente i bacini della Sardegna, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
h) distretto idrografico della Sicilia, con superficie di circa 26.000 Kmq, comprendente i bacini della Sicilia, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989.

Capo II - Gli strumenti

65. Valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale

1. Il Piano di bacino distrettuale, di seguito Piano di bacino, ha valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato.

2. Il Piano di bacino è redatto dall'Autorità di bacino in base agli indirizzi, metodi e criteri fissati ai sensi del comma 3. Studi ed interventi sono condotti con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo valle.

3. Il Piano di bacino, in conformità agli indirizzi, ai metodi e ai criteri stabiliti dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, realizza le finalità indicate all'articolo 56 e, in particolare, contiene, unitamente agli elementi di cui all'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto:

a) il quadro conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema fisico, delle utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali, nonché dei vincoli, relativi al distretto, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
b) la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in atto e potenziali, di degrado del sistema fisico, nonché delle relative cause;
c) le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque e dei suoli;
d) l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione:

1) dei pericoli di inondazione e della gravità ed estensione del dissesto;
2) dei pericoli di siccità;
3) dei pericoli di frane, smottamenti e simili;
4) del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico o di riequilibrio territoriale nonché del tempo necessario per assicurare l'efficacia degli interventi;

e) la programmazione e l'utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed estrattive;
f) la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere idrauliche, idraulico-agrarie, idraulico-forestali, di forestazione, di bonifica idraulica, di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di ogni altra azione o norma d'uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela dell'ambiente;
g) il proseguimento ed il completamento delle opere indicate alla lettera f), qualora siano già state intraprese con stanziamenti disposti da leggi speciali, da leggi ordinarie, oppure a seguito dell'approvazione dei relativi atti di programmazione;
h) le opere di protezione, consolidamento e sistemazione dei litorali marini che sottendono il distretto idrografico;
i) i meccanismi premiali a favore dei proprietari delle zone agricole e boschive che attuano interventi idonei a prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico;
l) la valutazione preventiva, anche al fine di scegliere tra ipotesi di governo e gestione tra loro diverse, del rapporto costi-benefici, dell'impatto ambientale e delle risorse finanziarie per i principali interventi previsti;
m) la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le relative fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione del buon regime delle acque e della tutela dell'equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni e dei litorali;
n) l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici;
o) le misure per contrastare i fenomeni di subsidenza e di desertificazione, anche mediante programmi ed interventi utili a garantire maggiore disponibilità della risorsa idrica ed il riuso della stessa;
p) il rilievo conoscitivo delle derivazioni in atto con specificazione degli scopi energetici, idropotabili, irrigui od altri e delle portate;
q) il rilievo delle utilizzazioni diverse per la pesca, la navigazione od altre;
r) il piano delle possibili utilizzazioni future sia per le derivazioni che per altri scopi, distinte per tipologie d'impiego e secondo le quantità;
s) le priorità degli interventi ed il loro organico sviluppo nel tempo, in relazione alla gravità del dissesto;
t) l'indicazione delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

4. Le disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonché per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso Piano di bacino. In particolare, i piani e programmi di sviluppo socio-economico e di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o comunque non in contrasto, con il Piano di bacino approvato.

5. Ai fini di cui al comma 4, entro dodici mesi dall'approvazione del Piano di bacino le autorità competenti provvedono ad adeguare i rispettivi piani territoriali e programmi regionali quali, in particolare, quelli relativi alle attività agricole, zootecniche ed agroforestali, alla tutela della qualità delle acque, alla gestione dei rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla bonifica.

6. Fermo il disposto del comma 4, le regioni, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del Piano di bacino sui rispettivi Bollettini Ufficiali regionali, emanano ove necessario le disposizioni concernenti l'attuazione del piano stesso nel settore urbanistico. Decorso tale termine, gli enti territorialmente interessati dal Piano di bacino sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni nel settore urbanistico. Qualora gli enti predetti non provvedano ad adottare i necessari adempimenti relativi ai propri strumenti urbanistici entro sei mesi dalla data di comunicazione delle predette disposizioni, e comunque entro nove mesi dalla pubblicazione dell'approvazione del Piano di bacino, all'adeguamento provvedono d'ufficio le regioni.

7. In attesa dell'approvazione del Piano di bacino, le Autorità di bacino adottano misure di salvaguardia con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo valle ed ai contenuti di cui alle lettere b), e), f), m) ed n) del comma 3. Le misure di salvaguardia sono immediatamente vincolanti e restano in vigore sino all'approvazione del Piano di bacino e comunque per un periodo non superiore a tre anni. In caso di mancata attuazione o di inosservanza, da parte delle regioni, delle province e dei comuni, delle misure di salvaguardia, e qualora da ciò possa derivare un grave danno al territorio, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa diffida ad adempiere entro congruo termine da indicarsi nella diffida medesima, adotta con ordinanza cautelare le necessarie misure provvisorie di salvaguardia, anche con efficacia inibitoria di opere, di lavori o di attività antropiche, dandone comunicazione preventiva alle amministrazioni competenti. Se la mancata attuazione o l'inosservanza di cui al presente comma riguarda un ufficio periferico dello Stato, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare informa senza indugio il Ministro competente da cui l'ufficio dipende, il quale assume le misure necessarie per assicurare l'adempimento. Se permane la necessità di un intervento cautelare per evitare un grave danno al territorio, il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, adotta l'ordinanza cautelare di cui al presente comma.

8. I piani di bacino possono essere redatti ed approvati anche per sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali, che, in ogni caso, devono costituire fasi sequenziali e interrelate rispetto ai contenuti di cui al comma 3. Deve comunque essere garantita la considerazione sistemica del territorio e devono essere disposte, ai sensi del comma 7, le opportune misure inibitorie e cautelari in relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati.

9. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

66. Adozione ed approvazione dei piani di bacino

1. I piani di bacino, prima della loro approvazione, sono sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale, secondo la procedura prevista dalla parte seconda del presente decreto.

2. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale ai fini di cui al comma 1, è adottato a maggioranza dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4 che, con propria deliberazione, contestualmente stabilisce:

a) i termini per l'adozione da parte delle regioni dei provvedimenti conseguenti;
b) quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a due o più regioni.

3. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale di cui ai comma 2, è inviato ai componenti della Conferenza istituzionale permanente almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.

4. In caso di inerzia in ordine agli adempimenti regionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine e sentita la regione interessata, assume i provvedimenti necessari, ivi compresa la nomina di un commissario "ad acta", per garantire comunque lo svolgimento delle procedure e l'adozione degli atti necessari per la formazione del piano.
5. Dell'adozione del piano è data notizia secondo le forme e con le modalità previste dalla parte seconda del presente decreto ai fini dell'esperimento della procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale.

6. Conclusa la procedura di valutazione ambientale strategica (VAS), sulla base del giudizio di compatibilità ambientale espresso dall'autorità competente, i piani di bacino sono approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, con le modalità di cui all'articolo 57, comma 1, lettera a), numero 2), e sono poi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e nei Bollettini Ufficiali delle regioni territorialmente competenti.

7. Le Autorità di bacino promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei piani di bacino, provvedendo affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti, concedendo un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte, i seguenti documenti:

a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce;
b) una valutazione globale provvisoria dei principali problemi di gestione delle acque, identificati nel bacino idrografico almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui si riferisce il piano;
c) copie del progetto del piano di bacino, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.

67. I piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di prevenzione per le aree a rischio

1. Nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorità di bacino adottano, ai sensi dell'articolo 65, comma 8, piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI), che contengano in particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia e la determinazione delle misure medesime.

2. Le Autorità di bacino, anche in deroga alle procedure di cui all'articolo 66, approvano altresì piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, redatti anche sulla base delle proposte delle regioni e degli enti locali. I piani straordinari devono ricomprendere prioritariamente le aree a rischio idrogeologico per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. I piani straordinari contengono in particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. Per tali aree sono adottate le misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo 65, comma 7, anche con riferimento ai contenuti di cui al comma 3, lettera d), del medesimo articolo 65. In caso di inerzia da parte delle Autorità di bacino, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Comitato dei Ministri, di cui all'articolo 57, comma 2, adotta gli atti relativi all'individuazione, alla perimetrazione e alla salvaguardia delle predette aree. Qualora le misure di salvaguardia siano adottate in assenza dei piani stralcio di cui al comma 1, esse rimangono in vigore sino all'approvazione di detti piani. I piani straordinari approvati possono essere integrati e modificati con le stesse modalità di cui al presente comma, in particolare con riferimento agli interventi realizzati ai fini della messa in sicurezza delle aree interessate.

3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, comma 2, tenendo conto dei programmi già adottati da parte delle Autorità di bacino e dei piani straordinari di cui al comma 2 del presente articolo, definisce, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, programmi di interventi urgenti, anche attraverso azioni di manutenzione dei distretti idrografici, per la riduzione del rischio idrogeologico nelle zone in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale, con priorità per le aree ove è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Per la realizzazione degli interventi possono essere adottate, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e d'intesa con le regioni interessate, le ordinanze di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

4. Per l'attività istruttoria relativa agli adempimenti di cui ai commi 1, 2 e 3, i Ministri competenti si avvalgono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del Dipartimento della protezione civile, nonché della collaborazione del Corpo forestale dello Stato, delle regioni, delle Autorità di bacino, del Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche e, per gli aspetti ambientali, del Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), per quanto di rispettiva competenza.

5. Entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, gli organi di protezione civile provvedono a predisporre, per le aree a rischio idrogeologico, con priorità assegnata a quelle in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose e il patrimonio ambientale, piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell'incolumità delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l'allarme e la messa in salvo preventiva.

6. Nei piani stralcio di cui al comma 1 sono individuati le infrastrutture e i manufatti che determinano il rischio idrogeologico. Sulla base di tali individuazioni, le regioni stabiliscono le misure di incentivazione a cui i soggetti proprietari possono accedere al fine di adeguare le infrastrutture e di rilocalizzare fuori dall'area a rischio le attività produttive e le abitazioni private. A tale fine le regioni, acquisito il parere degli enti locali interessati, predispongono, con criteri di priorità connessi al livello di rischio, un piano per l'adeguamento delle infrastrutture, determinandone altresì un congruo termine, e per la concessione di incentivi finanziari per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private realizzate in conformità alla normativa urbanistica edilizia o condonate. Gli incentivi sono attivati nei limiti della quota dei fondi introitati ai sensi dell'articolo 86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e riguardano anche gli oneri per la demolizione dei manufatti; il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio indisponibile dei comuni. All'abbattimento dei manufatti si provvede con le modalità previste dalla normativa vigente. Ove i soggetti interessati non si avvalgano della facoltà di usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono da eventuali benefìci connessi ai danni derivanti agli insediamenti di loro proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità naturali.

7. Gli atti di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo devono contenere l'indicazione dei mezzi per la loro realizzazione e della relativa copertura finanziaria.

68. Procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio

1. I progetti di piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico, di cui al comma 1 dell'articolo 67, non sono sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) e sono adottati con le modalità di cui all'articolo 66.

2. L'adozione dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico deve avvenire, sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non oltre sei mesi dalla data di adozione del relativo progetto di piano.

3. Ai fini dell'adozione ed attuazione dei piani stralcio e della necessaria coerenza tra pianificazione di distretto e pianificazione territoriale, le regioni convocano una conferenza programmatica, articolata per sezioni provinciali, o per altro àmbito territoriale deliberato dalle regioni stesse, alla quale partecipano le province ed i comuni interessati, unitamente alla regione e ad un rappresentante dell'Autorità di bacino.

4. La conferenza di cui al comma 3 esprime un parere sul progetto di piano con particolare riferimento alla integrazione su scala provinciale e comunale dei contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche.

Capo III - Gli interventi

69. Programmi di intervento

1. I piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalità dei piani medesimi e contengono l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e della relativa copertura finanziaria.

2. I programmi triennali debbono destinare una quota non inferiore al quindici per cento degli stanziamenti complessivamente a:

a) interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e dei beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini idraulici;
b) svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna, di piena e di pronto intervento idraulico;
c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del suolo, redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilità, dei progetti di opere e degli studi di valutazione dell'impatto ambientale delle opere principali.

3. Le regioni, conseguito il parere favorevole della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono provvedere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e di interventi previsti dai piani di bacino, sotto il controllo della predetta conferenza.

4. Le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti pubblici, previa autorizzazione della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono concorrere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e interventi previsti dai piani di bacino.

70. Adozione dei programmi

1. I programmi di intervento sono adottati dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4; tali programmi sono inviati ai componenti della conferenza stessa almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse in seno alla conferenza.

2. La scadenza di ogni programma triennale è stabilita al 31 dicembre dell'ultimo anno del triennio e le somme autorizzate per l'attuazione del programma per la parte eventualmente non ancora impegnata alla predetta data sono destinate ad incrementare il fondo del programma triennale successivo per l'attuazione degli interventi previsti dal programma triennale in corso o dalla sua revisione.

3. Entro il 31 dicembre del penultimo anno del programma triennale in corso, i nuovi programmi di intervento relativi al triennio successivo, adottati secondo le modalità di cui al comma 1, sono trasmessi al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, affinché, entro il successivo 3 giugno, sulla base delle previsioni contenute nei programmi e sentita la Conferenza Stato-regioni, trasmetta al Ministro dell'economia e delle finanze l'indicazione del fabbisogno finanziario per il successivo triennio, ai fini della predisposizione del disegno di legge finanziaria.

4. Gli interventi previsti dai programmi triennali sono di norma attuati in forma integrata e coordinata dai soggetti competenti, in base ad accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

71. Attuazione degli interventi

1. Le funzioni di studio e di progettazione e tecnico-organizzative attribuite alle Autorità di bacino possono essere esercitate anche mediante affidamento di incarichi ad istituzioni universitarie, liberi professionisti o organizzazioni tecnico-professionali specializzate, in conformità ad apposite direttive impartite dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4.

2. L'esecuzione di opere di pronto intervento può avere carattere definitivo quando l'urgenza del caso lo richiede.

3. Tutti gli atti di concessione per l'attuazione di interventi ai sensi della presente sezione sono soggetti a registrazione a tassa fissa.

72. Finanziamento

1. Ferme restando le entrate connesse alle attività di manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche, di bonifica e di miglioria fondiaria, gli interventi previsti dalla presente sezione sono a totale carico dello Stato e si attuano mediante i programmi triennali di cui all'articolo 69.

2. Per le finalità di cui al comma 1, si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468. I predetti stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze fino all'espletamento della procedura di ripartizione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo sulla cui base il Ministro dell'economia e delle finanze apporta, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, sentita la Conferenza Stato-regioni, predispone lo schema di programma nazionale di intervento per il triennio e la ripartizione degli stanziamenti tra le Amministrazioni dello Stato e le regioni, tenendo conto delle priorità indicate nei singoli programmi ed assicurando, ove necessario, il coordinamento degli interventi. A valere sullo stanziamento complessivo autorizzato, lo stesso Comitato dei Ministri propone l'ammontare di una quota di riserva da destinare al finanziamento dei programmi per l'adeguamento ed il potenziamento funzionale, tecnico e scientifico dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT).

4. Il programma nazionale di intervento e la ripartizione degli stanziamenti, ivi inclusa la quota di riserva a favore dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), sono approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 57.

5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro trenta giorni dall'approvazione del programma triennale nazionale, su proposta della Conferenza Stato-regioni, individua con proprio decreto le opere di competenza regionale, che rivestono grande rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico principale e del demanio idrico, i cui progetti devono essere sottoposti al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta.

Sezione II - Tutela delle acque dall'inquinamento

Titolo I - Principi generali e competenze

73. Finalità

1. Le disposizioni di cui alla presente sezione definiscono la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:

a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;
b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;
c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili;
d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate;
e) mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità contribuendo quindi a:

1) garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo;
2) ridurre in modo significativo l'inquinamento delle acque sotterranee;
3) proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia, compresi quelli miranti a impedire ed eliminare l'inquinamento dell'ambiente marino, allo scopo di arrestare o eliminare gradualmente gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni, nell'ambiente marino, vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;

f) impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico.

2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza attraverso i seguenti strumenti:

a) l'individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici;
b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito di ciascun distretto idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni;
c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonché la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo recettore;
d) l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collegamento e depurazione degli scarichi idrici, nell'ambito del servizio idrico integrato;
e) l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;
f) l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche;
g) l'adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi, delle emissioni e di ogni altra fonte di inquinamento diffuso contenente sostanze pericolose o per la graduale eliminazione degli stessi allorché contenenti sostanze pericolose prioritarie, contribuendo a raggiungere nell'ambiente marino concentrazioni vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
h) l'adozione delle misure volte al controllo degli scarichi e delle emissioni nelle acque superficiali secondo un approccio combinato.

3. Il perseguimento delle finalità e l'utilizzo degli strumenti di cui ai commi 1 e 2, nell'ambito delle risorse finanziarie previste dalla legislazione vigente, contribuiscono a proteggere le acque territoriali e marine e a realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia.

74. Definizioni

1. Ai fini della presente sezione si intende per:

a) abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BODS) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;
b) acque ciprinicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti ai oiprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le anguille;
c) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;
d) acque salmonicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;
c) estuario: l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; in via transitoria tali limiti sono fissati a cinquecento metri dalla linea di costa;
f) acque dolci: le acque che si presentano in natura con una concentrazione di sali tale da essere considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;
g) acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;
h) acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento;
(lettera così sostituita dall'articolo 2, comma 1, d.lgs. n. 4 del 2008)
i) acque reflue urbane: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato;
(lettera così sostituita dall'articolo 2, comma 2, d.lgs. n. 4 del 2008)
l) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto della superficie del suolo, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;
m) acque termali: le acque minerali naturali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), della legge 24 ottobre 2000, n. 323, utilizzate per le finalità consentite dalla stessa legge;
n) agglomerato: l'area in cui la popolazione, ovvero le attività produttive, sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che economicamente in rapporto anche ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale;
(lettera così modificata dall'articolo 2, comma 3, d.lgs. n. 4 del 2008)
o) applicazione al terreno: l'apporto di materiale al terreno mediante spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione, interramento;
p) utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti di allevamento, acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari, dalla loro produzione fino all'applicazione al terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute;
q) autorità d'ambito: la forma di cooperazione tra comuni e province per l'organizzazione del servizio idrico integrato;
r) gestore del servizio idrico integrato: il soggetto che gestisce il servizio idrico integrato in un ambito territoriale ottimale ovvero il gestore esistente del servizio pubblico soltanto fino alla piena operatività del servizio idrico integrato;
s) bestiame: tutti gli animali allevati per uso o profitto;
t) composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso quello allo stato molecolare gassoso;
u) concimi chimici: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;
v) effluente di allevamento: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attività di piscicoltura;
z) eutrofizzazione: arricchimento delle acque di nutrienti, in particolare modo di composti dell'azoto e/o del fosforo, che provoca una abnorme proliferazione di alghe e/o di forme superiori di vita vegetale, producendo la perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualità delle acque interessate;
aa) fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, le sostanze contenenti uno o più composti azotati, compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione;
bb) fanghi: i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
cc) inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o nel terreno che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell'ambiente;
dd) rete fognaria: un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane;
(lettera così sostituita dall'articolo 2, comma 4, d.lgs. n. 4 del 2008)
ee) fognatura separata: la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la prima delle quali adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia;
ff) scarico: qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114;
(lettera così modificata dall'articolo 2, comma 5, d.lgs. n. 4 del 2008)
gg) acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;
hh) scarichi esistenti: gli scarichi di acque reflue urbane che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente e gli scarichi di impianti di trattamento di acque reflue urbane per i quali alla stessa data erano già state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e all'affidamento dei lavori, nonché gli scarichi di acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al previgente regime autorizzativo e gli scarichi di acque reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e già autorizzati;
ii) trattamento appropriato: il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo ovvero un sistema di smaltimento che, dopo lo scarico, garantisca la conformità dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità ovvero sia conforme alle disposizioni della parte terza del presente decreto;
ll ) trattamento primario: il trattamento delle acque reflue che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi mediante processi fisici e/o chimico-fisici e/o altri, a seguito dei quali prima dello scarico il BODS delle acque in trattamento sia ridotto almeno del 20 per cento ed i solidi sospesi totali almeno del 50 per cento;
mm) trattamento secondario: il trattamento delle acque reflue mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazione secondaria, o mediante altro processo in cui vengano comunque rispettati i requisiti di cui alla tabella 1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
nn) stabilimento industriale, stabilimento: tutta l'area sottoposta al controllo di un unico gestore, nella quale si svolgono attività commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione e/o l'utilizzazione delle sostanze di cui all'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto, ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze nello scarico;
oo) valore limite di emissione: limite di accettabilità di una sostanza inquinante con tenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, oppure in massa per unità di prodotto o di materia prima lavorata, o in massa per unità di tempo; i valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione; l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare carichi inquinanti maggiori nell'ambiente;
(lettera così modificata dall'articolo 2, comma 6, d.lgs. n. 4 del 2008)
pp) zone vulnerabili: zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.

2. Ai fini della presente sezione si intende inoltre per:

a) acque superficiali: le acque interne ad eccezione di quelle sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;
b) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;
c) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che può essere parzialmente sotterraneo;
d) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
e) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzate dai flussi di acqua dolce;
f) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;
g) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione fattane dall'autorità competente in base alle disposizioni degli articoli 118 e 120;
h) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;
i) acquifero: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee;
(lettera così sostituito dall'articolo 9, comma 1, d.lgs. n. 30 del 2009)
l) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;
m) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta;
n) sotto-bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi e laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
o) distretto idrografico: l'area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;
p) stato delle acque superficiali: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore più basso del suo stato ecologico e chimico;
q) buono stato delle acque superficiali: lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale qualora il suo stato, tanto sotto il profilo ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";
r) stato delle acque sotterranee: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico;
s) buono stato delle acque sotterranee: lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";
t) stato ecologico: l'espressione della qualità della struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali, classificato a norma dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
u) buono stato ecologico: lo stato di un corpo idrico superficiale classificato in base all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
v) buon potenziale ecologico: lo stato di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato, così classificato in base alle disposizioni pertinenti dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
z) buono stato chimico delle acque superficiali: lo stato chimico richiesto per conseguire, entro il 22 dicembre 2015, gli obiettivi ambientali per le acque superficiali fissati dalla presente sezione ossia lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti non superi gli standard di qualità ambientali fissati per le sostanze dell'elenco di priorità di cui alla tabella 1/A della lettera A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza;
(lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010)
aa) buono stato chimico: lo stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che risponde alle condizioni di cui agli articoli 3 e 4 ed all'Allegato 3, Parte A;
(lettera così sostituito dall'articolo 9, comma 1, d.lgs. n. 30 del 2009)
bb) stato quantitativo: l'espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette;
cc) risorse idriche sotterranee disponibili: il risultato della velocità annua media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo meno la velocità annua media a lungo termine del flusso necessario per raggiungere gli obiettivi di qualità ecologica per le acque superficiali connesse, di cui all'articolo 76, al fine di evitare un impoverimento significativo dello stato ecologico di tali acque, nonché danni rilevanti agli ecosistemi terrestri connessi;
dd) buono stato quantitativo: stato definito all'Allegato 3, Parte B;
(lettera così sostituito dall'articolo 9, comma 1, d.lgs. n. 30 del 2009)
ee) sostanze pericolose: le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe;
ff) sostanze prioritarie e sostanze pericolose prioritarie: le sostanze individuate con disposizioni comunitarie ai sensi dell'articolo 16 della direttiva 2000/60/CE;
gg) inquinante: qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle elencate nell'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto;
hh) immissione diretta nelle acque sotterranee: l'immissione di inquinanti nelle acque sotterranee senza infiltrazione attraverso il suolo o il sottosuolo;
ii) obiettivi ambientali: gli obiettivi fissati dal titolo II della parte terza del presente decreto;
ll) standard di qualità ambientale: la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota che non deve essere superata per tutelare la salute umana e l'ambiente;
mm) approccio combinato: l'insieme dei controlli, da istituire o realizzare, salvo diversa indicazione delle normative di seguito citate, entro il 22 dicembre 2012, riguardanti tutti gli scarichi nelle acque superficiali, comprendenti i controlli sulle emissioni basati sulle migliori tecniche disponibili, quelli sui pertinenti valori limite di emissione e, in caso di impatti diffusi, quelli comprendenti, eventualmente, le migliori prassi ambientali; tali controlli sono quelli stabiliti:

1) nel decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;
2) nella parte terza del presente decreto in materia di acque reflue urbane, nitrati provenienti da fonti agricole, sostanze che presentano rischi significativi per l'ambiente acquatico o attraverso l'ambiente acquatico, inclusi i rischi per le acque destinate alla produzione di acqua potabile e di scarichi di Hg, Cd, HCH, DDT, PCP, aldrin, dieldrin, endrin, HCB, HCBD, cloroformio, tetracloruro di carbonio, EDC, tricloroetilene, TCB e percloroetilene;
nn) acque destinate al consumo umano: le acque disciplinate dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31;

oo) servizi idrici: tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività economica:

1) estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione di acque superficiali o sotterranee;
2) strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali;

pp) utilizzo delle acque: i servizi idrici unitamente agli altri usi risultanti dall'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 che incidono in modo significativo sullo stato delle acque. Tale nozione si applica ai fini dell'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto;
qq)
(lettera abrogata dall'articolo 2, comma 7, d.lgs. n. 4 del 2008)
rr) controlli delle emissioni: i controlli che comportano una limitazione specifica delle emissioni, ad esempio un valore limite delle emissioni, oppure che definiscono altrimenti limiti o condizioni in merito agli effetti, alla natura o ad altre caratteristiche di un'emissione o condizioni operative che influiscono sulle emissioni;
ss) costi ambientali: i costi legati ai danni che l'utilizzo stesso delle risorse idriche causa all'ambiente, agli ecosistemi e a coloro che usano l'ambiente;
tt) costi della risorsa: i costi delle mancate opportunità imposte ad altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo delle risorse al di là del loro livello di ripristino e ricambio naturale;
uu) impianto: l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività di cui all'Allegato I del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte in uno stabilimento e possono influire sulle emissioni e sull'inquinamento; nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, l'impianto si identifica nello stabilimento. Nel caso di attività di cui all'Allegato I del predetto decreto, l'impianto si identifica con il complesso assoggettato alla disciplina della prevenzione e controllo integrati dell'inquinamento;
uu-bis) limite di rilevabilità: il segnale in uscita o il valore di concentrazione al di sopra del quale si può affermare, con un livello di fiducia dichiarato, che un dato campione è diverso da un bianco che non contiene l'analita;
uu-ter) limite di quantificazione: un multiplo dichiarato del limite di rilevabilità a una concentrazione dell'analita che può ragionevolmente essere determinata con accettabile accuratezza e precisione. Il limite di quantificazione può essere calcolato servendosi di un materiale di riferimento o di un campione adeguato e può essere ottenuto dal punto di taratura più basso sulla curva di taratura, dopo la sottrazione del bianco;
uu-quater) incertezza di misura: un parametro non negativo che caratterizza la dispersione dei valori quantitativi attribuiti a un misurando sulla base delle informazioni utilizzate;
uu-quinquies) materiale di riferimento: materiale sufficientemente omogeneo e stabile rispetto a proprietà specificate, che si è stabilito essere idonee per un determinato utilizzo in una misurazione o nell'esame di proprietà nominali.
(lettere da uu-bis a uu-quinquies aggiunte dall'articolo 1, comma 2, d.lgs. n. 219 del 2010)

75. Competenze

1. Nelle materie disciplinate dalle disposizioni della presente sezione:

a) lo Stato esercita le competenze ad esso spettanti per la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema attraverso il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, fatte salve le competenze in materia igienico-sanitaria spettanti al Ministro della salute;
b) le regioni e gli enti locali esercitano le funzioni e i compiti ad essi spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali.

2. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, pericolo di grave pregiudizio alla salute o all'ambiente oppure inottemperanza ad obblighi di informazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere, decorso inutilmente il quale il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. Gli oneri economici connessi all'attività di sostituzione sono a carico dell'ente inadempiente. Restano fermi i poteri di ordinanza previsti dall'ordinamento in caso di urgente necessità e le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente, nonché quanto disposto dall'articolo 132.

3. Le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione della parte terza del presente decreto sono stabilite negli Allegati al decreto stesso e con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare previa intesa con la Conferenza Stato-regioni; attraverso i medesimi regolamenti possono altresì essere modificati gli Allegati alla parte terza del presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o tecnologiche.

4. Con decreto dei Ministri competenti per materia si provvede alla modifica degli Allegati alla parte terza del presente decreto per dare attuazione alle direttive che saranno emanate dall'Unione europea, per le parti in cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle direttive dell'Unione europea recepite dalla parte terza del presente decreto, secondo quanto previsto dall'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

5. Le regioni assicurano la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e trasmettono al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) i dati conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione della parte terza del presente decreto, nonché quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) elabora a livello nazionale, nell'ambito del Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare anche per l'invio alla Commissione europea. Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute a trasmettere al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i provvedimenti adottati ai fini delle comunicazioni all'Unione europea o in ragione degli obblighi internazionali assunti.

6. Le regioni favoriscono l'attiva partecipazione di tutte le parti interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto in particolare in sede di elaborazione, revisione e aggiornamento dei piani di tutela di cui all'articolo 121.

7. Le regioni provvedono affinché gli obiettivi di qualità di cui agli articoli 76 e 77 ed i relativi programmi di misure siano perseguiti nei corpi idrici ricadenti nei bacini idrografici internazionali in attuazione di accordi tra gli stati membri interessati, avvalendosi a tal fine di strutture esistenti risultanti da accordi internazionali.

8. Qualora il distretto idrografico superi i confini della Comunità europea, lo Stato e le regioni esercitano le proprie competenze adoperandosi per instaurare un coordinamento adeguato con gli Stati terzi coinvolti, al fine realizzare gli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto in tutto il distretto idrografico.

9. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso appositi accordi di programma con le competenti autorità, concorrono alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque anche al fine della loro utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e della fitodepurazione.

Titolo II - Obiettivi di qualità

Capo I - Obiettivo di qualità ambientale e obiettivo di qualità per specifica destinazione

76. Disposizioni generali

1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, la parte terza del presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualità per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all'articolo 78, da garantirsi su tutto il territorio nazionale.

2. L'obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.

3. L'obiettivo di qualità per specifica destinazione individua lo stato dei corpi idrici idoneo ad una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.

4. In attuazione della parte terza del presente decreto sono adottate, mediante il Piano di tutela delle acque di cui all'articolo 121, misure atte a conseguire gli obiettivi seguenti entro il 22 dicembre 2015:

a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono";
b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale "elevato" come definito nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui all'articolo 79 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.

5. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli più cautelativi quando essi si riferiscono al conseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale; l'obbligo di rispetto di tali valori limite decorre dal 22 dicembre 2015.

6. Il Piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualità ambientale con i diversi obiettivi di qualità per specifica destinazione.

7. Le regioni possono definire obiettivi di qualità ambientale più elevati, nonché individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualità.

77. Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati già acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 118 e 120, le regioni che non vi abbiano provveduto identificano per ciascun corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualità corrispondente ad una di quelle indicate nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale di cui all'articolo 76, comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico massimo ammissibile, ove fissato sulla base delle indicazioni delle Autorità di bacino, e assicura n d o in ogni caso per tutti i corpi idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.

3. Al fine di assicurare entro il 22 dicembre 2015 il raggiungimento dell'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono", entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato di "sufficiente" di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

4. Le acque ricadenti nelle aree protette devono essere conformi agli obiettivi e agli standard di qualità fissati nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, secondo le scadenze temporali ivi stabilite, salvo diversa disposizione della normativa di settore a norma della quale le singole aree sono state istituite.

5. La designazione di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato e la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei piani di bacino e sono riesaminate ogni sei anni. Le regioni possono definire un corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:

a) le modifiche delle caratteristiche idromorfologiche di tale corpo, necessarie al raggiungimento di un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative rilevanti:

1) sull'ambiente in senso ampio;
2) sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o sul diporto;
3) sulle attività per le quali l'acqua è accumulata, quali la fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l'irrigazione;
4) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio agricolo;
5) su altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti;

b) i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali o modificate del corpo idrico non possono, per motivi di fattibilità tecnica o a causa dei costi sproporzionati, essere raggiunti con altri mezzi che rappresentino un'opzione significativamente migliore sul piano ambientale.

6. Le regioni possono motivatamente prorogare il termine del 23 dicembre 2015 per poter conseguire gradualmente gli obiettivi dei corpi idrici purché non si verifichi un ulteriore deterioramento dello stato dei corpi idrici e sussistano tutte le seguenti condizioni:
(comma così sostituito dall'articolo 3, legge n. 101 del 2008)

a) i miglioramenti necessari per il raggiungimento del buono stato di qualità ambientale non possono essere raggiunti entro i termini stabiliti almeno per uno dei seguenti motivi:

1) i miglioramenti dello stato dei corpi idrici possono essere conseguiti per motivi tecnici solo in fasi successive al 23 dicembre 2015;
2) il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe sproporzionalmente costoso;
3) le condizioni naturali non consentono il miglioramento del corpo idrico nei tempi richiesti;

b) la proroga dei termini e le relative motivazioni sono espressamente indicate nei piani di cui agli articoli 117 e 121;
c) le proroghe non possono superare il periodo corrispondente a due ulteriori aggiornamenti dei piani di cui alla lettera b), fatta eccezione per i casi in cui le condizioni naturali non consentano di conseguire gli obiettivi entro detto periodo;
d) l'elenco delle misure, la necessità delle stesse per il miglioramento progressivo entro il termine previsto, la giustificazione di ogni eventuale significativo ritardo nella attuazione delle misure, nonché il relativo calendario di attuazione delle misure devono essere riportati nei piani di cui alla lettera b). Le informazioni devono essere aggiornate nel riesame dei piani.

7. Le regioni, per alcuni corpi idrici, possono stabilire di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi rispetto a quelli di cui al comma 4, qualora, a causa delle ripercussioni dell'impatto antropico rilevato ai sensi dell'articolo 118 o delle loro condizioni naturali, non sia possibile o sia esageratamente oneroso il loro raggiungimento. Devono, in ogni caso, ricorrere le seguenti condizioni:
(comma così sostituito dall'articolo 3, legge n. 101 del 2008)

a) la situazione ambientale e socioeconomica non consente di prevedere altre opzioni significativamente migliori sul piano ambientale ed economico;
b) la garanzia che:

1) per le acque superficiali venga conseguito il migliore stato ecologico e chimico possibile, tenuto conto degli impatti che non potevano ragionevolmente essere evitati per la natura dell'attività umana o dell'inquinamento;
2) per le acque sotterranee siano apportate modifiche minime al loro stato di qualità, tenuto conto degli impatti che non potevano ragionevolmente essere evitati per la natura dell'attività umana o dell'inquinamento;

c) per lo stato del corpo idrico non si verifichi alcun ulteriore deterioramento;
d) gli obiettivi ambientali meno rigorosi e le relative motivazioni figurano espressamente nel piano di gestione del bacino idrografico e del piano di tutela di cui agli articoli 117 e 121 e tali obiettivi sono rivisti ogni sei anni nell'ambito della revisione di detti piani.

8. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 7, la definizione di obiettivi meno rigorosi è consentita purché essi non comportino l'ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui alla lettera b) del medesimo comma 7, purché non sia pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla parte terza del presente decreto in altri corpi idrici compresi nello stesso bacino idrografico.

9. Nei casi previsti dai commi 6 e 7, i Piani di tutela devono comprendere le misure volte alla tutela del corpo idrico, ivi compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonché le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.

10. Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico dovuto a circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e ragionevolmente imprevedibili, come alluvioni violente e siccità prolungate, o conseguente a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non dà luogo a una violazione delle prescrizioni della parte terza del presente decreto, purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a) che siano adottate tutte le misure volte ad impedire l'ulteriore deterioramento dello stato di qualità dei corpi idrici e la compromissione del raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 76 ed al presente articolo in altri corpi idrici non interessati alla circostanza;
b) che il Piano di tutela preveda espressamente le situazioni in cui detti eventi possono essere dichiarati ragionevolmente imprevedibili o eccezionali, anche adottando gli indicatori appropriati;
c) che siano previste ed adottate misure idonee a non compromettere il ripristino della qualità del corpo idrico una volta conclusisi gli eventi in questione;
d) che gli effetti degli eventi eccezionali o imprevedibili siano sottoposti a un riesame annuale e, con riserva dei motivi di cui all'articolo 76, comma 4, lettera a), venga fatto tutto il possibile per ripristinare nel corpo idrico, non appena ciò sia ragionevolmente fattibile, lo stato precedente tali eventi;
e) che una sintesi degli effetti degli eventi e delle misure adottate o da adottare sia inserita nel successivo aggiornamento del Piano di tutela.

10-bis. Le regioni non violano le disposizioni del presente decreto nei casi in cui:
(comma così sostituito dall'articolo 3, legge n. 101 del 2008)

a) il mancato raggiungimento del buon stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico delle acque superficiali o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l'incapacità di impedire il deterioramento del corpo idrico superficiale e sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni idrogeologiche dei corpi idrici sotterranei;
b) l'incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attività sostenibili di sviluppo umano purché sussistano le seguenti condizioni:

1) siano state avviate le misure possibili per mitigare l'impatto negativo sullo stato del corpo idrico;
2) siano indicate puntualmente ed illustrate nei piani di cui agli articoli 117 e 121 le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni e gli obiettivi siano rivisti ogni sei anni;
3) le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni di cui alla lettera b) siano di prioritario interesse pubblico ed i vantaggi per l'ambiente e la società, risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, siano inferiori rispetto ai vantaggi derivanti dalle modifiche o dalle alterazioni per la salute umana, per il mantenimento della sicurezza umana o per lo sviluppo sostenibile;
4) per motivi di fattibilità tecnica o di costi sproporzionati, i vantaggi derivanti dalle modifiche o dalle alterazioni del corpo idrico non possano essere conseguiti con altri mezzi che garantiscono soluzioni ambientali migliori.

78. Standard di qualità ambientale per le acque superficiali
(articolo così sostituito dall'articolo 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010)

1. Ai fini della identificazione del buono stato chimico, di cui all'articolo 74, comma 2, lettera z), si applicano ai corpi idrici superficiali gli standard di qualità ambientale, di seguito denominati: "SQA", di cui alla lettera A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza.

2. Per le finalità di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano per la colonna d'acqua gli SQA di cui alla tabella 1/A della lettera A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, secondo le modalità riportate alla lettera A.2.8 del medesimo allegato.

3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in alternativa alle disposizioni di cui al comma 2, possono identificare il buono stato chimico delle acque marino-costiere e delle acque di transizione, utilizzando le matrici sedimenti e biota limitatamente alle sostanze per le quali sono definiti SQA nelle suddette matrici. In tal caso le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano:

a) applicano per il biota gli SQA riportati alla tabella 3/A della lettera A.2.6. dell'allegato 1 alla parte terza;
b) applicano per i sedimenti gli SQA riportati alla tabella 2/A della lettera A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza;
c) rispettano le disposizioni di cui alla lettera A.2.6.1 dell'allegato 1 alla parte terza concernenti modalità di monitoraggio e classificazione;
d) trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le motivazioni della scelta, al fine di fornire elementi di supporto per la notifica alla Commissione europea e agli altri Stati membri, tramite il comitato di cui all'articolo 21 della direttiva 2000/60/CE, secondo la procedura prevista dalle norme comunitarie.

4. Per le sostanze per le quali non sono definiti SQA per le matrici sedimenti e biota nelle acque marino-costiere e nelle acque di transizione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano effettuano il monitoraggio nella colonna d'acqua applicando i relativi SQA di cui alla tabella 1/A dell'allegato 1 alla parte terza.

5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano effettuano l'analisi della tendenza a lungo termine delle concentrazioni delle sostanze dell'elenco di priorità di cui alla tabella 1/A, lettera A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza che tendono ad accumularsi nei sedimenti e nel biota, ovvero in una sola delle due matrici, con particolare attenzione per le sostanze riportate nella citata tabella ai numeri 2, 4, 7, 13, 14, 17, 18, 19, 20, 21, 23, 28, 30 e 34, conformemente al punto A.3.2.4 dell'allegato 1 alla parte terza.

6. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano misure atte a garantire che tali concentrazioni non aumentino in maniera significativamente rilevante nei sedimenti e/o nel biota.

7. Le disposizioni del presente articolo concorrono al raggiungimento entro il 20 novembre 2021 dell'obiettivo di eliminare le sostanze pericolose prioritarie indicate come PP alla tabella 1/A della lettera A.2.6. dell'allegato 1 alla parte terza negli scarichi, nei rilasci da fonte diffusa e nelle perdite, nonché al raggiungimento dell'obiettivo di ridurre gradualmente negli stessi le sostanze prioritarie individuate come P nella medesima tabella. Per le sostanze indicate come E l'obiettivo è di eliminare l'inquinamento delle acque causato da scarichi, rilasci da fonte diffusa e perdite.

78-bis. Zone di mescolamento
(articolo introdotto dall'articolo 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010)

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono designare zone di mescolamento adiacenti ai punti di scarico di acque reflue contenenti sostanze dell'elenco di priorità nel rispetto dei criteri tecnici stabiliti con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base delle linee guida definite a livello comunitario, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2008/105/CE. Le concentrazioni di una o più sostanze di detto elenco possono superare, nell'ambito di tali zone di mescolamento, gli SQA applicabili, a condizione che il superamento non abbia conseguenze sulla conformità agli SQA del resto del corpo idrico superficiale.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano designano le zone di mescolamento assicurando che l'estensione di ciascuna di tali zone:

a) sia limitata alle vicinanze del punto di scarico;
b) sia calibrata sulla base delle concentrazioni di inquinanti nel punto di scarico, dell'applicazione delle disposizioni in materia di disciplina degli scarichi di cui alla normativa vigente e dell'adozione delle migliori tecniche disponibili, in funzione del raggiungimento o mantenimento degli obiettivi ambientali.

3. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autorità di distretto riportano, rispettivamente, nei piani di tutela e nei piani di gestione le zone di mescolamento designate indicando:

a) l'ubicazione e l'estensione;
b) gli approcci e le metodologie applicati per definire tali zone;
c) le misure adottate allo scopo di limitare in futuro l'estensione delle zone di mescolamento, quali quelle necessarie alla riduzione ed all'eliminazione dell'inquinamento delle acque superficiali causato dalle sostanze dell'elenco di priorità o le misure consistenti nel riesame delle autorizzazioni rilasciate ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e successive modificazioni, o delle autorizzazioni preventive rilasciate ai sensi del presente decreto.

4. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano nelle aree protette elencate all'allegato 9, alle lettere i), ii), iii), v).

Art. 78-ter. Inventario dei rilasci da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite
(articolo introdotto dall'articolo 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010)

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ciascuna per la parte di territorio di competenza ricadente in ciascun distretto idrografico, mettono a disposizione attraverso il sistema SINTAI le informazioni di cui alla lettera A.2.8.-ter, sezione A "Stato delle acque superficiali", parte 2 "Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici" dell'allegato 1 alla parte terza, secondo le scadenze temporali riportate nel medesimo allegato. Le informazioni sono ricavate sulla base dell'attività di monitoraggio e dell'attività conoscitiva delle pressioni e degli impatti di cui rispettivamente all'allegato 1 e all'allegato 3 - sezione C, alla parte terza.

2. L'Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, di seguito: ISPRA, rende disponibili attraverso il sistema SINTAI i formati standard, aggiornandoli sulla base delle linee guida adottate a livello comunitario, nonché i servizi per la messa a disposizione delle informazioni da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

3. L'ISPRA elabora l'inventario, su scala di distretto, dei rilasci derivanti da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite, di seguito "l'inventario", distinto in due sezioni: sezione A per le sostanze appartenenti all'elenco di priorità e sezione B per le sostanze non appartenenti a detto elenco di priorità. L'ISPRA effettua ulteriori elaborazioni sulla base di specifiche esigenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

4. L'inventario è redatto sulla base della elaborazione delle informazioni di cui al comma 1, dei dati raccolti in attuazione del regolamento (CE) n. 166/2006, nonché sulla base di altri dati ufficiali. Nell'inventario sono altresì riportate, ove disponibili, le carte topografiche e, ove rilevate, le concentrazioni di tali sostanze ed inquinanti nei sedimenti e nel biota.

5. L'inventario è finalizzato a verificare il raggiungimento dell'obiettivo di cui ai commi 1 e 7 dell'articolo 78, ed è sottoposto a riesami sulla base degli aggiornamenti effettuati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 118, comma 2.

6. L' ISPRA, previa verifica e validazione da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, mette a disposizione di ciascuna autorità di distretto, tramite il sistema SINTAI, gli inventari aggiornati su scala distrettuale ai fini dell'inserimento della sezione A dell'inventario nei piani di gestione riesaminati da pubblicare.

78-quater. Inquinamento transfrontaliero
(articolo introdotto dall'articolo 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010)

1. Qualora si verifichi un superamento di un SQA nei bacini idrografici transfrontalieri, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano interessate non si ritengono inadempienti se possono dimostrare che:

a) il superamento dell'SQA è dovuto ad una fonte di inquinamento al di fuori della giurisdizione nazionale;
b) a causa di tale inquinamento transfrontaliero si è verificata l'impossibilità di adottare misure efficaci per rispettare l'SQA in questione;
c) sia stato applicato, per i corpi idrici colpiti da inquinamento transfrontaliero, il meccanismo di coordinamento ai sensi dei commi 7 e 8 dell'articolo 75 e, se del caso, sia stato fatto ricorso alle disposizioni di cui ai commi 6, 7 e 10 dell'articolo 77.

2. Qualora si verifichino le circostanze di cui al comma 1, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autorità di distretto competenti forniscono le informazioni necessarie al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il successivo inoltro alla Commissione europea e predispongono una relazione sintetica delle misure adottate riguardo all'inquinamento transfrontaliero da inserire rispettivamente nel piano di tutela e nel piano di gestione.

78-quinquies. Metodi di analisi per le acque superficiali e sotterranee
(articolo introdotto dall'articolo 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010)

1. L'ISPRA assicura che i metodi di analisi, compresi i metodi di laboratorio, sul campo e on line, utilizzati dalle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente , di seguito: "ARPA", e dalle agenzie provinciali per la protezione dell'ambiente, di seguito: "APPA", ai fini del programma di monitoraggio chimico svolto ai sensi dell'allegato 1 alla parte terza, siano convalidati e documentati ai sensi della norma UNI-EN ISO/CEI - 17025:2005 o di altre norme equivalenti internazionalmente accettate.

2. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 78, commi 1 e 2, e 78-bis, il monitoraggio è effettuato applicando le metodiche di campionamento e di analisi riportati alle lettere A.2.8, punti 16, 17 e 18, e A.3.10 dell'allegato 1 alla parte terza. 3. Le disposizioni di cui al presente articolo, agli articoli 78-sexies, 78-septies e 78-octies ed alla lettera A.2.8.-bis della sezione A "Stato delle acque superficiali" della parte 2 "Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici"dell'allegato 1 alla parte terza si applicano per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato dei corpi idrici superficiali e sotterranei.

78-sexies. Requisiti minimi di prestazione per i metodi di analisi
(articolo introdotto dall'articolo 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010)

1. L'ISPRA verifica che i requisiti minimi di prestazione per tutti i metodi di analisi siano basati su una incertezza di misura definita conformemente ai criteri tecnici riportati alla lettera A.2.8.-bis, sezione A "Stato delle acque superficiali", parte 2 "Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici" dell'allegato 1 alla parte terza.

2. In mancanza di standard di qualità ambientali per un dato parametro o di un metodo di analisi che rispetti i requisiti minimi di prestazione di cui al comma 1, le ARPA e le APPA assicurano che il monitoraggio sia svolto applicando le migliori tecniche disponibili a costi sostenibili.

78-septies. Calcolo dei valori medi

1. Ai fini del calcolo dei valori medi si applicano i criteri tecnici riportati alla lettera A.2.8.-bis, sezione A "Stato delle acque superficiali", parte 2 "Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici" dell'allegato 1 alla parte terza.

78-octies. Garanzia e controllo di qualità
(articolo introdotto dall'articolo 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010)

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano che i laboratori delle Agenzie regionali per l'ambiente (ARPA), e delle agenzie provinciali per l'ambiente (APPA), o degli enti appaltati da queste ultime applichino pratiche di gestione della qualita' conformi a quanto previsto dalla norma UNI-EN ISO/CEI-17025:2005 e successive modificazioni o da altre norme equivalenti internazionalmente riconosciute.

2. L'ISPRA assicura la comparabilità dei risultati analitici dei laboratori ARPA, APPA o degli enti appaltati da queste ultime, sulla base:

a) della promozione di programmi di prove valutative delle competenze che comprendono i metodi di analisi di cui all'articolo 78-quinquies per i misurandi a livelli di concentrazione rappresentativi dei programmi di monitoraggio delle sostanze chimiche svolti ai sensi del presente decreto;
b) dell'analisi di materiali di riferimento rappresentativi di campioni prelevati nelle attività di monitoraggio e che contengono livelli di concentrazioni adeguati rispetto agli standard di qualità ambientali di cui all'articolo 78-sexies, comma 1.

3. I programmi di prove valutative di cui al comma 2, lettera a), vengono organizzati dall'ISPRA o da altri organismi accreditati a livello nazionale o internazionale, che rispettano i criteri stabiliti dalla norma UNI EN ISO/CEI 17043:2010 o da altre norme equivalenti accettate a livello internazionale. L'esito della partecipazione a tali programmi viene valutato sulla base dei sistemi di punteggio definiti dalla norma UNI EN ISO/CEI 17043:2010, dalla norma ISO-13528:2006 o da altre norme equivalenti internazionalmente accettate.

79. Obiettivo di qualità per specifica destinazione

1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:

a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b) le acque destinate alla balneazione;
c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d) le acque destinate alla vita dei molluschi.

2. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 76, commi 4 e 5, per le acque indicate al comma 1, è perseguito, per ciascun uso, l'obiettivo di qualità per specifica destinazione stabilito nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, fatta eccezione per le acque di balneazione.

3. Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell'ambiente idrico, stabiliscono programmi, che vengono recepiti nel Piano di tutela, per mantenere o adeguare la qualità delle acque di cui al comma 1 all'obiettivo di qualità per specifica destinazione. Le regioni predispongono apposito elenco aggiornato periodicamente delle acque di cui al comma 1.

Capo II - Acque a specifica destinazione

80. Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile

1. Le acque dolci superficiali, per essere utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, sono classificate dalle regioni nelle categorie Al, A2 e A3, secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.

2. A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci superficiali di cui al comma 1 sono sottoposte ai trattamenti seguenti:

a) Categoria Al: trattamento fisico semplice e disinfezione;
b) Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;
c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento e disinfezione.

3. Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e alla classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della salute, che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.

4. Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche qualitativamente inferiori ai valori limite imperativi della categoria A3 possono essere utilizzate, in via eccezionale, solo qualora non sia possibile ricorrere ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque siano sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità delle acque destinate al consumo umano.

81. Deroghe

1. Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto:

a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;
b) limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto Tabella 1/A dal simbolo (o), qualora ricorrano circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche particolari;
c) quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune sostanze con superamento dei valori fissati per le categorie Al, A2 e A3;
d) nel caso di laghi che abbiano una profondità non superiore ai 20 metri, che per rinnovare le loro acque impieghino più di un anno e nel cui specchio non defluiscano acque di scarico, limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A da un asterisco (*).

2. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto pericolo per la salute pubblica.

82. Acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile

1. Fatte salve le disposizioni per le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni, all'interno del distretto idrografico di appartenenza, individuano:

a) tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei che forniscono in media oltre 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone, e
b) i corpi idrici destinati a tale uso futuro.

2. L'autorità competente provvede al monitoraggio, a norma dell'Allegato 1 alla parte terza dei presente decreto, dei corpi idrici che forniscono in media oltre 100 m3 al giorno.

3. Per i corpi idrici di cui al comma 1 deve essere conseguito l'obiettivo ambientale di cui agli articoli 76 e seguenti.

83. Acque di balneazione

1. Le acque destinate alla balneazione devono soddisfare i requisiti di cui al d.P.R. 8 giugno 1982, n. 470.

2. Per le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione ai sensi del decreto di cui al comma 1, le regioni comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro l'inizio della stagione balneare successiva alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e, successivamente, con periodicità annuale prima dell'inizio della stagione balneare, tutte le informazioni relative alle cause della non balneabilità ed alle misure che intendono adottare, secondo le modalità indicate dal decreto di cui all'articolo 75, comma 6.

84. Acque dolci idonee alla vita dei pesci

1. Le regioni effettuano la designazione delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci. Ai fini di tale designazione sono privilegiati:

a) i corsi d'acqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e riserve naturali dello Stato nonché di parchi e riserve naturali regionali;
b) i laghi naturali ed artificiali, gli stagni ed altri corpi idrici, situati nei predetti ambiti territoriali;
c) le acque dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate "di importanza internazionale" ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con il d.P.R. 13 marzo 1976, n. 448, sulla protezione delle zone umide, nonché quelle comprese nelle "oasi di protezione della fauna", istituite dalle regioni e province autonome ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157;
d) le acque dolci superficiali che, ancorché non comprese nelle precedenti categorie, presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico, ambientale e produttivo in quanto costituenti habitat di specie animali o vegetali rare o in via di estinzione, oppure in quanto sede di complessi ecosistemi acquatici meritevoli di conservazione o, altresì, sede di antiche e tradizionali forme di produzione ittica che presentino un elevato grado di sostenibilità ecologica ed economica.

2. Le regioni, entro quindici mesi dalla designazione, classificano le acque dolci superficiali che presentino valori dei parametri di qualità conformi con quelli imperativi previsti dalla Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto come acque dolci "salmonicole" o "ciprinicole".
3. La designazione e la classificazione di cui ai commi 1 e 2 devono essere gradualmente estese sino a coprire l'intero corpo idrico, ferma restando la possibilità di designare e classificare, nell'ambito del medesimo, alcuni tratti come "acqua salmonicola" e alcuni tratti come "acqua ciprinicola". La designazione e la classificazione sono sottoposte a revisione in relazione ad elementi imprevisti o sopravvenuti.

4. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque dolci idonee alla vita dei pesci, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Giunta provinciale, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.

5. Sono escluse dall'applicazione del presente articolo e degli articoli 85 e 86 le acque dolci superficiali dei bacini naturali o artificiali utilizzati per l'allevamento intensivo delle specie ittiche nonché i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo o irriguo, e quelli appositamente costruiti per l'allontanamento dei liquami e di acque reflue industriali.

85. Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci

1. Le acque designate e classificate ai sensi dell'articolo 84 si considerano idonee alla vita dei pesci se rispondono ai requisiti riportati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.

2. Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o più valori dei parametri riportali nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, le autorità competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita, ad apporti inquinanti o a eccessivi prelievi, e propongono all'autorità competente le misure appropriate.

3. Ai fini di una più completa valutazione delle qualità delle acque, le regioni promuovono la realizzazione di idonei programmi di analisi biologica delle acque designate e classificate.

86. Deroghe

1. Per le acque dolci superficiali designate o classificate per essere idonee alla vita dei pesci, le regioni possono derogare al rispetto dei parametri indicati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto con il simbolo (o) in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o speciali condizioni geografiche e, quanto al rispetto dei parametri riportati nella medesima Tabella, in caso di arricchimento naturale del corpo idrico da sostanze provenienti dal suolo senza intervento diretto dell'uomo.

87. Acque destinate alla vita dei molluschi

1. Le regioni, d'intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali, designano, nell'ambito delle acque marine costiere e salmastre che sono sede di banchi e di popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, quelle richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l'uomo.

2. Le regioni possono procedere a designazioni complementari, oppure alla revisione delle designazioni già effettuate, in funzione dell'esistenza di elementi imprevisti al momento della designazione.

3. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi, il Presidente della Giunta regionale, il Presidente della Giunta provinciale e il Sindaco, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.

88. Accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi

1. Le acque designate ai sensi dell'articolo 87 devono rispondere ai requisiti di qualità di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto. In caso contrario, le regioni stabiliscono programmi per ridurne l'inquinamento.

2. Se da un campionamento risulta che uno o più valori dei parametri di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto non sono rispettati, le autorità competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita o ad altri fattori di inquinamento e le regioni adottano misure appropriate.

89. Deroghe

1. Per le acque destinate alla vita dei molluschi, le regioni possono derogare ai requisiti di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto in caso di condizioni meteorologiche o geomorfologiche eccezionali.

90. Norme sanitarie

1. Le attività di cui agli articoli 87, 88 e 89 lasciano impregiudicata l'attuazione delle norme sanitarie relative alla classificazione delle zone di produzione e di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi, effettuata ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530.

Titolo III - Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi

Capo I - Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento

91. Aree sensibili

1. Le aree sensibili sono individuate secondo i criteri dell'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto. Sono comunque aree sensibili:

a) i laghi di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto, nonché i corsi d'acqua a esse afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;
b) le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;
c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con d.P.R. 13 marzo 1976, n. 448;
d) le aree costiere dell'Adriatico Nord-Occidentale dalla foce dell'Adige al confine meridionale del comune di Pesaro e i corsi d'acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;
e) il lago di Garda e il lago d’ldro;
f) i fiumi Sarca-Mincio, Oglio, Adda, Lambro-Olona meridionale e Ticino;
g) il fiume Arno a valle di Firenze e i relativi affluenti;
h) il golfo di Castellammare in Sicilia;
i) le acque costiere dell'Adriatico settentrionale.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza Stato-regioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto individua con proprio decreto ulteriori aree sensibili identificate secondo i criteri di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto.

3. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente relativamente alla tutela di Venezia.

4. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuare all'interno delle aree indicate nel comma 2 i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.

5. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di bacino, delimitano i bacini drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono all'inquinamento di tali aree.

6. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede con proprio decreto, da emanare ogni quattro anni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, alla riedificazione delle aree sensibili e dei rispettivi bacini drenanti che contribuiscono all'inquinamento delle aree sensibili.

7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 2, 4, e 6 devono soddisfare i requisiti dell'articolo 106 entro sette anni dall'identificazione.

8. Gli scarichi recapitanti nei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili di cui ai commi 2 e 6 sono assoggettate alle disposizioni di cui all'articolo 106.

92. Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola

1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto.

2. Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto.

3. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, dopo quattro anni da tale data il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, può modificare i criteri di cui al comma 1.

4. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati disponibili e tenendo conto delle indicazioni stabilite nell'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, le regioni, sentite le Autorità di bacino, possono individuare ulteriori zone vulnerabili oppure, all'interno delle zone indicate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.

5. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti al momento della precedente designazione, almeno ogni quattro anni le regioni, sentite le Autorità di bacino, possono rivedere o completare le designazioni delle zone vulnerabili. A tal fine le regioni predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, nonché riesaminano lo stato eutrofico causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e delle acque marine costiere.

6. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 4 e 5 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 7, nonché le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile 1999, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999.

7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 4, ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 5, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui all'Allegato 7/A-IV alla parte terza del presente decreto, definiscono, o rivedono se già posti in essere, i programmi d'azione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall'inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro attuazione nell'anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 4 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 5.

8. Le regioni provvedono, inoltre, a:

a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona pratica agricola, stabilendone le modalità di applicazione;
b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;
c) elaborare ed applicare, entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei programmi di cui al comma 7, i necessari strumenti di controllo e verifica dell'efficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure stesse.

9. Le variazioni apportate alle designazioni, i programmi di azione, i risultati delle verifiche dell'efficacia degli stessi e le revisioni effettuate sono comunicati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 6. Al Ministero per le politiche agricole e forestali è data tempestiva notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma 8, lettera a), nonché degli interventi di formazione e informazione.

10. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque è raccomandata l'applicazione del codice di buona pratica agricola anche al di fuori delle zone vulnerabili.

93. Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e zone vulnerabili alla desertificazione

1. Con le modalità previste dall'articolo 92, e sulla base delle indicazioni contenute nell'Allegato 7/B alla parte terza del presente decreto, le regioni identificano le aree vulnerabili da prodotti fitosanitari secondo i criteri di cui all'articolo 5, comma 21, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere le risorse idriche o altri comparti ambientali dall'inquinamento derivante dall'uso di prodotti fitosanitari.

2. Le regioni e le Autorità di bacino verificano la presenza nel territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccità, degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.

3. Per le aree di cui al comma 2, nell'ambito della pianificazione di distretto e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d'azione nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.

94. Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano

1. Su proposta delle Autorità d'àmbito, le regioni, per mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonché per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonché, all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione.

2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le Autorità competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione e la tutela della risorsa e per il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano.

3. La zona di tutela assoluta è costituita dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa, in caso di acque sotterranee e, ove possibile, per le acque superficiali, deve avere un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e dev'essere adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.

4. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare, nella zona di rispetto sono vietati l'insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività:

a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;
b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle risorse idriche;
d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade.
e) aree cimiteriali;
f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;
g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione dell'estrazione ed alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;
h) gestione di rifiuti;
i) stoccaggio di prodotti ovvero, sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;
l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
m) pozzi perdenti;
n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. É comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.

5. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 4, preesistenti, ove possibile, e comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni e le province autonome disciplinano, all'interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture o attività:

a) fognature;
b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
c) opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;
d) pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 4.

6. In assenza dell'individuazione da parte delle regioni o delle province autonome della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.

7. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle regioni o delle province autonome per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.

8. Ai fini della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora utilizzate per l'uso umano, le regioni e le province autonome individuano e disciplinano, all'interno delle zone di protezione, le seguenti aree:

a) aree di ricarica della falda;
b) emergenze naturali ed artificiali della falda;
c) zone di riserva.

Capo II - Tutela quantitativa della risorsa e risparmio idrico

95. Pianificazione del bilancio idrico

1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi di qualità attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualità delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.

2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico come definito dalle Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità stabilite dalla normativa vigente e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative.

3. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni definiscono, sulla base delle linee guida adottate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché sulla base dei criteri già adottati dalle Autorità di bacino, gli obblighi di installazione e manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi d'acqua pubblica derivati, in corrispondenza dei punti di prelievo e, ove presente, di restituzione, nonché gli obblighi e le modalità di trasmissione dei risultati delle misurazioni dell'Autorità concedente per il loro successivo inoltro alla regione ed alle Autorità di bacino competenti. Le Autorità di bacino provvedono a trasmettere i dati in proprio possesso al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) secondo le modalità di cui all'articolo 75, comma 6.

4. Salvo quanto previsto al comma 5, tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono regolate dall'Autorità concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con apposito decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

5. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2, le Autorità concedenti effettuano il censimento di tutte le utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico sulla base dei criteri adottati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; le medesime Autorità provvedono successivamente, ove necessario, alla revisione di tale censimento, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o quantitative, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

6. Nel provvedimento di concessione preferenziale, rilasciato ai sensi dell'articolo 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici nonché le prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.

96. Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775

1. Il secondo comma dell'articolo 7 del testo unico delle disposizioni sulle acque impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente: (omissis)

2. I commi 1 e 1-bis dell'articolo 9 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono sostituiti dai seguenti: (omissis)

3. L'articolo 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente: (omissis)

4. L'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:
(omissis)

5. Il secondo comma dell'articolo 54 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, già abrogato dall'articolo 23 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, resta abrogato.

6. Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, per le derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto è ammessa la presentazione di domanda di concessione in sanatoria entro il 30 giugno 2006 previo pagamento della sanzione di cui all'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, aumentata di un quinto. Successivamente a tale data, alle derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto si applica l'articolo 17, comma 3, del regio decreto 11 dicembre 1933 n. 1775. La concessione in sanatoria è rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria, l'utilizzazione può proseguire fermo restando l'obbligo del pagamento del canone per l'uso effettuato e il potere dell'autorità concedente di sospendere in qualsiasi momento l'utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità e dell'equilibrio del bilancio idrico. Restano comunque ferme le disposizioni di cui all'articolo 95, comma 5.

7. I termini entro i quali far valere, a pena di decadenza, ai sensi degli articoli 3 e 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il diritto al riconoscimento o alla concessione di acque che hanno assunto natura pubblica a norma dell'articolo 1, comma 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché per la presentazione delle denunce dei pozzi a norma dell'articolo 10 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, sono prorogati al 31 dicembre 2007. In tali casi i canoni demaniali decorrono dal 10 agosto 1999. Nel provvedimento di concessione preferenziale sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e quelle prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 1, legge n. 17 del 2007)

8. Il primo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente: (omissis)

9. Dopo il terzo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è inserito il seguente: (omissis)

10. Fatta salva l'efficacia delle norme più restrittive, tutto il territorio nazionale è assoggettato a tutela ai sensi dell'articolo 94 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

11. Le regioni disciplinano i procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico nelle quali sono indicate anche le possibilità di libero utilizzo di acque superficiali scolanti su suoli o in fossi di canali di proprietà privata. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, disciplinano forme di regolazione dei prelievi delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia necessario garantire l'equilibrio del bilancio idrico.

97. Acque minerali naturali e di sorgenti

1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del Piano di tutela di cui all'articolo 121.

98. Risparmio idrico

1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie all'eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.

2. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, approvano specifiche norme sul risparmio idrico in agricoltura, basato sulla pianificazione degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.

99. Riutilizzo dell'acqua

1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, sentiti i Ministri delle politiche agricole e forestali, della salute e delle attività produttive, detta le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue.

2. Le regioni, nel rispetto dei principi della legislazione statale, e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate.

Capo III - Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi

100. Reti fognarie

1. Gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 2.000 devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane.

2. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si effettuano adottando le migliori tecniche disponibili e che comportino costi economicamente ammissibili, tenendo conto, in particolare:

a) della portata media, del volume annuo e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;
b) della prevenzione di eventuali fenomeni di rigurgito che comportino la fuoriuscita delle acque reflue dalle sezioni fognarie;
c) della limitazione dell'inquinamento dei ricettori, causato da tracimazioni originate da particolari eventi meteorici.

3. Per insediamenti, installazioni o edifici isolati che producono acque reflue domestiche, le regioni individuano sistemi individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i tempi di adeguamento degli scarichi a detti sistemi.

101. Criteri generali della disciplina degli scarichi

1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite previsti nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. L'autorizzazione può in ogni caso stabilire specifiche deroghe ai suddetti limiti e idonee prescrizioni per i periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di guasti nonché per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno alle condizioni di regime.

2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto:

a) nella Tabella 1, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;
b) nella Tabella 2, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;
c) nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;
d) nelle Tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del medesimo Allegato.

3. Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorità competente per il controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo quanto previsto dall'articolo 108, comma 4, va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo.

4. L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l'accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale.

5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli stessi per adeguarli ai limiti previsti dalla parte terza dal presente decreto. L'autorità competente, in sede di autorizzazione prescrive che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, sia separato dagli scarichi terminali contenenti le sostanze di cui al comma 4.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 8, d.lgs. n. 4 del 2008)

6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore. In ogni caso le acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate.

7. Salvo quanto previsto dall'articolo 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:

a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;
b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame;
(lettera così modificata dall'articolo 2, comma 8, d.lgs. n. 4 del 2008)
c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;
d) provenienti da impianti di acqua coltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d'acqua o in cui venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;
e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;
f) provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore.

8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Servizio geologico d'Italia -Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori, nonché allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità di cui all'articolo 75, comma 5.

9. Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell'ambiente le regioni pubblicano ogni due anni, sui propri Bollettini Ufficiali e siti internet istituzionali, una relazione sulle attività di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 5.

10. Le Autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di programma con soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e il recupero come materia prima dei fanghi di depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità.

102. Scarichi di acque termali

1. Per le acque termali che presentano all'origine parametri chimici con valori superiori a quelli limite di emissione, è ammessa la deroga ai valori stessi a condizione che le acque siano restituite con caratteristiche qualitative non superiori rispetto a quelle prelevate ovvero che le stesse, nell'ambito massimo del 10 per cento, rispettino i parametri batteriologici e non siano presenti le sostanze pericolose di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2. Gli scarichi termali sono ammessi, fatta salva la disciplina delle autorizzazioni adottata dalle regioni ai sensi dell'articolo 124, comma 5:

a) in corpi idrici superficiali, purché la loro immissione nel corpo ricettore non comprometta gli usi delle risorse idriche e non causi danni alla salute ed all'ambiente;
b) sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, previa verifica delle situazioni geologiche;
c) in reti fognarie, purché vengano osservati i regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato e vengano autorizzati dalle Autorità di ambito;
d) in reti fognarie di tipo separato previste per le acque meteoriche.

103. Scarichi sul suolo

1. È vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, fatta eccezione:

a) per i casi previsti dall'articolo 100, comma 3;
b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;
c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità, a fronte dei benefici ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell'articolo 101, comma 2. Sino all'emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli;
e) per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie separate;
f) per le acque derivanti dallo sfioro dei serbatoi idrici, dalle operazioni di manutenzione delle reti idropotabili e dalla manutenzione dei pozzi di acquedotto.

2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo esistenti devono essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al riutilizzo in conformità alle prescrizioni fissate con il decreto di cui all'articolo 99, comma 1. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata.

3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1 devono essere conformi ai limiti della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

104. Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee

1. È vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.

2. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorità competente, dopo indagine preventiva, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di scambio termico.

3. In deroga a quanto previsto al comma 1, per i giacimenti a mare, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico e, per i giacimenti a terra, ferme restando le competenze del Ministero dello sviluppo economico in materia di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, le regioni possono autorizzare lo scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unità dotate delle stesse caratteristiche che contengano, o abbiano contenuto, idrocarburi, indicando le modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.
(comma così sostituito dall'articolo 7, comma 6, d.lgs. n. 30 del 2009)

4. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorità competente, dopo indagine preventiva anche finalizzata alla verifica dell'assenza di sostanze estranee, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per il lavaggio e la lavorazione degli inerti, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua ed inerti naturali ed il loro scarico non comporti danneggiamento alla falda acquifera. A tal fine, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) competente per territorio, a spese del soggetto richiedente l'autorizzazione, accerta le caratteristiche quantitative e qualitative dei fanghi e l'assenza di possibili danni per la falda, esprimendosi con parere vincolante sulla richiesta di autorizzazione allo scarico.

5. Per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi o gassosi in mare, lo scarico delle acque diretto in mare avviene secondo le modalità previste dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, purché la concentrazione di olii minerali sia inferiore a 40 mg/1. Lo scarico diretto a mare è progressivamente sostituito dalla iniezione o reiniezione in unità geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non più produttivi ed idonei all'iniezione o reiniezione, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto dai commi 2 e 3.

6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in sede di autorizzazione allo scarico in unità geologiche profonde di cui al comma 3, autorizza anche lo scarico diretto a mare, secondo le modalità previste dai commi 5 e 7, per i seguenti casi:

a) per la frazione di acqua eccedente, qualora la capacità del pozzo iniettore o reiniettore non sia sufficiente a garantire la ricezione di tutta l'acqua risultante dall'estrazione di idrocarburi;
b) per il tempo necessario allo svolgimento della manutenzione, ordinaria e straordinaria, volta a garantire la corretta funzionalità e sicurezza del sistema costituito dal pozzo e dall'impianto di iniezione o di reiniezione.

7. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai commi 5 e 6 è autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare l'assenza di pericoli per le acquee per gli ecosistemi acquatici.

8. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 5 e 7, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati, devono essere convogliati in corpi idrici superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o all'utilizzazione agronomica. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico è revocata.

105. Scarichi in acque superficiali

1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità.

2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione, e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.

5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualità.

6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone d'alta montagna, ossia al di sopra dei 1500 metri sul livello del mare, dove, a causa delle basse temperature, è difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purché appositi studi comprovino che i suddetti scarichi non avranno ripercussioni negative sull'ambiente.

106. Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili

1. Ferme restando le disposizioni dell'articolo 101, commi 1 e 2, le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento più spinto di quello previsto dall'articolo 105, comma 3, secondo i requisiti specifici indicati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al settantacinque per cento per il fosforo totale oppure per almeno il settantacinque per cento per l'azoto totale.

3. Le regioni individuano, tra gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno dei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo all'inquinamento di tali aree, sono da assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del raggiungimento dell'obiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori.

107. Scarichi in reti fognarie

1. Ferma restando l'inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5 del medesimo Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati dall'Autorità d'ambito competente in base alle caratteristiche dell'impianto, e in modo che sia assicurata la tutela del corpo idrico ricettore nonché il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.

2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'Autorità d'ambito competente.

3.  Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in  fognatura,  ad  eccezione  di  quelli  organici provenienti dagli scarti  dell'alimentazione  trattati  con  apparecchi  dissipatori di rifiuti  alimentari  che  ne riducano la massa in particelle sottili, previo  accertamento  dell'esistenza  di un sistema di depurazione da parte  dell'ente  gestore del servizio idrico integrato, che assicura adeguata  informazione  al  pubblico anche in merito alla planimetria delle zone servite da tali   sistemi.  L'installazione  delle apparecchiature è comunicata da parte del rivenditore al gestore del servizio idrico, che ne controlla la diffusione sul territorio.
(comma così sostituito dall'articolo 9-quater, comma 1, legge n. 210 del 2008)

4. Le regioni, sentite le province, possono stabilire norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

108. Scarichi di sostanze pericolose

1. Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dalle metodiche di rilevamento in essere alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, o, successivamente, superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dagli aggiornamenti a tali metodiche messi a punto ai sensi del punto 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2. Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente in cui è effettuato lo scarico, l'autorità competente in sede di rilascio dell'autorizzazione fissa, nei casi in cui risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2, impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità previsti nel Piano di tutela di cui all'articolo 121, anche per la compresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 9, d.lgs. n. 4 del 2008)

3. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 107 e del comma 2 del presente articolo, entro il 30 ottobre 2007 devono essere attuate le prescrizioni concernenti gli scarichi delle imprese assoggettate alle disposizioni del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto. Dette prescrizioni, concernenti valori limite di emissione, parametri e misure tecniche, si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente.

4. Per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella, le autorizzazioni stabiliscono altresì la quantità massima della sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico dell'attività inquinante e cioè per materia prima o per unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella stessa Tabella. Gli scarichi contenenti le sostanze pericolose di cui al comma 1 sono assoggettati alle prescrizioni di cui al punto 1.2.3. dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

5. Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della Tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, il punto di misurazione dello scarico è fissato secondo quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e, nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del suddetto decreto, subito dopo l'uscita dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L'autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti. Qualora, come nel caso dell'articolo 124, comma 2, secondo periodo, l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo allegato 5, riceva, tramite condotta, acque reflue provenienti da altri stabilimenti industriali o acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili ad un modifica o ad una riduzione delle sostanze pericolose, in sede di autorizzazione l'autorità competente ridurrà opportunamente i valori limite di emissione indicati nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 10, d.lgs. n. 4 del 2008)

6. L'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella tabella medesima, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi esistenti e dei controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea.

Capo IV - Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici

109. Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte

1. Al fine della tutela dell'ambiente marino e in conformità alle disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia, è consentita l'immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, dei materiali seguenti:

a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;
b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità e l'innocuità ambientale;
c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l'attività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.

2. L'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), è rilasciata dall'autorità competente solo quando è dimostrata, nell'ambito della relativa istruttoria, l'impossibilità tecnica o economica del loro utilizzo ai fini di ripascimento o di recupero oppure del loro smaltimento alternativo in conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole e forestali, delle attività produttive previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

3. L'immersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera b), è soggetta ad autorizzazione, con esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale. Per le opere di ripristino, che non comportino aumento della cubatura delle opere preesistenti, è dovuta la sola comunicazione all'autorità competente.

4. L'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera ), non è soggetta ad autorizzazione.

5. La movimentazione dei fondali marini derivante dall'attività di posa in mare di cavi e condotte è soggetta ad autorizzazione regionale rilasciata, in conformità alle modalità tecniche stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali, per quanto di competenza, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. Nel caso di condotte o cavi facenti parte di reti energetiche di interesse nazionale, o di connessione con reti energetiche di altri stati, l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni interessate, nell'ambito del procedimento unico di autorizzazione delle stesse reti.

110. Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane

1. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3, è vietato l'utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti.

2. In deroga al comma 1, l'autorità competente, d'intesa con l'Autorità d'ambito, in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità residua di trattamento, autorizza il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione.

3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità competente ai sensi dell'articolo 124, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all'articolo 101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e materiali, purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati:

a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;
b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3;
c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente.

4. L'attività di cui ai commi 2 e 3 può essere consentita purché non sia compromesso il possibile riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi.

5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico integrato deve indicare la capacità residua dell'impianto e le caratteristiche e quantità dei rifiuti che intende trattare. L'autorità competente può indicare quantità diverse o vietare il trattamento di specifiche categorie di rifiuti. L'autorità competente provvede altresì all'iscrizione in appositi elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui al comma 3.

6. Allo smaltimento dei rifiuti di cui ai commi 2 e 3 si applica l'apposita tariffa determinata dall'Autorità d'ambito.

7. Il produttore ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al comma 3, lettera b), che è tenuto al rispetto dei soli obblighi previsti per i produttori dalla vigente normativa in materia di rifiuti. Il gestore del servizio idrico integrato che, ai sensi dei commi 3 e 5, tratta rifiuti è soggetto all'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia di rifiuti.

111. Impianti di acquacoltura e piscicoltura

1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e delle attività produttive, e previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura.

112. Utilizzazione agronomica

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 92 per le zone vulnerabili e dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell'Allegato 1 al predetto decreto, l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, nonché dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari, così come individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di cui al comma 2, è soggetta a comunicazione all'autorità competente ai sensi all'articolo 75 del presente decreto.

2. Le regioni disciplinano le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle attività produttive, della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto.

3. Nell'ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinali in particolare:

a) le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574;
b) i tempi e le modalità di effettuazione della comunicazione, prevedendo procedure semplificate nonché specifici casi di esonero dall'obbligo di comunicazione per le attività di minor impatto ambientale;
c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo agronomico;
d) i criteri e le procedure di controllo, ivi comprese quelle inerenti l'imposizione di prescrizioni da parte dell'autorità competente, il divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato dell'attività di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite;
e) le sanzioni amministrative pecuniarie fermo restando quanto disposto dall'articolo 137, comma 15.

113. Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia

1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, disciplinano e attuano:

a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate;
b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione.

2. Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto.

3. Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.

4. È comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee.

114. Dighe

1. Le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, adottano apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonché delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al titolo II della parte terza del presente decreto.

2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell'acqua invasata sia del corpo ricettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da eseguire sull'impianto, sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dell'invaso durante le operazioni stesse.

3. Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate dal d.P.R. 1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose.

4. Il progetto di gestione è predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive e con quello delle politiche agricole e forestali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

5. Il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, previo parere dell’amministrazione competente alla vigilanza sulla sicurezza dell'invaso e dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89 e 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; per le dighe di cui al citato articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il progetto approvato è trasmesso al Registro italiano dighe (RID) per l'inserimento, anche in forma sintetica, come parte integrante del foglio condizioni per l'esercizio e la manutenzione di cui all'articolo 6 del d.P.R. 1° novembre 1959, n. 1363, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il potere di tali Enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.

6. Con l'approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.

7. Nella definizione dei canoni di concessione di inerti le amministrazioni determinano specifiche modalità ed importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento degli invasi per asporto meccanico.

8. I gestori degli invasi esistenti, che ancora non abbiano ottemperato agli obblighi previsti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 30 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 16 novembre 2004, sono tenuti a presentare il progetto di cui al comma 2 entro sei mesi dall'emanazione del decreto di cui al comma 4. Fino all'approvazione o alla operatività del progetto di gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del predetto decreto, le operazioni periodiche di manovre prescritte ai sensi dell'articolo 17 del d.P.R. 1° novembre 1959, n. 1363, volte a controllare la funzionalità degli organi di scarico, sono svolte in conformità ai fogli di condizione per l'esercizio e la manutenzione.

9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle dell'invaso, né il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione.

115. Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici

1. Al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità da contemperarsi con le esigenze di funzionalità dell'alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune, comunque vietando la copertura dei corsi d'acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti.

2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti all'autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica incolumità.

3. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano già comprese in aree naturali protette statali o regionali inserite nell'elenco ufficiale previsto dalla vigente normativa, la concessione è gratuita.

4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di sdemanializzazione.

116. Programmi di misure

1. Le regioni, nell'ambito delle risorse disponibili, integrano i Piani di tutela di cui all'articolo 121 con i programmi di misure costituiti dalle misure di base di cui all'Allegato 11 alla parte terza del presente decreto e, ove necessarie, dalle misure supplementari di cui al medesimo Allegato; tali programmi di misure sono sottoposti per l'approvazione all'Autorità di bacino. Qualora le misure non risultino sufficienti a garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti, l'Autorità di bacino ne individua le cause e indica alle regioni le modalità per il riesame dei programmi, invitandole ad apportare le necessarie modifiche, fermo restando il limite costituito dalle risorse disponibili. Le misure di base e supplementari devono essere comunque tali da evitare qualsiasi aumento di inquinamento delle acque marine e di quelle superficiali. I programmi sono approvati entro il 2009 ed attuati dalle regioni entro il 2012; il successivo riesame deve avvenire entro il 2015 e dev'essere aggiornato ogni sei anni.

Titolo IV - Strumenti di tutela

Capo I - Piani di gestione e piani di tutela delle acque

117. Piani di gestione e registro delle aree protette

1. Per ciascun distretto idrografico è adottato un Piano di gestione, che rappresenta articolazione interna del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo 65. Il Piano di gestione costituisce pertanto piano stralcio del Piano di bacino e viene adottato e approvato secondo le procedure stabilite per quest'ultimo dall'articolo 66. Le Autorità di bacino, ai fini della predisposizione dei Piani di gestione, devono garantire la partecipazione di tutti i soggetti istituzionali competenti nello specifico settore.

2. Il Piano di gestione è composto dagli elementi indicati nella parte A dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.

3. L'Autorità di bacino, sentite le Autorità d'ambito del servizio idrico integrato, istituisce entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente norma, sulla base delle informazioni trasmesse dalle regioni, un registro delle aree protette di cui all'Allegato 9 alla parte terza del presente decreto, designate dalle autorità competenti ai sensi della normativa vigente.

118. Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell'impatto esercitato dall'attività antropica

1. Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del Piano di tutela di cui all'articolo 121, le regioni attuano appositi programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo, nonché alla raccolta dei dati necessari all'analisi economica dell'utilizzo delle acque, secondo quanto previsto dall'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto. Le risultanze delle attività di cui sopra sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT).

2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all'Allegato 3 alla parte terza del presente decreto e di cui alle disposizioni adottate con apposito decreto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sono aggiornati entro il 22 dicembre 2013 e successivamente ogni sei anni.
(comma così modificato dall'articolo 1, comma 1, d.lgs. n. 219 del 2010)

3. Nell'espletamento dell'attività conoscitiva di cui al comma 1, le regioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni già acquisite.

119. Principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici

1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al Capo I del titolo II della parte terza del presente decreto, le Autorità competenti tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in particolare, secondo il principio "chi inquina paga".

2. Entro il 2010 le Autorità competenti provvedono ad attuare politiche dei prezzi dell'acqua idonee ad incentivare adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente ed a contribuire al raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE nonché di cui agli articoli 76 e seguenti del presente decreto, anche mediante un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque essere tenute in conto le ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei suddetti costi, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione. In particolare:

a) i canoni di concessione per le derivazioni delle acque pubbliche tengono conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa connessi all'utilizzo dell’acqua;
b) le tariffe dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, quali quelli civile, industriale e agricolo, contribuiscono adeguatamente al recupero dei costi sulla base dell'analisi economica effettuata secondo l'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto.

3. Nei Piani di tutela di cui all'articolo 121 sono riportate le fasi previste per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 necessarie al raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto.

120. Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici

1. Le regioni elaborano ed attuano programmi per la conoscenza e la verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e sotterranee all'interno di ciascun bacino idrografico.

2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto. Tali programmi devono essere integrati con quelli già esistenti per gli obiettivi a specifica destinazione stabiliti in conformità all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, nonché con quelli delle acque inserite nel registro delle aree protette. Le risultanze delle attività di cui al comma 1 sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT).

3. Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso delle informazioni raccolte e la loro compatibilità con il Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le regioni possono promuovere, nell'esercizio delle rispettive competenze, accordi di programma con l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente di cui al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, le province, le Autorità d'ambito, i consorzi di bonifica e di irrigazione e gli altri enti pubblici interessati. Nei programmi devono essere definite altresì le modalità di standardizzazione dei dati e di interscambio delle informazioni.

121. Piani di tutela delle acque

1. Il Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di settore ed è articolato secondo i contenuti elencati nel presente articolo, nonché secondo le specifiche indicate nella parte B dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.

2. Entro il 31 dicembre 2006 le Autorità di bacino, nel contesto delle attività di pianificazione o mediante appositi atti di indirizzo e coordinamento, sentite le province e le Autorità d'ambito, definiscono gli obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonché le priorità degli interventi. Entro il 31 dicembre 2007, le regioni, sentite le province e previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il Piano di tutela delle acquee lo trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nonché alle competenti Autorità di bacino, per le verifiche di competenza.

3. Il Piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.

4. Per le finalità di cui al comma 1 il Piano di tutela contiene in particolare:

a) i risultati dell'attività conoscitiva;
b) l'individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione;
c) l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento;
d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico;
e) l'indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorità;
f) il programma di verifica dell'efficacia degli interventi previsti;
g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;
g-bis)  i  dati  in  possesso delle autorità e agenzie competenti rispetto  al monitoraggio delle acque di falda delle aree interessate e   delle   acque   potabili   dei  comuni  interessati,  rilevati  e periodicamente  aggiornati  presso la rete di monitoraggio esistente, da pubblicare in modo da renderli disponibili per i cittadini;
(lettera introdotta dall'articolo 2, comma 2-ter, legge n. 210 del 2008)
h) l'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e le misure previste al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 119 concernenti il recupero dei costi dei servizi idrici;
i) le risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

5. Entro centoventi giorni dalla trasmissione del Piano di tutela le Autorità di bacino verificano la conformità del piano agli atti di pianificazione o agli atti di indirizzo e coordinamento di cui al comma 2, esprimendo parere vincolante. Il Piano di tutela è approvato dalle regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2008. Le successive revisioni e gli aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni.

122. Informazione e consultazione pubblica

1. Le regioni promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto, in particolare all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei Piani di tutela. Su richiesta motivata, le regioni autorizzano l'accesso ai documenti di riferimento e alle informazioni in base ai quali è stato elaborato il progetto del Piano di tutela. Le regioni provvedono affinché, per il territorio di competenza ricadente nel distretto idrografico di appartenenza, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni da parte del pubblico:

a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del Piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;
b) una valutazione globale provvisoria dei problemi prioritari per la gestione delle acque nell'ambito del bacino idrografico di appartenenza, almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;
c) copia del progetto del Piano di tutela, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.

2. Per garantire l'attiva partecipazione e la consultazione, le regioni concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti di cui al comma 1.

3. I commi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei Piani di tutela.

123. Trasmissione delle informazioni e delle relazioni

1. Contestualmente alla pubblicazione dei Piani di tutela le regioni trasmettono copia di detti piani e di tutti gli aggiornamenti successivi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine del successivo inoltro alla Commissione europea.

2. Le regioni trasmettono al medesimo Ministero per il successivo inoltro alla Commissione europea, anche sulla base delle informazioni dettate, in materia di modalità di trasmissione delle informazioni sullo stato di qualità dei corpi idrici e sulla classificazione delle acque, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con apposito decreto, relazioni sintetiche concernenti:

a) l'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. I successivi aggiornamenti sono trasmessi ogni sei anni a partire dal febbraio 2010;
b) i programmi di monitoraggio secondo quanto previsto all'articolo 120 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e successivamente con cadenza annuale.

3. Entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun Piano di tutela o dall'aggiornamento di cui all'articolo 121, le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione sui progressi realizzati nell'attuazione delle misure di base o supplementari di cui all'articolo 116.

Capo II - Autorizzazione agli scarichi

124. Criteri generali

1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.

2. L'autorizzazione è rilasciata al titolare dell'attività da cui origina lo scarico. Ove uno o più stabilimenti conferiscano, tramite condotta, ad un terzo soggetto, titolare dello scarico finale, le acque reflue provenienti dalle loro attività, oppure qualora tra più stabilimenti sia costituito un consorzio per l'effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attività dei consorziati, l'autorizzazione è rilasciata in capo al titolare dello scarico finale o al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilità dei singoli titolari delle attività suddette e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di violazione delle disposizioni della parte terza del presente decreto.
(comma così sostituito dall'articolo 2, comma 11, d.lgs. n. 4 del 2008)

3. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di depurazione delle acque reflue urbane, è definito dalle regioni nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 101, commi 1 e 2.

4. In deroga al comma 1, gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell'osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'Autorità d'ambito.

5. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue termali è definito dalle regioni; tali scarichi sono ammessi in reti fognarie nell'osservanza dei regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato ed in conformità all'autorizzazione rilasciata dall'Autorità di ambito.

6. Le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio.

7. Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione è presentata alla provincia ovvero all'Autorità d'ambito se lo scarico è in pubblica fognatura. L'autorità competente provvede entro novanta giorni dalla ricezione della domanda.
(comma così sostituito dall'articolo 2, comma 12, d.lgs. n. 4 del 2008)

8. Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l'autorizzazione è valida per quattro anni dal momento del rilascio. Un anno prima della scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo. Lo scarico può essere provvisoriamente mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione, fino all'adozione di un nuovo provvedimento, se la domanda di rinnovo è stata tempestivamente presentata. Per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all'articolo 108, il rinnovo deve essere concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi dalla data di scadenza; trascorso inutilmente tale termine, lo scarico dovrà cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al comma 3 può prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad autorizzazione, forme di rinnovo tacito della medesima.

9. Per gli scarichi in un corso d'acqua nel quale sia accertata una portata naturale nulla per oltre centoventi giorni annui, oppure in un corpo idrico non significativo, l'autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del corpo idrico negli altri periodi, e stabilisce prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità autodepurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee.

10. In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell'ambiente interessato, l'autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che lo scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, avvenga in conformità alle disposizioni della parte terza del presente decreto e senza che consegua alcun pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute pubblica e l'ambiente.

11. Le spese occorrenti per l'effettuazione di rilievi, accertamenti, controlli e sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande di autorizzazione allo scarico previste dalla parte terza del presente decreto sono a carico del richiedente. L'autorità competente determina, preliminarmente all'istruttoria e in via provvisoria, la somma che il richiedente è tenuto a versare, a titolo di deposito, quale condizione di procedibilità della domanda. La medesima Autorità, completata l'istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle spese sostenute sulla base di un tariffario dalla stessa approntato.

12. Per insediamenti, edifici o stabilimenti la cui attività sia trasferita in altro luogo, ovvero per quelli soggetti a diversa destinazione d'uso, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno scarico avente caratteristiche qualitativamente e/o quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente, deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico, ove quest'ultimo ne risulti soggetto. Nelle ipotesi in cui lo scarico non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere data comunicazione all'autorità competente, la quale, verificata la compatibilità dello scarico con il corpo recettore, adotta i provvedimenti che si rendano eventualmente necessari.

125. Domanda dì autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali

1. La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali deve essere corredata dall'indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico e del volume annuo di acqua da scaricare, dalla tipologia del ricettore, dalla individuazione dei punto previsto per effettuare i prelievi di controllo, dalla descrizione del sistema complessivo dello scarico ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dall'eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto, e dalla indicazione delle apparecchiature impiegate nel processo produttivo e nei sistemi di scarico nonché dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.

2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella 3/A, la domanda di cui al comma 1 deve altresì indicare:

a) la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che comporta la produzione o la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alla medesima tabella, oppure la presenza di tali sostanze nello scarico. La capacità di produzione dev'essere indicata con riferimento alla massima capacità oraria moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;
b) il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo.

126. Approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane

1. Le regioni disciplinano le modalità di approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Tale disciplina deve tenere conto dei criteri di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e della corrispondenza tra la capacità di trattamento dell'impianto e le esigenze delle aree asservite, nonché delle modalità della gestione che deve assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi. Le regioni disciplinano altresì le modalità di autorizzazione provvisoria necessaria all'avvio dell'impianto anche in caso di realizzazione per lotti funzionali.

127. Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue

1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 12-bis, d.lgs. n. 4 del 2008)

2. È vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.

Capo III - Controllo degli scarichi

128. Soggetti tenuti al controllo

1. L'autorità competente effettua il controllo degli scarichi sulla base di un programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli.

2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in pubblica fognatura il gestore del servizio idrico integrato organizza un adeguato servizio di controllo secondo le modalità previste nella convenzione di gestione.

129. Accessi ed ispezioni

1. L'autorità competente al controllo è autorizzata a effettuare le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all'accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico è tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l'accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico.

130. Inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico

1. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo V della parte terza del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.

131. Controllo degli scarichi di sostanze pericolose

Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla Tabella 5 dell'Allegato 5 parte terza del presente decreto, l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione può prescrivere, a carico del titolare dello scarico, l'installazione di strumenti di controllo in automatico, nonché le modalità di gestione degli stessi e di conservazione dei relativi risultati, che devono rimanere a disposizione dell'autorità competente al controllo per un periodo non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli.

132. Interventi sostitutivi

1. Nel caso di mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare diffida la regione a provvedere entro il termine massimo di centottanta giorni ovvero entro il minor termine imposto dalle esigenze di tutela ambientale. In caso di persistente inadempienza provvede, in via sostitutiva, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa delibera del Consiglio dei Ministri, con oneri a carico dell'Ente inadempiente.

2. Nell'esercizio dei poteri sostitutivi di cui al comma 1, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nomina un commissario "ad acta" che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico delle regioni al fine dell'organizzazione del sistema dei controlli.

Titolo V - Sanzioni

Capo I - Sanzioni amministrative

133. Sanzioni amministrative

1. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell'effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell'articolo 101, comma 2, o quelli fissati dall'autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, o dell'articolo 108, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa da 3.000 euro a 30.000 euro. Se l'inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a 20.000 euro.

2. Chiunque apra o comunque effettui scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 124, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con la sanzione amministrativa da 6.000 euro a 60.000 euro. Nell'ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione è da 600 euro a 3.000 euro.

3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1, effettui o mantenga uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione o fissate ai sensi dell'articolo 107, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro.

4. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettui l'immersione in mare dei materiali indicati all'articolo 109, comma 1, lettere a) e b), ovvero svolga l'attività di posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro.

5. Salvo che il fatto costituisca reato, fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 112, comma 2, chiunque non osservi le disposizioni di cui all'articolo 170, comma 7, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da600 euro a 6.000 euro.

6. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, non osservi il divieto di smaltimento dei fanghi previsto dall'articolo 127, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 6.000 euro a 60.000 euro.

7. Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro chiunque:

a) nell'effettuazione delle operazioni di svaso, sghiaiamento o sfangamento delle dighe, superi i limiti o non osservi le altre prescrizioni contenute nello specifico progetto di gestione dell'impianto di cui all'articolo 114, comma 2;
b) effettui le medesime operazioni prima dell'approvazione del progetto di gestione.

8. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi, oppure l'obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni di cui all'articolo 95, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 6.000 euro. Nei casi di particolare tenuità la sanzione è ridotta ad un quinto.

9. Chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 1, lettera b), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro.

134. Sanzioni in materia di aree di salvaguardia

1. L'inosservanza delle disposizioni relative alle attività e destinazioni vietate nelle aree di salvaguardia di cui all'articolo 94 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 600 euro a 6.000 euro.

135. Competenza e giurisdizione

1. In materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, con ordinanza-ingiunzione ai sensi degli articoli 18 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 133, comma 8, per le quali è competente il comune, fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità.

2. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione delle norme in materia di tutela delle acque dall'inquinamento provvede il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.); può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. Il Corpo delle capitanerie di porto, Guardia costiera, provvede alla sorveglianza e all'accertamento delle violazioni di cui alla parte terza del presente decreto quando dalle stesse possano derivare danni o situazioni di pericolo per l'ambiente marino e costiero.

3. Per i procedimenti penali pendenti alla entrata di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l'autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.

4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte terza del presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

136. Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie

1. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza del presente decreto sono versate all'entrata del bilancio regionale per essere riassegnate alle unità previsionali di base destinate alle opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.

Capo II - Sanzioni penali

137. Sanzioni penali

1. Chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da 1.500 euro a 10.000 euro.

2. Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, la pena è dell'arresto da tre mesi a tre anni.

3. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettui uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, o le altre prescrizioni dell'autorità competente a norma degli articoli 107, comma 1, e 108, comma 4, è punito con l'arresto fino a due anni.

4. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati degli stessi di cui all'articolo 131 è punito con la pena di cui al comma 3.

5. Chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, è punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l'arresto da sei mesi a tre anni e l'ammenda da 6.000 euro a 120.000 euro.
(comma così modificato dall'articolo 1 della legge n. 36 del 2010)

6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione dello scarico supera i valori-limite previsti dallo stesso comma.

7. Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 110, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'articolo 110, comma 5, si applica la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con l'ammenda da 3.000 euro a 30.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi e con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da 3.000 euro a 30.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

8. Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all'articolo 101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la pena dell'arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale.

9. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 3, è punito con le sanzioni di cui all'articolo 137, comma 1.

10. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 84, comma 4, ovvero dell'articolo 85, comma 2, è punito con l'ammenda da 1.500 euro a 15.000 euro.

11. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103 e 104 è punito con l'arresto sino a tre anni.

12. Chiunque non osservi le prescrizioni regionali assunte a norma dell'articolo 88, commi 1 e 2, dirette ad assicurare il raggiungimento o il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque designate ai sensi dell'articolo 87, oppure non ottemperi ai provvedimenti adottati dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 87, comma 3, è punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da 4.000 euro a 40.000 euro.

13. Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall'Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare e purché in presenza di preventiva autorizzazione da parte dell'autorità competente.

14. Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'articolo 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all'ordine di sospensione dell'attività impartito a norma di detto articolo, è punito con l'ammenda da euro 1.500 a euro 10.000 o con l'arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui l'utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.

138. Ulteriori provvedimenti sanzionatori per l'attività di molluschicoltura

1. Nei casi previsti dal comma 12 dell'articolo 137, il Ministro della salute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché la regione e la provincia autonoma competente, ai quali è inviata copia delle notizie di reato, possono disporre, per quanto di competenza e indipendentemente dall'esito del giudizio penale, la sospensione in via cautelare dell'attività di molluschicoltura; a seguito di sentenza di condanna o di decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale divenute definitive, possono inoltre disporre, valutata la gravità dei fatti, la chiusura degli impianti.

139. Obblighi del condannato

1. Con la sentenza di condanna per i reati previsti nella parte terza del presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato al risarcimento del danno e all'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino.

140. Circostanza attenuante

1. Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o dell'ordinanza-ingiunzione, ha riparato interamente il danno, le sanzioni penali e amministrative previste nel presente titolo sono diminuite dalla metà a due terzi.

Sezione III - Gestione delle risorse idriche

Titolo I - I principi generali e competenze

141. Ambito di applicazione

1. Oggetto delle disposizioni contenute nella presente sezione è la disciplina della gestione delle risorse idriche e del servizio idrico integrato per i profili che concernono la tutela dell'ambiente e della concorrenza e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni del servizio idrico integrato e delle relative funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane.

2. Il servizio idrico integrato è costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie. Le presenti disposizioni si applicano anche agli usi industriali delle acque gestite nell'ambito del servizio idrico integrato.

142. Competenze

1. Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali, e fatte salve le competenze dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione.

2. Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali di cui al comma 1, ed in particolare provvedono a disciplinare il governo del rispettivo territorio.

3. Gli enti locali, attraverso l'Autorità d'ambito di cui all'articolo 148, comma 1, svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, secondo le disposizioni della parte terza del presente decreto.

143. Proprietà delle infrastrutture

1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge.

2. Spetta anche all'Autorità d'ambito la tutela dei beni di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 823, secondo comma, del codice civile.

144. Tutela e uso delle risorse idriche

1. Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.

2. Le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.

3. La disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.

4. Gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualità.

5. Le acque termali, minerali e per uso geotermico sono disciplinate da norme specifiche, nel rispetto del riparto delle competenze costituzionalmente determinato.

145. Equilibrio del bilancio idrico

1. L'Autorità di bacino competente definisce ed aggiorna periodicamente il bilancio idrico diretto ad assicurare l'equilibrio fra le disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell'area di riferimento ed i fabbisogni per i diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi di cui all'articolo 144.

2. Per assicurare l'equilibrio tra risorse e fabbisogni, l'Autorità di bacino competente adotta, per quanto di competenza, le misure per la pianificazione dell'economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse.

3. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati.

146. Risparmio idrico

1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, nel rispetto dei princìpi della legislazione statale, adotta norme e misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a:

a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;
b) prevedere, nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti di trasporto e distribuzione dell'acqua sia interni che esterni, l'obbligo di utilizzo di sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte di materiale metallico;
c) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dell'utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili;
d) promuovere l'informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;
e) adottare sistemi di irrigazione ad alta efficienza accompagnati da una loro corretta gestione e dalla sostituzione, ove opportuno, delle reti di canali a pelo libero con reti in pressione;
f) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano;
g) realizzare nei nuovi insediamenti, quando economicamente e tecnicamente conveniente anche in relazione ai recapiti finali, sistemi di collettamento differenziati per le acque piovane e per le acque reflue e di prima pioggia;
h) individuare aree di ricarica delle falde ed adottare misure di protezione e gestione atte a garantire un processo di ricarica quantitativamente e qualitativamente idoneo.

2. Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con l'assetto urbanistico e territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, devono prevedere reti duali al fine di rendere possibili appropriate utilizzazioni di acque anche non potabili. Il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla previsione, nel progetto, dell'installazione di coniatori per ogni singola unità abitativa, nonché del collegamento a reti duali, ove già disponibili.

3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), adotta un regolamento per la definizione dei criteri e dei metodi in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature. Entro il mese di febbraio di ciascun anno, i soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed all'Autorità d'ambito competente i risultati delle rilevazioni eseguite con i predetti metodi.

Titolo II - Servizio idrico integrato

147. Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato

1. I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36.

2. Le regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto, in particolare, dei seguenti princìpi:

a) unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;
b) unitarietà della gestione e, comunque, superamento della frammentazione verticale delle gestioni;
(lettera così modificata dall'articolo 2, comma 13, d.lgs. n. 4 del 2008)
c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.

3. Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

148. Autorità d'ambito territoriale ottimale

1. L'Autorità d'ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma 1.

2. Le regioni e le province autonome possono disciplinare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito di cui al comma 1, cui è demandata l'organizzazione, l'affidamento e il controllo della gestione del servizio idrico integrato.

3. I bilanci preventivi e consuntivi dell'Autorità d'ambito e loro variazioni [sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo, istituito presso la sede dell'ente, e] sono trasmessi all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro quindici giorni dall'adozione delle relative delibere.
(comma dichiarato parzialmente incostituzionale da Corte costituzionale n. 246 del 2009, nella parte in cui prevede l'affissione all'albo)

4. I costi di funzionamento della struttura operativa dell'Autorità d'ambito, determinati annualmente, fanno carico agli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, in base alle quote di partecipazione di ciascuno di essi all'Autorità d'ambito.

5. Ferma restando la partecipazione obbligatoria all'Autorità d'ambito di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che gestiscano l'intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorità d'ambito competente.
(comma così sostituito dall'articolo 2, comma 14, d.lgs. n. 4 del 2008)

149. Piano d'ambito

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l'Autorità d'ambito provvede alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d'ambito. Il piano d'ambito è costituito dai seguenti atti:

a) ricognizione delle infrastrutture;
b) programma degli interventi;
c) modello gestionale ed organizzativo;
d) piano economico finanziario.

2. La ricognizione, anche sulla base di informazioni asseverate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, individua lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento.

3. Il programma degli interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonché al soddisfacimento della complessiva domanda dell'utenza. Il programma degli interventi, commisurato all'intera gestione, specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione.

4. Il piano economico finanziario, articolato nello stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto finanziario, prevede, con cadenza annuale, l'andamento dei costi dì gestione e dì investimento al netto di eventuali finanziamenti pubblici a fondo perduto. Esso è integrato dalla previsione annuale dei proventi da tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento. Il piano, così come redatto, dovrà garantire il raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.

5. Il modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura operativa mediante la quale il gestore assicura il servizio all'utenza e la realizzazione del programma degli interventi.

6. Il piano d'ambito è trasmesso entro dieci giorni dalla delibera di approvazione alla regione competente, all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti può notificare all'Autorità d'ambito, entro novanta giorni decorrenti dal ricevimento del piano, i propri rilievi od osservazioni, dettando, ove necessario, prescrizioni concernenti: il programma degli interventi, con particolare riferimento all'adeguatezza degli investimenti programmati in relazione ai livelli minimi di servizio individuati quali obiettivi della gestione; il piano finanziario, con particolare riferimento alla capacità dell'evoluzione tariffaria di garantire l'equilibrio economico finanziario della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.

150. Scelta della forma di gestione e procedure di affidamento

1. L'Autorità d'ambito, nel rispetto del piano d'ambito e del principio di unitarietà della gestione per ciascun ambito, delibera la forma di gestione [fra quelle di cui all'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.]
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 13, d.lgs. n. 4 del 2008, poi parzialmente abrogato dall'articolo 12, comma 1, del d.P.R. n. 168 del 2010)

2. L'Autorità d'ambito aggiudica la gestione del servizio idrico integrato mediante gara disciplinata dai princìpi e dalle disposizioni comunitarie, in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, (ora d.P.R. n. 168 del 2010) secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel rispetto delle competenze regionali in materia.

3. La gestione può essere altresì affidata a società partecipate esclusivamente e direttamente da comuni o altri enti locali compresi nell'ambito territoriale ottimale, qualora ricorrano obiettive ragioni tecniche od economiche, secondo la previsione del comma 5, lettera c), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (ora d.P.R. n. 168 del 2010), o a società solo parzialmente partecipate da tali enti, secondo la previsione del comma 5, lettera b), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (ora d.P.R. n. 168 del 2010), purché il socio privato sia stato scelto, prima dell'affidamento, con gara da espletarsi con le modalità di cui al comma 2.

4. I soggetti di cui al presente articolo gestiscono il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, salvo quanto previsto dall'articolo 148, comma 5.

151. Rapporti tra autorità d'ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato

1. I rapporti fra Autorità d'ambito e gestori del servizio idrico integrato sono regolati da convenzioni predisposte dall'Autorità d'ambito.

2. A tal fine, le regioni e le province autonome adottano convenzioni tipo, con relativi disciplinari, che devono prevedere in particolare:

a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio:
b) la durata dell'affidamento, non superiore comunque a trenta anni;
c) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;
d) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;
e) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dall'Autorità d'ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze;
f) l'obbligo di adottare la carta di servizio sulla base degli atti d'indirizzo vigenti;
g) l'obbligo di provvedere alla realizzazione del Programma degli interventi;
h) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio e l'obbligo di predisporre un sistema tecnico adeguato a tal fine, come previsto dall'articolo 165;
i) il dovere di prestare ogni collaborazione per l'organizzazione e l'attivazione dei sistemi di controllo integrativi che l'Autorità d'ambito ha facoltà di disporre durante tutto il periodo di affidamento;
l) l'obbligo di dare tempestiva comunicazione all'Autorità d'ambito del verificarsi di eventi che comportino o che facciano prevedere irregolarità nell'erogazione del servizio, nonché l'obbligo di assumere ogni iniziativa per l'eliminazione delle irregolarità, in conformità con le prescrizioni dell'Autorità medesima;
m) l'obbligo di restituzione, alla scadenza dell'affidamento, delle opere,
degli impianti e delle canalizzazioni del servizio idrico integrato in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;
n) l'obbligo di prestare idonee garanzie finanziarie e assicurative;
o) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile;
p) le modalità di rendicontazione delle attività del gestore.

3. Sulla base della convenzione di cui al comma 2, l'Autorità d'ambito predispone uno schema di convenzione con relativo disciplinare, da allegare ai capitolati di gara. Ove la regione o la provincia autonoma non abbiano provveduto all'adozione delle convenzioni e dei disciplinari tipo di cui al comma 2, l'Autorità predispone lo schema sulla base della normativa vigente. Le convenzioni esistenti devono essere integrate in conformità alle previsioni di cui al comma 2.

4. Nel Disciplinare allegato alla Convenzione di gestione devono essere anche definiti, sulla base del programma degli interventi, le opere e le manutenzioni straordinarie, nonché il programma temporale e finanziario di esecuzione.

5. L'affidamento del servizio è subordinato alla prestazione da parte del gestore di idonea garanzia fideiussoria. Tale garanzia deve coprire gli interventi da realizzare nei primi cinque anni di gestione e deve essere annualmente aggiornata in modo da coprire gli interventi da realizzare nel successivo quinquennio.

6. Il gestore cura l'aggiornamento dell'atto di Ricognizione entro i termini stabiliti dalla convenzione.

7. L'affidatario del servizio idrico integrato, previo consenso dell'Autorità d'ambito, può gestire altri servizi pubblici, oltre a quello idrico, ma con questo compatibili, anche se non estesi all'intero ambito territoriale ottimale.

8. Le società concessionarie del servizio idrico integrato, nonché le società miste costituite a seguito dell'individuazione del socio privato mediante gara europea affidatarie del servizio medesimo, possono emettere prestiti obbligazionari sottoscrivibili esclusivamente dagli utenti con facoltà di conversione in azioni semplici o di risparmio. Nel caso di aumento del capitale sociale, una quota non inferiore al dieci percento è offerta in sottoscrizione agli utenti del servizio.

152. Poteri di controllo e sostitutivi

1. L'Autorità d'ambito ha facoltà di accesso e verifica alle infrastrutture idriche, anche nelle fase di costruzione.

2. Nell'ipotesi di inadempienze del gestore agli obblighi che derivano dalla legge o dalla convenzione, e che compromettano la risorsa o l'ambiente ovvero che non consentano il raggiungimento dei livelli minimi di servizio, l'Autorità d'ambito interviene tempestivamente per garantire l'adempimento da parte del gestore, esercitando tutti i poteri ad essa conferiti dalle disposizioni di legge e dalla convenzione. Perdurando l'inadempienza del gestore, e ferme restando le conseguenti penalità a suo carico, nonché il potere di risoluzione e di revoca, l'Autorità d'ambito, previa diffida, può sostituirsi ad esso provvedendo a far eseguire a terzi le opere, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di appalti pubblici.

3. Qualora l'Autorità d'ambito non intervenga, o comunque ritardi il proprio intervento, la regione, previa diffida e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, esercita i necessari poteri sostitutivi, mediante nomina di un commissario "ad acta". Qualora la regione non adempia entro quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi sono esercitati, previa diffida ad adempiere nel termine di venti giorni, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, mediante nomina di un commissario "ad acta".

4. L'Autorità d'ambito con cadenza annuale comunica al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti i risultati dei controlli della gestione.

153. Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato

1. Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare.

2. Le immobilizzazioni, le attività e le passività relative al servizio idrico integrato, ivi compresi gli oneri connessi all'ammortamento dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli eventuali contributi a fondo perduto in conto capitale e/o in conto interessi, sono trasferite al soggetto gestore, che subentra nei relativi obblighi. Di Tale trasferimento si tiene conto nella determinazione della tariffa, al fine di garantire l'invarianza degli oneri per la finanza pubblica.

154. Tariffa del servizio idrico integrato

[1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo.]
(articolo abrogato dal d.P.R. 18 luglio 2011, n. 116, in seguito al referendum popolare del 12-13 giugno 2011)

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, tenuto conto della necessità di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio "chi inquina paga", definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua.

3. Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e prevedendo altresì riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale.

4. L'Autorità d'ambito, al fine della predisposizione del Piano finanziario di cui all'articolo 149, comma 1, lettera c), determina la tariffa di base, nell'osservanza delle disposizioni contenute nel decreto di cui al comma 2, comunicandola all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

5. La tariffa è applicata dai soggetti gestori, nel rispetto della Convenzione e del relativo disciplinare.

6. Nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni per altri tipi di consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonché per i consumi di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonché per le aziende artigianali, commerciali e industriali.

7. L'eventuale modulazione della tariffa tra i comuni tiene conto degli investimenti pro capite per residente effettuati dai comuni medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio idrico integrato.

155. Tariffa del servizio di fognatura e depurazione

1. Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Il gestore è tenuto a versare i relativi proventi, risultanti dalla formulazione tariffaria definita ai sensi dell'articolo 154, a un fondo vincolato intestato all'Autorità d'ambito, che lo mette a disposizione del gestore per l'attuazione degli interventi relativi alle reti di fognatura ed agli impianti di depurazione previsti dal piano d'ambito. La tariffa non è dovuta se l'utente è dotato di sistemi di collettamento e di depurazione propri, sempre che tali sistemi abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell'Autorità d'ambito.
(comma dichiarato costituzionalmente illegittimo al primo periodo, nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi, con sentenza della Corte costituzionale n. 335 del 2008)

2. In pendenza dell'affidamento della gestione dei servizi idrici locali al gestore del servizio idrico integrato, i comuni già provvisti di impianti di depurazione funzionanti, che non si trovino in condizione di dissesto, destinano i proventi derivanti dal canone di depurazione e fognatura prioritariamente alla manutenzione degli impianti medesimi.

3. Gli utenti tenuti al versamento della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal pagamento di qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo titolo ad altri enti pubblici.

4. Al fine della determinazione della quota tariffaria di cui al presente articolo, il volume dell'acqua scaricata è determinato in misura pari al cento per cento del volume di acqua fornita.

5. Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui al presente articolo è determinata sulla base della qualità e della quantità delle acque reflue scaricate e sulla base del principio "chi inquina paga". E' fatta salva la possibilità di determinare una quota tariffaria ridotta per le utenze che provvedono direttamente alla depurazione e che utilizzano la pubblica fognatura, sempre che i relativi sistemi di depurazione abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell'Autorità d'ambito.

6. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali è ridotta in funzione dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La riduzione si determina applicando alla tariffa un correttivo, che tiene conto della quantità di acqua riutilizzata e della quantità delle acque primarie impiegate.

156. Riscossione della tariffa

1. La tariffa è riscossa dal gestore del servizio idrico integrato. Qualora il servizio idrico sia gestito separatamente, per effetto di particolari convenzioni e concessioni, la relativa tariffa è riscossa dal gestore del servizio di acquedotto, il quale provvede al successivo riparto tra i diversi gestori interessati entro trenta giorni dalla riscossione.

2. Con apposita convenzione, sottoposta al controllo della regione, sono definiti i rapporti tra i diversi gestori per il riparto delle spese di riscossione.

3. La riscossione volontaria della tariffa può essere effettuata con le modalità di cui al capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, previa convenzione con l'Agenzia delle entrate. La riscossione, sia volontaria sia coattiva, della tariffa può altresì essere affidata ai soggetti iscritti all'albo previsto dall'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, a seguito di procedimento ad evidenza pubblica.
(comma così sostituito dall'art. 2, comma 10, legge n. 286 del 2006)

157. Opere di adeguamento del servizio idrico

1. Gli enti locali hanno facoltà di realizzare le opere necessarie per provvedere all'adeguamento del servizio idrico in relazione ai piani urbanistici ed a concessioni per nuovi edifici in zone già urbanizzate, previo parere di compatibilità con il piano d'ambito reso dall'Autorità d'ambito e a seguito di convenzione con il soggetto gestore del servizio medesimo, al quale le opere, una volta realizzate, sono affidate in concessione.

158. Opere e interventi per il trasferimento di acqua

1. Ai fini di pianificare l'utilizzo delle risorse idriche, laddove il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei distretti idrografici, le Autorità di bacino, sentite le regioni interessate, promuovono accordi di programma tra le regioni medesime, ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, salvaguardando in ogni caso le finalità di cui all'articolo 144 del presente decreto. A tal fine il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di propria competenza, assumono di concerto le opportune iniziative anche su richiesta di una Autorità di bacino o di una regione interessata od anche in presenza di istanza presentata da altri soggetti pubblici o da soggetti privati interessati, fissando un termine per definire gli accordi.

2. In caso di inerzia, di mancato accordo in ordine all'utilizzo delle risorse idriche, o di mancata attuazione dell'accordo stesso, provvede in via sostitutiva, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine, il Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

3. Le opere e gli impianti necessari per le finalità di cui al presente articolo sono dichiarati di interesse nazionale. La loro realizzazione e gestione, se di iniziativa pubblica, possono essere poste anche a totale carico dello Stato mediante quantificazione dell'onere e relativa copertura finanziaria, previa deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di rispettiva competenza. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esperisce le procedure per la concessione d'uso delle acque ai soggetti utilizzatori e definisce la relativa convenzione tipo; al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti compete la determinazione dei criteri e delle modalità per l'esecuzione e la gestione degli interventi, nonché l'affidamento per la realizzazione e la gestione degli impianti.

Titolo III - Vigilanza, controlli e partecipazione
(ai sensi dell'articolo 1, comma 5, del d.lgs. n. 284 del 2006, tutti i riferimenti all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti sono abrogati)

159. Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti - Vigilanza, controlli e partecipazione
(abrogato dall'articolo 1, comma 5, d.lgs. n. 284 del 2006)

160. Compiti e funzioni dell'Autorità di vigilanza
(abrogato dall'articolo 1, comma 5, d.lgs. n. 284 del 2006)

161. Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche
(articolo così sostituito dall'articolo 2, comma 15, d.lgs. n. 4 del 2008)

1. Il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche di cui al decreto legislativo 7 novembre 2006, n. 284, articolo 1, comma 5, è istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, al fine di garantire l'osservanza dei principi di cui all'articolo 141, comma 2 del presente decreto legislativo, con particolare riferimento alla regolare determinazione ed al regolare adeguamento delle tariffe, nonché alla tutela dell'interesse degli utenti.

2. Il Comitato è composto, nel rispetto del principio dell'equilibrio di genere, da sette membri, nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare. Di tali componenti, tre sono designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e quattro - di cui uno con funzioni di presidente individuato con il medesimo decreto - sono scelti tra persone particolarmente esperte in materia di tutela ed uso delle acque, sulla base di specifiche esperienze e conoscenze del settore.

3. I membri del Comitato durano in carica tre anni e non possono essere confermati. I componenti non possono essere dipendenti di soggetti di diritto privato operanti nel settore, né possono avere interessi diretti e indiretti nei medesimi; qualora siano dipendenti pubblici, essi sono collocati fuori ruolo o, se professori universitari, sono collocati in aspettativa per l'intera durata del mandato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è determinato il trattamento economico spettante ai membri del Comitato.

4. Il Comitato, nell'ambito delle attività previste all'articolo 6, comma 2, del d.P.R. 14 maggio 2007, n. 90, in particolare:

a) predispone con delibera il metodo tariffario per la determinazione della tariffa di cui all'articolo 154 e le modalità di revisione periodica, e lo trasmette al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, che lo adotta con proprio decreto sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
b) verifica la corretta redazione del piano d'ambito, esprimendo osservazioni, rilievi e prescrizioni sugli elementi tecnici ed economici e sulla necessità di modificare le clausole contrattuali e gli atti che regolano il rapporto tra le Autorità d'ambito e i gestori in particolare quando ciò sia richiesto dalle ragionevoli esigenze degli utenti;
c) predispone con delibera una o più convenzioni tipo di cui all'articolo 151, e la trasmette al Ministro per l'ambiente e per la tutela del territorio e del mare, che la adotta con proprio decreto sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
d) emana direttive per la trasparenza della contabilità delle gestioni e valuta i costi delle singole prestazioni;
e) definisce i livelli minimi di qualità dei servizi da prestare, sentite le regioni, i gestori e le associazioni dei consumatori;
f) controlla le modalità di erogazione dei servizi richiedendo informazioni e documentazioni ai gestori operanti nel settore idrico, anche al fine di individuare situazioni di criticità e di irregolarità funzionali dei servizi idrici;
g) tutela e garantisce i diritti degli utenti emanando linee guida che indichino le misure idonee al fine di assicurare la parità di trattamento degli utenti, garantire la continuità della prestazione dei servizi e verificare periodicamente la qualità e l'efficacia delle prestazioni;
h) predispone periodicamente rapporti relativi allo stato di organizzazione dei servizi al fine di consentire il confronto delle prestazioni dei gestori;
i) esprime pareri in ordine a problemi specifici attinenti la qualità dei servizi e la tutela dei consumatori, su richiesta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, delle regioni, degli enti locali, delle Autorità d'ambito, delle associazioni dei consumatori e di singoli utenti del servizio idrico integrato; per lo svolgimento delle funzioni di cui al presente comma il Comitato promuove studi e ricerche di settore;
l) predispone annualmente una relazione al parlamento sullo stato dei servizi idrici e sull'attività svolta.

5. Per l'espletamento dei propri compiti e per lo svolgimento di funzioni ispettive, il Comitato si avvale della segreteria tecnica di cui al d.P.R. 17 giugno 2003, n. 261, articolo 3, comma 1, lettera o). Esso può richiedere di avvalersi, altresì, dell'attività ispettiva e di verifica dell'Osservatorio di cui al comma 6 e di altre amministrazioni.

6. Per l'espletamento dei propri compiti il Comitato si avvale, altresì, dell'Osservatorio dei servizi idrici, di cui al d.P.R. 17 giugno 2003, n. 261, articolo 3, comma 1, lettera o). L'Osservatorio svolge funzioni di raccolta, elaborazione e restituzione di dati statistici e conoscitivi, in particolare, in materia di:

a) censimento dei soggetti gestori dei servizi idrici e relativi dati dimensionali, tecnici e finanziari di esercizio;
b) convenzioni e condizioni generali di contratto per l'esercizio dei servizi idrici;
c) modelli adottati di organizzazione, di gestione, di controllo e di programmazione dei servizi e degli impianti;
d) livelli di qualità dei servizi erogati;
e) tariffe applicate;
f) piani di investimento per l'ammodernamento degli impianti e lo sviluppo dei servizi.

6-bis Le attività della Segreteria tecnica e dell'Osservatorio dei servizi idrici sono svolte nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie già operanti presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare.

7. I soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono entro il 31 dicembre di ogni anno all'Osservatorio, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano i dati e le informazioni di cui al comma 6. L'Osservatorio ha, altresì, facoltà di acquisire direttamente le notizie relative ai servizi idrici ai fini della proposizione innanzi agli organi giurisdizionali competenti, da parte del Comitato, dell'azione avverso gli atti posti in essere in violazione del presente decreto legislativo, nonché dell'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e di risarcimento dei danni a tutela dei diritti dell'utente.

8. L'Osservatorio assicura l'accesso generalizzato, anche per via informatica, ai dati raccolti e alle elaborazioni effettuate per la tutela degli interessi degli utenti

162. Partecipazione, garanzia e informazione degli utenti

1. Il gestore del servizio idrico integrato assicura l'informazione agli utenti, promuove iniziative per la diffusione della cultura dell'acqua e garantisce l'accesso dei cittadini alle informazioni inerenti ai servizi gestiti nell'ambito territoriale ottimale di propria competenza, alle tecnologie impiegate, al funzionamento degli impianti, alla quantità e qualità delle acque fornite e trattate.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni e le province autonome, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano la pubblicità dei progetti concernenti opere idrauliche che comportano o presuppongono grandi e piccole derivazioni, opere di sbarramento o di canalizzazione, nonché la perforazione di pozzi. A tal fine, le amministrazioni competenti curano la pubblicazione delle domande di concessione, contestualmente all'avvio del procedimento, oltre che nelle forme previste dall'articolo 7 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, su almeno un quotidiano a diffusione nazionale e su un quotidiano a diffusione locale per le grandi derivazioni di acqua da fiumi transnazionali e di confine.

3. Chiunque può prendere visione presso i competenti uffici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle regioni e delle province autonome di tutti i documenti, atti, studi e progetti inerenti alle domande di concessione di cui al comma 2 del presente articolo, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di pubblicità degli atti delle amministrazioni pubbliche.

163. Gestione delle aree di salvaguardia

1. Per assicurare la tutela delle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano, il gestore del servizio idrico integrato può stipulare convenzioni con lo Stato, le regioni, gli enti locali, le associazioni e le università agrarie titolari di demani collettivi, per la gestione diretta dei demani pubblici o collettivi ricadenti nel perimetro delle predette aree, nel rispetto della protezione della natura e tenuto conto dei diritti di uso civico esercitati.

2. La quota di tariffa riferita ai costi per la gestione delle aree di salvaguardia, in caso di trasferimenti di acqua da un ambito territoriale ottimale all'altro, è versata alla comunità montana, ove costituita, o agli enti locali nel cui territorio ricadono le derivazioni; i relativi proventi sono utilizzati ai fini della tutela e del recupero delle risorse ambientali.


164. Disciplina delle acque nelle aree protette

1. Nell'ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali, l'ente gestore dell'area protetta, sentita l'Autorità di bacino, definisce le acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate.

2. Il riconoscimento e la concessione preferenziale delle acque superficiali o sorgentizie che hanno assunto natura pubblica per effetto dell'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché le concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere dell'ente gestore dell'area naturale protetta. Gli enti gestori di aree protette verificano le captazioni e le derivazioni già assentite all'interno delle aree medesime e richiedono all'autorità competente la modifica delle quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d'acqua oggetto di captazione, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

165. Controlli

1. Per assicurare la fornitura di acqua di buona qualità e per il controllo degli scarichi nei corpi ricettori, ciascun gestore di servizio idrico si dota di un adeguato servizio di controllo territoriale e di un laboratorio di analisi per i controlli di qualità delle acque alla presa, nelle reti di adduzione e di distribuzione, nei potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula apposita convenzione con altri soggetti gestori di servizi idrici. Restano ferme le competenze amministrative e le funzioni di controllo sulla qualità delle acque sugli scarichi nei corpi idrici stabilite dalla normativa vigente e quelle degli organismi tecnici preposti a tali funzioni.

2. Coloro che si approvvigionano in tutto o in parte di acqua da fonti diverse dal pubblico acquedotto sono tenuti a denunciare annualmente al soggetto gestore del servizio idrico il quantitativo prelevato nei termini e secondo le modalità previste dalla normativa per la tutela delle acque dall'inquinamento.

3. Le sanzioni previste dall'articolo 19 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, si applicano al responsabile della gestione dell'acquedotto soltanto nel caso in cui, dopo la comunicazione dell'esito delle analisi, egli non abbia tempestivamente adottato le misure idonee ad adeguare la qualità dell'acqua o a prevenire il consumo o l'erogazione di acqua non idonea.

Titolo IV - Usi produttivi delle risorse idriche

166. Usi delle acque irrigue e di bonifica

1. I consorzi di bonifica ed irrigazione, nell'ambito delle loro competenze, hanno facoltà di realizzare e gestire le reti a prevalente scopo irriguo, gli impianti per l'utilizzazione in agricoltura di acque reflue, gli acquedotti rurali e gli altri impianti funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica e, previa domanda alle competenti autorità corredata dal progetto delle opere da realizzare, hanno facoltà di utilizzare le acque fluenti nei canali e nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione delle acque siano compatibili con le successive utilizzazioni, ivi compresi la produzione di energia idroelettrica e l'approvvigionamento di imprese produttive. L'Autorità di bacino esprime entro centoventi giorni la propria determinazione. Trascorso tale termine, la domanda si intende accettata. Per tali usi i consorzi sono obbligati ai pagamento dei relativi canoni per le quantità di acqua corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le disposizioni di cui al secondo comma dell'articolo 36 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

2. I rapporti tra i consorzi di bonifica ed irrigazione ed i soggetti che praticano gli usi di cui al comma 1 sono regolati dalle disposizioni di cui al capo I del titolo VI del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368.

3. Fermo restando il rispetto della disciplina sulla qualità delle acque degli scarichi stabilita dalla parte terza del presente decreto, chiunque, non associato ai consorzi di bonifica ed irrigazione, utilizza canali consortili o acque irrigue come recapito di scarichi, anche se depurati e compatibili con l'uso irriguo, provenienti da insediamenti di qualsiasi natura, deve contribuire alle spese sostenute dal consorzio tenendo conto della portata di acqua scaricata.

4. Il contributo di cui al comma 3 è determinato dal consorzio interessato e comunicato al soggetto utilizzatore, unitamente alle modalità di versamento.

167. Usi agricoli delle acque

1. Nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell'uso agricolo ivi compresa l'attività di acquacoltura di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 102.

2. Nell'ipotesi in cui, ai sensi dell'articolo 145, comma 3, si proceda alla regolazione delle derivazioni, l'amministrazione competente, sentiti i soggetti titolari delle concessioni di derivazione, assume i relativi provvedimenti.

3. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera.

4. La raccolta di cui al comma 3 non richiede licenza o concessione di derivazione di acque; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.

5. L'utilizzazione delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93, secondo comma, del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, resta disciplinata dalla medesima disposizione, purché non comprometta l'equilibrio del bilancio idrico di cui all'articolo 145 del presente decreto.

168. Utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico

1. Tenuto conto dei principi di cui alla parte terza del presente decreto e del piano energetico nazionale, nonché degli indirizzi per gli usi plurimi delle risorse idriche, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentite le Autorità di bacino, nonché le regioni e le province autonome, disciplina, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la corrispondente riduzione del canone di concessione:

a) la produzione al fine della cessione di acqua dissalata conseguita nei cicli di produzione delle centrali elettriche costiere;
b) l'utilizzazione dell'acqua invasata a scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di emergenza idrica;
c) la difesa e la bonifica per la salvaguardia della quantità e della qualità delle acque dei serbatoi ad uso idroelettrico.

169. Piani, studi e ricerche

1. I piani, gli studi e le ricerche realizzati dalle Amministrazioni dello Stato e da enti pubblici aventi competenza nelle materie disciplinate dalla parte terza del presente decreto sono comunicati alle Autorità di bacino competenti per territorio ai fini della predisposizione dei piani ad esse affidati.

Sezione IV - Disposizioni transitorie e finali

170. Norme transitorie

1. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 65, limitatamente alle procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino, fino alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, continuano ad applicarsi le procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.

2. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365, i riferimenti in esso contenuti all'articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, devono intendersi riferiti all'articolo 66 del presente decreto; i riferimenti alla legge 18 maggio 1989, n. 183, devono intendersi riferiti alla sezione prima della parte terza del presente decreto, ove compatibili.

2-bis. Nelle more della  costituzione  dei  distretti  idrografici  di cui al Titolo II della  Parte  terza  del presente decreto e della eventuale revisione della  relativa disciplina legislativa, le Autorità di bacino di cui alla  legge  18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, fino alla data di entrata  in  vigore  del  decreto  del  Presidente  del Consiglio dei Ministri di cui al comma 2, dell'articolo 63 del presente decreto.
(comma così sostituito dall'articolo 1, comma 1, legge n. 13 del 2009)

3. Ai fini dell'applicazione della parte terza del presente decreto:

a) fino all'emanazione dei decreti di cui all'articolo 95, commi 4 e 5, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 28 luglio 2004;
b) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 99, comma 1, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 12 giugno 2003, n. 185;
c) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 104, comma 4, si applica il decreto ministeriale 28 luglio 1994;
d) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 112, comma 2, si applica il decreto ministeriale 6 luglio 2005;
e) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 114, comma 4, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 30 giugno 2004;
f) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 118, comma 2, continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 18 settembre 2002 e il decreto ministeriale 19 agosto 2003;
g) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 123, comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 19 agosto 2003;
h) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 146, comma 3, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n. 99;
i) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 150, comma 2, all’affidamento della concessione di gestione del servizio idrico integrato nonché all'affidamento a società miste continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 22 novembre 2001, nonché le circolari del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 6 dicembre 2004;
l) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 154, comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 1° agosto 1996.

4. La parte terza del presente decreto contiene le norme di recepimento delle seguenti direttive comunitarie:

a) direttiva 75/440/CEE relativa alla qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b) direttiva 76/464/CEE concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico;
c) direttiva 78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d) direttiva 79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura;
f) direttiva 80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;
g) direttiva 82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;
h) direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio;
i) direttiva 84/156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;
l) direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano;
m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dell'Allegato 11 della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 dell'Allegato della direttiva 76/464/CEE;
n) direttiva 90/415/CEE relativa alla modifica della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 della direttiva 76/464/CEE;
o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;
p) direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;
q) direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda alcuni requisiti dell'Allegato 1;
r) direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.

5. Le regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate ai sensi dell'articolo 101, comma 2, contenute nella legislazione regionale attuativa della parte terza del presente decreto e nei piani di tutela di cui all'articolo 121.

6. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128, e dai decreti legislativi di attuazione della direttiva 96/92/CE.

7. Fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 112, le attività di utilizzazione agronomica sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

8. Dall'attuazione della parte terza del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico della finanza pubblica.

9. Una quota non inferiore al dieci per cento e non superiore al quindici per cento degli stanziamenti previsti da disposizioni statali di finanziamento è riservata alle attività di monitoraggio e studio destinati all'attuazione della parte terza del presente decreto.

10. Restano ferme le disposizioni in materia di difesa del mare.

11. Fino all'emanazione di corrispondenti atti adottati in attuazione della parte terza del presente decreto, restano validi ed efficaci i provvedimenti e gli atti emanati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate dall'articolo 175.

12. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche si provvede mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 22, comma 6, della legge 5 gennaio 1994, n. 36.

13. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Sezione per la vigilanza sui rifiuti, pari ad 1.250.000 euro, aggiornato annualmente in relazione al tasso d'inflazione, provvede il Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224 con un contributo di pari importo a carico dei consorziati. Dette somme sono versate dal Consorzio nazionale imballaggi all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

14. In sede di prima applicazione, il termine di centottanta giorni di cui all'articolo 112, comma 2, decorre dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

171. Canoni per le utenze di acqua pubblica

1. Delle more del trasferimento alla regione Sicilia del demanio idrico, per le grandi derivazioni in corso di sanatoria di cui all'articolo 96, comma 6, ricadenti nel territorio di tale regione, si applicano retroattivamente, a decorrere dal 1 gennaio 2002, i seguenti canoni annui:

a) per ogni modulo di acqua assentito ad uso irrigazione, 40.000 euro, ridotte alla metà se le colature ed i residui di acqua sono restituiti anche in falda;
b) per ogni ettaro del comprensorio irriguo assentito, con derivazione non suscettibile di essere fatta a bocca tassata, 0,40 euro;
c) per ogni modulo di acqua assentito per il consumo umano, 1.750,00 euro, minimo 300,00 euro;
d) per ogni modulo di acqua assentito ad uso industriale, 12.600,00 euro, minimo 1.750,00 euro. II canone è ridotto del cinquanta per cento se il concessionario attua un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, se restituisce le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. Le disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 12 del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 1651, non si applicano per l'uso industriale;
e) per ogni modulo di acqua assentito per la piscicoltura, l'irrigazione di attrezzature sportive e di aree destinate a verde pubblico, 300,00 euro, minimo 100,00 euro;
f) per ogni kilowatt di potenza nominale assentita, per le concessioni di derivazione ad uso idroelettrico 12,00 euro, minimo 100,00 euro;
g) per ogni modulo dì acqua assentita ad uso igienico ed assimilati, concernente l'utilizzo dell'acqua per servizi igienici e servizi antincendio, ivi compreso quello relativo ad impianti sportivi, industrie e strutture varie qualora la concessione riguardi solo tale utilizzo, per impianti di autolavaggio e lavaggio strade e comunque per tutti gli usi non previsti dalle lettere da a) ad f), 900,00 euro.

2. Gli importi dei canoni di cui al comma 1 non possono essere inferiori a 250,00 euro per derivazioni per il consumo umano e a 1.500,00 euro per derivazioni per uso industriale.

172. Gestioni esistenti

1. Le Autorità d'ambito che alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto abbiano già provveduto alla redazione del piano d'ambito, senza aver scelto la forma di gestione ed avviato la procedure di affidamento, sono tenute, nei sei mesi decorrenti da tale data, a deliberare i predetti provvedimenti.

2. In relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (ora d.P.R. n. 168 del 2010), l'Autorità d'ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto della parte terza del presente decreto, entro i sessanta giorni antecedenti tale scadenza.

3. Qualora l'Autorità d'ambito non provveda agli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 nei termini ivi stabiliti, la regione, entro trenta giorni, esercita, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario "ad acta", le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente, che avvia entro trenta giorni le procedure di affidamento, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali. Qualora il commissario regionale non provveda nei termini così stabiliti, spettano al Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i poteri sostitutivi preordinati al completamento della procedura di affidamento.

4. Qualora gli enti locali non aderiscano alle Autorità d'ambito ai sensi dell'articolo 148 entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, la regione esercita, previa diffida all'ente locale ad adempiere entro il termine di trenta giorni e dandone comunicazione all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario "ad acta", le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente.

5. Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle gestioni in essere ai sensi del comma 2, i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previsti dalla convenzione.

6. Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale di cui all'articolo 50 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, da altri consorzi o enti pubblici, nel rispetto dell'unità di gestione, entro il 31 dicembre 2006 sono trasferiti in concessione d'uso al gestore del servizio idrico integrato dell'Ambito territoriale ottimale nel quale ricadono in tutto o per la maggior parte i territori serviti, secondo un piano adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni, le province e gli enti interessati.

173. Personale

1. Fatta salva la legislazione regionale adottata ai sensi dell'articolo 12, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi idrici sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio idrico integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio idrico integrato, si applica, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile.

174. Disposizioni di attuazione e di esecuzione

1. Sino all'adozione da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di nuove disposizioni attuative della sezione terza della parte terza del presente decreto, si applica il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14 marzo 1994.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, nell'ambito di apposite intese istituzionali, predispone uno specifico programma per il raggiungimento, senza ulteriori oneri a carico del Ministero, dei livelli di depurazione, così come definiti dalla direttiva 91/271/CEE, attivando i poteri sostitutivi di cui all'articolo 152 negli ambiti territoriali ottimali in cui vi siano agglomerati a carico dei quali pendono procedure di infrazione per violazione della citata direttiva.

175. Abrogazione di norme

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono o restano abrogate le norme contrarie o incompatibili con il medesimo, ed in particolare:

a) l'articolo 42, comma terzo, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dall'articolo 8 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;
b) la legge 10 maggio 1976, n. 319;
c) la legge 8 ottobre 1976, n. 690, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;
d) la legge 24 dicembre 1979, n. 650;
e) la legge 5 marzo 1982, n. 62, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;
f) il d.P.R. 3 luglio 1982, n. 515;
g) la legge 25 luglio 1984, n. 381, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176;
h) gli articoli 5, 6 e 7 della legge 24 gennaio 1986, n. 7, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667;
i) gli articoli 4, 5, 6 e 7 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236;
l) la legge 18 maggio 1989, n. 183;
m) gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n. 71, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 1990, n. 16;
n) l'articolo 32 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;
o) il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 130;
p) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 131;
q) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132;
r) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 133;
s) l'articolo 12 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;
t) l'articolo 2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 408;
u) la legge 5 gennaio 1994, n. 36, ad esclusione dell'articolo 22, comma 6;
v) l'articolo 9-bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 552;
z) la legge 17 maggio 1995, n. 172, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79;
aa) l'articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;
bb) il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, così come modificato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258;
cc) l'articolo 1-bis del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 ottobre 2000, n. 365.

176. Norma finale

1. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto che concernono materie di legislazione concorrente costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione.

2. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.

3. Per le acque appartenenti al demanio idrico delle province autonome di Trento e di Bolzano restano ferme le competenze in materia di utilizzazione delle acque pubbliche ed in materia di opere idrauliche previste dallo statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione.

Parte quarta - Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati

Titolo I - Gestione dei rifiuti

Capo I - Disposizioni generali

177. Campo di applicazione
(articolo così sostituito dall'articolo 1 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, anche in attuazione delle direttive comunitarie, in particolare della direttiva 2008/98/CE, prevedendo misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana, prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell’uso delle risorse e migliorandone l’efficacia.

2. La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse.

3. Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte quarta del presente decreto adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti.

4. I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:

a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;

b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;

c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.

5. Per conseguire le finalità e gli obiettivi di cui ai commi da 1 a 4, lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali esercitano i poteri e le funzioni di rispettiva competenza in materia di gestione dei rifiuti in conformità alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto,adottando ogni opportuna azione ed avvalendosi, ove opportuno, mediante accordi, contratti di  programma o protocolli d'intesa anche sperimentali, di soggetti pubblici o privati.

6. I soggetti di cui al comma 5 costituiscono, altresì, un sistema compiuto e sinergico che armonizza, in un contesto unitario, relativamente agli obiettivi da perseguire, la redazione delle norme tecniche, i sistemi di accreditamento e i sistemi di certificazione attinenti direttamente o indirettamente le materie ambientali, con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti, secondo i criteri e con le modalità di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), e nel rispetto delle procedure di informazione nel settore delle norme e delle regolazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, previste dalle direttive comunitarie e relative norme di attuazione, con particolare riferimento alla legge 21 giugno 1986, n. 317.

7. Le regioni e le province autonome adeguano i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema contenute nella parte quarta del presente decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

8. Ai fini dell'attuazione dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può avvalersi del supporto tecnico dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

178. Principi
(articolo così sostituito dall'articolo 2 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonché del principio chi inquina paga. A tale fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali.

178-bis. Responsabilità estesa del produttore
(articolo introdotto dall'articolo 3 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. Al fine di rafforzare la prevenzione e facilitare l’utilizzo efficiente delle risorse durante l’intero ciclo di vita, comprese le fasi di riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti, evitando di compromettere la libera circolazione delle merci sul mercato, possono essere adottati, previa consultazione delle parti interessate, con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare aventi natura regolamentare, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le modalità e i criteri di introduzione della responsabilità estesa del produttore del prodotto, inteso come qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti, nell’organizzazione del sistema di gestione dei rifiuti, e nell’accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo il loro utilizzo. Ai medesimi fini possono essere adottati con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, le modalità e i criteri:

a) di gestione dei rifiuti e della relativa responsabilità finanziaria dei produttori del prodotto. I decreti della presente lettera sono adottati di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze;

b) di pubblicizzazione delle informazioni relative alla misura in cui il prodotto è riutilizzabile e riciclabile;

c) della progettazione dei prodotti volta a ridurre i loro impatti ambientali;

d) di progettazione dei prodotti volta a diminuire o eliminare i rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti, assicurando che il recupero e lo smaltimento dei prodotti che sono diventati rifiuti avvengano in conformità ai criteri di cui agli articoli 177 e 179;

e) volti a favorire e incoraggiare lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti adatti all’uso multiplo, tecnicamente durevoli, e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti ad un recupero adeguato e sicuro e a uno smaltimento compatibile con l’ambiente.

2. La responsabilità estesa del produttore del prodotto è applicabile fatta salva la responsabilità della gestione dei rifiuti di cui all’articolo 188, comma 1, e fatta salva la legislazione esistente concernente flussi di rifiuti e prodotti specifici.

3. I decreti di cui al comma 1 possono prevedere altresì che i costi della gestione dei rifiuti siano sostenuti parzialmente o interamente dal produttore del prodotto causa dei rifiuti. Nel caso il produttore del prodotto partecipi parzialmente, il distributore del prodotto concorre per la differenza fino all’intera copertura di tali costi.

4. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

179. Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti
(articolo così sostituito dall'articolo 4 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia:

a) prevenzione;

b) preparazione per il riutilizzo;

c) riciclaggio;

d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;

e) smaltimento.

2. La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia di cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto degli articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica.

3. Con riferimento a singoli flussi di rifiuti è consentito discostarsi, in via eccezionale, dall’ordine di priorità di cui al comma 1 qualora ciò sia giustificato, nel rispetto del principio di precauzione e sostenibilità, in base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi compresi la fattibilità tecnica e la protezione delle risorse.

4. Con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, possono essere individuate, con riferimento a singoli flussi di rifiuti specifici, le opzioni che garantiscono, in conformità a quanto stabilito dai commi da 1 a 3, il miglior risultato in termini di protezione della salute umana e dell’ambiente.

5. Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell'esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti di cui al comma 1 in particolare mediante:

a) la promozione dello sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali;

b) la promozione della messa a punto tecnica e dell'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento;

c) la promozione dello sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero;

d) la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti e di sostanze e oggetti prodotti, anche solo in parte, con materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;

e) l'impiego dei rifiuti per la produzione di combustibili e il successivo utilizzo e, più in generale, l'impiego dei rifiuti come altro mezzo per produrre energia.

6. Nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di materia sono adottate con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia.

7. Le pubbliche amministrazioni promuovono l’analisi del ciclo di vita dei prodotti sulla base di metodologie uniformi per tutte le tipologie di prodotti stabilite mediante linee guida dall’ISPRA, eco-bilanci, la divulgazione di informazioni anche ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, l’uso di strumenti economici, di criteri in materia di procedure di evidenza pubblica, e di altre misure necessarie.

8. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

180. Prevenzione della produzione di rifiuti

1. Al fine di promuovere in via prioritaria la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, le iniziative di cui all'articolo 179 riguardano in particolare:

a) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di certificazione ambientale, utilizzo delle migliori tecniche disponibili, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, l'uso di sistemi di qualità, nonché lo sviluppo del sistema di marchio ecologico ai fini della corretta valutazione dell'impatto di uno specifico prodotto sull'ambiente durante l'intero ciclo di vita del prodotto medesimo;
(lettera così modificata dall'articolo 5 del d.lgs. n. 205 del 2010)
b) la previsione di clausole di bandi di gara o lettere d’invito che valorizzino le capacità e le competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti;
(lettera così modificata dall'articolo 5 del d.lgs. n. 205 del 2010)
c) la promozione di accordi e contratti di programma o protocolli d'intesa anche sperimentali finalizzati, alla prevenzione ed alla riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti;
(lettera così modificata dall'articolo 5 del d.lgs. n. 205 del 2010)
d)
(lettera abrogata dall'articolo 5 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1-bis. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta entro il 12 dicembre 2013, a norma degli articoli 177, 178, 178-bis e 179, un programma nazionale di prevenzione dei rifiuti ed elabora indicazioni affinché tale programma sia integrato nei piani di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 199. In caso di integrazione nel piano di gestione, sono chiaramente identificate le misure di prevenzione dei rifiuti.

1-ter. I programmi di cui al comma 1-bis fissano gli obiettivi di prevenzione. Il Ministero descrive le misure di prevenzione esistenti e valuta l'utilità degli esempi di misure di cui all'allegato L o di altre misure adeguate.

1-quater. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare individua gli appropriati specifici parametri qualitativi o quantitativi per le misure di prevenzione dei rifiuti, adottate per monitorare e valutare i progressi realizzati nell'attuazione delle misure di prevenzione e può stabilire specifici traguardi e indicatori qualitativi o quantitativi.

1-quinquies. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare assicura la disponibilità di informazioni sulle migliori pratiche in materia di prevenzione dei rifiuti e, se del caso, elabora linee guida per assistere le regioni nella preparazione dei programmi di cui all’articolo 199, comma 3, lett. r).

1-sexies. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
(commi da 1-bis a 1-sexies aggiunti dall'articolo 5 del d.lgs. n. 205 del 2010)

180-bis. Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti
(articolo introdotto dall'articolo 6 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. Le pubbliche amministrazioni promuovono, nell’esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti. Tali iniziative possono consistere anche in:

a) uso di strumenti economici;

b) misure logistiche, come la costituzione ed il sostegno di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo;

c) adozione, nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, di idonei criteri, ai sensi dell’articolo 83, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e previsione delle condizioni di cui agli articoli 68, comma 3, lettera b), e 69 del medesimo decreto; a tale fine il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione i decreti attuativi di cui all’articolo 2 del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 11 aprile 2008, pubblicato nella G.U. n. 107 dell'8 maggio 2008;

d) definizione di obiettivi quantitativi;

e) misure educative;

f) promozione di accordi di programma.

2. Con uno o più decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate le ulteriori misure necessarie per promuovere il riutilizzo dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo, anche attraverso l’introduzione della responsabilità estesa del produttore del prodotto. Con uno o più decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalità operative per la costituzione e il sostegno di centri e reti accreditati di cui al comma 1, lett. b), ivi compresa la definizione di procedure autorizzative semplificate. e di un catalogo esemplificativo di prodotti e rifiuti di prodotti che possono essere sottoposti, rispettivamente, a riutilizzo o a preparazione per il riutilizzo.

3. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

181. Riciclaggio e recupero dei rifiuti
(articolo così sostituito dall'articolo 7 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. Al fine di promuovere il riciclaggio di alta qualità e di soddisfare i necessari criteri qualitativi per i diversi settori del riciclaggio, sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni stabiliscono i criteri con i quali i comuni provvedono a realizzare la raccolta differenziata in conformità a quanto previsto dall’articolo 205. Le autorità competenti realizzano, altresì, entro il 2015 la raccolta differenziata almeno per la carta, metalli, plastica e vetro, e ove possibile, per il legno, nonché adottano le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:

a) entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono simili a quelli domestici, sarà aumentata complessivamente almeno al 50% in termini di peso;
b) entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di colmatazione che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell’elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70 per cento in termini di peso.

2. Fino alla definizione, da parte della Commissione europea, delle modalità di attuazione e calcolo degli obiettivi di cui al comma 1, il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare può adottare decreti che determinino tali modalità.

3. Con uno o più decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate misure per promuovere il recupero dei rifiuti in conformità ai criteri di priorità di cui all’articolo 179 e alle modalità di cui all’articolo 177, comma 4. nonché misure intese a promuovere il riciclaggio di alta qualità, privilegiando la raccolta differenziata, eventualmente anche monomateriale, dei rifiuti.

4. Per facilitare o migliorare il recupero, i rifiuti sono raccolti separatamente, laddove ciò sia realizzabile dal punto di vista tecnico, economico e ambientale, e non sono miscelati con altri rifiuti o altri materiali aventi proprietà diverse.

5. Per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell’Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell’articolo 212, comma 5, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero.

6. Al fine di favorire l’educazione ambientale e contribuire alla raccolta differenziata dei rifiuti, i sistemi di raccolta differenziata di carta e plastica negli istituti scolastici sono esentati dall’obbligo di autorizzazione in quanto presentano rischi non elevati e non sono gestiti su base professionale.

7. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

181-bis. Materie, sostanze e prodotti secondari
(articolo abrogato dall'articolo 39, comma 3, d.lgs. n. 205 del 2010)

182. Smaltimento dei rifiuti

1. Lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all'articolo 181. A tal fine, la predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché vi si possa accedere a condizioni ragionevoli.

2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero e prevedendo, ove possibile, la priorità per quei rifiuti non recuperabili generati nell’ambito di attività di riciclaggio o di recupero.
(comma così modificato dall'articolo 8 del d.lgs. n. 205 del 2010)

3. È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.
(comma così sostituito dall'articolo 8 del d.lgs. n. 205 del 2010)

4. Nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato livello di recupero energetico.
(comma così sostituito dall'articolo 8 del d.lgs. n. 205 del 2010)

5. Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE.
(comma così sostituito dall'articolo 8 del d.lgs. n. 205 del 2010)

6. Lo smaltimento dei rifiuti in fognatura è disciplinato dall'articolo 107, comma 3.
(comma prima abrogato dall'articolo 2, comma 19, d.lgs. n. 4 del 2008, poi ripristinato per effetto della sostituzione del predetto comma 19 ad opera dell'articolo 9, comma 3, legge n. 210 del 2008)

7. (comma abrogato dall'articolo 8 del d.lgs. n. 205 del 2010)

8. (comma abrogato dall'articolo 2, comma 19, d.lgs. n. 4 del 2008, poi dall'articolo 9, comma 3, legge n. 210 del 2008)

182-bis. Principi di autosufficienza e prossimità
(articolo introdotto dall'articolo 9 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:

a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;

b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;

c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.

2. Sulla base di una motivata richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può essere limitato l’ingresso nel territorio nazionale di rifiuti destinati ad inceneritori classificati come impianti di recupero, qualora sia accertato che l’ingresso di tali rifiuti avrebbe come conseguenza  a necessità di smaltire i rifiuti nazionali o di trattare i rifiuti in modo non coerente con i piani di gestione dei rifiuti. Può essere altresì limitato, con le modalità di cui al periodo precedente, l’invio di rifiuti negli altri Stati membri per motivi ambientali, come stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006.

3. I provvedimenti di cui al comma 2 sono notificati alla Commissione europea.

182-ter. Rifiuti organici
(articolo introdotto dall'articolo 9 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. La raccolta separata dei rifiuti organici deve essere effettuata con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002.

2. Ai fini di quanto previsto dal comma 1, le regioni e le province autonome, i comuni e gli ATO, ciascuno per le proprie competenze e nell’ambito delle risorse disponibili allo scopo a legislazione vigente, adottano entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto misure volte a incoraggiare:

a) la raccolta separata dei rifiuti organici;

b) il trattamento dei rifiuti organici in modo da realizzare un livello elevato di protezione ambientale;

c) l’utilizzo di materiali sicuri per l’ambiente ottenuti dai rifiuti organici, ciò al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente.

183. Definizioni
(articolo così sostituito dall'articolo 10 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:

a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi;

b) “rifiuto pericoloso”: rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del presente decreto;

c) “oli usati”: qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all’uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli usati per turbine e comandi idraulici;

d) "rifiuto organico" rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall’industria alimentare raccolti in modo differenziato;

e) “autocompostaggio”: compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche, ai fini dell’utilizzo in sito del materiale prodotto;

f) “produttore di rifiuti”: il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti;

g): “produttore del prodotto“: qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti;

h) “detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso;

i) "commerciante": qualsiasi impresa che agisce in qualità di committente, al fine di acquistare e successivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti che non prendono materialmente possesso dei rifiuti;

l) "intermediario" qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti;

m) “prevenzione”: misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventi rifiuto che riducono:

1) la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l'estensione del loro ciclo di vita;
2) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull'ambiente e la salute umana;
3) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti;

n) “gestione”: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi il controllo di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario;

o) “raccolta”: il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla lettera “mm, ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento;

p) “raccolta differenziata”: la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo ed alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico;

q) “preparazione per il riutilizzo": le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;

r) “riutilizzo”: qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;

s) "trattamento": operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento;

t) “recupero”: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all'interno dell'impianto o nell'economia in generale. L'allegato C della parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero.;

u) “riciclaggio”: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento;

v) “rigenerazione degli oli usati” qualsiasi operazione di riciclaggio che permetta di produrre oli di base mediante una raffinazione degli oli usati, che comporti in particolare la separazione dei contaminanti, dei prodotti di ossidazione e degli additivi contenuti in tali oli;

z) “smaltimento”: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’Allegato B alla parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento;

aa) “stoccaggio”: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell'allegato C alla medesima parte quarta;

bb) “deposito temporaneo”: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni:

1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;

2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose;

5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo;

cc) “combustibile solido secondario (CSS)”: il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale;

dd) “rifiuto biostabilizzato”: rifiuto ottenuto dal trattamento biologico aerobico o anaerobico dei rifiuti indifferenziati, nel rispetto di apposite norme tecniche, da adottarsi a cura dello Stato, finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità;

ee) “compost di qualità”: prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall'allegato 2 del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e successive modificazioni;

ff) “digestato di qualità”: prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

gg) “emissioni”: le emissioni in atmosfera di cui all'articolo 268, comma 1, lettera b);

hh) “scarichi idrici”: le immissioni di acque reflue di cui all'articolo 74, comma 1, lettera ff);

ii) “inquinamento atmosferico”: ogni modifica atmosferica di cui all'articolo 268, comma 1, lettera a);

ll) “gestione integrata dei rifiuti”: il complesso delle attività, ivi compresa quella di spazzamento delle strade come definita alla lettera oo), volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti;

mm) “centro di raccolta”: area presidiata ed allestita, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l'attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata , di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

nn) "migliori tecniche disponibili": le migliori tecniche disponibili quali definite all’articolo 5, comma 1, lett. l-ter) del presente decreto;

oo) spazzamento delle strade: modalità di raccolta dei rifiuti mediante operazione di pulizia delle strade, aree pubbliche e aree private ad uso pubblico escluse le operazioni di sgombero della neve dalla sede stradale e sue pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro fruibilità e la sicurezza del transito ;

pp) “circuito organizzato di raccolta”: sistema di raccolta di specifiche tipologie di rifiuti organizzato dai Consorzi di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto e alla normativa settoriale, o organizzato sulla base di un accordo di programma stipulato tra la pubblica amministrazione ed associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale, o loro articolazioni territoriali, oppure sulla base di una convenzione-quadro stipulata tra le medesime associazioni ed i responsabili della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, dalla quale risulti la destinazione definitiva dei rifiuti. All’accordo di programma o alla convenzione-quadro deve seguire la stipula di un contratto di servizio tra il singolo produttore ed il gestore della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, in attuazione del predetto accordo o della predetta convenzione;

qq) “sottoprodotto”: qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’articolo 184-bis, comma 2.

184. Classificazione

1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.

2. Sono rifiuti urbani:

a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;
b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 198, comma 2, lettera g);
c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;
d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;
e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;
f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), e) ed e).

3. Sono rifiuti speciali:

a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2135 c.c.;
(lettera così modificata dall'articolo 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)
b) b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis;
(lettera così sostituita dall'articolo 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)
c) i rifiuti da lavorazioni industriali;
(lettera così modificata dall'articolo 2, comma 21-bis, d.lgs. n. 4 del 2008)
d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;
e) i rifiuti da attività commerciali;
f) i rifiuti da attività di servizio;
g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;
h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;
i) (lettera abrogata dall'articolo 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)
l) (lettera abrogata dall'articolo 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)
m) (lettera abrogata dall'articolo 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)
n) (lettera abrogata dall'articolo 2, comma 21-bis, d.lgs. n. 4 del 2008)

4. Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del presente decreto.
(comma così sostituito dall'articolo 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)

5. L’elenco dei rifiuti di cui all’allegato D alla parte quarta del presente decreto include i rifiuti pericolosi e tiene conto dell’origine e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose. Esso è vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi. L’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi, ferma restando la definizione di cui all’articolo 183. Con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dalla presente disposizione, possono essere emanate specifiche linee guida per agevolare l’applicazione della classificazione dei rifiuti introdotta agli allegati D e I.
(comma così sostituito dall'articolo 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)

5-bis. I sistemi d'arma, i mezzi, i materiali e le infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare ed alla sicurezza nazionale individuati con decreto del Ministro della difesa, nonché la gestione dei materiali e dei rifiuti e la bonifica dei siti ove vengono immagazzinati i citati materiali, sono disciplinati dalla parte quarta del presente decreto con procedure speciali da definirsi con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare ed il Ministro della salute, da adottarsi entro il 31 dicembre 2008. I magazzini, i depositi e i siti di stoccaggio nei quali vengono custoditi i medesimi materiali e rifiuti sono soggetti alle autorizzazioni ed ai nulla osta previsti dal medesimo decreto interministeriale.
(comma introdotto dall'articolo 2, comma 21, d.lgs. n. 4 del 2008)

5-ter. La declassificazione da rifiuto pericoloso a rifiuto non pericoloso non può essere ottenuta attraverso una diluizione o una miscelazione del rifiuto che comporti una riduzione delle concentrazioni iniziali di sostanze pericolose sotto le soglie che definiscono il carattere pericoloso del rifiuto.
(comma introdotto dall'articolo 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)

5-quater. L’obbligo di etichettatura dei rifiuti pericolosi di cui all’articolo 193 e l’obbligo di tenuta dei registri di cui all’art. 190 non si applicano alle frazioni separate di rifiuti pericolosi prodotti da nuclei domestici fino a che siano accettate per la raccolta, lo smaltimento o il recupero da un ente o un’impresa che abbiano ottenuto l’autorizzazione o siano registrate in conformità agli articoli 208, 212, 214 e 216.
(comma introdotto dall'articolo 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)

184-bis. Sottoprodotto
(articolo introdotto dall'articolo 12 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;

b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria.

184-ter. Cessazione della qualifica di rifiuto
(articolo introdotto dall'articolo 12 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici;

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

2. L’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto.

3. Nelle more dell’adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le

disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l’art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210. La circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione.

4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo è da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo 120 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti.

5. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.

185. Esclusioni dall’ambito di applicazione
(articolo così sostituito dall'articolo 13 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto:

a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell'atmosfera;

b) il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli artt. 239 e ss. relativamente alla bonifica di siti contaminati;

c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato;

d) i rifiuti radioattivi;

e) i materiali esplosivi in disuso;

f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana.

2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento:

a) le acque di scarico;

b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio;

c) le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002;

d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117;

3. Fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche, sono esclusi dall’ambito di applicazione della Parte Quarta del presente decreto i sedimenti spostati all’interno di acque superficiali ai fini della gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli se è provato che i sedimenti non sono pericolosi ai sensi della decisione 2000/532/CE della Commissione del 3 maggio 2000, e successive modificazioni.

4. Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter.”.

186. Terre e rocce da scavo
(articolo così sostituito dall'articolo 2, comma 23, d.lgs. n. 4 del 2008)

1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 185, Le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purché:
(alinea così modificato dall'articolo 20, comma 10-sexies, legge n. 2 del 2009)

a) siano impiegate direttamente nell'ambito di opere o interventi preventivamente individuati e definiti;
b) sin dalla fase della produzione vi sia certezza dell'integrale utilizzo;
c) l'utilizzo integrale della parte destinata a riutilizzo sia tecnicamente possibile senza necessità di preventivo trattamento o di trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e, più in generale, ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinariamente consentiti ed autorizzati per il sito dove sono destinate ad essere utilizzate;
d) sia garantito un elevato livello di tutela ambientale;
e) sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;
f) le loro caratteristiche chimiche e chimico-fisiche siano tali che il loro impiego nel sito prescelto non determini rischi per la salute e per la qualità delle matrici ambientali interessate ed avvenga nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette. In particolare deve essere dimostrato che il materiale da utilizzare non è contaminato con riferimento alla destinazione d'uso del medesimo, nonché la compatibilità di detto materiale con il sito di destinazione;
g) la certezza del loro integrale utilizzo sia dimostrata. L'impiego di terre da scavo nei processi industriali come sottoprodotti, in sostituzione dei materiali di cava, è consentito nel rispetto delle condizioni fissate all'articolo 183, comma 1, lettera p).

2. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività sottoposte a valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione ambientale integrata, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare di norma un anno, devono risultare da un apposito progetto che è approvato dall'autorità titolare del relativo procedimento. Nel caso in cui progetti prevedano il riutilizzo delle terre e rocce da scavo nel medesimo progetto, i tempi dell'eventuale deposito possono essere quelli della realizzazione del progetto purché in ogni caso non superino i tre anni.

3. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività diverse da quelle di cui al comma 2 e soggette a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono essere dimostrati e verificati nell'ambito della procedura per il permesso di costruire, se dovuto, o secondo le modalità della dichiarazione di inizio di attività (DIA).

4. Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nel corso di lavori pubblici non soggetti né a VIA né a permesso di costruire o denuncia di inizio di attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono risultare da idoneo allegato al progetto dell'opera, sottoscritto dal progettista.

5. Le terre e rocce da scavo, qualora non utilizzate nel rispetto delle condizioni di cui al presente articolo, sono sottoposte alle disposizioni in materia di rifiuti di cui alla parte quarta del presente decreto.

6. La caratterizzazione dei siti contaminati e di quelli sottoposti ad interventi di bonifica viene effettuata secondo le modalità previste dal Titolo V, Parte quarta del presente decreto. L'accertamento che le terre e rocce da scavo di cui al presente decreto non provengano da tali siti è svolto a cura e spese del produttore e accertato dalle autorità competenti nell'ambito delle procedure previste dai commi 2, 3 e 4.

7. Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, per i progetti di utilizzo già autorizzati e in corso di realizzazione prima dell'entrata in vigore della presente disposizione, gli interessati possono procedere al loro completamento, comunicando, entro novanta giorni, alle autorità competenti, il rispetto dei requisiti prescritti, nonché le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, nonché sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo che non possono essere superiori ad un anno. L'autorità competente può disporre indicazioni o prescrizioni entro i successivi sessanta giorni senza che ciò comporti necessità di ripetere procedure di VIA, o di AIA o di permesso di costruire o di DIA.
(comma introdotto dall'articolo 8-ter della legge n. 13 del 2009)

7 -bis . Le terre e le rocce da scavo, qualora ne siano accertate le caratteristiche ambientali, possono essere utilizzate per interventi di miglioramento ambientale e di  siti anche non degradati. Tali interventi devono garantire, nella loro realizzazione finale, una delle seguenti condizioni:

a) un miglioramento della qualità della copertura arborea o della funzionalità per attività agro-silvo-pastorali;
b) un miglioramento delle condizioni idrologiche rispetto alla tenuta dei versanti e alla raccolta e regimentazione delle acque piovane;
c) un miglioramento della percezione paesaggistica.

7-ter. Ai fini dell’applicazione del presente articolo, i residui provenienti dall’estrazione di marmi e pietre sono equiparati alla disciplina dettata per le terre e rocce da scavo. Sono altresì equiparati i residui delle attività di lavorazione di pietre e marmi che presentano le caratteristiche di cui all’articolo 184-bis. Tali residui, quando siano sottoposti a un’operazione di recupero ambientale, devono soddisfare i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettare i valori limite, per eventuali sostanze inquinanti presenti, previsti nell’Allegato 5 alla parte IV del presente decreto, tenendo conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente derivanti dall’utilizzo della sostanza o dell’oggetto.
(comma introdotto dall'articolo 8-ter della legge n. 13 del 2009 poi così modificato dall'articolo 14 del d.lgs. n. 205 del 2010)

187. Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi.
(articolo così sostituito dall'articolo 15 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. È vietato miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose.

2. In deroga al comma 1, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 a condizione che:

a) siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 177, comma 4, e l’impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull’ambiente non risulti accresciuto;

b) l’operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un’impresa che ha ottenuto un’autorizzazione ai sensi degli articoli 208, 209 e 211;

c) l’operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili di cui all’articoli 183, comma 1, lettera nn).

3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni specifiche ed in particolare di quelle di cui all'articolo 256, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto a procedere a proprie spese alla rispetto di quanto previsto dall’articolo 177, comma 4.

188. Responsabilità della gestione dei rifiuti
(articolo così sostituito dall'articolo 16, comma 1, d.lgs. n. 205 del 2010)
 

1. Il produttore iniziale o altro detentore di rifiuti provvedono direttamente al loro trattamento, oppure li consegnano ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità agli articoli 177 e 179. Fatto salvo quanto previsto ai successivi commi del presente articolo, il produttore iniziale o altro detentore conserva la responsabilità per l’intera catena di trattamento, restando inteso che qualora il produttore iniziale o il detentore trasferisca i rifiuti per il trattamento preliminare a uno dei soggetti consegnatari di cui al presente comma, tale responsabilità, di regola, comunque sussiste.

2. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal golamento (CE) n.1013/2006, qualora il produttore iniziale, il produttore e il detentore siano iscritti ed abbiano adempiuto agli obblighi del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), la responsabilità di ciascuno di tali soggetti è limitata alla rispettiva sfera di competenza stabilita dal predetto sistema.

3. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal regolamento (CE) n.1013/2006, la responsabilità dei soggetti non iscritti al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), che, ai sensi dell’art. 212, comma 8, raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi è esclusa:

a) a seguito del conferimento di rifiuti al servizio pubblico di raccolta previa convenzione;

b) a seguito del conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il produttore sia in possesso del formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla regione.

4. Gli enti o le imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto dei rifiuti a titolo professionale, conferiscono i rifiuti raccolti e trasportati agli impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti ai sensi degli articoli 208, 209, 211, 213, 214 e 216 e nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 177, comma 4.

5. I costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale dei rifiuti, dai detentori del momento o dai detentori precedenti dei rifiuti.

Articolo 188-bis. Controllo della tracciabilità dei rifiuti
(articolo introdotto dall'articolo 16, comma 1, d.lgs. n. 205 del 2010)

1. In attuazione di quanto stabilito all’articolo 177, comma 4, la tracciabilità dei rifiuti deve essere garantita dalla loro produzione sino alla loro destinazione finale.

2. A tale fine, la gestione dei rifiuti deve avvenire:

a) nel rispetto degli obblighi istituiti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009; oppure
(lettera soppressa dall'articolo 6, comma 2, decreto-legge n. 138 del 2011)
b) nel rispetto degli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico nonché del formulario di identificazione di cui agli articoli 190 e 193.

3. Il soggetto che aderisce al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a), non è tenuto ad adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’articolo 190, nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti di cui all’articolo 193. Durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati dalla copia cartacea della scheda di movimentazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a). Il registro cronologico e le schede di movimentazione del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) sono resi disponibili all’autorità di controllo in qualsiasi momento ne faccia richiesta e sono conservate in formato elettronico da parte del soggetto obbligato per almeno tre anni dalla rispettiva data di registrazione o di movimentazione dei rifiuti, ad eccezione dei quelli relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica, che devono essere conservati a tempo indeterminato ed al termine dell'attività devono essere consegnati all'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione. Per gli impianti di discarica, fermo restando quanto disposto dal decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, il registro cronologico deve essere conservato fino al termine della fase di gestione post operativa della discarica.

4. Il soggetto che non aderisce al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a), deve adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’articolo 190, nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti nella misura stabilita dall’articolo 193.

Articolo 188-ter. Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)
(articolo introdotto dall'articolo 16, comma 1, d.lgs. n. 205 del 2010)
(articolo soppresso dall'articolo 6, comma 2, decreto-legge n. 138 del 2011)

1. Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a):

a) gli enti e le imprese produttori di rifiuti speciali pericolosi - ivi compresi quelli di cui all’articolo 212, comma 8;

b) le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi, di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) con più di dieci dipendenti, nonché le imprese e gli enti che effettuano operazioni di smaltimento o recupero di rifiuti e che producano per effetto di tale attività rifiuti non pericolosi, indipendentemente dal numero di dipendenti;

c) i commercianti e gli intermediari di rifiuti;

d) i consorzi istituiti per il recupero o il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di tali rifiuti per conto dei consorziati;

e) le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero o smaltimento di rifiuti;

f) gli enti e le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali a titolo professionale. Nel caso di trasporto navale, l’armatore o il noleggiatore che effettuano il trasporto o il raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135, delegato per gli adempimenti relativi al SISTRI dall’armatore o noleggiatore medesimi;

g) in caso di trasporto intermodale, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa navale o ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto.

2. Possono aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), su base volontaria:

a) le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) che non hanno più di dieci dipendenti;

b) gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8;

c) gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile che producono rifiuti speciali non pericolosi;

d) le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi derivanti da attività diverse da quelle di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g);

e) i comuni, i centri di raccolta e le imprese di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani nel territorio di regioni diverse dalla regione Campania.

3. Ai fini del presente articolo il numero dei dipendenti è calcolato con riferimento al numero delle persone occupate nell’unità locale dell’ente o dell’impresa con una posizione di lavoro indipendente o dipendente (a tempo pieno, a tempo parziale, con contratto di apprendistato o contratto di inserimento), anche se temporaneamente assenti (per servizio, ferie, malattia, sospensione dal lavoro, cassa integrazione guadagni, eccetera). I lavoratori stagionali sono considerati come frazioni di unità lavorative annue con riferimento alle giornate effettivamente retribuite.

4. Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani del territorio della regione Campania.

5. Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, può essere esteso l’obbligo di iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle categorie di soggetti di cui al comma 2 ai produttori di rifiuti speciali pericolosi che non sono inquadrati in un'organizzazione di ente o di impresa, nonché ai soggetti di cui al decreto previsto dall’articolo 6, comma 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, recante modalità semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), nonché dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature.

6. Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabiliti, nel rispetto delle norme comunitarie, i criteri e le condizioni per l’applicazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle procedure relative alle spedizioni di rifiuti di cui al regolamento 8CE) n. 1013/2006, e successive modificazioni, ivi compresa l’adozione di un sistema di interscambio di dati previsto dall’articolo 26, paragrafo 4, del predetto regolamento. Nelle more dell’adozione dei predetti decreti, sono fatti salvi gli obblighi stabiliti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, relativi alla tratta del territorio nazionale interessata dal trasporto transfrontaliero.

7. Con uno o più regolamenti, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, è effettuata la ricognizione delle disposizioni, ivi incluse quelle del presente decreto, le quali, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei predetti decreti ministeriali, sono abrogate.

8. In relazione alle esigenze organizzative e operative delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, connesse, rispettivamente, alla difesa e alla sicurezza militare dello Stato, alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, al soccorso pubblico e alla difesa civile, le procedure e le modalità con le quali il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) si applica alle corrispondenti Amministrazioni centrali sono individuate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dell’economia e delle finanze e, per quanto di rispettiva competenza, del Ministro della difesa e del Ministro dell’interno, da adottare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

9. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare potranno essere individuate modalità semplificate per l’iscrizione dei produttori di rifiuti pericolosi al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a).

10. Nel caso di produzione accidentale di rifiuti pericolosi il produttore è tenuto a procedere alla richiesta di adesione al SISTRI entro tre giorni lavorativi dall’accertamento della pericolosità dei rifiuti.

189. Catasto dei rifiuti
(articolo così sostituito dall'articolo 16, comma 1, d.lgs. n. 205 del 2010)
(in vigore a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell’ambiente del 17 dicembre 2009, in G.U. n. 9 del 13 gennaio 2010, come modificato dall'articolo 1 del d.m. 28 settembre 2010, in G.U. n. 230 dell'1 ottobre 2010 - in forza dell'articolo 16, comma 2, d.lgs. n. 205 del 2010; si presume dal 1° gennaio 2011; fino ad allora si veda il testo precedente)

1. Il catasto dei rifiuti, istituito dall'articolo 3 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è articolato in una Sezione nazionale, che ha sede in Roma presso l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), e in Sezioni regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente.

2. Il Catasto assicura un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato dei dati acquisiti tramite il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e delle informazioni di cui al comma 3, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti.

3. I comuni o loro consorzi e le comunità montane comunicano annualmente alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, secondo le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994 n. 70, le seguenti informazioni relative all'anno precedente:

a) la quantità dei rifiuti urbani raccolti nel proprio territorio;

b) la quantità dei rifiuti speciali raccolti nel proprio territorio a seguito di apposita convenzione con soggetti pubblici o privati;

c) i soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti, specificando le operazioni svolte, le tipologie e la quantità dei rifiuti gestiti da ciascuno;

d) i costi di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario degli investimenti per le attività di gestione dei rifiuti, nonché i proventi della tariffa di cui all'articolo 238 ed i proventi provenienti dai consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti;

e) i dati relativi alla raccolta differenziata;

f) le quantità raccolte, suddivise per materiali, in attuazione degli accordi con i consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti.

4. Le disposizioni di cui al comma 3 non si applicano ai comuni della regione Campania, tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a). Le informazioni di cui al comma 3, lettera d), sono trasmesse all’ISPRA, tramite interconnessione diretta tra il Catasto dei rifiuti e il sistema di tracciabilità dei rifiuti nella regione Campania di cui all’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210 (SITRA). Le attività di cui al presente comma sono svolte nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

5. Le disposizioni di cui al comma 3, fatta eccezione per le informazioni di cui alla lettera d), non si applicano altresì ai comuni di cui all´articolo 188-ter, comma 2, lett. e) che aderiscono al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a).

6. Le sezioni regionali e provinciali del Catasto provvedono all’elaborazione dei dati di cui al comma 188-ter, commi 1 e 2, ed alla successiva trasmissione, entro trenta giorni dal ricevimento degli stessi, alla Sezione nazionale che provvede, a sua volta, all’invio alle amministrazioni regionali e provinciali competenti in materia rifiuti. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) elabora annualmente i dati e ne assicura la pubblicità. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

7. Per le comunicazioni relative ai rifiuti di imballaggio si applica quanto previsto dall'articolo 220, comma 2.

190. Registri di carico e scarico
(articolo così sostituito dall'articolo 16, comma 1, d.lgs. n. 205 del 2010)

1. Fatto salvo quanto stabilito al comma 1-bis, i soggetti di cui all’articolo 188-ter, comma 2, lett. a) e b), che non hanno aderito su base volontaria al sistema di tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), hanno l'obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono essere effettuate almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo.
(comma così modificato dall'articolo 4, comma 1, d.lgs. n. 121 del 2011)

1-bis. Sono esclusi dall'obbligo di tenuta di un registro di carico e scarico gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile che raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all'art. 212, comma 8, nonché le imprese e gli enti che, ai sensi dell'art. 212, comma 8, raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettera b).
(comma così introdotto dall'articolo 4, comma 1, d.lgs. n. 121 del 2011)

2. I registri di carico e scarico sono tenuti presso ogni impianto di produzione o, nel caso in cui ciò risulti eccessivamente oneroso, nel sito di produzione, e integrati con i formulari di identificazione di cui all’articolo 193, comma 1, relativi al trasporto dei rifiuti, o con la copia della scheda del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), trasmessa dall’impianto di destinazione dei rifiuti stessi, sono conservati per cinque anni dalla data dell’ultima registrazione.

3. I soggetti di cui al comma 1, la cui produzione annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi, possono adempiere all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le associazioni imprenditoriali interessate o società di servizi di diretta emanazione delle stesse, che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell'impresa copia dei dati trasmessi.

4. Le informazioni contenute nel registro di carico e scarico sono rese disponibili in qualunque momento all'autorità di controllo qualora ne faccia richiesta.

5. I registri di carico e scarico sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri IVA. Gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata. I registri sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente competenti.

6. La disciplina di carattere nazionale relativa ai registri di carico e scarico è quella di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 7.

7. Nell'Allegato C1, sezione III, lettera c), del decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, dopo le parole: “in litri” la congiunzione: “e” è sostituita dalla disgiunzione: “o”.

8. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o impresa, sono soggetti all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico e vi adempiono attraverso la conservazione, in ordine cronologico, delle copie delle schede del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relative ai rifiuti prodotti, rilasciate dal trasportatore dei rifiuti stessi.

9. Le operazioni di gestione dei centri di raccolta di cui all’articolo 183, comma 1, lettera mm), sono escluse dagli obblighi del presente articolo limitatamente ai rifiuti non pericolosi. Per i rifiuti pericolosi la registrazione del carico e dello scarico può essere effettuata contestualmente al momento dell’uscita dei rifiuti stessi dal centro di raccolta e in maniera cumulativa per ciascun codice dell’elenco dei rifiuti.

191. Ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi

1. Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, con particolare riferimento alle disposizioni sul potere di ordinanza di cui all'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il Sindaco possono emettere, nell'ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente. Dette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle attività produttive, al Presidente della regione e all'autorità d'ambito di cui all'articolo 201 entro tre giorni dall'emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi.

2. Entro centoventi giorni dall'adozione delle ordinanze di cui al comma 1, il Presidente della Giunta regionale promuove ed adotta le iniziative necessarie per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di inutile decorso del termine e di accertata inattività, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare diffida il Presidente della Giunta regionale a provvedere entro un congruo termine e, in caso di protrazione dell'inerzia, può adottare in via sostitutiva tutte le iniziative necessarie ai predetti fini.

3. Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui si intende derogare e sono adottate su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali.

4. Le ordinanze di cui al comma 1 possono essere reiterate per un periodo non superiore a 18 mesi per ogni speciale forma di gestione dei rifiuti. Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente della regione d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può adottare, dettando specifiche prescrizioni, le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini.
(comma così modificato dall'articolo 9, comma 8, legge n. 123 del 2008)

5. Le ordinanze di cui al comma 1 che consentono il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti pericolosi sono comunicate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla Commissione dell'Unione europea.

192. Divieto di abbandono

1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.

2. È altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.

3. Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.

4. Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni.

193. Trasporto dei rifiuti
(articolo così sostituito dall'articolo 16, comma 1, d.lgs. n. 205 del 2010)
(in vigore a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell’ambiente del 17 dicembre 2009, in G.U. n. 9 del 13 gennaio 2010, come modificato dall'articolo 1 del d.m. 28 settembre 2010, in G.U. n. 230 dell'1 ottobre 2010 - in forza dell'articolo 16, comma 2, d.lgs. n. 205 del 2010; si presume dal 1° gennaio 2011; fino ad allora si veda il testo precedente)

1. Per gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, e che non aderiscono su base volontaria al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a) i rifiuti devono essere accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono risultare almeno i seguenti dati:

a) nome ed indirizzo del produttore dei rifiuti e del detentore;

b) origine, tipologia e quantità del rifiuto;

c) impianto di destinazione;

d) data e percorso dell'istradamento;

e) nome ed indirizzo del destinatario.

2. Il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore dei rifiuti e controfirmate dal trasportatore che in tal modo dà atto di aver ricevuto i rifiuti. Una copia del formulario deve rimanere presso il produttore e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al predetto produttore dei rifiuti. Le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni.

3. Il trasportatore non è responsabile per quanto indicato nella Scheda SISTRI – Area movimentazione o nel formulario di identificazione di cui al comma 1 dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per le eventuali difformità tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico.

4. Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere imballati ed etichettati in conformità alle norme vigenti in materia di imballaggio e etichettatura delle sostanze pericolose.

5. Fatto salvo quanto previsto per i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani nel territorio della regione Campania, tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nonché per i comuni e le imprese di trasporto di rifiuti urbani in regioni diverse dalla regione Campania di cui all´articolo 188-ter, comma 2, lett. e), che aderiscono al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico, né ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri, né al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal produttore degli stessi ai centri di raccolta di cui all’articolo 183, comma 1, lett. mm). Sono considerati occasionali e saltuari i trasporti di rifiuti, effettuati complessivamente per non più di quattro volte l’anno non eccedenti i trenta chilogrammi o trenta litri al giorno e, comunque, i cento chilogrammi o cento litri l’anno.

6. In ordine alla definizione del modello e dei contenuti del formulario di identificazione, si applica il decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145.

7. I formulari di identificazione devono essere numerati e vidimati dagli uffici dell'Agenzia delle entrate o dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o dagli uffici regionali e provinciali competenti in materia di rifiuti e devono essere annotati sul registro Iva acquisti. La vidimazione dei predetti formulari di identificazione è gratuita e non è soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria.

8. Per le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi che non aderiscono su base volontaria al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), il formulario di identificazione è validamente sostituito, per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, dai documenti previsti dalla normativa comunitaria di cui all'articolo 194, anche con riguardo alla tratta percorsa su territorio nazionale.

9. La scheda di accompagnamento di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, relativa all'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, è sostituita dalla Scheda SISTRI – Area movimentazione di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009 o, per le imprese che non aderiscono su base volontaria al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), dal formulario di identificazione di cui al comma 1. Le specifiche informazioni di cui all'allegato IIIA del decreto legislativo n. 99 del 1992 devono essere indicate nello spazio relativo alle annotazioni della medesima Scheda SISTRI – Area movimentazione o nel formulario di identificazione. La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all'interno di aree private non è considerata trasporto ai fini della parte quarta del presente decreto.

10. La microraccolta dei rifiuti, intesa come la raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso più produttori o detentori svolta con lo stesso automezzo, deve essere effettuata nel più breve tempo tecnicamente possibile. Nelle schede del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relative alla movimentazione dei rifiuti, e nei formulari di identificazione dei rifiuti devono essere indicate, nello spazio relativo al percorso, tutte le tappe intermedie previste. Nel caso in cui il percorso dovesse subire delle variazioni, nello spazio relativo alle annotazioni deve essere indicato a cura del trasportatore il percorso realmente effettuato.

11. Gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonché le soste tecniche per le operazioni di trasbordo, ivi compreso quelle effettuate con cassoni e dispositivi scarrabili non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all'articolo 183, comma 1, lettera v), purché le stesse siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le quarantotto ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione.

12. Nel caso di trasporto intermodale di rifiuti, le attività di carico e scarico, di trasbordo, nonché le soste tecniche all’interno dei porti e degli scali ferroviari, degli interporti, impianti di terminalizzazione e scali merci non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all'articolo 183, comma 1, lettera aa) purché siano effettuate nel più breve tempo possibile e non superino comunque, salvo impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore, il termine massimo di sei giorni a decorrere dalla data in cui hanno avuto inizio predette attività. Ove si prospetti l’impossibilità del rispetto del predetto termine per caso fortuito o per forza maggiore, il detentore del rifiuto ha l’obbligo di darne indicazione nello spazio relativo alle annotazioni della medesima Scheda SISTRI – Area movimentazione e informare, senza indugio e comunque prima della scadenza del predetto termine, il comune e la provincia territorialmente competente indicando tutti gli aspetti pertinenti alla situazione. Ferme restando le competenze degli organi di controllo, il detentore del rifiuto dovrà adottare, senza indugio e a propri costi e spese, tutte le iniziative opportune per prevenire eventuali pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana. La decorrenza del termine massimo di sei giorni resta sospesa durante il periodo in cui perduri l’impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore. In caso di persistente impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore per un periodo superiore a 30 giorni a decorrere dalla data in cui ha avuto inizio l’attività di cui al primo periodo del presente comma, il detentore del rifiuto sarà obbligato a conferire, a propri costi e spese, i rifiuti ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità agli articoli 177 e 179.

13. La copia cartacea della scheda del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relativa alla movimentazione dei rifiuti e il formulario di identificazione di cui al comma 1 costituisce documentazione equipollente alla scheda di trasporto di cui all’articolo 7-bis del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 e al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 30 giugno 2009.

194. Spedizioni transfrontaliere
(articolo così sostituito dall'articolo 17 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui agli articoli 41 e 43 del regolamento (CE) n. 1013/2006 e dal decreto di cui al comma 4.

2. Sono fatti salvi, ai sensi degli articoli 41 e 43 del regolamento (CE) n. 1013/2006 gli accordi in vigore tra lo Stato della Città del Vaticano, la Repubblica di San Marino e la Repubblica italiana. Alle importazioni di rifiuti urbani e assimilati provenienti dallo Stato della Città del Vaticano e dalla Repubblica di San Marino non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 42 del predetto regolamento.

3. Fatte salve le norme che disciplinano il trasporto internazionale di merci, le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero nel territorio italiano sono iscritte all’Albo nazionale gestori ambientali di cui all’articolo 212. L’iscrizione all’Albo, qualora effettuata per il solo esercizio dei trasporti transfrontalieri, non è subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie di cui al comma 10 del medesimo articolo 212.

4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, nel rispetto delle norme del regolamento (CE) n. 1013/2006 sono disciplinati:

a) i criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie da prestare per le spedizioni dei rifiuti, di cui all'articolo 6 del predetto regolamento; tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001;

b) le spese amministrative poste a carico dei notificatori ai sensi dell'articolo 29, del regolamento;

c) le specifiche modalità per il trasporto dei rifiuti negli Stati di cui al comma 2.

5. Sino all'adozione del decreto di cui al comma 4, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 3 settembre 1998, n. 370.

6. Ai sensi e per gli effetti del regolamento (CE) n. 1013/2006:

a) le autorità competenti di spedizione e di destinazione sono le regioni e le province autonome;

b) l'autorità di transito è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

c) corrispondente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

7. Le regioni e le province autonome comunicano le informazioni di cui all'articolo 56 del regolamento (CE) 1013/2006 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il successivo inoltro alla Commissione dell'Unione europea, nonché, entro il 30 settembre di ogni anno, i dati, riferiti all'anno precedente, previsti dall'articolo 13, comma 3, della Convenzione di Basilea, ratificata con legge 18 agosto 1993, n. 340.

Capo II - Competenze

195. Competenze dello stato

1. Ferme restando le ulteriori competenze statali previste da speciali disposizioni, anche contenute nella parte quarta del presente decreto, spettano allo Stato:

a) le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all'attuazione della parte quarta del presente decreto, da esercitare ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti di quanto stabilito dall'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131;
b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti;
(lettera così modificata dall'articolo 18 del d.lgs. n. 205 del 2010)
b-bis): la definizione di linee guida, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sui contenuti minimi delle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli artt. 208, 215 e 216;
(lettera introdotta dall'articolo 18 del d.lgs. n. 205 del 2010)
b-ter) la definizione di linee guida, sentita la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per le attività di recupero energetico dei rifiuti;
(lettera introdotta dall'articolo 18 del d.lgs. n. 205 del 2010)
c) l'individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire e limitare, anche mediante il ricorso a forme di deposito cauzionale sui beni immessi al consumo, la produzione dei rifiuti, nonché per ridurne la pericolosità;
d) l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con più elevato impatto ambientale, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi:
e) l'adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
f) l'individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese; l'individuazione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell 'ambiente e della tutela del territorio, e inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione. Nell'individuare le infrastrutture e gli insediamenti strategici di cui al presente comma il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale. Il Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le risorse necessarie, anche ai fini dell'erogazione dei contributi compensativi a favore degli enti locali, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili;
g) la definizione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, di un piano nazionale di comunicazione e di conoscenza ambientale. La definizione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un Programma, formulato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la realizzazione;
h) l'indicazione delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti;
(lettera così modificata dall'articolo 18 del d.lgs. n. 205 del 2010)
i) l'individuazione delle iniziative e delle azioni, anche economiche, per favorire il riciclaggio e il recupero dai rifiuti, nonché per promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti ed il loro impiego da parte delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti economici, anche ai sensi dell'articolo 52, comma 56, lettera a), della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 maggio 2003, n. 203;
(lettera così modificata dall'articolo 18 del d.lgs. n. 205 del 2010)
l) l'individuazione di obiettivi di qualità dei servizi di gestione dei rifiuti;
m) la determinazione di criteri generali, differenziati per i rifiuti urbani e per i rifiuti speciali, ai fini della elaborazione dei piani regionali di cui all'articolo 199 con particolare riferimento alla determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per la individuazione degli Ambiti territoriali ottimali, da costituirsi ai sensi dell'articolo 200, e per il coordinamento dei piani stessi;
n) la determinazione, relativamente all'assegnazione della concessione del servizio per la gestione integrata dei rifiuti, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per la definizione delle gare d'appalto, ed in particolare dei requisiti di ammissione delle imprese, e dei relativi capitolati, anche con riferimento agli elementi economici relativi agli impianti esistenti;
o) la determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida inerenti le forme ed i modi della cooperazione fra gli enti locali, anche con riferimento alla riscossione della tariffa sui rifiuti urbani ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale, secondo criteri di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità:
p) l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti;
q) l'indicazione dei criteri generali, ivi inclusa l'emanazione di specifiche linee guida, per l'organizzazione e l'attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
(lettera così modificata dall'articolo 18 del d.lgs. n. 205 del 2010)
r) la determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida, dei criteri generali e degli standard di bonifica dei siti inquinati, nonché la determinazione dei criteri per individuare gli interventi di bonifica che, in relazione al rilievo dell'impatto sull'ambiente connesso all'estensione dell'area interessata, alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, rivestono interesse nazionale;
s) la determinazione delle metodologie di calcolo e la definizione di materiale riciclato per l'attuazione dell'articolo 196, comma 1, lettera p);
t) l'adeguamento della parte quarta del presente decreto alle direttive, alle decisioni ed ai regolamenti dell'Unione europea.

2. Sono inoltre di competenza dello Stato:

a) l'indicazione dei criteri e delle modalità di adozione, secondo principi di unitarietà, compiutezza e coordinamento, delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, con riferimento anche ai relativi sistemi di accreditamento e di certificazione ai sensi dell'articolo 178, comma 5;
b) l'adozione delle norme e delle condizioni per l'applicazione delle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215 e 216, ivi comprese le linee guida contenenti la specificazione della relazione da allegare alla comunicazione prevista da tali articoli;
c) la determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi;
d) la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto, mediante decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle attività produttive;
e) la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani. Ai rifiuti assimilati, entro diciotto mesi, si applica esclusivamente una tariffazione per le quantità conferite al servizio di gestione dei rifiuti urbani. La tariffazione per le quantità conferite che deve includere, nel rispetto del principio della copertura integrale dei costi del servizio prestato, una parte fissa ed una variabile e una quota dei costi dello spazzamento stradale, è determinata dall'amministrazione comunale tenendo conto anche della natura dei rifiuti, del tipo, delle dimensioni economiche e operative delle attività che li producono. A tale tariffazione si applica una riduzione, fissata dall'amministrazione comunale, in proporzione alle quantità dei rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero tramite soggetto diverso dal gestore dei rifiuti urbani. Non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico; allo stesso modo, non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle strutture di vendita con superficie due volte superiore ai limiti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 114 del 1998. Per gli imballaggi secondari e terziari per i quali risulti documentato il non conferimento al servizio di gestione dei rifiuti urbani e l'avvio a recupero e riciclo diretto tramite soggetti autorizzati, non si applica la predetta tariffazione. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i criteri per l'assimilabilità ai rifiuti urbani;
(lettera così modificata dall'articolo 2, comma 26, d.lgs. n. 4 del 2008, poi dall'articolo 5, comma 2, legge n. 166 del 2009)
f) la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l'analisi dei rifiuti;
g) la determinazione dei requisiti e delle capacità tecniche e finanziarie per l'esercizio delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie in favore delle regioni, con particolare riferimento a quelle dei soggetti obbligati all'iscrizione all'Albo di cui all'articolo 212, secondo la modalità di cui al comma 9 dello stesso articolo;

h) la definizione del modello e dei contenuti del formulario di cui all'articolo 193 e la regolamentazione del trasporto dei rifiuti;

i) l'individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni tecniche, ambientali ed economiche possono essere smaltiti direttamente in discarica;

l) l'adozione di un modello uniforme del registro di cui all'articolo 190 e la definizione delle modalità di tenuta dello stesso, nonché l'individuazione degli eventuali documenti sostitutivi del registro stesso;

m) l'individuazione dei rifiuti elettrici ed elettronici, di cui all'articolo 227, comma 1, lettera a);

n) l'aggiornamento degli Allegati alla parte quarta del presente decreto;

o) l'adozione delle norme tecniche, delle modalità e delle condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con particolare riferimento all'utilizzo agronomico come fertilizzante, ai sensi del decreto legislativo29 aprile 2010, n. 75, e del prodotto di qualità ottenuto mediante compostaggio da rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta differenziata;

p) l'autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nelle acque marine, in conformità alle disposizioni stabilite dalle norme comunitarie e dalle convenzioni internazionali vigenti in materia, rilasciata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell'autorità marittima nella cui zona di competenza si trova il porto più vicino al luogo dove deve essere effettuato lo smaltimento ovvero si trova il porto da cui parte la nave con il carico di rifiuti da smaltire;

q) l'individuazione della misura delle sostanze assorbenti e neutralizzanti, previamente testate da università o istituti specializzati, di cui devono dotarsi gli impianti destinati allo stoccaggio, ricarica, manutenzione, deposito e sostituzione di accumulatori, al fine di prevenire l'inquinamento del suolo, del sottosuolo e di evitare danni alla salute e all'ambiente derivanti dalla fuoriuscita di acido, tenuto conto della dimensione degli impianti, del numero degli accumulatori e del rischio di sversamento connesso alla tipologia dell'attività esercitata;

r) l'individuazione e la disciplina, nel rispetto delle norme comunitarie ed anche in deroga alle disposizioni della parte quarta del presente decreto, di forme di semplificazione degli adempimenti amministrativi per la raccolta e il trasporto di specifiche tipologie di rifiuti destinati al recupero e conferiti direttamente dagli utenti finali dei beni che originano i rifiuti ai produttori, ai distributori, a coloro che svolgono attività di istallazione e manutenzione presso le utenze domestiche dei beni stessi o ad impianti autorizzati alle operazioni di recupero di cui alle voci R2, R3, R4, R5, R6 e R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, da adottarsi con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disciplina;

s) la riorganizzazione del Catasto dei rifiuti;

t) predisposizione di linee guida per l’individuazione di una codifica omogenea per le operazioni di recupero e smaltimento da inserire nei provvedimenti autorizzativi da parte delle autorità competenti, anche in conformità a quanto disciplinato in materia dalla direttiva 2008/12/CE, e sue modificazioni;

u) individuazione dei contenuti tecnici minimi da inserire nei provvedimenti autorizzativi di cui agli articoli 208, 209, 211;

v) predisposizione di linee guida per l’individuazione delle procedure analitiche, dei criteri e delle metodologie per la classificazione dei rifiuti pericolosi ai sensi dell’allegato D della parta quarta del presente decreto.
(lettere da f) a v), così sostituite dall'articolo 18, comma 1, del d.lgs. n. 205 del 2010)

3. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le funzioni di cui ai comma 1 sono esercitate ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'interno, sentite la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
(comma così modificato dall'articolo 18, comma 1, del d.lgs. n. 205 del 2010)

4. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le norme regolamentari e tecniche di cui al comma 2 sono adottate, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'interno, nonché, quando le predette norme riguardino i rifiuti agricoli ed il trasporto dei rifiuti, di concerto, rispettivamente, con i Ministri delle politiche agricole e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti.

5. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione della normativa in materia di rifiuti nonché della repressione dei traffici illeciti e degli smaltimenti illegali dei rifiuti provvedono il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) e il Corpo delle Capitanerie di porto; può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato.

196. Competenze delle regioni

1. Sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all'articolo 195:

a) la predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento, sentiti le province, i comuni e le Autorità d'ambito, dei piani regionali di gestione dei rifiuti, di cui all'articolo 199;
b) la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, anche pericolosi, secondo un criterio generale di separazione dei rifiuti di provenienza alimentare e degli scarti di prodotti vegetali e animali o comunque ad alto tasso di umidità dai restanti rifiuti;
c) l'elaborazione, l'approvazione e l'aggiornamento dei piani per la bonifica di aree inquinate di propria competenza;
d) l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti, anche pericolosi, e l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le competenze statali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera f);
e) l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti, anche pericolosi;
f) le attività in materia di spedizioni transfrontaliere dei rifiuti che il regolamento (CEE) n. 259/93 del 1° febbraio 1993 attribuisce alle autorità competenti di spedizione e di destinazione;
g) la delimitazione, nel rispetto delle linee guida generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m), degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilali;
h) la redazione di linee guida ed i criteri per la predisposizione e l'approvazione dei progetti di bonifica e di messa in sicurezza, nonché l'individuazione delle tipologie di progetti non soggetti ad autorizzazione, nel rispetto di quanto previsto all'articolo 195, comma 1, lettera r):
i) la promozione della gestione integrata dei rifiuti;
l) l'incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero degli stessi;
m) la specificazione dei contenuti della relazione da allegare alla comunicazione di cui agli articoli 214, 215, e 216, nel rispetto di linee guida elaborate ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera b);
n) la definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell'articolo 195, comma 1, lettera p);
o) la definizione dei criteri per l'individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare;
p) l'adozione, sulla base di metodologia di calcolo e di criteri stabiliti da apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, delle disposizioni occorrenti affinché gli enti pubblici e le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, coprano il proprio fabbisogno annuale di manufatti e beni, indicati nel medesimo decreto, con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato non inferiore al 30 per cento del fabbisogno medesimo. A tal fine i predetti soggetti inseriscono nei bandi di gara o di selezione per l'aggiudicazione apposite clausole di preferenza, a parità degli altri requisiti e condizioni. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 maggio 2003, n. 203, e successive circolari di attuazione. Restano ferme, nel frattempo, le disposizioni regionali esistenti.

2. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 le regioni si avvalgono anche delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.

3. Le regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime, incentivando le iniziative di autosmaltimento. Tale disposizione non si applica alle discariche.

197. Competenze delle province

1. In attuazione dell'articolo 19 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alle province competono in linea generale le funzioni amministrative concernenti la programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, da esercitarsi con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, ed in particolare:
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 27, d.lgs. n. 4 del 2008)

a) il controllo e la verifica degli interventi di bonifica ed il monitoraggio ad essi conseguenti;
b) il controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, ivi compreso l'accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;
c) la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per l'applicazione delle procedure semplificate, con le modalità di cui agli articoli 214, 215, e 216;
d) l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove già adottato, e delle previsioni di cui all'articolo 199, comma 3, lettere d) e h), nonché sentiti l'Autorità d'ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti.

2. Ai fini dell'esercizio delle proprie funzioni le province possono avvalersi, mediante apposite convenzioni, di organismi pubblici, ivi incluse le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA), con specifiche esperienze e competenze tecniche in materia, fermo restando quanto previsto dagli articoli 214, 215 e 216 in tema di procedure semplificate.

3. Gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare ispezioni, verifiche e prelievi di campioni all'interno di stabilimenti, impianti o imprese che producono o che svolgono attività di gestione dei rifiuti. Il segreto industriale non può essere opposto agli addetti al controllo, che sono, a loro volta, tenuti all'obbligo della riservatezza ai sensi della normativa vigente.

4. Il personale appartenente al Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) è autorizzato ad effettuare le ispezioni e le verifiche necessarie ai fini dell'espletamento delle funzioni di cui all'articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell'ambiente.

5. Nell'ambito delle competenze di cui al comma 1, le province sottopongono ad adeguati controlli periodici gli enti e le imprese che producono rifiuti pericolosi, le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti a titolo professionale, gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti, curando, in particolare, che vengano effettuati adeguati controlli periodici sulle attività sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215, e 216 e che i controlli concernenti la raccolta ed il trasporto di rifiuti pericolosi riguardino, in primo luogo, l'origine e la destinazione dei rifiuti.
(comma così modificato dall'articolo 19 del d.lgs. n. 205 del 2010)

5-bis. Le province, nella programmazione delle ispezioni e controlli di cui al presente articolo, possono tenere conto, nella determinazione della frequenza degli stessi, delle registrazioni ottenute dai destinatari nell’ambito del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).
(comma così modificato dall'articolo 19 del d.lgs. n. 205 del 2010)

6. Restano ferme le altre disposizioni vigenti in materia di vigilanza e controllo previste da disposizioni speciali.

198. Competenze dei comuni

1. I comuni concorrono, nell'ambito delle attività svolte a livello degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200 e con le modalità ivi previste, alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati. Sino all'inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall'Autorità d'ambito ai sensi dell'articolo 202, i comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui all'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

2. I comuni concorrono a disciplinare la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità e in coerenza con i piani d'ambito adottati ai sensi dell'articolo 201, comma 3, stabiliscono in particolare:

a) le misure per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani;
b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;
c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani ed assimilati al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi;
d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi e dei rifiuti da esumazione ed estumulazione di cui all'articolo 184, comma 2, lettera f);
e) le misure necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi da rispettare;
f) le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento;
g) l'assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all'articolo 195, comma 2, lettera e), ferme restando le definizioni di cui all'articolo 184, comma 2, lettere c) e d).

3. I comuni sono tenuti a fornire alla regione, alla provincia ed alle Autorità d'ambito tutte le informazioni sulla gestione dei rifiuti urbani da esse richieste.

4. I comuni sono altresì tenuti ad esprimere il proprio parere in ordine all'approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni.

Capo III - Servizio di gestione integrata dei rifiuti

199. Piani regionali
(articolo così sostituito dall'articolo 20 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. Le regioni, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d'ambito di cui all'articolo 201, nel rispetto dei principi e delle finalità di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181, 182 e 182-bis ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall'articolo 195, comma 1, lettera m), ed a quelli previsti dal presente articolo, predispongono e adottano piani regionali di gestione dei rifiuti. Per l’approvazione dei piani regionali si applica la procedura di cui alla Parte II del presente decreto in materia di VAS. Presso i medesimi uffici sono inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento e alle motivazioni sulle quali si è fondata la decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte presentate.

2. I piani di gestione dei rifiuti di cui al comma 1 comprendono l’analisi della gestione dei rifiuti esistente nell’ambito geografico interessato, le misure da adottare per migliorare l’efficacia ambientale delle diverse operazioni di gestione dei rifiuti, nonché una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono all’attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del presente decreto.

3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre:

a) tipo, quantità e fonte dei rifiuti prodotti all’interno del territorio, suddivisi per ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani, rifiuti che saranno prevedibilmente spediti da o verso il territorio nazionale e valutazione dell’evoluzione futura dei flussi di rifiuti, nonché la fissazione degli obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere a livello regionale, fermo restando quanto disposto dall’articolo 205;

b) i sistemi di raccolta dei rifiuti e impianti di smaltimento e recupero esistenti, inclusi eventuali sistemi speciali per oli usati, rifiuti pericolosi o flussi di rifiuti disciplinati da una normativa comunitaria specifica;

c) una valutazione della necessità di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura degli impianti esistenti per i rifiuti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti in conformità del principio di autosufficienza e prossimità di cui agli articoli 181, 182 e 182-bis e se necessario degli investimenti correlati;

d) informazioni sui criteri di riferimento per l’individuazione dei siti e la capacità dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario;

e) politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse tecnologie e metodi di gestione pianificata dei rifiuti, o altre politiche per i rifiuti che pongono problemi particolari di gestione;

f) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m);

g) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200, nonché ad assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;

h) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali ottimali, attraverso strumenti quali una adeguata disciplina delle incentivazioni, prevedendo per gli ambiti più meritevoli, tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a tal fine le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo;

i) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti urbani;

l) i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera p);

m) le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dai rifiuti di materiale ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei rifiuti che ne derivino;

n) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani:

o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per specifiche tipologie di rifiuto;

p) le prescrizioni in materia di prevenzione e gestione degli imballaggi e rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225, comma 6;

q) il programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;

r) un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla base del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all’art. 180, che descriva le misure di prevenzione esistenti e fissi ulteriori misure adeguate. Il programma fissa anche gli obiettivi di prevenzione. Le misure e gli obiettivi sono finalizzati a dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti. Il programma deve contenere specifici parametri qualitativi e quantitativi per le misure di prevenzione al fine di monitorare e valutare i progressi realizzati, anche mediante la fissazione di indicatori.

4. Il piano di gestione dei rifiuti può contenere, tenuto conto del livello e della copertura geografica dell’area oggetto di pianificazione, i seguenti elementi:

a) aspetti organizzativi connessi alla gestione dei rifiuti;

b) valutazione dell’utilità e dell’idoneità del ricorso a strumenti economici e di altro tipo per la soluzione di problematiche riguardanti i rifiuti, tenuto conto della necessità di continuare ad assicurare il buon funzionamento del mercato interno;

c) campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori.

5. Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente.

6. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:

a) l'ordine di priorità degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato dall'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);

b) l'individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti;

c) le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente l'impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani;

d) la stima degli oneri finanziari;

e) le modalità di smaltimento dei materiali da asportare.

7. L'approvazione del piano regionale o il suo adeguamento è requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali.

8. La regione approva o adegua il piano entro il 12 dicembre 2013. Fino a tale momento, restano in vigore i piani regionali vigenti.

9. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 8 e di accertata inattività nell’approvare o adeguare il piano, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, diffida gli organi regionali competenti a provvedere entro un congruo termine e, in caso di ulteriore inerzia, adotta, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione e approvazione o adeguamento del piano regionale.

10. Le regioni, sentite le province interessate, d'intesa tra loro o singolarmente, per le finalità di cui alla parte quarta del presente decreto provvedono alla valutazione della necessità dell’aggiornamento del piano almeno ogni sei anni, nonché alla programmazione degli interventi attuativi occorrenti in conformità alle procedure e nei limiti delle risorse previste dalla normativa vigente.

11. Le regioni e le province autonome comunicano tempestivamente al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare l’adozione o la revisione dei piani di gestione e dei programmi di prevenzione dei rifiuti di cui al presente articolo, al fine del successivo invio degli stessi alla Commissione europea.

12. Le regioni e le province autonome assicurano la pubblicazione dei piani e dei programmi di cui al presente articolo, anche attraverso l’inserimento degli stessi sul sito WEB della regione o della provincia autonoma.

13. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica

200. Organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani

1. La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all'articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:

a) superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti;
b) conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative;
c) adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i trasporti all'interno dell'ATO;
d) valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;
e) ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;
f) considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità.

2. Le regioni, sentite le province ed i comuni interessati, nell'ambito delle attività di programmazione e di pianificazione di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m). Il provvedimento è comunicato alle province ed ai comuni interessati.

3. Le regioni interessate, d'intesa tra loro, delimitano gli ATO qualora essi siano ricompresi nel territorio di due o più regioni.

4. Le regioni disciplinano il controllo, anche in forma sostitutiva, delle operazioni di gestione dei rifiuti, della funzionalità dei relativi impianti e del rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

5. Le città o gli agglomerati di comuni, di dimensioni maggiori di quelle medie di un singolo ambito, possono essere suddivisi tenendo conto dei criteri di cui al comma 1.

6. I singoli comuni entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 2 possono presentare motivate e documentate richieste di modifica all'assegnazione ad uno specifico ambito territoriale e di spostamento in un ambito territoriale diverso, limitrofo a quello di assegnazione.

7. Le regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali laddove predispongano un piano regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell'articolo 195.

201. Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani

1. Al fine dell'organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, disciplinano le forme e i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito di cui al comma 2, alle quali è demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze delle altre amministrazioni pubbliche, l'organizzazione, l'affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti.

2. L'Autorità d'ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l'esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti.

3. L'Autorità d'ambito organizza il servizio e determina gli obiettivi da perseguire per garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia, di economicità e di trasparenza; a tal fine adotta un apposito piano d'ambito in conformità a quanto previsto dall'articolo 203, comma 3.

4. Per la gestione ed erogazione del servizio di gestione integrata e per il perseguimento degli obiettivi determinati dall'Autorità d'ambito, sono affidate, ai sensi dell'articolo 202 e nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale sull'evidenza pubblica, le seguenti attività:

a) la realizzazione, gestione ed erogazione dell'intero servizio, comprensivo delle attività di gestione e realizzazione degli impianti;
b) la raccolta, raccolta differenziata, commercializzazione e smaltimento completo di tutti i rifiuti urbani e assimilati prodotti all'interno dell'ATO.

5. In ogni ambito:

a) è raggiunta, nell'arco di cinque anni dalla sua costituzione, l'autosufficienza di smaltimento anche, ove opportuno, attraverso forme di cooperazione e collegamento con altri soggetti pubblici e privati;
b) è garantita la presenza di almeno un impianto di trattamento a tecnologia complessa, compresa una discarica di servizio.

6. La durata della gestione da parte dei soggetti affidatari, non inferiore a quindici anni, è disciplinata dalle regioni in modo da consentire il raggiungimento di obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità.

202. Affidamento del servizio

1. L'Autorità d'ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali, [in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché con riferimento all'ammontare del corrispettivo per la gestione svolta, tenuto conto delle garanzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti, secondo modalità e termini definiti con decreto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel rispetto delle competenze regionali in materia.]
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 28, d.lgs. n. 4 del 2008, poi parzialmente abrogato dall'articolo 12, comma 1, del d.P.R. n. 168 del 2010)

2. I soggetti partecipanti alla gara devono formulare, con apposita relazione tecnico-illustrativa allegata all'offerta, proposte di miglioramento della gestione, di riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire e di miglioramento dei fattori ambientali, proponendo un proprio piano di riduzione dei corrispettivi per la gestione al raggiungimento di obiettivi autonomamente definiti.

3. Nella valutazione delle proposte si terrà conto, in particolare, del peso che graverà sull'utente sia in termini economici, sia di complessità delle operazioni a suo carico.

4. Gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali già esistenti al momento dell'assegnazione del servizio sono conferiti in comodato ai soggetti affidatari del medesimo servizio.

5. I nuovi impianti vengono realizzati dal soggetto affidatario del servizio o direttamente, ai sensi dell'articolo 113, comma 5-ter, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove sia in possesso dei requisiti prescritti dalla normativa vigente, o mediante il ricorso alle procedure di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, ovvero secondo lo schema della finanza di progetto di cui agli articoli 37-bis e seguenti della predetta legge n. 109 del 1994 (ora articoli 153 e seguenti del d.lgs. n. 163 del 2006).
(ora si veda anche l'articolo 4 del decreto-legge n. 138 del 2011)

6. Il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi comunali per la gestione dei rifiuti sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani, si applica, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile.

203. Schema tipo di contratto di servizio

1. I rapporti tra le Autorità d'ambito e i soggetti affidatari del servizio integrato sono regolati da contratti di servizio, da allegare ai capitolati di gara, conformi ad uno schema tipo adottato dalle regioni in conformità ai criteri ed agli indirizzi di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o).

2. Lo schema tipo prevede:

a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
b) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;
c) la durata dell'affidamento, comunque non inferiore a quindici anni;
d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio;
e) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio;
f) i principi e le regole generali relativi alle attività ed alle tipologie di controllo, in relazione ai livelli del servizio ed al corrispettivo, le modalità, i termini e le procedure per lo svolgimento del controllo e le caratteristiche delle strutture organizzative all'uopo preposte;
g) gli obblighi di comunicazione e trasmissione di dati, informazioni e documenti del gestore e le relative sanzioni;
h) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile, diversificate a seconda della tipologia di controllo;
i) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;
l) la facoltà di riscatto secondo i principi di cui al titolo I, capo II, del regolamento approvato con d.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902;
m) l'obbligo di riconsegna delle opere, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali strumentali all'erogazione del servizio in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;
n) idonee garanzie finanziarie e assicurative;
o) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli enti locali e del loro aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze;
p) l'obbligo di applicazione al personale, non dipendente da amministrazioni pubbliche, da parte del gestore del servizio integrato dei rifiuti, del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore dell'igiene ambientale, stipulato dalle Organizzazioni Sindacali comparativamente più rappresentative, anche in conformità a quanto previsto dalla normativa in materia attualmente vigente.
(lettera aggiunta dall'articolo 2, comma 28-bis, d.lgs. n. 4 del 2008)

3. Ai fini della definizione dei contenuti dello schema tipo di cui al comma 2, le Autorità d'ambito operano la ricognizione delle opere ed impianti esistenti, trasmettendo alla regione i relativi dati. Le Autorità d'ambito inoltre, ai medesimi fini, definiscono le procedure e le modalità, anche su base pluriennale, per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla parte quarta del presente decreto ed elaborano, sulla base dei criteri e degli indirizzi fissati dalle regioni, un piano d'ambito comprensivo di un programma degli interventi necessari, accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo. Il piano finanziario indica, in particolare, le risorse disponibili, quelle da reperire, nonché i proventi derivanti dall'applicazione della tariffa sui rifiuti per il periodo considerato.

204. Gestioni esistenti

1. I soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, continuano a gestirlo fino alla istituzione e organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte delle Autorità d'ambito.

2. In relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, (ora d.P.R. n. 168 del 2010) l'Autorità d'ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, entro nove mesi dall'entrata in vigore della medesima parte quarta.

3. Qualora l'Autorità d'ambito non provveda agli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 nei termini ivi stabiliti, il Presidente della Giunta regionale esercita, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario "ad acta" che avvia entro quarantacinque giorni le procedure di affidamento, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali. Qualora il commissario regionale non provveda nei termini così stabiliti, spettano al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i poteri sostitutivi preordinati al completamento della procedura di affidamento.
(comma dichiarato parzialmente incostituzionale da Corte costituzionale n. 249 del 2009, nella parte in cui disciplina l'esercizio del potere sostitutivo del Presidente della Giunta regionale in tema di gestioni esistenti del servizio di gestione dei rifiuti)

4. Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle gestioni di cui al comma 1, i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previste dalle rispettive convenzioni di affidamento.

205. Misure per incrementare la raccolta differenziata

1. Fatto salvo quanto previsto al comma 1-bis, in ogni ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti:
(comma così modificato dall'articolo 21 del d.lgs. n. 205 del 2010)

a) almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006;
b) almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008;
c) almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012.

1-bis. Nel caso in cui, dal punto di vista tecnico, ambientale ed economico, non sia realizzabile raggiungere gli obiettivi di cui al comma 1, il comune può richiedere al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una deroga al rispetto degli obblighi di cui al medesimo comma 1. Verificata la sussistenza dei requisiti stabiliti al primo periodo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può autorizzare la predetta deroga, previa stipula senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica di un accordo di programma tra Ministero, regione ed enti locali interessati, che stabilisca:
(comma introdotto dall'articolo 21 del d.lgs. n. 205 del 2010)

a) le modalità attraverso le quali il comune richiedente intende conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 181, comma 1. Le predette modalità possono consistere in compensazioni con gli obiettivi raggiunti in altri comuni;
b) la destinazione a recupero di energia della quota di rifiuti indifferenziati che residua dalla raccolta differenziata e dei rifiuti derivanti da impianti di trattamento dei rifiuti indifferenziati, qualora non destinati al recupero di materia;
c) la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, da destinare al riciclo, che il comune richiedente si obbliga ad effettuare.

1-ter. L’accordo di programma di cui al comma precedente può stabilire obblighi, in linea con le disposizioni vigenti, per il comune richiedente finalizzati al perseguimento delle finalità di cui alla parte quarta, titolo I, del presente decreto nonché stabilire modalità di accertamento dell'adempimento degli obblighi assunti nell’ambito dell’accordo di programma e prevedere una disciplina per l’eventuale inadempimento. I piani regionali si conformano a quanto previsto dagli accordi di programma di cui al presente articolo.
(comma introdotto dall'articolo 21 del d.lgs. n. 205 del 2010)

2. (comma abrogato dall'articolo 2, comma 28-ter, d.lgs. n. 4 del 2008)

3. Nel caso in cui a livello di ambito territoriale ottimale non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata un'addizionale del venti per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dell'Autorità d'ambito, istituito dall'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che ne ripartisce l'onere tra quei comuni del proprio territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal comma 1 sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli comuni.

4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo B del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, vengono stabilite la metodologia e i criteri di calcolo delle percentuali di cui ai commi 1 e 2, nonché la nuova determinazione del coefficiente di correzione di cui all'articolo 3, comma 29, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, in relazione al conseguimento degli obiettivi di cui ai commi 1 e 2.

5. Sino all'emanazione del decreto di cui al comma 4 continua ad applicarsi la disciplina attuativa di cui all'articolo 3, commi da 24 a 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

6. Le regioni tramite apposita legge [, e previa intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,] possono indicare maggiori obiettivi di riciclo e recupero.
(comma dichiarato parzialmente incostituzionale da Corte costituzionale n. 249 del 2009)

206. Accordi, contratti di programma, incentivi
(articolo così sostituito dall'articolo 2, comma 29, d.lgs. n. 4 del 2008)

1. Nel rispetto dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto al fine di perseguire la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure, con particolare riferimento alle piccole imprese, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare e le altre autorità competenti possono stipulare appositi accordi e contratti di programma con enti pubblici, con imprese di settore, soggetti pubblici o privati ed associazioni di categoria. Gli accordi ed i contratti di programma hanno ad oggetto:

a) l'attuazione di specifici piani di settore di riduzione, recupero e ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
b) la sperimentazione, la promozione, l'attuazione e lo sviluppo di processi produttivi e distributivi e di tecnologie pulite idonei a prevenire o ridurre la produzione dei rifiuti e la loro pericolosità e ad ottimizzare il recupero dei rifiuti; c) lo sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi di produzione di beni con impiego di materiali meno inquinanti e comunque riciclabili;
d) le modifiche del ciclo produttivo e la riprogettazione di componenti, macchine e strumenti di controllo;
e) la sperimentazione, la promozione e la produzione di beni progettati, confezionati e messi in commercio in modo da ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
f) la sperimentazione, la promozione e l'attuazione di attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero di rifiuti;
g) l'adozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti nell'impianto di produzione;
h) lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per l'eliminazione dei rifiuti e delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti; i) l'impiego da parte dei soggetti economici e dei soggetti pubblici dei materiali recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
l) l'impiego di sistemi di controllo del recupero e della riduzione di rifiuti.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare può altresì stipulare appositi accordi e contratti di programma con soggetti pubblici e privati o con le associazioni di categoria per:

a) promuovere e favorire l'utilizzo dei sistemi di certificazione ambientale di cui al regolamento (Cee) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001;
b) attuare programmi di ritiro dei beni di consumo al termine del loro ciclo di utilità ai fini del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero.

3. Gli accordi e i contratti di programma di cui al presente articolo non possono stabilire deroghe alla normativa comunitaria e possono prevedere semplificazioni amministrative.
(comma così sostituito dall'articolo 8-quater della legge n. 13 del 2009)

4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, sono individuate le risorse finanziarie da destinarsi, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi ed ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2 e sono fissate le modalità di stipula dei medesimi.

5. Ai sensi della comunicazione 2002/412 del 17 luglio 2002 della Commissione delle Comunità europee è inoltre possibile concludere accordi ambientali che la Commissione può utilizzare nell'ambito della autoregolamentazione, intesa come incoraggiamento o riconoscimento dei medesimi accordi, oppure della coregolamentazione, intesa come proposizione al legislatore di utilizzare gli accordi, quando opportuno.

206-bis. Accordi, contratti di programma, incentivi
(articolo introdotto dall'articolo 2, comma 29-bis, d.lgs. n. 4 del 2008)

1. Al fine di garantire l'attuazione delle norme di cui alla parte quarta del presente decreto con particolare riferimento alla prevenzione della produzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti ed all'efficacia, all'efficienza ed all'economicità della gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, nonché alla tutela della salute pubblica e dell'ambiente, è istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, l'Osservatorio nazionale sui rifiuti, in appresso denominato Osservatorio. L'Osservatorio svolge, in particolare, le seguenti funzioni:

a) vigila sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
b) provvede all'elaborazione ed all'aggiornamento permanente di criteri e specifici obiettivi d'azione, nonché alla definizione ed all'aggiornamento permanente di un quadro di riferimento sulla prevenzione e sulla gestione dei rifiuti, anche attraverso l'elaborazione di linee guida sulle modalità di gestione dei rifiuti per migliorarne efficacia, efficienza e qualità, per promuovere la diffusione delle buone pratiche e delle migliori tecniche disponibili per la prevenzione, le raccolte differenziate, il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti;
c) predispone il Programma generale di prevenzione di cui all'articolo 225 qualora il Consorzio nazionale imballaggi non provveda nei termini previsti;
d) verifica l'attuazione del Programma generale di cui all'articolo 225 ed il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio;
e) verifica i costi di gestione dei rifiuti, delle diverse componenti dei costi medesimi e delle modalità di gestione ed effettua analisi comparative tra i diversi ambiti di gestione, evidenziando eventuali anomalie;
f) verifica livelli di qualità dei servizi erogati;
g) predispone, un rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio e ne cura la trasmissione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare.

2. L'Osservatorio nazionale sui rifiuti è composto da nove membri, scelti tra persone, esperte in materia di rifiuti, di elevata qualificazione giuridico/amministrativa e tecnico/scientifica nel settore pubblico e privato, nominati, nel rispetto del principio dell'equilibrio di genere, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, di cui:

a) tre designati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di cui uno con funzione di Presidente;
b) due designati dal Ministro dello sviluppo economico, di cui uno con funzioni di vice-presidente;
c) uno designato dal Ministro della salute;
d) uno designato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali;
e) uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze;
f) uno designato dalla Conferenza Stato-regioni.

3. La durata in carica dei componenti dell'Osservatorio è disciplinata dal d.P.R. 14 maggio 2007, n. 90. Il trattamento economico dei componenti dell'Osservatorio è determinato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare.

4. Per l'espletamento dei propri compiti e funzioni, l'Osservatorio si avvale di una segreteria tecnica, costituita con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, utilizzando allo scopo le risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le modalità organizzative e di funzionamento dell'Osservatorio, nonché gli enti e le agenzie di cui esso può avvalersi.

6. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti e della Segreteria tecnica, pari a due milioni di euro, aggiornato annualmente al tasso di inflazione, provvedono, tramite contributi di pari importo complessivo, il Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all'articolo 224, i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e i Consorzi di cui agli articoli 233, 234, 235, 236 nonché quelli istituiti ai sensi degli articoli 227 e 228. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare con decreto da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente provvedimento e successivamente entro il 31 gennaio di ogni anno, determina l'entità del predetto onere da porre in capo ai Consorzi e soggetti predetti. Dette somme sono versate dal Consorzio Nazionale Imballaggi e dagli altri soggetti e Consorzi all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e della finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare» e conseguentemente all'articolo 170, il comma 13 è abrogato.

207. Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti
(abrogato dall'articolo 1, comma 5, d.lgs. n. 284 del 2006)

Capo IV - Autorizzazioni e iscrizioni

208. Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 29-ter, d.lgs. n. 4 del 2008)

1. I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente ai predetti fini; i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della parte seconda del presente decreto.

2. Resta ferma l'applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.

3. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la regione individua il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi. Alla conferenza dei servizi partecipano, con un preavviso di almeno 20 giorni, i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle autorità d’ambito e degli enti locali sul cui territorio è realizzato l’impianto, nonché il richiedente l’autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti. Nel medesimo termine di 20 giorni, la documentazione di cui al comma 1 è inviata ai componenti della conferenza di servizi. La decisione della conferenza dei servizi è assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
(comma così sostituito dall'articolo 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)

4. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi:

a) procede alla valutazione dei progetti;
b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con quanto previsto dall’articolo 177, comma 4;
(lettera così modificata dall'articolo 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)
c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale;
d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla regione.

5. Per l'istruttoria tecnica della domanda le regioni possono avvalersi delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.

6. Entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei servizi, valutando le risultanze della stessa, la regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell’impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.
(comma così modificato dall'articolo 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)

7. Nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si applicano le disposizioni dell'articolo 146 di tale decreto in materia di autorizzazione.

8. L'istruttoria si conclude entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda di cui al comma 1 con il rilascio dell'autorizzazione unica o con il diniego motivato della stessa.

9. I termini di cui al comma 8 sono interrotti, per una sola volta, da eventuali richieste istruttorie fatte dal responsabile del procedimento al soggetto interessato e ricominciano a decorrere dal ricevimento degli elementi forniti dall'interessato.

10. Ferma restando la valutazione delle eventuali responsabilità ai sensi della normativa vigente, ove l’autorità competente non provveda a concludere il procedimento di rilascio dell'autorizzazione unica entro i termini previsti al comma 8, si applica il potere sostitutivo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
(comma così modificato dall'articolo 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)

11. L'autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei principi di cui all'articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi:
(comma così modificato dall'articolo 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)

a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti che possono essere trattati;
b) per ciascun tipo di operazione autorizzata, i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti e alla modalità di verifica, monitoraggio e controllo della conformità dell'impianto al progetto approvato;
c) le misure precauzionali e di sicurezza da adottare;
d) la localizzazione dell'impianto autorizzato;
e) il metodo da utilizzare per ciascun tipo di operazione;
f) le disposizioni relative alla chiusura e agli interventi ad essa successivi che si rivelino necessarie;
g) le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate solo al momento dell'avvio effettivo dell'esercizio dell'impianto; le garanzie finanziarie per la gestione della discarica, anche per la fase successiva alla sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a quanto disposto dall'articolo 14 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
h) la data di scadenza dell'autorizzazione, in conformità con quanto previsto al comma 12;
i) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico.

11-bis. Le autorizzazioni concernenti l’incenerimento o il coincenerimento con recupero di energia sono subordinate alla condizione che il recupero avvenga con un livello elevato di efficienza energetica, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.
(comma introdotto dall'articolo 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)

12. L'autorizzazione di cui al comma 1 è concessa per un periodo di dieci anni ed è rinnovabile. A tale fine, almeno centottanta giorni prima della scadenza dell'autorizzazione, deve essere presentata apposita domanda alla regione che decide prima della scadenza dell'autorizzazione stessa. In ogni caso l'attività può essere proseguita fino alla decisione espressa, previa estensione delle garanzie finanziarie prestate. Le prescrizioni dell'autorizzazione possono essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di criticità ambientale, tenendo conto dell'evoluzione delle migliori tecnologie disponibili e nel rispetto delle garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990.

13. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.

14. Il controllo e l'autorizzazione delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 e di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 di attuazione della direttiva 2000/59/CE sui rifiuti prodotti sulle navi e dalle altre disposizioni previste in materia dalla normativa vigente. Nel caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti, l'autorizzazione delle operazioni di imbarco e di sbarco non può essere rilasciata se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti di cui all'articolo 193, comma 1, del presente decreto.

15. Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ed esclusi i casi in cui si provveda alla sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla regione ove l'interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell'impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale, l'interessato, almeno sessanta giorni prima dell'installazione dell'impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l'autorizzazione di cui al comma 1 e l'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, nonché l'ulteriore documentazione richiesta. La regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l'attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell'ambiente o della salute pubblica.

16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di valutazione di impatto ambientale.

17. Fatti salvi l'obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico da parte dei soggetti di cui all'articolo 190 ed il divieto di miscelazione di cui all'articolo 187, le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite dall'articolo 183, comma 1, lettera m).

17-bis. L'autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell'amministrazione competente al rilascio della stessa, al Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189 attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, dei seguenti elementi identificativi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica:
(comma introdotto dall'articolo 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)

a) ragione sociale;

b) sede legale dell’impresa autorizzata;

c) sede dell’impianto autorizzato;

d) attività di gestione autorizzata;

e) i rifiuti oggetto dell’attività di gestione;

f) quantità autorizzate;

g) scadenza dell’autorizzazione.

17-ter. La comunicazione dei dati di cui al comma 17-bis deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi.
(comma introdotto dall'articolo 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)

18. In caso di eventi incidenti sull'autorizzazione, questi sono comunicati, previo avviso all'interessato, al Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189.
(comma così sostituito dall'articolo 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)

19. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d'opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata.
(comma così sostituito dall'articolo 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)

20. (comma abrogato dall'articolo 22 del d.lgs. n. 205 del 2010)

209. Rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale

1. Nel rispetto delle normative comunitarie, in sede di espletamento delle procedure previste per il rinnovo delle autorizzazioni all'esercizio di un impianto ovvero per il rinnovo dell’iscrizione all’Albo di cui all’articolo 212, le imprese che risultino registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit , che abroga il regolamento (CE) n. 761/2001 e le decisioni della Commissione 2001/681/CE e 2006/193/CE o certificati Uni En Iso 14001, possono sostituire tali autorizzazioni con autocertificazione resa alle autorità competenti, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
(comma così sostituito dall'articolo 23 del d.lgs. n. 205 del 2010)

2. L'autocertificazione di cui al comma 1 deve essere accompagnata da una copia conforme del certificato di registrazione ottenuto ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al medesimo comma 1, nonché da una denuncia di prosecuzione delle attività, attestante la conformità dell'impresa, dei mezzi e degli impianti alle prescrizioni legislative e regolamentari, con allegata una certificazione dell'esperimento di prove a ciò destinate, ove previste.
3. L'autocertificazione e i relativi documenti, di cui ai commi 1 e 2, sostituiscono a tutti gli effetti l'autorizzazione alla prosecuzione, ovvero all'esercizio delle attività previste dalle norme di cui al comma 1 e ad essi si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al d.P.R. 26 aprile 1992, n. 300. Si applicano, altresì, le disposizioni sanzionatone di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

4. L'autocertificazione e i relativi documenti mantengono l'efficacia sostitutiva di cui al comma 3 fino ad un periodo massimo di centottanta giorni successivi alla data di comunicazione all'interessato della decadenza, a qualsiasi titolo avvenuta, della registrazione ottenuta ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al comma 1.

5. Salva l'applicazione delle sanzioni specifiche e salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di accertata falsità delle attestazioni contenute nell'autocertificazione e dei relativi documenti, si applica l'articolo 483 del codice penale nei confronti di chiunque abbia sottoscritto la documentazione di cui ai commi 1 e 2.

6. Resta ferma l'applicazione del titolo II-bis della parte seconda del presente decreto, relativo alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del medesimo.
(comma così modificato dall'articolo 24 del d.lgs. n. 205 del 2010)

7. I titoli abilitativi di cui al presente articolo devono essere comunicati, a cura dell'amministrazione che li rilascia, all’ISPRA, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 208, comma 17, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
(comma così modificato dall'articolo 23 del d.lgs. n. 205 del 2010)

7-bis. La comunicazione dei dati di cui al comma 7 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi.
(comma introdotto dall'articolo 23 del d.lgs. n. 205 del 2010)

210. Autorizzazioni in ipotesi particolari
(articolo abrogato dall'articolo 39, comma 3, d.lgs. n. 205 del 2010)

211. Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione

1. I termini di cui agli articoli 208 e 210 sono ridotti alla metà per l'autorizzazione alla realizzazione ed all'esercizio di impianti di ricerca e di sperimentazione qualora siano rispettate le seguenti condizioni:

a) le attività di gestione degli impianti non comportino utile economico;
b) gli impianti abbiano una potenzialità non superiore a 5 tonnellate al giorno, salvo deroghe giustificate dall'esigenza di effettuare prove di impianti caratterizzati da innovazioni, che devono però essere limitate alla durata di tali prove.

2. ha durata dell'autorizzazione di cui al comma 1 è di due anni, salvo proroga che può essere concessa previa verifica annuale dei risultati raggiunti e non può comunque superare altri due anni.

3. Qualora il progetto o la realizzazione dell'impianto non siano stati approvati e autorizzati entro il termine di cui al comma 1, l'interessato può presentare istanza al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si esprime nei successivi sessanta giorni di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell'istruzione, dell'università e della ricerca. La garanzia finanziaria in tal caso è prestata a favore dello Stato.

4. In caso di rischio di agenti patogeni o di sostanze sconosciute e pericolose dal punto di vista sanitario, l'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si esprime nei successivi sessanta giorni, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

5. L'autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell'amministrazione che la rilascia, all’ISPRA, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 208, comma 16, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
(comma così modificato dall'articolo 24 del d.lgs. n. 205 del 2010)

5-bis. La comunicazione dei dati di cui al comma 5 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi.
(comma introdotto dall'articolo 24 del d.lgs. n. 205 del 2010)

212. Albo nazionale gestori ambientali

1. È costituito, presso il Ministero dell'ambiente e tutela del territorio, l'Albo nazionale gestori ambientali, di seguito denominato Albo, articolato in un Comitato nazionale, con sede presso il medesimo Ministero, ed in Sezioni regionali e provinciali, istituite presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dei capoluoghi di regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano. I componenti del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali durano in carica cinque anni.

2. Con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono istituite sezioni speciali del Comitato nazionale per ogni singola attività soggetta ad iscrizione all'Albo, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e ne vengono fissati composizione e competenze. Il Comitato nazionale dell'Albo ha potere deliberante ed è composto da diciannove membri effettivi di comprovata e documentata esperienza tecnico-economica o giuridica nelle materie ambientali nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e designati rispettivamente:
(comma così sostituito dall'articolo 25 del d.lgs. n. 205 del 2010)

a) due dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di cui uno con funzioni di Presidente;

b) uno dal Ministro dello sviluppo economico, con funzioni di vice-Presidente;

c) uno dal Ministro della salute;

d) uno dal Ministro dell'economia e delle finanze

e) uno dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

f) uno dal Ministro dell'interno;

g) tre dalle regioni;

h) uno dall'Unione italiana delle Camere di commercio industria, artigianato e agricoltura;

i) otto dalle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative delle categorie economiche interessate, di cui due dalle organizzazioni rappresentative della categoria degli autotrasportatori e due dalle organizzazioni che rappresentano i gestori dei rifiuti e uno delle organizzazioni rappresentative delle imprese che effettuano attività di bonifica dei siti e di bonifica di beni contenenti amianto. Per ogni membro effettivo è nominato un supplente.

3. Le Sezioni regionali e provinciali dell'Albo sono istituite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sono composte:

a) dal Presidente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o da un membro del Consiglio camerale all'uopo designato dallo stesso, con funzioni di Presidente;
b) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale designato dalla regione o dalla provincia autonoma, con funzioni di vice-Presidente;
c) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dall'Unione regionale delle province o dalla provincia autonoma;
d) da un esperto di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
e)
(lettera abrogata dall'articolo 2, comma 30, d.lgs. n. 4 del 2008)
f)
(lettera aggiunta dall'articolo 2, comma 28-bis, d.lgs. n. 4 del 2008)

4. (comma abrogato dall'articolo 25 del d.lgs. n. 205 del 2010)

5. L'iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi. Sono esonerati dall'obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, al decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, e al decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, limitatamente all'attività di intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti oggetto previste nei citati articoli. Per le aziende speciali,i consorzi di comuni e le società di gestione dei servizi pubblici ci cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, l'iscrizione all'Albo è effettuata con apposita comunicazione del comune o del consorzio di comuni alla sezione regionale territorialmente competente ed è valida per i servizi di gestione dei rifiuti urbani prodotti nei medesimi comuni. Le iscrizioni di cui al presente comma, già effettuate alla data di entrata in vigore della presente disposizione, rimangono efficaci fino alla loro naturale scadenza.
(commi da 5 a 19 così sostituiti dall'articolo 25 del d.lgs. n. 205 del 2010)

6. L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e costituisce titolo per l'esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attività l’iscrizione abilita allo svolgimento delle attività medesime.

7. Gli enti e le imprese iscritte all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi sono esonerate dall’obbligo di iscrizione per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi a condizione che tale ultima attività non comporti variazione della classe per la quale le imprese sono iscritte.

8. I produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, non sono soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7 a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. Detti soggetti non sono tenuti alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritti in un'apposita sezione dell'Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell'Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione l'interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 241 del 1990:

a) la sede dell'impresa, l'attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti;
b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti;
c) gli estremi identificativi e l'idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo;
d) l’avvenuto versamento del diritto annuale di registrazione di 50 euro rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406.

L’iscrizione deve essere rinnovata ogni 10 anni e l'impresa è tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all'iscrizione. Le iscrizioni di cui al presente comma, effettuate entro il 14 aprile 2008 ai sensi e per gli effetti della normativa vigente a quella data, dovranno essere aggiornate entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

9. Le imprese di cui ai commi 5 e 8 tenute ad aderire sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), procedono, in relazione a ciascun autoveicolo utilizzato per la raccolta e il trasporto dei rifiuti, all’adempimento degli obblighi stabiliti dall’articolo 3, comma 6, lettera c), del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data in data 17 dicembre 2009. La Sezione regionale dell’Albo procede, in sede di prima applicazione entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, alla sospensione d’ufficio dall’Albo degli autoveicoli per i quali non è stato adempiuto l’obbligo di cui al precedente periodo. Trascorsi tre mesi dalla sospensione senza che l’obbligo di cui sopra sia stato adempiuto, l’autoveicolo è di diritto e con effetto immediato cancellato dall’Albo.

10. L’iscrizione all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi, per l’attività di intermediazione e di commercio dei rifiuti senza detenzione dei medesimi, è subordinata alla prestazione di idonee garanzie finanziarie a favore dello Stato i cui importi e modalità sono stabiliti con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001. Fino alla data di entrata in vigore dei predetti decreti si applicano la modalità e gli importi previsti dal decreto del Ministro dell’ambiente in data 8 ottobre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio 1997, come modificato dal decreto del Ministro dell’ambiente in data 23 aprile 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 26 giugno 1999.

11. Le imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore della regione territorialmente competente per ogni intervento di bonifica nel rispetto dei criteri generali di cui all’articolo 195, comma 2, lettera g). Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001.

12. Sono iscritti all’Albo le imprese e gli operatori logistici presso le stazioni ferroviarie, gli interporti, gli impianti di terminalizzazione, gli scali merci e i porti ai quali, nell’ambito del trasporto intermodale, sono affidati rifiuti in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa ferroviaria o navale o dell’impresa che effettua il successivo trasporto, nel caso di trasporto navale, il raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135, è delegato dall’armatore o noleggiatore, che effettuano il trasporto, per gli adempimenti relativi al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a). L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e non è subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie.

13. L'iscrizione all'Albo ed i provvedimenti di sospensione, di revoca, di decadenza e di annullamento dell'iscrizione, nonché l'accettazione, la revoca e lo svincolo delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato sono deliberati dalla Sezione regionale dell'Albo della regione ove ha sede legale l'impresa interessata, in base alla normativa vigente ed alle direttive emesse dal Comitato nazionale.

14. Avverso i provvedimenti delle Sezioni regionali dell'Albo gli interessati possono proporre, nel termine di decadenza di trenta giorni dalla notifica dei provvedimenti stessi, ricorso al Comitato nazionale dell'Albo

15. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il parere del Comitato nazionale, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono definite le attribuzioni e le modalità organizzative dell'Albo, i requisiti tecnici e finanziari delle imprese, i requisiti dei responsabili tecnici delle medesime, i termini e le modalità di iscrizione, i diritti annuali d'iscrizione. Fino all'adozione dei predetto decreto, continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406, e delle deliberazioni del Comitato nazionale dell’Albo. Il decreto di cui al presente comma si informa ai seguenti principi:

a) individuazione di requisiti per l'iscrizione, validi per tutte le sezioni, al fine di uniformare le procedure;

b) coordinamento con la vigente normativa sull'autotrasporto, sul trasporto ferroviario, sul trasporto via mare e per via navigabile interna, in coerenza con la finalità di cui alla lettera a);

c) effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e i diritti annuali di iscrizione;

d) ridefinizione dei diritti annuali d’iscrizione relativi alle imprese di trasporto dei rifiuti iscritte all’Albo nazionale gestori ambientali;

e) interconnessione e interoperabilità con le pubbliche amministrazioni competenti alla tenuta di pubblici registri;

f) riformulazione del sistema disciplinare-sanzionatorio dell’Albo e delle cause di cancellazione dell’iscrizione;

g) definizione delle competenze e delle responsabilità del responsabile tecnico.

16. Nelle more dell'emanazione dei decreti di cui al presente articolo, continuano ad applicarsi le disposizioni disciplinanti l'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti vigenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, la cui abrogazione è differita al momento della pubblicazione dei suddetti decreti.

17. Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali si provvede con le entrate derivanti dai diritti di segreteria e dai diritti annuali d'iscrizione, secondo le previsioni, anche relative alle modalità di versamento e di utilizzo, che saranno determinate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Fino all'adozione del citato decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente in data 29 dicembre 1993, e successive modificazioni, e le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente in data 13 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 1° marzo 1995. Le somme di cui all’articolo 7 comma 7, del decreto del Ministro dell’ambiente 29 in data dicembre 1993 sono versate al Capo XXXII, capitolo 2592, articolo 04, dell’entrata del Bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, al Capitolo 7082 dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

18. I compensi da corrispondere ai componenti del Comitato nazionale dell’Albo e delle Sezioni regionali dell’Albo sono determinati ai sensi dell’articolo 7, comma 5, del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, 406.

19. La disciplina regolamentare dei casi in cui, ai sensi degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'esercizio di un'attività privata può essere intrapreso sulla base della denuncia di inizio dell'attività non si applica alle domande di iscrizione e agli atti di competenza dell'Albo.
(commi da 5 a 19 così sostituiti dall'articolo 25 del d.lgs. n. 205 del 2010)

20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. (commi abrogati dall'articolo 25 del d.lgs. n. 205 del 2010)

213. Autorizzazioni integrate ambientali

1. Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, sostituiscono ad ogni effetto, secondo le modalità ivi previste:

a) le autorizzazioni di cui al presente capo;
b) la comunicazione di cui all'articolo 216, limitatamente alle attività non ricadenti nella categoria 5 dell'Allegato I del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, che, se svolte in procedura semplificata, sono escluse dall'autorizzazione ambientale integrata, ferma restando la possibilità di utilizzare successivamente le procedure semplificate previste dal capo V.

2. (comma abrogato dall'articolo 26 del d.lgs. n. 205 del 2010)

Capo V - Procedure semplificate

214. Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate
(articolo così sostituito dall'articolo 27 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. Le procedure semplificate di cui al presente capo devono garantire in ogni caso un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 177, comma 4.

2. Con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute e, per i rifiuti agricoli e le attività che generano i fertilizzanti, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all'Allegato C alla parte quarta del presente decreto sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 215 e 216. Con la medesima procedura si provvede all'aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni.

3. Le norme e le condizioni di cui al comma 2 e le procedure semplificate devono garantire che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell'uomo e da non recare pregiudizio all'ambiente. In particolare, ferma restando la disciplina del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 , per accedere alle procedure semplificate, le attività di trattamento termico e di recupero energetico devono, inoltre, rispettare le seguenti condizioni:

a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali individuati per frazioni omogenee;

b) i limiti di emissione non siano superiori a quelli stabiliti per gli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti dalla normativa vigente, con particolare riferimento al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;

c) sia garantita la produzione di una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile calcolata su base annuale;

d) siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui agli articoli 215, commi 1 e 2, e 216, commi 1, 2 e 3.

4. Sino all'adozione dei decreti di cui al comma 2 relativamente alle attività di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998 e 12 giugno 2002, n. 161.

5. L’adozione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde di cui all'Allegato III del regolamento (CE), n. 1013/2006.

6. Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3, e per l'effettuazione dei controlli periodici, l'interessato è tenuto a versare alla provincia territorialmente competente un diritto di iscrizione annuale determinato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze. Nelle more dell’emanazione del predetto decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 21 luglio 1998, n. 350.All’attuazione dei compiti indicati dal presente comma le Province provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

7. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di qualità dell'aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali e dalle altre disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali. L'autorizzazione all'esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209 e 211.

8. Alle denunce, alle comunicazioni e alle domande disciplinate dal presente capo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Si applicano, altresì, le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 216, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapresa decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia.

9. Le province comunicano al catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189, attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, dei seguenti elementi identificativi delle imprese iscritte nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3:

a) ragione sociale;

b) sede legale dell’impresa;

c) sede dell’impianto;

d) tipologia di rifiuti oggetto dell’attività di gestione;

e) relative quantità;

f) attività di gestione;

g) data di iscrizione nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3.

10. La comunicazione dei dati di cui al comma 9 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi.

11. Con uno o più decreti, emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sono individuate le condizioni alle quali l’utilizzo di un combustibile alternativo, in parziale sostituzione dei combustibili fossili tradizionali, in impianti soggetti al regime di cui al Titolo III-bis della Parte II, dotati di certificazione di qualità ambientale, sia da qualificarsi, ad ogni effetto, come modifica non sostanziale. I predetti decreti possono stabilire, nel rispetto dell’articolo 177, comma 4, le opportune modalità di integrazione ed unificazione delle procedure, anche presupposte, per l’aggiornamento dell’autorizzazione integrata ambientale, con effetto di assorbimento e sostituzione di ogni altro prescritto atto di assenso. Alle strutture eventualmente necessarie, ivi incluse quelle per lo stoccaggio e l’alimentazione del combustibile alternativo, realizzate nell’ambito del sito dello stabilimento qualora non già autorizzate ai sensi del precedente periodo, si applica il regime di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni.

214-bis. Sgombero della neve
(articolo introdotto dall'articolo 28 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. Le attività di sgombero della neve effettuate dalle pubbliche amministrazioni o da loro delegati, dai concessionari di reti infrastrutturali o infrastrutture non costituisce detenzione ai fini della lettera a) comma 1 dell'articolo 183.

215. Autosmaltimento.

1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, e siano tenute in considerazione le migliori tecniche disponibili, le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 33, d.lgs. n. 4 del 2008 poi dall'articolo 29 del d.lgs. n. 205 del 2010)

2. Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare:

a) il tipo, la quantità e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire;
b) il ciclo di provenienza dei rifiuti;
c) le condizioni per la realizzazione e l'esercizio degli impianti;
d) le caratteristiche dell'impianto di smaltimento;
e) la qualità delle emissioni e degli scarichi idrici nell'ambiente.

3. La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui al comma 1 verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell'impresa, è allegata una relazione dalla quale deve risultare:
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 34, d.lgs. n. 4 del 2008)

a) il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche specifiche di cui al comma 1;
b) il rispetto delle norme tecniche di sicurezza e delle procedure autorizzative previste dalla normativa vigente.

4. La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 35, d.lgs. n. 4 del 2008)

5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e, comunque, in caso di modifica sostanziale delle operazioni di autosmaltimento.

6. Restano sottoposte alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209, 210 e 211 le attività di autosmaltimento di rifiuti pericolosi e la discarica di rifiuti.

216. Operazioni di recupero

1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente. Nelle ipotesi di rifiuti elettrici ed elettronici di cui all'articolo 227, comma 1, lettera a), di veicoli fuori uso di cui all'articolo 227, comma 1, lettera c), e di impianti di coincenerimento, l'avvio delle attività è subordinato all'effettuazione di una visita preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della predetta comunicazione.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 36, d.lgs. n. 4 del 2008 poi dall'articolo 30 del d.lgs. n. 205 del 2010)

2. Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun tipo di attività, prevedono in particolare:

a) per i rifiuti non pericolosi:

1) le quantità massime impiegabili;
2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché le condizioni specifiche alle quali le attività medesime sono sottoposte alla disciplina prevista dal presente articolo;
3) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;

b) per i rifiuti pericolosi:

1) le quantità massime impiegabili;
2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti;
3) le condizioni specifiche riferite ai valori limite di sostanze pericolose contenute nei rifiuti, ai valori limite di emissione per ogni tipo di rifiuto ed al tipo di attività e di impianto utilizzato, anche in relazione alle altre emissioni presenti in sito;
4) gli altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di recupero;
5) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione al tipo ed alle quantità di sostanze pericolose contenute nei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente.

3. La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività e, entro il termine di cui al comma 1, verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell'impresa, è allegata una relazione dalla quale risulti:
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 37, d.lgs. n. 4 del 2008)

a) il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche di cui al comma 1;
b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti;
c) le attività di recupero che si intendono svolgere;
d) lo stabilimento, la capacità di recupero e il ciclo di trattamento o di combustione nel quale i rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati, nonché l'utilizzo di eventuali impianti mobili;
e) le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di recupero.

4. La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 36, d.lgs. n. 4 del 2008)

5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero.

6. La procedura semplificata di cui al presente articolo sostituisce, limitatamente alle variazioni qualitative e quantitative delle emissioni determinate dai rifiuti individuati dalle norme tecniche di cui al comma 1 che già fissano i limiti di emissione in relazione alle attività di recupero degli stessi, l'autorizzazione di cui all'articolo 269 in caso di modifica sostanziale dell'impianto.

7. Alle attività di cui al presente articolo si applicano integralmente le norme ordinarie per il recupero e lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati in modo effettivo al recupero.
(comma sostituito dall'articolo 30 del d.lgs. n. 205 del 2010)

8. Fermo restando il rispetto dei limiti di emissione in atmosfera di cui all'articolo 214, comma 4, lettera b), e dei limiti delle altre emissioni inquinanti stabilite da disposizioni vigenti e fatta salva l'osservanza degli altri vincoli a tutela dei profili sanitari e ambientali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, determina modalità, condizioni e misure relative alla concessione di incentivi finanziari previsti da disposizioni legislative vigenti a favore dell'utilizzazione dei rifiuti in via prioritaria in operazioni di riciclaggio e di recupero per ottenere materie, sostanze, oggetti, nonché come combustibile per produrre energia elettrica, tenuto anche conto del prevalente interesse pubblico al recupero energetico nelle centrali elettriche di rifiuti urbani sottoposti a preventive operazioni di trattamento finalizzate alla produzione di combustibile da rifiuti e di quanto previsto dal decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e successive modificazioni, nonché dalla direttiva 2009/28/CE e dalle relative disposizioni di recepimento.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 36, d.lgs. n. 4 del 2008, poi dall'articolo 30 del d.lgs. n. 205 del 2010)

8-bis. Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso l'impianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto.
(comma introdotto dall'articolo 30 del d.lgs. n. 205 del 2010)

 

8-ter. Fatto salvo quanto previsto dal comma 8, le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei centri di messa in riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonché le modalità di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni.
(comma introdotto dall'articolo 30 del d.lgs. n. 205 del 2010)

9. (comma abrogato dall'articolo 2, comma 36, d.lgs. n. 4 del 2008)

10. (comma abrogato dall'articolo 2, comma 36, d.lgs. n. 4 del 2008)

11. 12. 13. 14. 15. (commi abrogati dall'articolo 30 del d.lgs. n. 205 del 2010)

216-bis. Oli usati
(articolo introdotto dall'articolo 31 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. Fatti salvi gli obblighi riguardanti la gestione dei rifiuti pericolosi, gli oli usati sono gestiti in base alla classificazione attribuita ad essi ai sensi e per gli effetti dell´articolo 184, nel rispetto delle disposizioni della parte IV del presente decreto e, in particolare, secondo l´ordine di priorità di cui all’articolo 179, comma 1.

2. Fermo quanto previsto dall’articolo 187, il deposito temporaneo, la raccolta e il trasporto degli oli usati sono realizzati in modo da tenere costantemente separate, per quanto tecnicamente possibile, tipologie di oli usati da destinare, secondo l´ordine di priorità di cui all’articolo 179, comma 1, a processi di trattamento diversi fra loro. E’ fatto comunque divieto di miscellare gli oli minerali usati con altri tipi di rifiuti o di sostanze.

3. Gli oli usati devono essere gestiti:

a) in via prioritaria, tramite rigenerazione tesa alla produzione di basi lubrificanti;

b) in via sussidiaria e, comunque, nel rispetto dell´ordine di priorità di cui all’articolo 179, comma 1, qualora la rigenerazione sia tecnicamente non fattibile ed economicamente impraticabile, tramite combustione, nel rispetto delle disposizioni di cui al titolo III-bis della parte II del presente decreto e al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;

c) in via residuale, qualora le modalità di trattamento di cui alle precedenti lettere a) e b) non siano tecnicamente praticabili a causa della composizione degli oli usati, tramite operazioni di smaltimento di cui all’Allegato B della parte IV del presente decreto.

4. Al fine di dare priorità alla rigenerazione degli oli usati, le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano verso impianti di incenerimento e coincenerimento collocati al di fuori del territorio nazionale, sono escluse nella misura in cui ricorrano le condizioni di cui agli articoli 11 e 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006. Si applicano i principi di cui agli articoli 177 e 178, nonché il principio di prossimità.

5. Le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano verso impianti di rigenerazione collocati al di fuori del territorio nazionale sono valutate ai sensi del regolamento (CE) n. 1013/2006 e, in particolare, dell’articolo 12 del predetto regolamento.

6. Ai fini di cui al comma 5, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può individuare con uno o più decreti gli elementi da valutare secondo le facoltà concesse alle autorità di spedizione o di transito nell’esercizio delle competenze di cui agli articoli 11 e 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006.

7. Con uno o più regolamenti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare da adottarsi, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le norme tecniche per la gestione di oli usati in conformità a quanto disposto dal presente articolo.

8. I composti usati fluidi o liquidi solo parzialmente formati di olio minerale o sintetico, compresi i residui oleosi di cisterna, i miscugli di acqua e olio, le emulsioni ed altre miscele oleose sono soggette alla disciplina sugli oli usati.

216-ter. Comunicazioni alla Commissione europea
(articolo introdotto dall'articolo 31 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. I piani di gestione ed i programmi di prevenzione di cui all’articolo 199, commi 1 e 3, lettera r) e le loro eventuali revisioni sostanziali, sono comunicati al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, utilizzando il formato adottato in sede comunitaria, per la successiva trasmissione alla Commissione europea.

2. Con cadenza triennale, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Commissione europea le informazioni sull’applicazione della direttiva 2008/98/CE, inviando una relazione settoriale in formato elettronico sulla base di un questionario o di uno schema inviato dalla Commissione europea stessa sei mesi prima del periodo contemplato dalla citata relazione settoriale.

3. La relazione di cui al comma 2, trasmessa la prima volta alla Commissione europea entro nove mesi dalla fine del triennio che decorre dal 12 dicembre 2010, prevede, tra l’altro, le informazioni sulla gestione degli oli usati, sui progressi compiuti nell’attuazione dei programmi di prevenzione dei rifiuti, di cui all’articolo 199, comma 3, lettera r), e sulla misure previste dall’eventuale attuazione del principio della responsabilità estesa del produttore, di cui all’articolo 178-bis, comma 1, lettera a).

4. Gli obiettivi di cui all’articolo 181 relativi alla preparazione per il riutilizzo e al riciclaggio di rifiuti, sono comunicati alla Commissione europea con i tempi e le modalità descritte nei commi 2 e 3.

5. La parte quarta del presente decreto nonché i provvedimenti inerenti la gestione dei rifiuti, sono comunicati alla Commissione europea.

Titolo II - Gestione degli imballaggi

217. Ambito di applicazione

1. Il presente titolo disciplina la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia per prevenirne e ridurne l'impatto sull'ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell'ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato, nonché per evitare discriminazioni nei confronti dei prodotti importati, prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi e distorsioni della concorrenza e garantire il massimo rendimento possibile degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, in conformità alla direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, come integrata e modificata dalla direttiva 2004/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, di cui la parte quarta del presente decreto costituisce recepimento nell'ordinamento interno. I sistemi di gestione devono essere aperti alla partecipazione degli operatori economici interessati.

2. La disciplina di cui al comma 1 riguarda la gestione di tutti gli imballaggi immessi sul mercato nazionale e di tutti i rifiuti di imballaggio derivanti dal loro impiego, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali, uffici, negozi, servizi, nuclei domestici, a qualsiasi titolo, qualunque siano i materiali che li compongono. Gli operatori delle rispettive filiere degli imballaggi nel loro complesso garantiscono, secondo i principi della "responsabilità condivisa", che l'impatto ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia ridotto al minimo possibile per tutto il ciclo di vita.

3. Restano fermi i vigenti requisiti in materia di qualità degli imballaggi, come quelli relativi alla sicurezza, alla protezione della salute e all'igiene dei prodotti imballati, nonché le vigenti disposizioni in materia di trasporto e sui rifiuti pericolosi.

218. Definizioni

1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo si intende per:

a) imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo;
b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore;
c) imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all'utente finale o al consumatore, o che serva soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;
d) imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed aerei;
e) imballaggio riutilizzabile: imballaggio o componente di imballaggio che è stato concepito e progettato per sopportare nel corso del suo ciclo di vita un numero minimo di viaggi o rotazioni all'interno di un circuito di riutilizzo.
f) rifiuto di imballaggio: ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all'articolo 183, comma 1, lettera a), esclusi i residui della produzione;
g) gestione dei rifiuti di imballaggio: le attività di gestione di cui all'articolo 183, comma 1, lettera d);
h) prevenzione: riduzione, in particolare attraverso lo sviluppo di prodotti e di tecnologie non inquinanti, della quantità e della nocività per l'ambiente sia delle materie e delle sostanze utilizzate negli imballaggi e nei rifiuti di imballaggio, sia degli imballaggi e rifiuti di imballaggio nella fase del processo di produzione, nonché in quella della commercializzazione, della distribuzione, dell'utilizzazione e della gestione post-consumo;
i) riutilizzo: qualsiasi operazione nella quale l'imballaggio concepito e progettato per poter compiere, durante il suo ciclo di vita, un numero minimo di spostamenti o rotazioni è riempito di nuovo o reimpiegato per un uso identico a quello per il quale è stato concepito, con o senza il supporto di prodotti ausiliari presenti sul mercato che consentano il riempimento dell'imballaggio stesso; tale imballaggio riutilizzato diventa rifiuto di imballaggio quando cessa di essere reimpiegato;
l) riciclaggio: ritrattamento in un processo di produzione dei rifiuti di imballaggio per la loro funzione originaria o per altri fini, incluso il riciclaggio organico e ad esclusione del recupero di energia;
m) recupero dei rifiuti generati da imballaggi: le operazioni che utilizzano rifiuti di imballaggio per generare materie prime secondarie, prodotti o combustibili, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, inclusa la cernita, e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto;
n) recupero di energia: l'utilizzazione di rifiuti di imballaggio combustibili quale mezzo per produrre energia mediante termovalorizzazione con o senza altri rifiuti ma con recupero di calore;
o) riciclaggio organico: il trattamento aerobico (compostaggio) o anaerobico (biometanazione), ad opera di microrganismi e in condizioni controllate, delle parti biodegradabili dei rifiuti di imballaggio, con produzione di residui organici stabilizzanti o di biogas con recupero energetico, ad esclusione dell'interramento in discarica, che non può essere considerato una forma di riciclaggio organico;
p) smaltimento: ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente un imballaggio o un rifiuto di imballaggio dal circuito economico e/o di raccolta e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto;
q) operatori economici: i produttori, gli utilizzatori, i recuperatori, i riciclatori, gli utenti finali, le pubbliche amministrazioni e i gestori;
r) produttori: i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio;
s) utilizzatori: i commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento, gli utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi pieni;
t) pubbliche amministrazioni e gestori: i soggetti e gli enti che provvedono alla organizzazione, controllo e gestione del servizio di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rifiuti urbani nelle forme di cui alla parte quarta del presente decreto o loro concessionari;
u) utente finale: il soggetto che nell'esercizio della sua attività professionale acquista, come beni strumentali, articoli o merci imballate;
v) consumatore: il soggetto che fuori dall'esercizio di una attività professionale acquista o importa per proprio uso imballaggi, articoli o merci imballate;
z) accordo volontario: accordo formalmente concluso tra le pubbliche amministrazioni competenti e i settori economici interessati, aperto a tutti i soggetti interessati, che disciplina i mezzi, gli strumenti e le azioni per raggiungere gli obiettivi di cui all'articolo 220;
aa) filiera: organizzazione economica e produttiva che svolge la propria attività, dall'inizio del ciclo di lavorazione al prodotto finito di imballaggio, nonché svolge attività di recupero e riciclo a fine vita dell'imballaggio stesso;
bb) ritiro: l'operazione di ripresa dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico, nonché dei rifiuti speciali assimilati, gestita dagli operatori dei servizi di igiene urbana o simili;
cc) ripresa: l'operazione di restituzione degli imballaggi usati secondari e terziari dall'utilizzatore o utente finale, escluso il consumatore, al fornitore della merce o distributore e, a ritroso, lungo la catena logistica di fornitura fino al produttore dell' imballaggio stesso;
dd) imballaggio usato: imballaggio secondario o terziario già utilizzato e destinato ad essere ritirato o ripreso.

2. La definizione di imballaggio di cui alle lettere da a) ad e) del comma 1 è inoltre basata sui criteri interpretativi indicati nell'articolo 3 della direttiva 94/62/CEE, così come modificata dalla direttiva 2004/12/CE e sugli esempi illustrativi riportati nell'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.

219. Criteri informatori dell'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio

1. L'attività di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio si informa ai seguenti princìpi generali:

a) incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della quantità e della pericolosità nella fabbricazione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, soprattutto attraverso iniziative, anche di natura economica in conformità ai princìpi del diritto comunitario, volte a promuovere lo sviluppo di tecnologie pulite ed a ridurre a monte la produzione e l'utilizzazione degli imballaggi, nonché a favorire la produzione di imballaggi riutilizzabili ed il loro concreto riutilizzo;
b) incentivazione del riciclaggio e del recupero di materia prima, sviluppo della raccolta differenziata di rifiuti di imballaggio e promozione di opportunità di mercato per incoraggiare l'utilizzazione dei materiali ottenuti da imballaggi riciclati e recuperati;
c) riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggio destinati allo smaltimento finale attraverso le altre forme di recupero;
d) applicazione di misure di prevenzione consistenti in programmi nazionali o azioni analoghe da adottarsi previa consultazione degli operatori economici interessati.

2. Al fine di assicurare la responsabilizzazione degli operatori economici conformemente al principio «chi inquina paga» nonché la cooperazione degli stessi secondo i princìpi della «responsabilità condivisa», l'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio si ispira, inoltre, ai seguenti princìpi:

a) individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico, garantendo che il costo della raccolta differenziata, della valorizzazione e dell'eliminazione dei rifiuti di imballaggio sia sostenuto dai produttori e dagli utilizzatori in proporzione alle quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale e che la pubblica amministrazione organizzi la raccolta differenziata;
b) promozione di forme di cooperazione tra i soggetti pubblici e privati;
c) informazione agli utenti degli imballaggi ed in particolare ai consumatori secondo le disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale;
d) incentivazione della restituzione degli imballaggi usati e del conferimento dei rifiuti di imballaggio in raccolta differenziata da parte del consumatore.

3. Le informazioni di cui alla lettera c) del comma 2 riguardano in particolare:

a) i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;
b) il ruolo degli utenti di imballaggi e dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
c) il significato dei marchi apposti sugli imballaggi quali si presentano sul mercato;
d) gli elementi significativi dei programmi di gestione per gli imballaggi ed i rifiuti di imballaggio, di cui all'articolo 225, comma 1, e gli elementi significativi delle specifiche previsioni contenute nei piani regionali ai sensi dell'articolo 225, comma 6.

4. In conformità alle determinazioni assunte dalla Commissione dell'Unione europea, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono adottate le misure tecniche necessarie per l'applicazione delle disposizioni del presente titolo, con particolare riferimento agli imballaggi pericolosi, anche domestici, nonché agli imballaggi primari di apparecchiature mediche e prodotti farmaceutici, ai piccoli imballaggi ed agli imballaggi di lusso. Qualora siano coinvolti aspetti sanitari, il predetto decreto è adottato di concerto con il Ministro della salute.

5. Tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell'Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. Il predetto decreto dovrà altresì prescrivere l'obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell'imballaggio da parte dell'industria interessata, la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 97/129/CE della Commissione.

220. Obiettivi di recupero e di riciclaggio

1. Per conformarsi ai princìpi di cui all'articolo 219, i produttori e gli utilizzatori devono conseguire gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio in conformità alla disciplina comunitaria indicati nell'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.

2. Per garantire il controllo del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e di recupero, il Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all'articolo 224 acquisisce da tutti i soggetti che operano nel settore degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi i dati relativi al riciclaggio e al recupero degli stessi e comunica annualmente alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti, utilizzando il modello unico di dichiarazione di cui all'articolo 1 della legge 25 gennaio 1994, n. 70, i dati, riferiti all'anno solare precedente, relativi al quantitativo degli imballaggi per ciascun materiale e per tipo di imballaggio immesso sul mercato, nonché, per ciascun materiale, la quantità degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio riciclati e recuperati provenienti dal mercato nazionale. Le predette comunicazioni possono essere presentate dai soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), per coloro i quali hanno aderito ai sistemi gestionali ivi previsti ed inviate contestualmente al Consorzio nazionale imballaggi. I rifiuti di imballaggio esportati dalla Comunità  sono presi in considerazione, ai fini dell'adempimento degli obblighi e del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, solo se sussiste idonea documentazione comprovante che l'operazione di recupero e/o di riciclaggio è stata effettuata con modalità equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione comunitaria. L'Autorità di cui all'articolo 207, entro centoventi giorni dalla sua istituzione, redige un elenco dei Paesi extracomunitari in cui le operazioni di recupero e/o di riciclaggio sono considerate equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione comunitaria, tenendo conto anche di eventuali decisioni e orientamenti dell'Unione europea in materia.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 30-bis, d.lgs. n. 4 del 2008, poi dall'articolo 5, comma 2-bis, legge n. 13 del 2009)

3. (abrogato dall'articolo 2, comma 30-bis, d.lgs. n. 4 del 2008)

4. Le pubbliche amministrazioni e i gestori incoraggiano, ove opportuno, l'uso di materiali ottenuti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti mediante:

a) il miglioramento delle condizioni di mercato per tali materiali;
b) la revisione delle norme esistenti che impediscono l'uso di tali materiali.

5. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 224, comma 3, lettera e), qualora gli obiettivi complessivi di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio come fissati al comma 1 non siano raggiunti alla scadenza prevista, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle attività produttive, alle diverse tipologie di materiali di imballaggi sono applicate misure di carattere economico, proporzionate al mancato raggiungimento di singoli obiettivi, il cui introito è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Dette somme saranno utilizzate per promuovere la prevenzione, la raccolta differenziata, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio.

6. Gli obiettivi di cui al comma 1 sono riferiti ai rifiuti di imballaggio generati sul territorio nazionale, nonché a tutti i sistemi di riciclaggio e di recupero al netto degli scarti e sono adottati ed aggiornati in conformità alla normativa comunitaria con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive.

7. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle attività produttive notificano alla Commissione dell'Unione europea, ai sensi e secondo le modalità di cui agli articoli 12, 16 e 17 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, la relazione sull'attuazione delle disposizioni del presente titolo accompagnata dai dati acquisiti ai sensi del comma 2 e i progetti delle misure che si intendono adottare nell'ambito del titolo medesimo.

8. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle attività produttive forniscono periodicamente all'Unione europea e agli altri Paesi membri i dati sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio secondo le tabelle e gli schemi adottati dalla Commissione dell'Unione europea con la decisione 2005/270/CE del 22 marzo 2005.

221. Obblighi dei produttori e degli utilizzatori

1. I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti.

2. Nell'ambito degli obiettivi di cui agli articoli 205 e 220 e del Programma di cui all'articolo 225, i produttori e gli utilizzatori, su richiesta del gestore del servizio e secondo quanto previsto dall'accordo di programma di cui all'articolo 224, comma 5, adempiono all'obbligo del ritiro dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico della stessa natura e raccolti in modo differenziato. A tal fine, per garantire il necessario raccordo con l'attività di raccolta differenziata organizzata dalle pubbliche amministrazioni e per le altre finalità indicate nell'articolo 224, i produttori e gli utilizzatori partecipano al Consorzio nazionale imballaggi, salvo il caso in cui venga adottato uno dei sistemi di cui al comma 3, lettere a) e c) del presente articolo.

3. Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi della ripresa degli imballaggi usati e della raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private, e con riferimento all'obbligo del ritiro, su indicazione del Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224, dei rifiuti di imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori possono alternativamente:

a) organizzare autonomamente la gestione dei propri rifiuti di imballaggio su tutto il territorio nazionale;
(lettera così modificata dall'articolo 2, comma 30-ter, d.lgs. n. 4 del 2008)
b) aderire ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223;
c) attestare sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri l'autosufficienza del sistema, nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui ai commi 5 e 6.

4. Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli imballaggi usati secondari e terziari e i rifiuti di imballaggio secondari e terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi concordato. Gli utilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i suddetti imballaggi e rifiuti di imballaggio nei limiti derivanti dai criteri determinati ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera e).
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 30-ter, d.lgs. n. 4 del 2008)

5. I produttori che non intendono aderire al Consorzio Nazionale Imballaggi e a un Consorzio di cui all'articolo 223, devono presentare all'Osservatorio nazionale sui rifiuti il progetto del sistema di cui al comma 3, lettere a) o c) richiedendone il riconoscimento sulla base di idonea documentazione. Il progetto va presentato entro novanta giorni dall'assunzione della qualifica di produttore ai sensi dell'articolo 218, comma 1, lettera r) o prima del recesso da uno dei suddetti Consorzi. Il recesso sarà, in ogni caso, efficace solo dal momento in cui, intervenuto il riconoscimento, l'Osservatorio accerti il funzionamento del sistema e ne dia comunicazione al Consorzio, permanendo fino a tale momento l'obbligo di corrispondere il contributo ambientale di cui all'articolo 224, comma 3, lettera h). Per ottenere il riconoscimento i produttori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi di recupero e di riciclaggio di cui all'articolo 220. I produttori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali degli imballaggi siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'osservatorio, sulla base dei necessari elementi di valutazione forniti dal Consorzio nazionale imballaggi, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'osservatorio sarà tenuto a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite. Sono fatti salvi i riconoscimenti già operati ai sensi della previgente normativa.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 30-ter, d.lgs. n. 4 del 2008, poi dall'articolo 5, comma 2-ter, legge n. 13 del 2009)

6. I produttori di cui al comma 5 elaborano e trasmettono al Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224 un proprio Programma specifico di prevenzione che costituisce la base per l'elaborazione del programma generale di cui all'articolo 225.

7. Entro il 30 settembre di ogni anno i produttori di cui al comma 5 presentano all'Autorità prevista dall'articolo 207 e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione di cui all'articolo 225.

8. Entro il 31 maggio di ogni anno, i produttori di cui al comma 5 sono inoltre tenuti a presentare all'Autorità prevista dall'articolo 207 ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all'anno solare precedente, comprensiva dell'indicazione nominativa degli utilizzatori che, fino al consumo, partecipano al sistema di cui al comma 3, lettere a) o c), del programma specifico e dei risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio; nella stessa relazione possono essere evidenziati i problemi inerenti il raggiungimento degli scopi istituzionali e le eventuali proposte di adeguamento della normativa.

9. Il mancato riconoscimento del sistema ai sensi del comma 5, o la revoca disposta dall'Autorità, previo avviso all'interessato, qualora i risultati ottenuti siano insufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 220 ovvero siano stati violati gli obblighi previsti dai commi 6 e 7, comportano per i produttori l'obbligo di partecipare ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223 e, assieme ai propri utilizzatori di ogni livello fino al consumo, al consorzio previsto dall'articolo 224. I provvedimenti dell'Autorità sono comunicati ai produttori interessati e al Consorzio nazionale imballaggi. L'adesione obbligatoria ai consorzi disposta in applicazione del presente comma ha effetto retroattivo ai soli fini della corresponsione del contributo ambientale previsto dall'articolo 224, comma 3, lettera h), e dei relativi interessi di mora. Ai produttori e agli utilizzatori che, entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione dell'Autorità, non provvedano ad aderire ai consorzi e a versare le somme a essi dovute si applicano inoltre le sanzioni previste dall'articolo 261.

10. Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori:
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 30-ter, d.lgs. n. 4 del 2008)

a) i costi per il ritiro degli imballaggi usati e la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari;
b) il corrispettivo per i maggiori oneri relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico per i quali l'Autorità d'ambito richiede al Consorzio nazionale imballaggi o per esso ai soggetti di cui al comma 3 di procedere al ritiro;
c) i costi per il riutilizzo degli imballaggi usati;
d) i costi per il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio;
e) i costi per lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari.

11. La restituzione di imballaggi usati o di rifiuti di imballaggio, ivi compreso il conferimento di rifiuti in raccolta differenziata, non deve comportare oneri economici per il consumatore.

222. Raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione

1. La pubblica amministrazione deve organizzare sistemi adeguati di raccolta differenziata in modo da permettere al consumatore di conferire al servizio pubblico rifiuti di imballaggio selezionati dai rifiuti domestici e da altri tipi di rifiuti di imballaggio. In particolare:

a) deve essere garantita la copertura omogenea del territorio in ciascun ambito territoriale ottimale, tenuto conto del contesto geografico;
b) la gestione della raccolta differenziata deve essere effettuata secondo criteri che privilegino l'efficacia, l'efficienza e l'economicità del servizio, nonché il coordinamento con la gestione di altri rifiuti.

2. Nel caso in cui l'osservatorio nazionale sui rifiuti accerti che le pubbliche amministrazioni non abbiano attivato sistemi adeguati di raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, anche per il raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 205, ed in particolare di quelli di recupero e riciclaggio di cui all'articolo 220, può richiedere al Consorzio nazionale imballaggi di sostituirsi ai gestori dei servizi di raccolta differenziata, anche avvalendosi di soggetti pubblici o privati individuati dal Consorzio nazionale imballaggi medesimo mediante procedure trasparenti e selettive, in via temporanea e d'urgenza, comunque per un periodo non superiore a ventiquattro mesi, sempre che ciò avvenga all'interno di ambiti ottimali opportunamente identificati, per l'organizzazione e/o integrazione del servizio ritenuto insufficiente. Qualora il Consorzio nazionale imballaggi, per raggiungere gli obiettivi di recupero e riciclaggio previsti dall'articolo 220, decida di aderire alla richiesta, verrà al medesimo corrisposto il valore della tariffa applicata per la raccolta dei rifiuti urbani corrispondente, al netto dei ricavi conseguiti dalla vendita dei materiali e del corrispettivo dovuto sul ritiro dei rifiuti di imballaggio e delle frazioni merceologiche omogenee. Ove il Consorzio nazionale imballaggi non dichiari di accettare entro quindici giorni dalla richiesta, l'Autorità, nei successivi quindici giorni, individua, mediante procedure trasparenti e selettive, un soggetto di comprovata e documentata affidabilità e capacità a cui affidare la raccolta differenziata e conferire i rifiuti di imballaggio in via temporanea e d'urgenza, fino all'espletamento delle procedure ordinarie di aggiudicazione del servizio e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi in caso di impossibilità oggettiva e documentata di aggiudicazione.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 30-ter bis, d.lgs. n. 4 del 2008)

3. Le pubbliche amministrazioni incoraggiano, ove opportuno, l'utilizzazione di materiali provenienti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti.

4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle attività produttive curano la pubblicazione delle misure e degli obiettivi oggetto delle campagne di informazione di cui all'articolo 224, comma 3, lettera g).

5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive cura la pubblicazione delle norme nazionali che recepiscono le norme armonizzate di cui all'articolo 226, comma 3, e ne dà comunicazione alla Commissione dell'Unione europea.

223. Consorzi
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 30-quater, d.lgs. n. 4 del 2008)

1. I produttori che non provvedono ai sensi dell'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), costituiscono un Consorzio per ciascun materiale di imballaggio di cui all'allegato E della parte quarta del presente decreto, operante su tutto il territorio nazionale. Ai Consorzi possono partecipare i recuperatori, ed i riciclatori che non corrispondono alla categoria dei produttori, previo accordo con gli altri consorziati ed unitamente agli stessi.

2. I consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro e sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo, redatto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre 2008, conformemente ai princìpi del presente decreto e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che lo approva nei successivi novanta giorni, con suo provvedimento adottato di concerto con il Ministro delle attività produttive. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le relative osservazioni. Entro il 31 dicembre 2008 i Consorzi già riconosciuti dalla previgente normativa adeguano il proprio statuto in conformità al nuovo schema tipo e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera Concorrenza nelle attività di settore, ai sensi dell'articolo 221, comma 2. Nei consigli di amministrazione dei consorzi il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei riciclatori e dei recuperatori deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime di imballaggio. Lo statuto adottato da ciascun Consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, salvo motivate osservazioni cui i Consorzi sono tenuti ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora i Consorzi non ottemperino nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

3. I consorzi di cui al comma 1 e 2 sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione finanziaria. A tal fine i mezzi finanziari per il funzionamento dei predetti consorzi derivano dai contributi dei consorziati e dai versamenti effettuati dal Consorzio nazionale imballaggi ai sensi dell'articolo 224, comma 3, lettera h), secondo le modalità indicate dall'articolo 224, comma 8, dai proventi della cessione, nel rispetto dei princìpi della concorrenza e della corretta gestione ambientale, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio ripresi, raccolti o ritirati, nonché da altri eventuali proventi e contributi di consorziati o di terzi.

4. Ciascun Consorzio mette a punto e trasmette al CONAI e all'Osservatorio nazionale sui rifiuti un proprio programma pluriennale di prevenzione della produzione di rifiuti d'imballaggio entro il 30 settembre di ogni anno.

5. Entro il 30 settembre di ogni anno i consorzi di cui al presente articolo presentano all'Osservatorio nazionale sui rifiuti e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione.

6. Entro il 31 maggio di ogni anno, i consorzi di cui al presente articolo sono inoltre tenuti a presentare all'Osservatorio nazionale sui rifiuti ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all'anno precedente, con l'indicazione nominativa dei consorziati, il programma specifico ed i risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio.

224. Consorzio nazionale imballaggi
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 30-quinquies, d.lgs. n. 4 del 2008)

1. Per il raggiungimento degli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio e per garantire il necessario coordinamento dell'attività di raccolta differenziata, i produttori e gli utilizzatori, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 221, comma 2, partecipano in forma paritaria al Consorzio nazionale imballaggi, in seguito denominato CONAI, che ha personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro ed è retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive.

2. Entro il 30 giugno 2008, il CONAI adegua il proprio statuto ai princìpi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore, ai sensi dell'articolo 221, comma 2. Lo statuto adottato è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che lo approva di concerto con il Ministro delle attività produttive, salvo motivate osservazioni cui il CONAI è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il CONAI non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive.

3. Il CONAI svolge le seguenti funzioni:

a) definisce, in accordo con le regioni e con le pubbliche amministrazioni interessate, gli ambiti territoriali in cui rendere operante un sistema integrato che comprenda la raccolta, la selezione e il trasporto dei materiali selezionati a centri di raccolta o di smistamento;
b) definisce, con le pubbliche amministrazioni appartenenti ai singoli sistemi integrati di cui alla lettera a), le condizioni generali di ritiro da parte dei produttori dei rifiuti selezionati provenienti dalla raccolta differenziata;
c) elabora ed aggiorna, valutati i programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221, comma 6, e 223, comma 4, il Programma generale per la prevenzione e la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225;
d) promuove accordi di programma con gli operatori economici per favorire il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio e ne garantisce l'attuazione;
e) assicura la necessaria cooperazione tra i consorzi di cui all'articolo 223, i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e gli altri operatori economici, anche eventualmente destinando una quota del contributo ambientale CONAI, di cui alla lettera h), ai consorzi che realizzano percentuali di recupero o di riciclo superiori a quelle minime indicate nel Programma generale, al fine del conseguimento degli obiettivi globali di cui all'Allegato E alla parte quarta del presente decreto. Ai consorzi che non raggiungono i singoli obiettivi di recupero è in ogni caso ridotta la quota del contributo ambientale ad essi riconosciuto dal Conai;
f) indirizza e garantisce il necessario raccordo tra le amministrazioni pubbliche, i consorzi e gli altri operatori economici;
g) organizza, in accordo con le pubbliche amministrazioni, le campagne di informazione ritenute utili ai fini dell'attuazione del Programma generale;
h) ripartisce tra i produttori e gli utilizzatori il corrispettivo per i maggiori oneri della raccolta differenziata di cui all'articolo 221, comma 10, lettera b), nonché gli oneri per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio di raccolta differenziata, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell'anno precedente per ciascuna tipologia di materiale. A tal fine determina e pone a carico dei consorziati, con le modalità individuate dallo statuto, anche in base alle utilizzazioni e ai criteri di cui al comma 8, il contributo denominato contributo ambientale CONAI;
i) promuove il coordinamento con la gestione di altri rifiuti previsto dall'articolo 222, comma 1, lettera b), anche definendone gli ambiti di applicazione;
l) promuove la conclusione, su base volontaria, di accordi tra i consorzi di cui all'articolo 223 e i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), con soggetti pubblici e privati. Tali accordi sono relativi alla gestione ambientale della medesima tipologia di materiale oggetto dell'intervento dei consorzi con riguardo agli imballaggi, esclusa in ogni caso l'utilizzazione del contributo ambientale CONAI;
m) fornisce i dati e le informazioni richieste dall'Autorità di cui all'articolo 207 e assicura l'osservanza degli indirizzi da questa tracciati;
n) acquisisce da enti pubblici o privati, nazionali o esteri, i dati relativi ai flussi degli imballaggi in entrata e in uscita dal territorio nazionale e i dati degli operatori economici coinvolti. Il conferimento di tali dati al CONAI e la raccolta, l'elaborazione e l'utilizzo degli stessi da parte di questo si considerano, ai fini di quanto previsto dall'articolo 178, comma 1, di rilevante interesse pubblico ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

4. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal CONAI e dai consorzi di cui all'articolo 223 nelle riserve costituenti il loro patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati ed agli aderenti di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei predetti sistemi gestionali, dei consorzi e del CONAI.

5. Il CONAI può stipulare un accordo di programma quadro su base nazionale con l'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI), con l'Unione delle province italiane (PI) o con le Autorità d'ambito al fine di garantire l'attuazione del principio di corresponsabilità gestionale tra produttori, utilizzatori e pubbliche amministrazioni. In particolare, tale accordo stabilisce:

a) l'entità dei maggiori oneri per la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, di cui all'articolo 221, comma 10, lettera b), da versare alle competenti pubbliche amministrazioni, determinati secondo criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza di gestione del servizio medesimo, nonché sulla base della tariffa di cui all'articolo 238, dalla data di entrata in vigore della stessa;
b) gli obblighi e le sanzioni posti a carico delle parti contraenti;
c) le modalità di raccolta dei rifiuti da imballaggio in relazione alle esigenze delle attività di riciclaggio e di recupero.

6. L'accordo di programma di cui al comma 5 è trasmesso all'Autorità di cui all'articolo 207, che può richiedere eventuali modifiche ed integrazioni entro i successivi sessanta giorni.

7. Ai fini della ripartizione dei costi di cui al comma 3, lettera h), sono esclusi dal calcolo gli imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato previa cauzione.

8. Il contributo ambientale del Conai è utilizzato in via prioritaria per il ritiro degli imballaggi primari o comunque conferiti al servizio pubblico e, in via accessoria, per l'organizzazione dei sistemi di raccolta, recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari. A tali fini, tale contributo è attribuito dal Conai, sulla base di apposite convenzioni, ai soggetti di cui all'articolo 223, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell'anno precedente per ciascuna tipologia di materiale. Il CONAI provvede ai mezzi finanziari necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni con i proventi dell'attività, con i contributi dei consorziati e con una quota del contributo ambientale CONAI, determinata nella misura necessaria a far fronte alle spese derivanti dall'espletamento, nel rispetto dei criteri di contenimento dei costi e di efficienza della gestione, delle funzioni conferitegli dal presente titolo nonché con altri contributi e proventi di consorziati e di terzi, compresi quelli dei soggetti di cui all'articolo 221, lettere a) e c), per le attività svolte in loro favore in adempimento alle prescrizioni di legge.

9. L'applicazione del contributo ambientale CONAI esclude l'assoggettamento del medesimo bene e delle materie prime che lo costituiscono ad altri contributi con finalità ambientali previsti dalla parte quarta del presente decreto o comunque istituiti in applicazione del presente decreto.

10. Al Consiglio di amministrazione del CONAI partecipa con diritto di voto un rappresentante dei consumatori indicato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministro delle attività produttive.

11. (comma abrogato dall'articolo 2, comma 30-quinquies, d.lgs. n. 4 del 2008)

12. In caso di mancata stipula dell'accordo di cui al comma 5, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare invita le parti a trovare un'intesa entro sessanta giorni, decorsi i quali senza esito positivo, provvede direttamente, d'intesa con Ministro dello sviluppo economico, a definire il corrispettivo di cui alla lettera a) del comma 5. L'accordo di cui al comma 5 è sottoscritto, per le specifiche condizioni tecniche ed economiche relative al ritiro dei rifiuti di ciascun materiale d'imballaggio, anche dal competente Consorzio di cui all'articolo 223. Nel caso in cui uno di questi Consorzi non lo sottoscriva e/o non raggiunga le intese necessarie con gli enti locali per il ritiro dei rifiuti d'imballaggio, il Conai subentra nella conclusione delle convenzioni locali al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio previsti dall'articolo 220.

13. Nel caso siano superati, a livello nazionale, gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio indicati nel programma generale di prevenzione e gestione degli imballaggi di cui all'articolo 225, il CONAI adotta, nell'ambito delle proprie disponibilità finanziarie, forme particolari di incentivo per il ritiro dei rifiuti di imballaggi nelle aree geografiche che non abbiano ancora raggiunto gli obiettivi di raccolta differenziata di cui all'articolo 205, comma 1, entro i limiti massimi di riciclaggio previsti dall'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.

225. Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio

1. Sulla base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221, comma 6, e 223, comma 4, il CONAI elabora annualmente un Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio che individua, con riferimento alle singole tipologie di materiale di imballaggio, le misure per conseguire i seguenti obiettivi:

a) prevenzione della formazione dei rifiuti di imballaggio;
b) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riciclabili rispetto alla quantità di imballaggi non riciclabili;
c) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riutilizzabili rispetto alla quantità di imballaggi non riutilizzabili;
d) miglioramento delle caratteristiche dell'imballaggio allo scopo di permettere ad esso di sopportare più tragitti o rotazioni nelle condizioni di utilizzo normalmente prevedibili;
e) realizzazione degli obiettivi di recupero e riciclaggio.

2. Il Programma generale di prevenzione determina, inoltre:

a) la percentuale in peso di ciascuna tipologia di rifiuti di imballaggio da recuperare ogni cinque anni e, nell'ambito di questo obiettivo globale, sulla base della stessa scadenza, la percentuale in peso da riciclare delle singole tipologie di materiali di imballaggio, con un minimo percentuale in peso per ciascun materiale;
b) gli obiettivi intermedi di recupero e riciclaggio rispetto agli obiettivi di cui alla lettera a).

3. Entro il 30 novembre di ogni anno il CONAI trasmette all'Osservatorio nazionale sui rifiuti un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 30-quinquies bis, d.lgs. n. 4 del 2008)

4. La relazione generale consuntiva relativa all'anno solare precedente è trasmessa per il parere all'Autorità di cui all'articolo 207, entro il 30 giugno di ogni anno. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l'ANCI si provvede alla approvazione ed alle eventuali modificazioni e integrazioni del Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio.

5. Nel caso in cui il Programma generale non sia predisposto, lo stesso è elaborato in via sostitutiva dall'Osservatorio nazionale sui rifiuti. In tal caso gli obiettivi di recupero e riciclaggio sono quelli massimi previsti dall'allegato E alla parte quarta del presente decreto.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 30-quinquies bis, d.lgs. n. 4 del 2008)

6. I piani regionali di cui all'articolo 199 sono integrati con specifiche previsioni per la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sulla base del programma di cui al presente articolo.

226. Divieti

1. È vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio.

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 221, comma 4, è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Eventuali imballaggi secondari non restituiti all'utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata nei limiti previsti dall'articolo 221, comma 4.

3. Possono essere commercializzati solo imballaggi rispondenti agli standard europei fissati dal Comitato europeo normalizzazione in conformità ai requisiti essenziali stabiliti dall'articolo 9 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive sono aggiornati i predetti standard, tenuto conto della comunicazione della Commissione europea 2005/C44/13. Sino all'emanazione del predetto decreto si applica l'Allegato F alla parte quarta del presente decreto.

4. È vietato immettere sul mercato imballaggi o componenti di imballaggio, ad eccezione degli imballaggi interamente costituiti di cristallo, con livelli totali di concentrazione di piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente superiore a 100 parti per milione (ppm) in peso. Per gli imballaggi in vetro si applica la decisione 2001/171/CE del 19 febbraio 2001 e per gli imballaggi in plastica si applica la decisione 1999/177/CE  dell' 8 febbraio 1999.

5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive sono determinate, in conformità alle decisioni dell'Unione europea:

a) le condizioni alle quali i livelli di concentrazione di cui al comma 4 non si applicano ai materiali riciclati e ai circuiti di produzione localizzati in una catena chiusa e controllata;
b) le tipologie di imballaggio esonerate dal requisito di cui al comma 4.

Titolo III - Gestione di particolari categorie di rifiuti

227. Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto

1. Restano ferme le disposizioni speciali, nazionali e comunitarie relative alle altre tipologie di rifiuti, ed in particolare quelle riguardanti:

a) rifiuti elettrici ed elettronici: direttiva 2000/53/CE, direttiva 2002/95/CE e direttiva 2003/108/CE e relativo decreto legislativo di attuazione 25 luglio 2005, n. 151. Relativamente alla data di entrata in vigore delle singole disposizioni del citato provvedimento, nelle more dell'entrata in vigore di tali disposizioni, continua ad applicarsi la disciplina di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
b) rifiuti sanitari: d.P.R. 15 luglio 2003, n. 254;
c) veicoli fuori uso: direttiva 2000/53/CE e decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, ferma restando la ripartizione degli oneri, a carico degli operatori economici, per il ritiro e trattamento dei veicoli fuori uso in conformità a quanto previsto dall'articolo 5, comma 4, della citata direttiva 2000/53/CE;
d) recupero dei rifiuti dei beni e prodotti contenenti amianto: decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248.

228. Pneumatici fuori uso

1. Fermo restando il disposto di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, nonché il disposto di cui agli articoli 179 e 180 del presente decreto, al fine di garantire il perseguimento di finalità di tutela ambientale secondo le migliori tecniche disponibili, ottimizzando, anche tramite attività di ricerca, sviluppo e formazione, il recupero dei pneumatici fuori uso e per ridurne la formazione anche attraverso la ricostruzione è fatto obbligo ai produttori e importatori di pneumatici di provvedere, singolarmente o in forma associata e con periodicità almeno annuale, alla gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale, provvedendo anche ad attività di ricerca, sviluppo e formazione finalizzata ad ottimizzare la gestione dei pneumatici fuori uso nel rispetto dell’articolo 177, comma 1.
(comma così modificato dall'articolo 32, comma 3, d.lgs. n. 205 del 2010)

2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi nel termine di giorni centoventi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono disciplinati i tempi e le modalità attuative dell'obbligo di cui al comma 1. In tutte le fasi della commercializzazione dei pneumatici è indicato in fattura il contributo a carico degli utenti finali necessario, anche in relazione alle diverse tipologie di pneumatici, per far fronte agli oneri derivanti dall'obbligo di cui al comma 1.

3. Il trasferimento all'eventuale struttura operativa associata, da parte dei produttori e importatori di pneumatici che ne fanno parte, delle somme corrispondenti al contributo per la gestione, calcolato sul quantitativo di pneumatici immessi sul mercato nell'anno precedente costituisce adempimento dell'obbligo di cui al comma 1 con esenzione del produttore o importatore da ogni relativa responsabilità.
(comma così modificato dall'articolo 32, comma 3, d.lgs. n. 205 del 2010)

4. I produttori e gli importatori di pneumatici inadempienti agli obblighi di cui al comma 1 sono assoggettati ad una sanzione amministrativa pecuniaria proporzionata alla gravità dell'inadempimento, comunque non superiore al doppio del contributo incassato per il periodo considerato.

229. Combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti di qualità elevata - cdr e cdr-q
(articolo abrogato dall'articolo 39, comma 3, d.lgs. n. 205 del 2010)

230. Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture

1. Il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell'infrastruttura a rete e degli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l'attività manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d'opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all'individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento.

1-bis. I rifiuti derivanti dalla attività di raccolta e pulizia delle infrastrutture autostradali, con esclusione di quelli prodotti dagli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o da altre attività economiche, sono raccolti direttamente dal gestore della infrastruttura a rete che provvede alla consegna a gestori del servizio dei rifiuti solidi urbani.
(comma introdotto dall'articolo 2, comma 30-quinquies, d.lgs. n. 4 del 2008)

2. La valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al comma 1 è eseguita non oltre sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori. La documentazione relativa alla valutazione tecnica è conservata, unitamente ai registri di carico e scarico, per cinque anni.

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti derivanti da attività manutentiva, effettuata direttamente da gestori erogatori di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle infrastrutture di cui al comma 1.

4. Fermo restando quanto previsto nell'articolo 190, comma 3, i registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dai soggetti e dalle attività di cui al presente articolo possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti così come definito nel comma 1.

5. I rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati, si considerano prodotti dal soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva. Tali rifiuti potranno essere conferiti direttamente ad impianti di smaltimento o recupero o, in alternativa, raggruppati temporaneamente presso la sede o unità locale del soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva. I soggetti che svolgono attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie aderiscono al sistema SISTRI ai sensi dell’articolo dell’art. 188-ter, comma 1, lettera f). Il soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva è comunque tenuto all’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali, prevista dall’articolo 212, comma 5, per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti.
(comma così sostituito dall'articolo 33 del d.lgs. n. 205 del 2010)

231. Veicoli fuori uso non disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209

1. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio, con esclusione di quelli disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2002, n. 209, che intenda procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione, autorizzato ai sensi degli articoli 208, 209 e 210. Tali centri di raccolta possono ricevere anche rifiuti costituiti da parti di veicoli a motore.

2. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio di cui al comma 1 destinato alla demolizione può altresì consegnarlo ai concessionari o alle succursali delle case costruttrici per la consegna successiva ai centri di cui al comma 1, qualora intenda cedere il predetto veicolo o rimorchio per acquistarne un altro.

3. I veicoli a motore o i rimorchi di cui al comma 1 rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai sensi degli articoli 927, 928, 929 e 923 del codice civile sono conferiti ai centri di raccolta di cui al comma 1 nei casi e con le procedure determinate con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti. Fino all'adozione di tale decreto, trova applicazione il decreto 22 ottobre 1999, n. 460.

4. I centri di raccolta ovvero i concessionari o le succursali delle case costruttrici rilasciano al proprietario del veicolo o del rimorchio consegnato per la demolizione un certificato dal quale deve risultare la data della consegna, gli estremi dell'autorizzazione del centro, le generalità del proprietario e gli estremi di identificazione del veicolo, nonché l'assunzione, da parte del gestore del centro stesso ovvero del concessionario o del titolare della succursale, dell'impegno a provvedere direttamente alle pratiche di cancellazione dal Pubblico registro automobilistico (PRA).

5. La cancellazione dal PRA dei veicoli e dei rimorchi avviati a demolizione avviene esclusivamente a cura del titolare del centro di raccolta o del concessionario o del titolare della succursale senza oneri di agenzia a carico del proprietario del veicolo o del rimorchio. A tal fine, entro novanta giorni dalla consegna del veicolo o del rimorchio da parte del proprietario, il gestore del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale deve comunicare l'avvenuta consegna per la demolizione del veicolo e consegnare il certificato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe al competente Ufficio del PRA che provvede ai sensi e per gli effetti dell'articolo 103, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

6. Il possesso del certificato di cui al comma 4 libera il proprietario del veicolo dalla responsabilità civile, penale e amministrativa connessa con la proprietà dello stesso.

7. I gestori dei centri di raccolta, i concessionari e i titolari delle succursali delle case costruttrici di cui ai commi 1 e 2 non possono alienare, smontare o distruggere i veicoli a motore e i rimorchi da avviare allo smontaggio ed alla successiva riduzione in rottami senza aver prima adempiuto ai compiti di cui al comma 5.

8. Gli estremi della ricevuta dell'avvenuta denuncia e consegna delle targhe e dei documenti agli uffici competenti devono essere annotati sull'apposito registro di entrata e di uscita dei veicoli da tenersi secondo le norme del regolamento di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

9. Agli stessi obblighi di cui ai commi 7 e 8 sono soggetti i responsabili dei centri di raccolta o altri luoghi di custodia di veicoli rimossi ai sensi dell'articolo 159 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nel caso di demolizione del veicolo ai sensi dell'articolo 215, comma 4 del predetto decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

10. È consentito il commercio delle parti di ricambio recuperate dalla demolizione dei veicoli a motore o dei rimorchi ad esclusione di quelle che abbiano attinenza con la sicurezza dei veicoli. L'origine delle parti di ricambio immesse alla vendita deve risultare dalle fatture e dalle ricevute rilasciate al cliente.

11. Le parti di ricambio attinenti alla sicurezza dei veicoli sono cedute solo agli esercenti l'attività di autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, e, per poter essere utilizzate, ciascuna impresa di autoriparazione è tenuta a certificarne l'idoneità e la funzionalità.

12. L'utilizzazione delle parti di ricambio di cui ai commi 10 e 11 da parte delle imprese esercenti attività di autoriparazione deve risultare dalle fatture rilasciate al cliente.

13. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e delle infrastrutture e dei trasporti, emana le norme tecniche relative alle caratteristiche degli impianti di demolizione, alle operazioni di messa in sicurezza e all'individuazione delle parti di ricambio attinenti la sicurezza di cui al comma 11. Fino all'adozione di tale decreto, si applicano i requisiti relativi ai centri di raccolta e le modalità di trattamento dei veicoli di cui all'Allegato I del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209.

232. Rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico

1. La disciplina di carattere nazionale relativa ai rifiuti prodotti dalle navi ed ai residui di carico è contenuta nel decreto legislativo 24 giugno 2003 n. 182.

2. Gli impianti che ricevono acque di sentina già sottoposte a un trattamento preliminare in impianti autorizzati ai sensi della legislazione vigente possono accedere alle procedure semplificate di cui al decreto 17 novembre 2005, n. 269, fermo restando che le materie prime e i prodotti ottenuti devono possedere le caratteristiche indicate al punto 6.6.4 dell'Allegato 3 del predetto decreto, come modificato dal comma 3 del presente articolo.

3. Ai punti 2.4 dell'allegato 1 e 6.6.4 dell'Allegato 3 del decreto 17 novembre 2005, n. 269 la congiunzione: "e" è sostituita dalla disgiunzione: "o".

233. Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 30-sexies, d.lgs. n. 4 del 2008)

1. Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti, tutti gli operatori della filiera costituiscono un consorzio. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 237.

2. Il Consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nel consiglio di amministrazione del Consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il Consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il Consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del Consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

3. Il consorzio svolge per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

a) assicura la raccolta presso i soggetti di cui al comma 12, il trasporto, lo stoccaggio, il trattamento e il recupero degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti;
b) assicura, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di inquinamento, lo smaltimento di oli e grassi vegetali e animali esausti raccolti dei quali non sia possibile o conveniente la rigenerazione;
c) promuove lo svolgimento di indagini di mercato e di studi di settore al fine di migliorare, economicamente e tecnicamente, il ciclo di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e recupero degli oli e grassi vegetali e animali esausti.

4. Le deliberazioni degli organi del consorzio, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutte le imprese partecipanti.

5. Partecipano al consorzio:

a) le imprese che producono, importano o detengono oli e grassi vegetali ed animali esausti;
b) le imprese che riciclano e recuperano oli e grassi vegetali e animali esausti;
c) le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio di oli e grassi vegetali e animali esausti;
d) eventualmente, le imprese che abbiano versato contributi di riciclaggio ai sensi del comma 10, lettera d).

6. Le quote di partecipazione ai consorzi sono determinate in base al rapporto tra la capacità produttiva di ciascun consorziato e la capacità produttiva complessivamente sviluppata da tutti i consorziati appartenenti alla medesima categoria.

7. La determinazione e l'assegnazione delle quote compete al consiglio di amministrazione del consorzio che vi provvede annualmente secondo quanto stabilito dallo statuto.

8. Nel caso di incapacità o di impossibilità di adempiere, per mezzo delle stesse imprese consorziate, agli obblighi di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e riutilizzo degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti stabiliti dalla parte quarta del presente decreto, il consorzio può, nei limiti e nei modi determinati dallo statuto, stipulare con le imprese pubbliche e private contratti per l'assolvimento degli obblighi medesimi.

9. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono, entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2, organizzare autonomamente la gestione degli oli e grassi vegetali e animali esausti su tutto il territorio nazionale. In tale ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all'Autorità di cui all'articolo 207, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonoma mente funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'Autorità, dopo aver acquisito i necessari clementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Autorità è tenuta a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite.

10. Il consorzio è tenuto a garantire l'equilibrio della propria gestione finanziaria. Le risorse finanziarie del consorzio sono costituite:

a) dai proventi delle attività svolte dal consorzio;
b) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
c) dalle quote consortili;
d) dal contributo ambientale a carico dei produttori e degli importatori di oli e grassi vegetali e animali per uso alimentare destinati al mercato interno e ricadenti nelle finalità consortili di cui al comma 1, determinati annualmente con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, al fine di garantire l'equilibrio di gestione del consorzio.

11. Il consorzio di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 9 trasmette annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tale soggetto presenta agli stessi Ministri una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dallo stesso e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.

12. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione dello Statuto di cui al comma 2, chiunque, in ragione della propria attività professionale, detiene oli e grassi vegetali e animali esausti è obbligato a conferirli al consorzio direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai consorzi, fermo restando quanto previsto al comma 9. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere oli e grassi vegetali e animali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

13. Chiunque, in ragione della propria attività professionale ed in attesa del conferimento al consorzio, detenga oli e grassi animali e vegetali esausti è obbligato a stoccare gli stessi in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento.

14. Restano ferme le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti in materia di prodotti, sottoprodotti e rifiuti di origine animale.

15. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 5 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono al consorzio di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 9, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività.

234. Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 30-septies, d.lgs. n. 4 del 2008)

1. Al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il trattamento dei rifiuti di beni in polietilene destinati allo smaltimento, è istituito il consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene, esclusi gli imballaggi di cui all'articolo 218, comma 1, lettere a), b), c), d), e) e dd), i beni, ed i relativi rifiuti, di cui agli articoli 227, comma 1, lettere a), b) e c), e 231. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 237.

2. Con decreto del Ministro dell'ambiente delle tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i beni in polietilene, che per caratteristiche ed usi, possono essere considerati beni di lunga durata per i quali deve essere versato un contributo per il riciclo in misura ridotta in ragione del lungo periodo di impiego o per i quali non deve essere versato tale contributo in ragione di una situazione di fatto di non riciclabilità a fine vita. In attesa di tale decreto tali beni di lunga durata restano esclusi dal versamento di tale contributo.

3. Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori con materie prime. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

4. Ai consorzi partecipano:

a) i produttori e gli importatori di beni in polietilene;
b) gli utilizzatori e i distributori di beni in polietilene;
c) i riciclatori e i recuperatoli di rifiuti di beni in polietilene.

5. Ai consorzi possono partecipare in qualità di soci aggiunti i produttori ed importatori di materie prime in polietilene per la produzione di beni in polietilene e le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei beni in polietilene. Le modalità di partecipazione vengono definite nell'ambito dello statuto di cui al comma 3.

6. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 7, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività.

7. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2:

a) organizzare autonomamente la gestione dei rifiuti di beni in polietilene su tutto il territorio nazionale;
b) mettere in atto un sistema di raccolta e restituzione dei beni in polietilene al termine del loro utilizzo, con avvio al riciclo o al recupero, previo accordi con aziende che svolgono tali attività, con quantità definite e documentate;

Nelle predette ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all'osservatorio nazionale sui rifiuti, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'Autorità, dopo aver acquisito i necessari elementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Autorità presenta una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite.

8. I consorzi di cui al comma 1 si propongono come obiettivo primario di favorire il ritiro dei beni a base di polietilene al termine del ciclo di utilità per avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero. A tal fine i consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

a) promuovono la gestione del flusso dei beni a base di polietilene;
b) assicurano la raccolta, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti di beni in polietilene;
c) promuovono la valorizzazione delle frazioni di polietilene non riutilizzabili;
d) promuovono l'informazione degli utenti, intesa a ridurre il consumo dei materiali ed a favorire forme corrette di raccolta e di smaltimento;
e) assicurano l'eliminazione dei rifiuti di beni in polietilene nel caso in cui non sia possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento.

9. Nella distribuzione dei prodotti dei consorziati, i consorzi possono ricorrere a forme di deposito cauzionale.

10. I consorzi sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione finanziaria. I mezzi finanziari per il funzionamento del consorzi sono costituiti:

a) dai proventi delle attività svolte dai consorzi;
b) dai contributi dei soggetti partecipanti;
c) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
d) dall'eventuale contributo percentuale di riciclaggio di cui al comma 13.

11. Le deliberazioni degli organi dei consorzi, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i soggetti partecipanti.

12. I consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive il bilancio preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. I consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.

13. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive determina ogni due anni con proprio decreto gli obiettivi minimi di riciclaggio e, in caso di mancato raggiungimento dei predetti obiettivi, può stabilire un contributo percentuale di riciclaggio da applicarsi sull'importo netto delle fatture emesse dalle imprese produttrici ed importatrici di beni di polietilene per il mercato interno. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive determina gli obiettivi di riciclaggio a valere per il primo biennio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto.

14. Decorsi novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 3, chiunque, in ragione della propria attività, detiene rifiuti di beni in polietilene è obbligato a conferirli a uno dei consorzi riconosciuti o direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai consorzi stessi, fatto comunque salvo quanto previsto dal comma 7. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere i rifiuti di bene in polietilene ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

235. Consorzio nazionale per la raccolta e trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 30-octies, d.lgs. n. 4 del 2008)

1. Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi, tutte le imprese di cui all'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, come modificato dal comma 15 del presente articolo, aderiscono al consorzio di cui al medesimo articolo 9-quinquies che adotta sistemi di gestione conformi ai principi di cui all'articolo 237.

2. Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

3. All'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988 n. 397 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, il comma 6-bis, è sostituito dal presente: «Tutti i soggetti che effettuano attività di gestione del rifiuto di batterie al piombo esauste e di rifiuti piombosi, devono trasmettere contestualmente al Consorzio copia della comunicazione di cui all'articolo 189, per la sola parte inerente i rifiuti di batterie esauste e di rifiuti piombosi. Alla violazione dell'obbligo si applicano le medesime sanzioni previste per la mancata comunicazione di cui al citato articolo 189 comma 3.

4. 5. 6. 7.  (commi abrogati dall'articolo 2, comma 30-octies, d.lgs. n. 4 del 2008)

8. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 15 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono al consorzio di cui al comma 1 entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività.

9. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di approvazione dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene batterie al piombo esauste o rifiuti piombosi è obbligato al loro conferimento al consorzio, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti, fermo restando quanto previsto al comma 3. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere le batterie esauste ed i rifiuti piombosi ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

10. All'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, il comma 7 è sostituito dal seguente: «Al fine di assicurare al consorzio i mezzi finanziari per lo svolgimento dei propri compiti è istituito un contributo ambientale sulla vendita delle batterie in relazione al contenuto a peso di piombo da applicarsi da parte di tutti i produttori e gli importatori che immettono le batterie al piombo nel mercato italiano, con diritto di rivalsa sugli acquirenti in tutte le successive fasi della commercializzazione. I produttori e gli importatori versano direttamente al consorzio i proventi del contributo ambientale.».

11. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono determinati: il contributo ambientale di cui al comma 10, la percentuale dei costi da coprirsi con l'applicazione di tale contributo ambientale.

12. Chiunque, in ragione della propria attività ed in attesa del conferimento ai sensi del comma 9, detenga batterie esauste è obbligato a stoccare le batterie stesse in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento dei rifiuti.

13. I consorzi di cui al comma 1 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti presentano agli stessi Ministri una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.

14. Al comma 2 dell'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è aggiunta la seguente lettera: «d-bis) promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e dei consumatori sulle tematiche della raccolta e dell'eliminazione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi».

15. Il comma 3 dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è sostituito dal seguente:
«Al Consorzio, che è dotato di personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro, partecipano:
a) le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in lega;
b) le imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di batterie al piombo;
c) le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi;
d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo.»
.

16. Dopo il comma 3, dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è inserito il seguente:
«3-bis: Nell'ambito di ciascuna categoria, le quote di partecipazione da attribuire ai singoli soci sono determinate come segue:
a) per le imprese di riciclo di cui alla lettera a) del comma 3 sono determinate in base al rapporto fra la capacità produttiva di piombo secondario del singolo soggetto consorziato e quella complessiva di tutti i consorziati appartenenti alla stessa categoria;
b) per le imprese che svolgono attività di fabbricazione, oppure d'importazione delle batterie al piombo di cui alla lettera b) del comma 3, sono determinate sulla base del contributo ambientale versato al netto dei rimborsi;
c) le quote di partecipazione delle imprese e loro associazioni di cui alle lettere c) e d) del comma 3 del presente articolo sono attribuite alle associazioni nazionali dei raccoglitori di batterie al piombo esauste, in proporzione ai quantitativi conferiti al Consorzio dai rispettivi associati, e alle associazioni dell'artigianato che installano le batterie di avviamento al piombo.».

17. (abrogato dall'articolo 2, comma 30-octies, d.lgs. n. 4 del 2008)

18. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dai consorzi nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi medesimi.

236. Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati
(articolo così modificato dall'articolo 2, comma 30-nonies, d.lgs. n. 4 del 2008)

1. Al fine di razionalizzare e organizzare la gestione degli oli minerali usati, da avviare obbligatoriamente alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base, le imprese di cui al comma 4, sono tenute a partecipare all'assolvimento dei compiti previsti al comma 12 tramite adesione al consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95. Il consorzio adottano sistemi di gestione conformi ai principi di cui all'articolo 237.

2. Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

3. Le imprese che eliminano gli oli minerali usati tramite co-combustione e all'uopo debitamente autorizzate e gli altri consorzi di cui al presente articolo sono tenute a fornire al Consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, i dati tecnici di cui al comma 12, lettera h), affinché tale consorzio comunichi annualmente tutti i dati raccolti su base nazionale ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa. Alla violazione dell'obbligo si applicano le sanzioni di cui all'articolo 258 per la mancata comunicazione di cui all'articolo 189, comma 3

4. Al Consorzio partecipano in forma paritetica tutte le imprese che:

a) le imprese che producono, importano o mettono in commercio oli base vergini;
b) le imprese che producono oli base mediante un processo di rigenerazione;
c) le imprese che effettuano il recupero e la raccolta degli oli usati;
d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita degli oli lubrificanti.

5. Le quote di partecipazione al consorzio sono ripartite fra le categorie di imprese di cui al comma 4 e nell'ambito di ciascuna di esse sono attribuite in proporzione delle quantità di lubrificanti prodotti, commercializzati rigenerati o recuperati.

6. Le deliberazioni degli organi del Consorzio, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i consorziati.

7. Il consorzio determina annualmente, con riferimento ai costi sopportati nell'anno al netto dei ricavi per l'assolvimento degli obblighi di cui al presente articolo, il contributo per chilogrammo dell'olio lubrificante che sarà messo a consumo nell'anno successivo. Ai fini della parte quarta del presente decreto si considerano immessi al consumo gli oli lubrificanti di base e finiti all'atto del pagamento dell'imposta di consumo.

8. Le imprese partecipanti sono tenute a versare al consorzio i contributi dovuti da ciascuna di esse secondo le modalità ed i termini fissati ai sensi del comma 9.

9. Le modalità e i termini di accertamento, riscossione e versamento dei contributi di cui al comma 8, sono stabiliti con decreto del Ministro della economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle attività produttive, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale entro un mese dall'approvazione dello statuto del consorzio.

10. Il consorzio di cui al comma 1 trasmette annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. Il Consorzio di cui al comma 1, entro il 31 maggio di ogni anno, presenta al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dallo stesso e dai suoi singoli aderenti nell'anno solare precedente.

11. Lo statuto di cui al comma 2, prevede, in particolare, gli organi del consorzio e le relative modalità di nomina.

12. Il consorzio svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

a) promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle tematiche della raccolta;
b) assicurare ed incentivare la raccolta degli oli usati ritirandoli dai detentori e dalle imprese autorizzate;
c) espletare direttamente la attività di raccolta degli oli usati dai detentori che ne facciano richiesta nelle aree in cui la raccolta risulti difficoltosa o economicamente svantaggiosa;
d) selezionare gli oli usati raccolti ai fini della loro corretta eliminazione tramite rigenerazione, combustione o smaltimento;
e) cedere gli oli usati raccolti:

1) in via prioritaria, alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base;
2) in caso ostino effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo, alla combustione o coincenerimento;
3) in difetto dei requisiti per l'avvio agli usi di cui ai numeri precedenti, allo smaltimento tramite incenerimento o deposito permanente;

f) perseguire ed incentivare lo studio, la sperimentazione e la realizzazione di nuovi processi di trattamento e di impiego alternativi:
g) operare nel rispetto dei principi di concorrenza, di libera circolazione dei beni, di economicità della gestione, nonché della tutela della salute e dell'ambiente da ogni inquinamento dell'aria, delle acque del suolo;
h) annotare ed elaborare tutti i dati tecnici relativi alla raccolta ed eliminazione degli oli usati e comunicarli annualmente al Consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, affinché tale Consorzio li trasmetta ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa;
i) garantire ai rigeneratori, nei limiti degli oli usati rigenerabili raccolti e della produzione dell'impianto, i quantitativi di oli usati richiesti a prezzo equo e, comunque, non superiore al costo diretto della raccolta;
l) assicurare lo smaltimento degli oli usati nel caso non sia possibile o economicamente conveniente il recupero, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento.

13. Il consorzio può svolgere le proprie funzioni sia direttamente che tramite mandati conferiti ad imprese per determinati e limitati settori di attività o determinate aree territoriali. L'attività dei mandatari è svolta sotto la direzione e la responsabilità del consorzio stesso.

14. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono al Consorzio di cui al comma 1, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività.

15. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene oli minerali esausti è obbligato al loro conferimento al Consorzio di cui al comma 1, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere gli oli minerali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

16. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal consorzio di cui al comma 1 nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento del consorzio medesimo.

237. Criteri direttivi dei sistemi di gestione

1. I sistemi di gestione adottati devono, in ogni caso, essere aperti alla partecipazione di tutti gli operatori e concepiti in modo da assicurare il principio di trasparenza, di non discriminazione, di non distorsione della concorrenza, di libera circolazione nonché il massimo rendimento possibile.

Titolo IV - Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani

238. Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani
(l'art. 14, comma 33, della legge n. 122 del 2010, ha disposto che  le disposizioni di questo articolo «si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria»)

1. Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa. La tariffa costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall'articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. La tariffa di cui all'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è abrogata a decorrere dall'entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.

2. La tariffa per la gestione dei rifiuti è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri, determinati con il regolamento di cui al comma 6, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali.

3. La tariffa è determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6, dalle Autorità d'ambito ed è applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata sulla base dei criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6. Nella determinazione della tariffa è prevista la copertura anche di costi accessori relativi alla gestione dei rifiuti urbani quali, ad esempio, le spese di spazzamento delle strade. Qualora detti costi vengano coperti con la tariffa ciò deve essere evidenziato nei piani finanziari e nei bilanci dei soggetti affidatari del servizio.

4. La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, nonché da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.

5. Le Autorità d'ambito approvano e presentano all'Autorità di cui all'articolo 207 il piano finanziario e la relativa relazione redatta dal soggetto affidatario del servizio di gestione integrata. Entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6, dovrà essere gradualmente assicurata l'integrale copertura dei costi.

6. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentiti la Conferenza Stato regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA) e i soggetti interessati, disciplina, con apposito regolamento da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, i criteri generali sulla base dei quali vengono definite le componenti dei costi e viene determinata la tariffa, anche con riferimento alle agevolazioni di cui al comma 7, garantendo comunque l'assenza di oneri per le autorità interessate.

7. Nella determinazione della tariffa possono essere previste agevolazioni per le utenze domestiche e per quelle adibite ad uso stagionale o non continuativo, debitamente documentato ed accertato, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali. In questo caso, nel piano finanziario devono essere indicate le risorse necessarie per garantire l'integrale copertura dei minori introiti derivanti dalle agevolazioni, secondo i criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6.

8. Il regolamento di cui al comma 6 tiene conto anche degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.

9. L'eventuale modulazione della tariffa tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni o dai gestori che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio.

10. Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi.

11. Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l'applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti.

12. La riscossione volontaria e coattiva della tariffa può essere effettuata secondo le disposizioni del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, mediante convenzione con l'Agenzia delle entrate.

Titolo V - Bonifica di siti contaminati

239. Princìpi e campo di applicazione

1. Il presente titolo disciplina gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati e definisce le procedure, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l'eliminazione delle sorgenti dell'inquinamento e comunque per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitari, con particolare riferimento al principio "chi inquina paga".

2. Ferma restando la disciplina dettata dal titolo I della parte quarta del presente decreto, le disposizioni del presente titolo non si applicano:

a) all'abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente decreto. In tal caso qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell'area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo;
b) agli interventi di bonifica disciplinati da leggi speciali, se non nei limiti di quanto espressamente richiamato dalle medesime o di quanto dalle stesse non disciplinato.

3. Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso sono disciplinati dalle regioni con appositi piani, fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti oggetto di bonifica di interesse nazionale e comunque nel rispetto dei criteri generali di cui al presente titolo.

240. Definizioni

1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo, si definiscono:

a) sito: l'area o porzione di territorio, geograficamente definita e determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali struttore edilizie e impiantistiche presenti;
b) concentrazioni soglia di contaminazione (CSC): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica, come individuati nell'Allegato 5 alla parte quarta del presente decreto. Nel caso in cui il sito potenzialmente contaminato sia ubicato in un’area interessata da fenomeni antropici o naturali che abbiano determinato il superamento di una o più concentrazioni soglia di contaminazione, queste ultime si a s su m o n o pari al valore di fondo esistente per tutti i parametri superati;
c) concentrazioni soglia di rischio (CSR): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con l'applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica. I livelli di concentrazione così definiti costituiscono i livelli di accettabilità per il sito;
d) sito potenzialmente contaminato: un sito nel quale uno o più valori di concentrazione delle sostanze inquinanti rilevati nelle matrici ambientali risultino superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC), in attesa di espletare le operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica, che ne permettano di determinare lo stato o meno di contaminazione sulla base delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);
e) sito contaminato: un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l'applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati;
f) sito non contaminato: un sito nel quale la contaminazione rilevata nelle matrice ambientali risulti inferiore ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) oppure, se superiore, risulti comunque inferiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) determinate a seguito dell'analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica;
g) sito con attività in esercizio: un sito nel quale risultano in esercizio attività produttive sia industriali che commerciali nonché le aree pertinenziali e quelle adibite ad attività accessorie economiche, ivi comprese le attività di mantenimento e tutela del patrimonio ai fini della successiva ripresa delle attività;
h) sito dismesso: un sito in cui sono cessate le attività produttive;
i) misure di prevenzione: le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia;
l) misure di riparazione: qualsiasi azione o combinazione di azioni, tra cui misure di attenuazione o provvisorie dirette a riparare, risanare o sostituire risorse naturali e/o servizi naturali danneggiati, oppure a fornire un'alternativa equivalente a tali risorse o servizi;
m) messa in sicurezza d'emergenza: ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente;
n) messa in sicurezza operativa: l'insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazione dell'attività. Essi comprendono altresì gli interventi di contenimento della contaminazione da mettere in atto in via transitoria fino all'esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la diffusione della contaminazione all'interno della stessa matrice o tra matrici differenti. In tali casi devono essere predisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che consentano di verificare l'efficacia delle soluzioni adottate;
o) messa in sicurezza permanente: l'insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente. In tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici;
p) bonifica: l'insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);
q) ripristino e ripristino ambientale: gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici;
r) inquinamento diffuso: la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine:
s) analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica: analisi sito specifica degli effetti sulla salute umana derivanti dall'esposizione prolungata all'azione delle sostanze presenti nelle matrici ambientali contaminate, condotta con i criteri indicati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto;
t) condizioni di emergenza: gli eventi al verificarsi dei quali è necessaria l'esecuzione di interventi di emergenza, quali ad esempio:

1) concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute;
2) presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda:
3) contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli;
4) pericolo di incendi ed esplosioni.

241. Regolamento aree agricole

1. Il regolamento relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento è adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole e forestali.
(comma dichiarato parzialmente incostituzionale da Corte costituzionale n. 247 del 2009, nella parte in cui non prevede che sia sentita preventivamente la Conferenza unificata)

242. Procedure operative ed amministrative

1. Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 304, comma 2. La medesima procedura si applica all'atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione.

2. Il responsabile dell'inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla contaminazione, un'indagine preliminare sui parametri oggetto dell'inquinamento e, ove accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non sia stato superato, provvede al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al comune ed alla provincia competenti per territorio entro quarantotto ore dalla comunicazione. L'autocertificazione conclude il procedimento di notifica di cui al presente articolo, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte dell'autorità competente da effettuarsi nei successivi quindici giorni. Nel caso in cui l'inquinamento non sia riconducibile ad un singolo evento, i parametri da valutare devono essere individuati, caso per caso, sulla base della storia del sito e delle attività ivi svolte nel tempo.

3. Qualora l'indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l'avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile dell'inquinamento ne dà immediata notizia al comune ed alle province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione con i requisiti di cui all’Allegato 2 alla parte quarta del presente decreto. Entro i trenta giorni successivi la regione, convocata la conferenza di servizi, autorizza il piano di caratterizzazione con eventuali prescrizioni integrative. L'autorizzazione regionale costituisce assenso per tutte le opere connesse alla caratterizzazione, sostituendosi ad ogni altra autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla osta da parte della pubblica amministrazione.

4. Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito è applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR). I criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute entro il 30 giugno 2008. Nelle more dell'emanazione del predetto decreto, i criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono riportati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto. Entro sei mesi dall'approvazione del piano di caratterizzazione, il soggetto responsabile presenta alla regione i risultati dell'analisi di rischio. La conferenza di servizi convocata dalla regione, a seguito dell'istruttoria svolta in contraddittorio con il soggetto responsabile, cui è dato un preavviso di almeno venti giorni, approva il documento di analisi di rischio entro i sessanta giorni dalla ricezione dello stesso. Tale documento è inviato ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione fornisce una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 43, d.lgs. n. 163 del 2008)

5 Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei servizi, con l'approvazione del documento dell'analisi del rischio, dichiara concluso positivamente il procedimento. In tal caso la conferenza di servizi può prescrivere lo svolgimento di un programma di monitoraggio sul sito circa la stabilizzazione della situazione riscontrata in relazione agli esiti dell'analisi di rischio e all'attuale destinazione d'uso del sito. A tal fine, il soggetto responsabile, entro sessanta giorni dall'approvazione di cui sopra, invia alla provincia ed alla regione competenti per territorio un piano di monitoraggio nel quale sono individuati:

a) i parametri da sottoporre a controllo;
b) la frequenza e la durata del monitoraggio.

6. La regione, sentita la provincia, approva il piano di monitoraggio entro trenta giorni dal ricevimento dello stesso. L'anzidetto termine può essere sospeso una sola volta, qualora l'autorità competente ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti del progetto, assegnando un congruo termine per l'adempimento. In questo caso il termine per l'approvazione decorre dalla ricezione del progetto integrato. Alla scadenza del periodo di monitoraggio il soggetto responsabile ne dà comunicazione alla regione ed alla provincia, inviando una relazione tecnica riassuntiva degli esiti del monitoraggio svolto. Nel caso in cui le attività di monitoraggio rilevino il superamento di uno o più delle concentrazioni soglia di rischio, il soggetto responsabile dovrà avviare la procedura di bonifica di cui al comma 7.

7. Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito. La regione, acquisito il parere del comune e della provincia interessati mediante apposita conferenza di servizi e sentito il soggetto responsabile, approva il progetto, con eventuali prescrizioni ed integrazioni entro sessanta giorni dal suo ricevimento. Tale termine può essere sospeso una sola volta, qualora la regione ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti al progetto, assegnando un congruo termine per l'adempimento. In questa ipotesi il termine per l'approvazione del progetto decorre dalla presentazione del progetto integrato. Ai soli fini della realizzazione e dell'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all'attuazione del progetto operativo e per il tempo strettamente necessario all'attuazione medesima, l'autorizzazione regionale di cui al presente comma sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente compresi, in particolare, quelli relativi alla valutazione di impatto ambientale, ove necessaria, alla gestione delle terre e rocce da scavo all'interno dell'area oggetto dell'intervento ed allo scarico delle acque emunte dalle falde. L'autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori. Con il provvedimento di approvazione del progetto sono stabiliti anche i tempi di esecuzione, indicando altresì le eventuali prescrizioni necessarie per l'esecuzione dei lavori ed è fissata l'entità delle garanzie finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per cento del costo stimato dell'intervento, che devono essere prestate in favore della regione per la corretta esecuzione ed il completamento degli interventi medesimi.

8. 1 criteri per la selezione e l'esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza operativa o permanente, nonché per l'individuazione delle migliori tecniche di intervento a costi sostenibili (B.A.T.N.E.E.C. - Best Available Technology Not Entailing Excessive Costs) ai sensi delle normative comunitarie sono riportati nell'Allegato 3 alla parte quarta del presente decreto.

9. La messa in sicurezza operativa, riguardante i siti contaminati con attività in esercizio, garantisce una adeguata sicurezza sanitaria ed ambientale ed impedisce un'ulteriore propagazione dei contaminanti. I progetti di messa in sicurezza operativa sono accompagnati da accurati piani di monitoraggio dell'efficacia delle misure adottate ed indicano se all'atto della cessazione dell'attività si renderà necessario un intervento di bonifica o un intervento di messa in sicurezza permanente.

10. Nel caso di caratterizzazione, bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale di siti con attività in esercizio, la regione, fatto salvo l'obbligo di garantire la tutela della salute pubblica e dell'ambiente, in sede di approvazione del progetto assicura che i suddetti interventi siano articolati in modo tale da risultare compatibili con la prosecuzione della attività.

11. Nel caso di eventi avvenuti anteriormente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto che si manifestino successivamente a tale data in assenza di rischio immediato per l'ambiente e per la salute pubblica, il soggetto interessato comunica alla regione, alla provincia e al comune competenti l'esistenza di una potenziale contaminazione unitamente al piano di caratterizzazione del sito, al fine di determinarne l'entità e l'estensione con riferimento ai parametri indicati nelle CSC ed applica le procedure di cui ai commi 4 e seguenti.

12. Le indagini ed attività istruttorie sono svolte dalla provincia, che si avvale della competenza tecnica dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente e si coordina con le altre amministrazioni.

13. La procedura di approvazione della caratterizzazione e del progetto di bonifica si svolge in Conferenza di servizi convocata dalla regione e costituita dalle amministrazioni ordinariamente competenti a rilasciare i permessi, autorizzazioni e concessioni per la realizzazione degli interventi compresi nel piano e nel progetto. La relativa documentazione è inviata ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la discussione e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza. Compete alla provincia rilasciare la certificazione di avvenuta bonifica. Qualora la provincia non provveda a rilasciare tale certificazione entro trenta giorni dal ricevimento della delibera di adozione, al rilascio provvede la regione.

243. Acque di falda.

1. Le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell'ambito degli interventi di bonifica o messa in sicurezza di un sito, possono essere scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di emissione di acque reflue industriali in acque superficiali di cui al presente decreto.
(comma così modificato dall'articolo 8-quinquies della legge n. 13 del 2009)

2. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104, ai soli fini della bonifica dell'acquifero, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nella stessa unità geologica da cui le stesse sono state estratte, indicando la tipologia di trattamento, le caratteristiche quali-quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione e le misure di messa in sicurezza della porzione di acquifero interessato dal sistema di estrazione/reimmissione. Le acque reimmesse devono essere state sottoposte ad un trattamento finalizzato alla bonifica dell'acquifero e non devono contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle presentì nelle acque prelevate.

244. Ordinanze

1. Le pubbliche amministrazioni che nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti.

2. La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.
3. L'ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell'articolo 253.

4. Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall'amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall'articolo 250.

245. Obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione

1. Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono essere comunque attivate su iniziativa degli interessati non responsabili.

2. Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per l'identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica. È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi dì bonifica necessari nell'ambito del sito in proprietà o disponibilità.

3. Qualora i soggetti interessati procedano ai sensi dei commi 1 e 2 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, ovvero abbiano già provveduto in tal senso in precedenza, la decorrenza dell'obbligo di bonifica di siti per eventi anteriori all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto verrà definita dalla regione territorialmente competente in base alla pericolosità del sito, determinata in generale dal piano regionale delle bonifiche o da suoi eventuali stralci, salva in ogni caso la facoltà degli interessati di procedere agli interventi prima del suddetto termine.

246. Accordi di programma

1. I soggetti obbligati agli interventi di cui al presente titolo ed i soggetti altrimenti interessati hanno diritto di definire modalità e tempi di esecuzione degli interventi mediante appositi accordi di programma stipulati, entro sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con le amministrazioni competenti ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo.

2. Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere alla contestuale bonifica di una pluralità di siti che interessano il territorio di più regioni, i tempi e le modalità di intervento possono essere definiti con appositi accordi di programma stipulati, entro dodici mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con le regioni interessate.

3. Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere alla contestuale bonifica di una pluralità di siti dislocati su tutto il territorio nazionale o vi siano più soggetti interessati alla bonifica di un medesimo sito di interesse nazionale, i tempi e le modalità di intervento possono essere definiti con accordo di programma da stipularsi, entro diciotto mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.

247. Siti soggetti a sequestro

1. Nel caso in cui il sito inquinato sia soggetto a sequestro, l'autorità giudiziaria che lo ha disposto può autorizzare l'accesso al sito per l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree, anche al fine di impedire l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale.

248. Controlli

1. La documentazione relativa al piano della caratterizzazione del sito e al progetto operativo, comprensiva delle misure di riparazione, dei monitoraggi da effettuare, delle limitazioni d'uso e delle prescrizioni eventualmente dettate ai sensi dell'articolo 242, comma 4, è trasmessa alla provincia e all'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente competenti ai fini dell'effettuazione dei controlli sulla conformità degli interventi ai progetti approvati.

2. Il completamento degli interventi di bonifica, di messa in sicurezza permanente e di messa in sicurezza operativa, nonché la conformità degli stessi al progetto approvato sono accertati dalla provincia mediante apposita certificazione sulla base di una relazione tecnica predisposta dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente.

3. La certificazione di cui al comma 2 costituisce titolo per io svincolo delle garanzie finanziarie di cui all'articolo 242, comma 7.

249. Aree contaminate di ridotte dimensioni

1. Per le aree contaminate di ridotte dimensioni si applicano le procedure semplificate di intervento riportate nell'Allegato 4 alla parte quarta del presente decreto.

250. Bonifica da parte dell'amministrazione

1. Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l'ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio.

251. Censimento ed anagrafe dei siti da bonificare

1. Le regioni, sulla base dei criteri definiti dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), predispongono l'anagrafe dei siti oggetto di procedimento di bonifica, la quale deve contenere:

a) l'elenco dei siti sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino ambientale nonché degli interventi realizzati nei siti medesimi;
b) l'individuazione dei soggetti cui compete la bonifica;
c) gli enti pubblici di cui la regione intende avvalersi, in caso di inadempienza dei soggetti obbligati, ai fini dell'esecuzione d'ufficio, fermo restando l'affidamento delle opere necessarie mediante gara pubblica ovvero il ricorso alle procedure dell'articolo 242.

2. Qualora, all'esito dell'analisi di rischio sito specifica venga accertato il superamento delle concentrazioni di rischio, tale situazione viene riportata dal certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del comune e viene comunicata all'Ufficio tecnico erariale competente.

3. Per garantire l'efficacia della raccolta e del trasferimento dei dati e delle informazioni, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) definisce, in collaborazione con le regioni e le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, i contenuti e la struttura dei dati essenziali dell'anagrafe, nonché le modalità della loro trasposizione in sistemi informativi collegati alla rete del Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA).

252. Siti di interesse nazionale

1. I siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali.

2. All'individuazione dei siti di interesse nazionale si provvede con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni interessate, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

a) gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori, compresi i corpi idrici, di particolare pregio ambientale;
b) la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
c) il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione o dell'estensione dell'area interessata;
d) l'impatto socio economico causato dall'inquinamento dell'area deve essere rilevante;
e) la contaminazione deve costituire un rischio per i beni di interesse storico e culturale di rilevanza nazionale;
f) gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di più regioni.

3. Ai fini della perimetrazione del sito sono sentiti i comuni, le province, le regioni e gli altri enti locali, assicurando la partecipazione dei responsabili nonché dei proprietari delle aree da bonificare, se diversi dai soggetti responsabili.

4. La procedura di bonifica di cui all'articolo 242 dei siti di interesse nazionale è attribuita alla competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero delle attività produttive. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può avvalersi anche dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente delle regioni interessate e dell'Istituto superiore di sanità nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati.

5. Nel caso in cui il responsabile non provveda o non sia individuabile oppure non provveda il proprietario del sito contaminato né altro soggetto interessato, gli interventi sono predisposti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), dell'Istituto superiore di sanità e dell'E.N.E.A. nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati.

6. L'autorizzazione del progetto e dei relativi interventi sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente, ivi compresi, tra l'altro, quelli relativi alla realizzazione e all'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie alla loro attuazione. L'autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.

7. Se il progetto prevede la realizzazione di opere sottoposte a procedura di valutazione di impatto ambientale, l'approvazione del progetto di bonifica comprende anche tale valutazione.

8. In attesa del perfezionamento del provvedimento di autorizzazione di cui ai commi precedenti, completata l'istruttoria tecnica, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può autorizzare in via provvisoria, su richiesta dell'interessato, ove ricorrano motivi d'urgenza e fatta salva l'acquisizione della pronuncia positiva del giudizio di compatibilità ambientale, ove prevista, l'avvio dei lavori per la realizzazione dei relativi interventi di bonifica, secondo il progetto valutato positivamente, con eventuali prescrizioni, dalla conferenza di servizi convocata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'autorizzazione provvisoria produce gli effetti di cui all'articolo 242, comma 7.

9. E' qualificato sito di interesse nazionale ai sensi della normativa vigente l'area interessata dalla bonifica della ex discarica delle Strillaie (Grosseto). Con successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si provvederà alla perimetrazione della predetta area.

252-bis. Siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale
(articolo introdotto dall'articolo 2, comma 43-ter, d.lgs. n. 4 del 2008)

1. Con uno o più decreti del Ministro per lo sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sono individuati i siti di interesse pubblico ai fini dell'attuazione di programmi ed interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico produttivo, contaminati da eventi antecedenti al 30 aprile 2006, anche non compresi nel Programma Nazionale di bonifica di cui al decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468 e successive modifiche ed integrazioni, nonché il termine, compreso fra novanta e trecentosessanta giorni, per la conclusione delle conferenze di servizi di cui al comma 5. In tali siti sono attuati progetti di riparazione dei terreni e delle acque contaminate assieme ad interventi mirati allo sviluppo economico produttivo. Nei siti con aree demaniali e acque di falda contaminate tali progetti sono elaborati ed approvati, entro dodici mesi dall'adozione del decreto di cui al presente comma, con appositi accordi di programma stipulati tra i soggetti interessati, i Ministri per lo sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare e della salute e il Presidente della Regione territorialmente competente, sentiti il Presidente della Provincia e il Sindaco del Comune territorialmente competenti. Gli interventi di riparazione sono approvati in deroga alle procedure di bonifica di cui alla parte IV del titolo V del presente decreto.

2. Gli oneri connessi alla messa in sicurezza e alla bonifica nonché quelli conseguenti all'accertamento di ulteriori danni ambientali sono a carico del soggetto responsabile della contaminazione, qualora sia individuato, esistente e solvibile. Il proprietario del sito contaminato è obbligato in via sussidiaria previa escussione del soggetto responsabile dell'inquinamento.

3. Gli accordi di programma assicurano il coordinamento delle azioni per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso e funzio-nale adempimento per l'attuazione dei programmi di cui al comma 1 e disciplinano in particolare:

a) gli obiettivi di reindustrializzazione e di sviluppo economico produttivo e il piano economico finanziario degli investimenti da parte di ciascuno dei proprietari delle aree comprese nel sito contaminato al fine di conseguire detti obiettivi;
b) il coordinamento delle risultanze delle caratterizzazioni eseguite e di quelle che si intendono svolgere;
c) gli obiettivi degli interventi di bonifica e riparazione, i relativi obblighi dei responsabili della contaminazione e del proprietario del sito, l'eventuale costituzione di consorzi pubblici o a partecipazione mista per l'attuazione di tali obblighi nonché le iniziative e le azioni che le pubbliche amministrazioni si impegnano ad assumere ed a finanziare; d) la quantificazione degli effetti temporanei in termini di perdita di risorse e servizi causati dall'inquinamento delle acque;
e) le azioni idonee a compensare le perdite temporanee di risorse e servizi, sulla base dell'Allegato II della direttiva 2004/35/CE; a tal fine sono preferite le misure di miglioramento della sostenibilità ambientale degli impianti esistenti, sotto il profilo del miglioramento tecnologico produttivo e dell'implementazione dell'efficacia dei sistemi di depurazione e abbattimento delle emissioni.
f) la prestazione di idonee garanzie finanziarie da parte dei privati per assicurare l'adempimento degli impegni assunti;
g) l'eventuale finanziamento di attività di ricerca e di sperimentazione di tecniche e metodologie finalizzate al trattamento delle matrici ambientali contaminate e all'abbattimento delle concentrazioni di contaminazione, nonché ai sistemi di misurazione e analisi delle sostanze contaminanti e di monitoraggio della qualità ecologica del sito;
h) le modalità di monitoraggio per il controllo dell'adempimento degli impegni assunti e della realizzazione dei progetti.

4. La stipula dell'accordo di programma costituisce riconoscimento dell'interesse pubblico generale alla realizzazione degli impianti, delle opere e di ogni altro intervento connesso e funzionale agli obiettivi di risanamento e di sviluppo economico e produttivo.

5. I provvedimenti relativi agli interventi di cui al comma 3 sono approvati ai sensi del comma 6 previo svolgimento di due conferenze di servizi, aventi ad oggetto rispettivamente l'intervento di bonifica e l'intervento di reindustrializzazione. La conferenza di servizi relativa all'intervento di bonifica è indetta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, che costituisce l'amministrazione procedente. La conferenza di servizi relativa all'intervento di reindustrializzazione è indetta dal Ministero dello sviluppo economico, che costituisce l'amministrazione procedente. Le due conferenze di servizi sono indette ai sensi dell'articolo 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e ad esse partecipano i soggetti pubblici coinvolti nell'accordo di programma di cui al comma 1 e i soggetti privati proponenti le opere e gli interventi nei siti di cui al medesimo comma 1. L'assenso espresso dai rappresentanti degli enti locali, sulla base delle determinazioni a provvedere degli organi competenti, sostituisce ogni atto di pertinenza degli enti medesimi. Alle conferenze dei servizi sono ammessi gli enti, le associazioni e le organizzazioni sindacali interessati alla realizzazione del programma.

6. Fatta salva l'applicazione delle norme in materia di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione ambientale integrata, all'esito delle due conferenze di servizi, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare e del Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la regione interessata, si autorizzano la bonifica e la eventuale messa in sicurezza nonché la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle opere annesse.

7. In considerazione delle finalità di tutela e ripristino ambientale perseguite dal presente articolo, l'attuazione da parte dei privati degli impegni assunti con l'accordo di programma costituisce anche attuazione degli obblighi di cui alla direttiva 2004/35/CE e delle relative disposizioni di attuazione di cui alla parte VI del presente decreto.

8. Gli obiettivi di bonifica dei suoli e delle acque sono stabiliti dalla Tabella I dell'Allegato 5 al titolo V del presente decreto. Qualora il progetto preliminare dimostri che tali limiti non possono essere raggiunti nonostante l'applicazione, secondo i principi della normativa comunitaria, delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili, la Conferenza di Servizi indetta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Mare può autorizzare interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza che garantiscano, comunque, la tutela ambientale e sanitaria anche se i valori di concentrazione residui previsti nel sito risultano superiori a quelli stabiliti dalla Tabella I dell'Allegato 5 al titolo V del presente decreto. Tali valori di concentrazione residui sono determinati in base ad una metodologia di analisi di rischio riconosciuta a livello internazionale.

9. In caso di mancata partecipazione all'accordo di programma di cui al comma 1 di uno o più responsabili della contaminazione, gli interventi sono progettati ed effettuati d'ufficio dalle amministrazioni che hanno diritto di rivalsa nei confronti dei soggetti che hanno determinato l'inquinamento, ciascuno per la parte di competenza. La presente disposizione si applica anche qualora il responsabile della contaminazione non adempia a tutte le obbligazioni assunte in base all'accordo di programma. 10. Restano ferme la titolarità del procedimento di bonifica e le altre competenze attribuite alle Regioni per i siti contaminati che non rientrano fra quelli di interesse nazionale di cui all'articolo 252.

253. Oneri reali e privilegi speciali

1. Gli interventi di cui al presente titolo costituiscono onere reale sui siti contaminati qualora effettuati d'ufficio dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 250. L'onere reale viene iscritto a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica.

2. Le spese sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile.

3. Il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell'autorità competente che giustifichi, tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità.

4. In ogni caso, il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento motivato e con l'osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto, n. 241, le spese degli interventi adottati dall'autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi. Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell'inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese sostenute e per l'eventuale maggior danno subito.

5. Gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributi pubblici entro il limite massimo del cinquanta per cento delle relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.

Titolo VI - Sistema sanzionatorio e disposizioni transitorie e finali

Capo I - Sanzioni

254. Norme speciali

1. Restano ferme le sanzioni previste da norme speciali vigenti in materia.

255. Abbandono di rifiuti

1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro. Se l'abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.
(comma così modificato dall'articolo 34 del d.lgs. n. 205 del 2010)

2. Il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice che viola le disposizioni di cui all'articolo 231, comma 5, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 260 a euro 1.550.

3. Chiunque non ottempera all'ordinanza del Sindaco, di cui all'articolo 192, comma 3, o non adempie all'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3, è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all'articolo 192, comma 3, ovvero all'adempimento dell'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3.

256. Attività di gestione di rifiuti non autorizzata

1. Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:

a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2.

3. Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro. Si applica la pena dell'arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da euro 5.200 a euro 52.000 se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.

4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni.

5. Chiunque, in violazione del divieto di cui all'articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b).

6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all'articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.600 euro a 15.500 euro per i quantitativi non superiori a duecento litri o quantità equivalenti.

7. Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 231, commi 7, 8 e 9, 233, commi 12 e 13, e 234, comma 14, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 euro a 1.550 euro.

8. I soggetti di cui agli articoli 233, 234, 235 e 236 che non adempiono agli obblighi di partecipazione ivi previsti sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 8.000 euro a 45.000 euro, fatto comunque salvo l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi. Sino all'adozione del decreto di cui all'articolo 234, comma 2, le sanzioni di cui al presente comma non sono applicabili ai soggetti di cui al medesimo articolo 234.

9 Le sanzioni di cui al comma 8 sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere agli obblighi di partecipazione previsti dagli articoli 233, 234, 235 e 236.

257. Bonifica dei siti

1. Chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno o con l'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro, se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall'autorità competente nell'ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all'articolo 242, il trasgressore è punito con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da 1.000 euro a 26.000 euro.

2. Si applica la pena dell'arresto da un anno a due anni e la pena dell'ammenda da 5.200 euro a 52.000 euro se l'inquinamento è provocato da sostanze pericolose.

3. Nella sentenza di condanna per la contravvenzione di cui ai commi 1 e 2, o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione degli interventi di emergenza, bonifica e ripristino ambientale.

4. L'osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242 e seguenti costituisce condizione di non punibilità per i reati ambientali contemplati da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1.

258. Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari
(articolo così modificato dall'articolo 35 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. I soggetti di cui all’articolo 190, comma 1, che non abbiano aderito al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e che omettano di tenere ovvero tengano in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui al medesimo articolo, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.

2. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa che non adempiano all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico con le modalità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 25 gennaio 2006, n. 29, e all’articolo 6, comma 1 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.

3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 1 sono ridotte rispettivamente da 1.040 euro a 6.200 euro. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione.

4. Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), ed effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di cui all'articolo 483 del codice penale a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.

5. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 euro a 1.550 euro. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 4 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all'articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all'articolo 193 da parte dei soggetti obbligati.codicepenale.htm

5-bis. I soggetti di cui all'articolo 220, comma 2, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.

5-ter. Il sindaco del comune che non effettui la comunicazione di cui all'articolo 189, comma 3, ovvero la effettui in modo incompleto o inesatto, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.

259. Traffico illecito di rifiuti

1. Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell'articolo 26 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell'Allegato II del citato regolamento in violazione dell'articolo 1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento stesso è punito con la pena dell'ammenda da 1.550 euro a 26.000 euro e con l'arresto fino a due anni. La pena è aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi.

2. Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258, comma 4, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.

260. Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti

1. Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni.

2. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.

3. Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter del codice penale, con la limitazione di cui all'articolo 33 del medesimo codice.

4. Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell'ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente.

260-bis. Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti
(articolo introdotto dall'articolo 36 del d.lgs. n. 205 del 2010)
(articolo abrogato dall'articolo 6, comma 2, decreto-legge n. 138 del 2011)

1. I soggetti obbligati che omettono l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nei termini previsti, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.

2. I soggetti obbligati che omettono, nei termini previsti, il pagamento del contributo per l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro. All’accertamento dell’omissione del pagamento consegue obbligatoriamente, la sospensione immediata dal servizio fornito dal predetto sistema di controllo della tracciabilità nei confronti del trasgressore. In sede di rideterminazione del contributo annuale di iscrizione al predetto sistema di tracciabilità occorre tenere conto dei casi di mancato pagamento disciplinati dal presente comma.

3. Chiunque omette di compilare il registro cronologico o la scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE, secondo i tempi, le procedure e le modalità stabilite dal sistema informatico di controllo di cui al comma 1, ovvero fornisce al suddetto sistema informazioni incomplete, o inesatte, altera fraudolentemente uno qualunque dei dispositivi tecnologici accessori al predetto sistema informatico di controllo, o comunque ne impedisce in qualsiasi modo il corretto funzionamento, é punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti,si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da millequaranta euro a seimiladuecento. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.

4. Qualora le condotte di cui al comma 3 siano riferibili a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto cui l’infrazione è imputabile ivi compresa la sospensione dalla carica di amministratore. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti, le misure minime e massime di cui al periodo precedente sono ridotte rispettivamente da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi. Le modalità di calcolo dei numeri di dipendenti avviene nelle modalità di cui al comma 3. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecentoventi ad euro tremilacento.

5. Al di fuori di quanto previsto nei commi da 1 a 4, i soggetti che si rendono inadempienti agli ulteriori obblighi su di loro incombenti ai sensi del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) sono puniti, per ciascuna delle suddette violazioni, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duemilaseicento ad euro quindicimilacinquecento. In caso di rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila.

6. Si applica la pena di cui all’articolo 483 c.p. a colui che, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, utilizzato nell’ambito del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi inserisce un certificato falso nei dati da fornire ai fini della tracciabilità dei rifiuti.

7. Il trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base della normativa vigente, con la copia del certificato analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.300 euro. Si applica la pena di cui all’art. 483 del codice penale in caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a colui che, durante il trasporto fa uso di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti trasportati.

8. Il trasportatore che accompagna il trasporto di rifiuti con una copia cartacea della scheda SISTRI – AREA Movimentazione fraudolentemente alterata è punito con la pena prevista dal combinato disposto degli articoli 477 e 482 del codice penale. La pena è aumentata fino ad un terzo nel caso di rifiuti pericolosi.

9. Se le condotte di cui al comma 7 non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.

9-bis. Chi con un'azione od omissione viola diverse disposizioni di cui al presente articolo ovvero commette più violazioni della stessa disposizione soggiace alla sanzione amministrativa prevista per la violazione più grave, aumentata sino al doppio. La stessa sanzione si applica a chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di cui al presente articolo.
(comma aggiunto dall'articolo 3, comma 2, d.lgs. n. 121 del 2011)

9-ter. Non risponde delle violazioni amministrative di cui al presente articolo chi, entro trenta giorni dalla commissione del fatto, adempie agli obblighi previsti dalla normativa relativa al sistema informatico di controllo di cui al comma 1. Nel termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o dalla notificazione della violazione, il trasgressore può definire la controversia, previo adempimento degli obblighi di cui sopra, con il pagamento di un quarto della sanzione prevista. La definizione agevolata impedisce l'irrogazione delle sanzioni accessorie.
(comma aggiunto dall'articolo 3, comma 2, d.lgs. n. 121 del 2011)

260-ter. Sanzioni amministrative accessorie. Confisca
(articolo introdotto dall'articolo 36 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. All’accertamento delle violazioni di cui ai commi 7 e 8 dell’articolo 260-bis, consegue obbligatoriamente la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo utilizzato per l’attività di trasporto dei rifiuti di mesi 12, nel caso in cui il responsabile si trovi nelle situazioni di cui all’art. 99 c.p. o all’articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, o abbia commesso in precedenza illeciti amministrativi con violazioni della stessa indole o comunque abbia violato norme in materia di rifiuti.
(comma così modificato dall'articolo 3, comma 3, d.lgs. n. 121 del 2011)

2. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 213, 214, 214 bis e 224-ter del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e relative norme di attuazione.

3. All’accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell’articolo 260-bis, consegue la sanzione accessoria del fermo amministrativo di mesi 12 del veicolo utilizzato dal trasportatore. In ogni caso restituzione del veicolo sottoposto al fermo amministrativo non può essere disposta in mancanza dell’ iscrizione e del correlativo versamento del contributo.

4. In caso di trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, è sempre disposta la confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto del rifiuto, ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, salvo che gli stessi che appartengano, non fittiziamente a persona estranea al reato.

5. Il fermo di cui al comma 1 e la confisca di cui al comma 4 conseguono obbligatoriamente anche all’accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell’articolo 25.

261. Imballaggi

1. I produttori e gli utilizzatori che non adempiano all'obbligo di raccolta di cui all'articolo 221, comma 2, o non adottino, in alternativa, sistemi gestionali ai sensi del medesimo articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria pari a sei volte le somme dovute al CONAI, fatto comunque salvo l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi.

2. I produttori di imballaggi che non provvedono ad organizzare un sistema per l'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 221, comma 3, e non aderiscono ai consorzi di cui all'articolo 223, né adottano un sistema di restituzione dei propri imballaggi ai sensi dell'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 15.500 euro a 46.500 euro. La stessa pena si applica agli utilizzatori che non adempiono all'obbligo di cui all'articolo 221, comma 4.

3. La violazione dei divieti di cui all'articolo 226, commi 1 e 4, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.200 euro a 40.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque immette nel mercato interne imballaggi privi dei requisiti di cui all'articolo 219, comma 5.

4. La violazione del disposto di cui all'articolo 226, comma 3, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.6000 euro a 15.500 euro.

262. Competenza e giurisdizione

1. Fatte salve le altre disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 in materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte quarta del presente decreto provvede la provincia nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all'articolo 226, comma 1, per le quali è competente il comune.

2. Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative di cui al comma 1 è esperibile il giudizio di opposizione di cui all'articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

3. Per i procedimenti penali pendenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto l'autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli Enti indicati ai comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.

263. Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie

1. I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni di cui alle disposizioni della parte quarta del presente decreto sono devoluti alle province e sono destinati all'esercizio delle funzioni di controllo in materia ambientale, fatti salvi i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all'articolo 226, comma 1, che sono devoluti ai comuni.

Capo II - Disposizioni transitorie e finali

264. Abrogazione di norme

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto restano o sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l'ulteriore vigenza:

a) la legge 20 marzo 1941, n. 366;
b) il d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915;
c) il decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, ad eccezione dell'articolo 9 e dell'articolo 9-quinquies come riformulato dal presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
d) il decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, ad eccezione degli articoli 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies;
e) il decreto-legge 14 dicembre 1988, n. 527, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 febbraio 1988, n. 45;
f) l'articolo 29-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
g) i commi 3, 4 e 5, secondo periodo, dell'articolo 103 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
h) l'articolo 5, comma 1, del d.P.R. 8 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 251 del 26 ottobre 1994;
i) il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
l) l'articolo 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dall'articolo 14 della legge 8 agosto 2002, n. 178;
m) l'articolo 9, comma 2-bis, della legge 21 novembre 2000, n. 342, ultimo periodo, dalle parole: "i soggetti di cui all'articolo 38, comma 3, lettera a) sino alla parola: "CONAI";
n)
(lettera abrogata dall'articolo 2, comma 44, d.lgs. n. 4 del 2008)
o) gli articoli 4, 5, 8, 12, 14 e 15 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95. Restano valide ai fini della gestione degli oli usati, fino al conseguimento o diniego di quelle richieste ai sensi del presente decreto e per un periodo comunque non superiore ad un triennio dalla data della sua entrata in vigore, tutte le autorizzazioni concesse, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, ai sensi della normativa vigente, ivi compresi il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, e il decreto 16 maggio 1996, n. 392, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25 luglio 1996. Al fine di assicurare che non vi sia soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
p) l'articolo 19 della legge 23 marzo 2001, n. 93.

2. Il Governo, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, adotta, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla trasmissione del relativo schema alle Camere, apposito regolamento con il quale sono individuati gli ulteriori atti normativi incompatibili con le disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, che sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo.

264-bis. Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 aprile 2010
(articolo introdotto dall'articolo 37 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. All’Allegato “Articolazione del MUD” del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 aprile 2010, pubblicato nel Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile 2010, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al capitolo 1 – Rifiuti, al punto “4. Istruzione per la compilazione delle singole sezioni” la “Sezione comunicazione semplificata” è abrogata e sono abrogati il punto 6 “ Sezione rifiuti” e il punto 8 “ Sezione intermediari e commercio”;
b) i capitoli 2 e 3 sono abrogati a decorrere dalla dichiarazione relativa al 2011.

264-ter. Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209
(articolo introdotto dall'articolo 37 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. All’articolo 11 del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, il comma 3 è sostituito dal seguente:
“3. A decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, e successive modificazioni, i dati relativi ai veicoli fuori uso ed ai pertinenti materiali e componenti sottoposti a trattamento, nonché i dati relativi ai materiali, ai prodotti ed ai componenti ottenuti ed avviati al reimpiego, al riciclaggio e al recupero, sono forniti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e all’articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.”.

264-quater. Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151
(articolo introdotto dall'articolo 37 del d.lgs. n. 205 del 2010)

1. All’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, il comma 4 è sostituito dal seguente:
“4. Al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 2, a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, e successive modificazioni, i dati relativi ai RAEE esportati, trattati ed ai materiali derivanti da essi ed avviati al recupero ed al reimpiego sono forniti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a e all’articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009. Le informazioni specificano la categoria di appartenenza secondo l'allegato 1A, il peso o, se non rilevabile, il numero di pezzi degli stessi RAEE.”.

265. Disposizioni transitorie

1. Le vigenti norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto il recupero e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all'adozione delle corrispondenti specifiche norme adottate in attuazione della parte quarta del presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, le pubbliche amministrazioni, nell'esercizio delle rispettive competenze, adeguano la previgente normativa di attuazione alla disciplina contenuta nella parte quarta del presente decreto, nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 264, comma 1, lettera i). Ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi continua ad intendersi riferito ai rifiuti pericolosi.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 45, d.lgs. n. 4 del 2008)

2. In attesa delle specifiche norme regolamentari e tecniche in materia di trasporto dei rifiuti, di cui all'articolo 195, comma 2, lettera 1), e fermo restando quanto previsto dall’articolo 188-ter e dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 in materia di rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico, i rifiuti sono assimilati alle merci per quanto concerne il regime normativo in materia di trasporti via mare e la disciplina delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio in aree portuali. In particolare i rifiuti pericolosi sono assimilati alle merci pericolose.
(comma così modificato dall'articolo 38 del d.lgs. n. 205 del 2010)

3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro delle attività produttive, individua con apposito decreto le forme di promozione e di incentivazione per la ricerca e per lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica presso le università, nonché presso le imprese e i loro consorzi.
(comma dichiarato parzialmente incostituzionale da Corte costituzionale n. 247 del 2009, nella parte in cui non prevede che sia sentita preventivamente la Conferenza unificata)

4. Fatti salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, entro centottanta giorni da tale data, può essere presentata all'autorità competente adeguata relazione tecnica al fine di rimodulare gli obiettivi di bonifica già autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte quarta del presente decreto. L'autorità competente esamina la documentazione e dispone le varianti al progetto necessarie.

5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive sono disciplinati modalità, presupposti ed effetti economici per l'ipotesi in cui i soggetti aderenti ai vigenti consorzi pongano in essere o aderiscano a nuovi consorzi o a forme ad essi alternative, in conformità agli schemi tipo di statuto approvati dai medesimi Ministri, senza che da ciò derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

6. Le aziende siderurgiche e metallurgiche operanti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e sottoposte alla disciplina di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono autorizzate in via transitoria, previa presentazione della relativa domanda, e fino al rilascio o al definitivo diniego dell'autorizzazione medesima, ad utilizzare, impiegandoli nel proprio ciclo produttivo, i rottami ferrosi individuati dal codice GA 430 dell'Allegato II (lista verde dei rifiuti) del regolamento (CE) 1° febbraio 1993, n. 259 e i rottami non ferrosi individuati da codici equivalenti del medesimo Allegato.

6-bis. I soggetti che alla data di entrata in vigore del presente decreto svolgono attività di recupero di rottami ferrosi e non ferrosi che erano da considerarsi escluse dal campo di applicazione della parte quarta del medesimo decreto n. 152 del 2006 possono proseguire le attività di gestione in essere alle condizioni di cui alle disposizioni previgenti fino al rilascio o al diniego delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento di dette attività nel nuovo regime. Le relative istanze di autorizzazione o iscrizione sono presentate entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
(comma aggiunto dall'articolo 2, comma 46, d.lgs. n. 4 del 2008)

266. Disposizioni finali

1. Nelle attrezzature sanitarie di cui all'articolo 4, comma 2, lettera g), della legge 29 settembre 1964, n. 847, sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate.

2. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico dello Stato.

3. Le spese per l'indennità e per il trattamento economico del personale di cui all'articolo 9 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, restano a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, salvo quanto previsto dal periodo seguente. Il trattamento economico resta a carico delle istituzioni di appartenenza, previa intesa con le medesime, nel caso in cui il personale svolga attività di comune interesse.

4. I rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività.

5. Le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio.

6. Fatti salvi gli effetti dei provvedimenti sanzionatori adottati con atti definitivi, dalla data di pubblicazione del presente decreto non trovano applicazione le disposizioni recanti gli obblighi di cui agli articoli 48, comma 2, e 51, comma 6-ter, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché le disposizioni sanzionatorie previste dal medesimo articolo 51, commi 6-bis, 6-ter e 6-quinquies, anche con riferimento a fattispecie verificatesi dopo il 31 marzo 2004.

7. Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive e della salute, è dettata la disciplina per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 45-bis, d.lgs. n. 4 del 2008)

Parte quinta - Norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera

Titolo I - Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività

267. Campo di applicazione

1. Il presente titolo, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, si applica agli impianti, inclusi gli impianti termici civili non disciplinati dal titolo II, ed alle attività che producono emissioni in atmosfera e stabilisce i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite.

2. Per gli impianti di incenerimento e coincenerimento e gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti i valori limite di emissione e altre prescrizioni sono stabiliti nell'autorizzazione di cui all'articolo 208. I valori limite e le prescrizioni sono stabiliti, per gli impianti di incenerimento e coincenerimento, sulla base del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, e dei piani regionali di qualità dell'aria e, per gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti, sulla base degli articoli 270 e 271 del presente titolo. Resta ferma l'applicazione del presente titolo per gli altri impianti e le altre attività presenti nello stesso stabilimento, nonché nei casi previsti dall'articolo 214, comma 8.
(comma così sostituito dall'articolo 3, comma 1, d.lgs. n. 128 del 2010)

3. Resta fermo, per gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale, quanto previsto dal Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto; per tali impianti l'autorizzazione integrata ambientale sostituisce l'autorizzazione alle emissioni prevista dal presente titolo ai fini sia della costruzione che dell'esercizio.
(comma così sostituito dall'articolo 3, comma 1, d.lgs. n. 128 del 2010)

4. Al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi derivanti dal Protocollo di Kyoto e di favorire comunque la riduzione delle emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti, la normativa di cui alla parte quinta del presente decreto intende determinare l'attuazione di tutte le più opportune azioni volte a promuovere l'impiego dell'energia elettrica prodotta da impianti di produzione alimentati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa comunitaria e nazionale vigente e, in particolare, della direttiva 2001/77/CE e del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, determinandone il dispacciamento prioritario. In particolare:

a) potranno essere promosse dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle attività produttive e per lo sviluppo e la coesione territoriale misure atte a favorire la produzione di energia elettrica tramite fonti rinnovabili ed al contempo sviluppare la base produttiva di tecnologie pulite, con particolare riferimento al Mezzogiorno;
b) con decreto del Ministro delle attività produttive di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, sono determinati i compensi dei componenti dell'Osservatorio di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, da applicarsi a decorrere dalla data di nomina, nel limite delle risorse di cui all'articolo 16, comma 6, del medesimo decreto legislativo e senza che ne derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
c) i certificati verdi maturati a fronte di energia prodotta ai sensi dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, possono essere utilizzati per assolvere all'obbligo di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, solo dopo che siano stati annullati tutti i certificati verdi maturati dai produttori di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili così come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 387 del 2003;
d) al fine di prolungare il periodo di validità dei certificati verdi, all'articolo 20, comma 5, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, le parole «otto anni» sono sostituite dalle parole «dodici anni».

268. Definizioni

1. Ai fini del presente titolo si applicano le seguenti definizioni:
(comma così modificato dall'articolo 3, comma 2, d.lgs. n. 128 del 2010)

a) inquinamento atmosferico: ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente;
b) emissione: qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attività di cui all'articolo 275, qualsiasi scarico di COV nell'ambiente;
c) emissione convogliata: emissione di un effluente gassoso effettuata attraverso uno o più appositi punti;
d) emissione diffusa: emissione diversa da quella ricadente nella lettera c); per le lavorazioni di cui all'articolo 275 le emissioni diffuse includono anche i COV contenuti negli scarichi idrici, nei rifiuti e nei prodotti, fatte salve le diverse indicazioni contenute nella parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto;
e) emissione tecnicamente convogliabile: emissione diffusa che deve essere convogliata sulla base delle migliori tecniche disponibili o in presenza di situazioni o di zone che richiedono una particolare tutela;
f) emissioni totali: la somma delle emissioni diffuse e delle emissioni convogliate;
g) effluente gassoso: lo scarico gassoso, contenente emissioni solide, liquide o gassose; la relativa portata volumetrica è espressa in metri cubi all'ora riportate in condizioni normali (Nm3/ora), previa detrazione del tenore di vapore acqueo, se non diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto;
h) stabilimento: il complesso unitario e stabile, che si configura come un complessivo ciclo produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore, in cui sono presenti uno o più impianti o sono effettuate una o più attività che producono emissioni attraverso, per esempio, dispositivi mobili, operazioni manuali, deposizioni e movimentazioni. Si considera stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all'esercizio di una o più attività;
i) stabilimento anteriore al 1988: uno stabilimento che, alla data del 1° luglio 1988, era in esercizio o costruito in tutte le sue parti o autorizzato ai sensi della normativa previgente, e che è stato autorizzato ai sensi degli articoli 12 e 13 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203;
i-bis) stabilimento anteriore al 2006: uno stabilimento che è stato autorizzato ai sensi dell'articolo 6 o dell'articolo 11 o dell'articolo 15, comma 1, lettera b), del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, purché in funzione o messo in funzione entro il 29 aprile 2008;
i-ter) stabilimento nuovo: uno stabilimento che non ricade nelle definizioni di cui alle lettere i) e i-bis);
l) impianto: il dispositivo o il sistema o l'insieme di dispositivi o sistemi fisso e destinato a svolgere in modo autonomo una specifica attività, anche nell'ambito di un ciclo più ampio;
m) modifica dello stabilimento: installazione di un impianto o avvio di una attività presso uno stabilimento o modifica di un impianto o di una attività presso uno stabilimento, la quale comporti una variazione di quanto indicato nel progetto o nella relazione tecnica di cui all'articolo 269, comma 2, o nell'autorizzazione di cui all'articolo 269, comma 3, o nella domanda di adesione all'autorizzazione generale di cui all'articolo 272, o nell'autorizzazione rilasciata ai sensi del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, o nei documenti previsti dall'articolo 12 di tale decreto; ricadono nella definizione anche le modifiche relative alle modalità di esercizio o ai combustibili utilizzati;
m-bis) modifica sostanziale: modifica che comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse; per le attività di cui all'articolo 275 valgono le definizioni di cui ai commi 21 e 22 del medesimo;
n) gestore: la persona fisica o giuridica che ha potere decisionale circa l'installazione o l'esercizio dello stabilimento e che è responsabile dell'applicazione dei limiti e delle prescrizioni disciplinate nel presente decreto;
o) autorità competente: la regione o la provincia autonoma o la diversa autorità indicata dalla legge regionale quale autorità competente al rilascio dell'autorizzazione alle emissioni e all'adozione degli altri provvedimenti previsti dal presente titolo; per le piattaforme off-shore, l'autorità competente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; per gli stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e per gli adempimenti a questa connessi, l'autorità competente è quella che rilascia tale autorizzazione;
p) autorità competente per il controllo: l'autorità a cui la legge regionale attribuisce il compito di eseguire in via ordinaria i controlli circa il rispetto dell'autorizzazione e delle disposizioni del presente titolo, ferme restando le competenze degli organi di polizia giudiziaria; in caso di stabilimenti soggetti ad autorizzazione alle emissioni tale autorità coincide, salvo diversa indicazione della legge regionale, con quella di cui alla lettera o); per stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e per i controlli a questa connessi, l'autorità competente per il controllo è quella prevista dalla normativa che disciplina tale autorizzazione; per le piattaforme off-shore e per i terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore l'autorità competente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, che si avvale eventualmente dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e del sistema delle Agenzie ambientali, con oneri a carico del gestore. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze da adottarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione sono determinate e aggiornate ogni due anni, sulla base del costo effettivo del servizio, le tariffe a carico del gestore e le relative modalità di versamento per la copertura delle spese relative ai controlli finalizzati alla verifica del rispetto delle condizioni stabilite dalle procedure di cui alla presente Parte V in relazione alle piattaforme off-shore e ai terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore;
q) valore limite di emissione: il fattore di emissione, la concentrazione, la percentuale o il flusso di massa di sostanze inquinanti nelle emissioni che non devono essere superati. I valori di limite di emissione espressi come concentrazione sono stabiliti con riferimento al funzionamento dell'impianto nelle condizioni di esercizio più gravose e, salvo diversamente disposto dal presente titolo o dall'autorizzazione, si intendono stabiliti come media oraria;
r) fattore di emissione: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e unità di misura specifica di prodotto o di servizio;
s) concentrazione: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e volume dell'effluente gassoso; per gli impianti di combustione i valori di emissione espressi come concentrazione (mg/Nm3) sono calcolati considerando, se non diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto, un tenore volumetrico di ossigeno di riferimento del 3 per cento in volume dell'effluente gassoso per i combustibili liquidi e gassosi, del 6 per cento in volume per i combustibili solidi e del 15 per cento in volume per le turbine a gas;
t) percentuale: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e massa della stessa sostanza utilizzata nel processo produttivo, moltiplicato per cento;
u) flusso di massa: massa di sostanza inquinante emessa per unità di tempo;
v) soglia di rilevanza dell'emissione: flusso di massa, per singolo inquinante, o per singola classe di inquinanti, calcolato a monte di eventuali sistemi di abbattimento, e nelle condizioni di esercizio più gravose dell'impianto, al di sotto del quale non si applicano i valori limite di emissione;
z) condizioni normali: una temperatura di 273,15 K ed una pressione di 101,3 kPa;
aa) migliori tecniche disponibili: la più efficiente ed avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche ad evitare ovvero, se ciò risulti impossibile, a ridurre le emissioni; a tal fine, si intende per:

1) tecniche: sia le tecniche impiegate, sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura degli impianti e delle attività;
2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;
3) migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso;

bb) periodo di avviamento: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui l'impianto, a seguito dell'erogazione di energia, combustibili o materiali, è portato da una condizione nella quale non esercita l'attività a cui è destinato, o la esercita in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico, ad una condizione nella quale tale attività è esercitata in situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico;
cc) periodo di arresto: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui l'impianto, a seguito dell'interruzione dell'erogazione di energia, combustibili o materiali, non dovuta ad un guasto, è portato da una condizione nella quale esercita l'attività a cui è destinato in situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico ad una condizione nella quale tale funzione è esercitata in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico o non è esercitata;
dd) carico di processo: il livello percentuale di produzione rispetto alla potenzialità nominale dell'impianto;
ee) minimo tecnico: il carico minimo di processo compatibile con l'esercizio dell'attività cui l'impianto è destinato;
ff) impianto di combustione: qualsiasi dispositivo tecnico in cui sono ossidati combustibili al fine di utilizzare il calore così prodotto:
gg) grande impianto di combustione: impianto di combustione di potenza termica nominale non inferiore a 50MW. L'impianto di combustione si considera anteriore al 1988, anteriore al 2006 o nuovo sulla base dei criteri previsti dalle lettere i), i-bis) e i-ter);
hh) potenza termica nominale dell'impianto di combustione: prodotto del potere calorifico inferiore del combustibile utilizzato e della portata massima di combustibile bruciato al singolo impianto di combustione, così come dichiarata dal costruttore, espressa in Watt termici o suoi multipli;
ii) composto organico: qualsiasi composto contenente almeno l'elemento carbonio e uno o più degli elementi seguenti: idrogeno, alogeni, ossigeno, zolfo, fosforo, silicio o azoto, ad eccezione degli ossidi di carbonio e dei carbonati e bicarbonati inorganici;
ll) composto organico volatile (COV): qualsiasi composto organico che abbia a 293,15 K una pressione di vapore di 0,01 kPa o superiore, oppure che abbia una volatilità corrispondente in condizioni particolari di uso. Ai fini della parte quinta del presente decreto, è considerata come COV la frazione di creosoto che alla temperatura di 293,15 K ha una pressione di vapore superiore a 0,01 kPa;
mm) solvente organico: qualsiasi COV usato da solo o in combinazione con altri agenti al fine di dissolvere materie prime, prodotti o rifiuti, senza subire trasformazioni chimiche, o usato come agente di pulizia per dissolvere contaminanti oppure come dissolvente, mezzo di dispersione, correttore di viscosità, correttore di tensione superficiale, plastificante o conservante;
nn) capacità nominale: la massa giornaliera massima di solventi organici utilizzati per le attività di cui all'articolo 275, svolte in condizioni di normale funzionamento ed in funzione della potenzialità di prodotto per cui le attività sono progettate;
oo) consumo di solventi: il quantitativo totale di solventi organici in uno stabilimento utilizzato per le attività di cui all'articolo 275 per anno civile ovvero per qualsiasi altro periodo di dodici mesi, detratto qualsiasi COV recuperato per riutilizzo;
pp) consumo massimo teorico di solventi: il consumo di solventi calcolato sulla base della capacità nominale riferita, se non diversamente stabilito dall'autorizzazione, a tre centotrenta giorni all'anno in caso di attività effettuate su tutto l'arco della settimana ed a duecentoventi giorni all'anno per le altre attività;
qq) riutilizzo di solventi organici: l'utilizzo di solventi organici prodotti da una attività e successivamente recuperati al fine di essere alla stessa destinati per qualsiasi finalità tecnica o commerciale, ivi compreso l'uso come combustibile;
rr) soglia di consumo: il consumo di solvente espresso in tonnellate/anno stabilito dalla parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto, per le attività ivi previste;
ss) (abrogata)
tt) impianti di distribuzione di carburante: impianti in cui il carburante viene erogato ai serbatoi dei veicoli a motore da impianti di deposito;
uu) benzina: ogni derivato del petrolio, con o senza additivi, corrispondente ai seguenti codici doganali: NC 2710 1131 - 2710 1141 -2710 1145 - 2710 1149 - 2710 1151 - 2710 1159 o che abbia una tensione di vapore Reid pari o superiore a 27,6 kilopascal, pronto all'impiego quale carburante per veicoli a motore, ad eccezione del gas di petrolio liquefatto (GPL);
vv) terminale: ogni struttura adibita al caricamento e allo scaricamento di benzina in/da veicolo-cisterna, carro-cisterna o nave-cisterna, ivi compresi gli impianti di deposito presenti nel sito della struttura;
zz) impianto di deposito: ogni serbatoio fisso adibito allo stoccaggio di combustibile;
aaa) impianto di caricamento: ogni impianto di un terminale ove la benzina può essere caricata in cisterne mobili. Gli impianti di caricamento per i veicoli-cisterna comprendono una o più torri di caricamento;
bbb) torre di caricamento: ogni struttura di un terminale mediante la quale la benzina può essere, in un dato momento, caricata in un singolo veicolo-cisterna;
ccc) deposito temporaneo di vapori: il deposito temporaneo di vapori in un impianto di deposito a tetto fisso presso un terminale prima del trasferimento e del successivo recupero in un altro terminale. Il trasferimento dei vapori da un impianto di deposito ad un altro nello stesso terminale non è considerato deposito temporaneo di vapori ai sensi della parte quinta del presente decreto;
ddd) cisterna mobile: una cisterna di capacità superiore ad 1 m3, trasportata su strada, per ferrovia o per via navigabile e adibita al trasferimento di benzina da un terminale ad un altro o da un terminale ad un impianto di distribuzione di carburanti;
eee) veicolo-cisterna: un veicolo adibito al trasporto su strada della benzina che comprenda una o più cisterne montate stabilmente o facenti parte integrante del telaio o una o più cisterne rimuovibili.

269. Autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti
(articolo così modificato dall'articolo 3, comma 3, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Fatto salvo quanto stabilito dall'articolo 267, commi 2 e 3, dal comma 10 del presente articolo e dall'articolo 272, commi 1 e 5, per tutti gli stabilimenti che producono emissioni deve essere richiesta una autorizzazione ai sensi della parte quinta del presente decreto. L'autorizzazione è rilasciata con riferimento allo stabilimento. I singoli impianti e le singole attività presenti nello stabilimento non sono oggetto di distinte autorizzazioni.

2. Il gestore che intende installare uno stabilimento nuovo o trasferire un impianto da un luogo ad un altro presenta all'autorità competente una domanda di autorizzazione, accompagnata:

a) dal progetto dello stabilimento in cui sono descritti gli impianti e le attività, le tecniche adottate per limitare le emissioni e la quantità e la qualità di tali emissioni, le modalità di esercizio, la quota dei punti di emissione individuata in modo da garantire l'adeguata dispersione degli inquinanti, i parametri che caratterizzano l'esercizio e la quantità, il tipo e le caratteristiche merceologiche dei combustibili di cui si prevede l'utilizzo, nonché, per gli impianti soggetti a tale condizione, il minimo tecnico definito tramite i parametri di impianto che lo caratterizzano;
b) da una relazione tecnica che descrive il complessivo ciclo produttivo in cui si inseriscono gli impianti e le attività ed indica il periodo previsto intercorrente tra la messa in esercizio e la messa a regime degli impianti.

3. Per il rilascio dell'autorizzazione all'installazione di stabilimenti nuovi, l'autorità competente indice, entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta, una conferenza di servizi ai sensi dell'articolo 14, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel corso della quale si procede anche, in via istruttoria, ad un contestuale esame degli interessi coinvolti in altri procedimenti amministrativi e, in particolare, nei procedimenti svolti dal comune ai sensi del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. Per il rinnovo e per l'aggiornamento dell'autorizzazione l'autorità competente, previa informazione al comune interessato il quale può esprimere un parere nei trenta giorni successivi, avvia un autonomo procedimento entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. In sede di conferenza di servizi o di autonomo procedimento, eventuali integrazioni della domanda devono essere trasmesse all'autorità competente entro trenta giorni dalla relativa richiesta; se l'autorità competente non si pronuncia in un termine pari a centoventi giorni o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a centocinquanta giorni dalla ricezione della domanda stessa, il gestore può, entro i successivi sessanta giorni, richiedere al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di provvedere, notificando tale richiesta anche all'autorità competente. Il Ministro si esprime sulla richiesta, di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, sentito il comune interessato, entro novanta giorni o, nei casi previsti dall'articolo 281, comma 1, entro centocinquanta giorni dalla ricezione della stessa in caso di richiesta di integrazioni tali termini sono sospesi fino alla ricezione delle stesse e, comunque, per un periodo non superiore a trenta giorni; decorsi tali termini, si applica l'articolo 2, comma 8, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

4. L'autorizzazione stabilisce, ai sensi degli articoli 270 e 271:

a) per le emissioni che risultano tecnicamente convogliabili, le modalità di captazione e di convogliamento;
b) per le emissioni convogliate o di cui è stato disposto il convogliamento, i valori limite di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi, i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite e la periodicità dei controlli di competenza del gestore, la quota dei punti di emissione individuata tenuto conto delle relative condizioni tecnico-economiche, il minimo tecnico per gli impianti soggetti a tale condizione e le portate di progetto tali da consentire che le emissioni siano diluite solo nella misura inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell'esercizio; devono essere specificamente indicate le sostanze a cui si applicano i valori limite di emissione, le prescrizioni ed i relativi controlli;
c) per le emissioni diffuse, apposite prescrizioni finalizzate ad assicurarne il contenimento.

5. In aggiunta a quanto previsto dal comma 4, l'autorizzazione può stabilire, per ciascun inquinante, valori limite di emissione espressi come flussi di massa annuali riferiti al complesso delle emissioni, eventualmente incluse quelle diffuse, degli impianti e delle attività di uno stabilimento. Per gli impianti di cui all'allegato XII alla parte seconda del presente decreto, in tutti i casi in cui sia tecnicamente possibile individuare valori limite di emissione espressi come concentrazione, l'autorizzazione integrata ambientale, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 275, comma 2, non può stabilire esclusivamente valori espressi come flusso di massa fattore di emissione o percentuale.

6. L'autorizzazione stabilisce il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio e la messa a regime dell'impianto. La messa in esercizio deve essere comunicata all'autorità competente con un anticipo di almeno quindici giorni. L'autorizzazione stabilisce la data entro cui devono essere comunicati all'autorità competente i dati relativi alle emissioni effettuate in un periodo continuativo di marcia controllata decorrente dalla messa a regime, e la durata di tale periodo, nonché il numero dei campionamenti da realizzare; tale periodo deve avere una durata non inferiore a dieci giorni, salvi i casi in cui il progetto di cui al comma 2, lettera a) preveda che l'impianto funzioni esclusivamente per periodi di durata inferiore. L'autorità competente per il controllo effettua il primo accertamento circa il rispetto dell'autorizzazione entro sei mesi dalla data di messa a regime di uno o più impianti o dall'avvio di una o più attività dello stabilimento autorizzato.

7. L'autorizzazione rilasciata ai sensi del presente articolo ha una durata di quindici anni. La domanda di rinnovo deve essere presentata almeno un anno prima della scadenza. Nelle more dell'adozione del provvedimento sulla domanda di rinnovo dell'autorizzazione rilasciata ai sensi del presente articolo, l'esercizio dell'impianto può continuare anche dopo la scadenza dell'autorizzazione in caso di mancata pronuncia in termini del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi del comma 3. L'autorità competente può imporre il rinnovo dell'autorizzazione prima della scadenza ed il rinnovo delle autorizzazioni di cui al d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, prima dei termini previsti dall'articolo 281, comma 1, se una modifica delle prescrizioni autorizzative risulti necessaria al rispetto dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa. Il rinnovo dell'autorizzazione comporta il decorso di un periodo di quindici anni.

8. Il gestore che intende effettuare una modifica dello stabilimento ne dà comunicazione all'autorità competente o, se la modifica è sostanziale, presenta, ai sensi del presente articolo, una domanda di autorizzazione. Se la modifica per cui è stata data comunicazione è sostanziale, l'autorità competente ordina al gestore di presentare una domanda di autorizzazione ai sensi del presente articolo. Se la modifica è sostanziale l'autorità competente aggiorna l'autorizzazione dello stabilimento con un'istruttoria limitata agli impianti e alle attività interessati dalla modifica o, a seguito di eventuale apposita istruttoria che dimostri tale esigenza in relazione all'evoluzione della situazione ambientale o delle migliori tecniche disponibili, la rinnova con un'istruttoria estesa all'intero stabilimento. Se la modifica non è sostanziale, l'autorità competente provvede, ove necessario, ad aggiornare l'autorizzazione in atto. Se l'autorità competente non si esprime entro sessanta giorni, il gestore può procedere all'esecuzione della modifica non sostanziale comunicata, fatto salvo il potere dell'autorità competente di provvedere successivamente. Per modifica sostanziale si intende quella che comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse. E' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, comma 11. Il rinnovo dell'autorizzazione comporta, a differenza dell'aggiornamento, il decorso di un nuovo periodo di quindici anni. Con apposito decreto da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 5, si provvede ad integrare l'allegato I alla parte quinta del presente decreto con indicazione degli ulteriori criteri per la qualificazione delle modifiche sostanziali di cui all'articolo 268, comma 1, lettera m bis), e con l'indicazione modifiche di cui all'articolo 268, comma 1, lettera m) per le quali non vi è l'obbligo di effettuare la comunicazione.

9. L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare presso gli impianti tutte le ispezioni che ritenga necessarie per accertare il rispetto dell'autorizzazione.

10. Non sono sottoposti ad autorizzazione gli impianti di deposito di oli minerali, compresi i gas liquefatti. I gestori sono comunque tenuti ad adottare apposite misure per contenere le emissioni diffuse ed a rispettare le ulteriori prescrizioni eventualmente disposte, per le medesime finalità, con apposito provvedimento dall'autorità competente.

11. Il trasferimento di uno stabilimento da un luogo ad un altro equivale all'installazione di uno stabilimento nuovo.

12. (abrogato)

13. (abrogato)

14. (abrogato)

15. (abrogato)

16. (abrogato)

270. Individuazione degli impianti e convogliamento delle emissioni
(articolo così modificato dall'articolo 3, comma 4, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. In sede di autorizzazione, l'autorità competente verifica se le emissioni diffuse di ciascun impianto e di ciascuna attività sono tecnicamente convogliabili sulla base delle migliori tecniche disponibili e sulla base delle pertinenti prescrizioni dell'Allegato I alla parte quinta dei presente decreto e, in tal caso, ne dispone la captazione ed il convogliamento.

2. In presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela ambientale, l'autorità competente dispone la captazione ed il convogliamento delle emissioni diffuse ai sensi del comma 1 anche se la tecnica individuata non soddisfa il requisito della disponibilità di cui all'articolo 268, comma 1, lettera aa), numero 2).

3. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sono stabiliti i criteri da utilizzare per la verifica di cui ai commi 1 e 2.

4. Se più impianti con caratteristiche tecniche e costruttive simili, aventi emissioni con caratteristiche chimico-fisiche omogenee e localizzati nello stesso stabilimento sono destinati a specifiche attività tra loro identiche, l'autorità competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può considerare gli stessi come un unico impianto disponendo il convogliamento ad un solo punto di emissione. L'autorità competente deve, in qualsiasi caso, considerare tali impianti come un unico impianto ai fini della determinazione dei valori limite di emissione. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 282, comma 2.

5. In caso di emissioni convogliate o di cui è stato disposto il convogliamento, ciascun impianto, deve avere un solo punto di emissione, fatto salvo quanto previsto nei commi 6 e 7. Salvo quanto diversamente previsto da altre disposizioni del presente titolo, i valori limite di emissione si applicano a ciascun punto di emissione.

6. Ove non sia tecnicamente possibile, anche per ragioni di sicurezza, assicurare il rispetto del comma 5, l'autorità competente può consentire un impianto avente più punti di emissione. In tal caso, i valori limite di emissione espressi come flusso di massa, fattore di emissione e percentuale sono riferiti al complesso delle emissioni dell'impianto e quelli espressi come concentrazione sono riferiti alle emissioni dei singoli punti. L'autorizzazione può prevedere che i valori limite di emissione si riferiscano alla media ponderata delle emissioni di sostanze inquinanti uguali o appartenenti alla stessa classe ed aventi caratteristiche chimiche omogenee, provenienti dai diversi punti di emissione dell'impianto; in tal caso, il flusso di massa complessivo dell'impianto non può essere superiore a quello che si avrebbe se i valori limite di emissione si applicassero ai singoli punti di emissione.

7. Ove opportuno, l'autorità competente, tenuto conto delle condizioni tecniche ed economiche, può consentire il convogliamento delle emissioni di più impianti in uno o più punti di emissione comuni, purché le emissioni di tutti gli impianti presentino caratteristiche chimico-fisiche omogenee. In tal caso a ciascun punto di emissione comune si applica il più restrittivo dei valori limite di emissione espressi come concentrazione previsti per i singoli impianti e, se del caso, si prevede un tenore di ossigeno di riferimento coerente con i flussi inviati a tale punto. L'autorizzazione stabilisce apposite prescrizioni volte a limitare la diluizione delle emissioni ai sensi dell'articolo 269, comma 4, lettera b).

8. L'adeguamento alle disposizioni del comma 5 o, ove ciò non sia tecnicamente possibile, alle disposizioni dei commi 6 e 7 è realizzato entro i tre anni successivi al primo rinnovo o all'ottenimento dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 281, commi 1, 2, 3 o 4, o dell'articolo 272, comma 3, ovvero nel più breve termine stabilito dall'autorizzazione. Ai fini dell'applicazione dei commi 4, 5, 6 e 7 l'autorità competente tiene anche conto della documentazione elaborata dalla commissione di cui all'articolo 281, comma 9.

271. Valori limite di emissione e prescrizioni per gli impianti e le attività
(articolo così modificato dall'articolo 3, comma 5, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Il presente articolo disciplina i valori di emissione e le prescrizioni da applicare agli impianti ed alle attività degli stabilimenti.

2. Con decreto da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 5, sono individuati, sulla base delle migliori tecniche disponibili, i valori di emissione e le prescrizioni da applicare alle emissioni convogliate e diffuse degli impianti ed alle emissioni diffuse delle attività presso gli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi, attraverso la modifica e l'integrazione degli allegati I e V alla parte quinta del presente decreto.

3. La normativa delle regioni e delle province autonome in materia di valori limite e di prescrizioni per le emissioni in atmosfera degli impianti e delle attività deve tenere conto, ove esistenti, dei piani e programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa. Restano comunque in vigore le normative adottate dalle regioni o dalle province autonome in conformità al d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, ed al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989, in cui si stabiliscono appositi valori limite di emissione e prescrizioni. Per tutti gli impianti e le attività previsti dall'articolo 272, comma 1, la regione o la provincia autonoma, può stabilire, anche con legge o provvedimento generale, sulla base delle migliori tecniche disponibili, appositi valori limite di emissione e prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i combustibili utilizzati. Con legge o provvedimento generale la regione o la provincia autonoma può inoltre stabilire, ai fini della valutazione dell'entità della diluizione delle emissioni, portate caratteristiche di specifiche tipologie di impianti.

4. I piani e i programmi di qualità dell'aria previsti dalla normativa vigente possono stabilire appositi valori limite di emissione e prescrizioni più restrittivi di quelli contenuti negli Allegati I, II e III e V alla parte quinta del presente decreto, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio, purché ciò sia necessario al perseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria.

5. Per gli impianti e le attività degli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 o nuovi l'autorizzazione stabilisce i valori limite di emissione e le prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio ed i combustibili utilizzati, a seguito di un'istruttoria che si basa sulle migliori tecniche disponibili e sui valori e sulle prescrizioni fissati nelle normative di cui al comma 3 e nei piani e programmi di cui al comma 4. Si devono altresì valutare il complesso di tutte le emissioni degli impianti e delle attività presenti, le emissioni provenienti da altre fonti e lo stato di qualità dell'aria nella zona interessata. I valori limite di emissione e le prescrizioni fissati sulla base di tale istruttoria devono essere non meno restrittivi di quelli previsti dagli Allegati I, II, III e V alla parte quinta del presente decreto e di quelli applicati per effetto delle autorizzazioni soggette al rinnovo.

6. Per le sostanze per cui non sono fissati valori di emissione, l'autorizzazione stabilisce appositi valori limite con riferimento a quelli previsti per sostanze simili sotto il profilo chimico e aventi effetti analoghi sulla salute e sull'ambiente.

7. Anche a seguito dell'adozione del decreto di cui al comma 2, l'autorizzazione degli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi può sempre stabilire, per effetto dell'istruttoria prevista dal comma 5, valori limite e prescrizioni più severi di quelli contenuti negli allegati I, II, III e V alla parte quinta del presente decreto, nelle normative di cui al comma 3 e nei piani e programmi di cui al comma 4.

8. (abrogato)

9. (abrogato)

10. (abrogato)

11. I valori limite di emissione e il tenore volumetrico dell'ossigeno di riferimento si riferiscono al volume di effluente gassoso rapportato alle condizioni normali, previa detrazione, salvo quanto diversamente indicato nell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, del tenore volumetrico di vapore acqueo.

12. Salvo quanto diversamente indicato nell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, il tenore volumetrico dell'ossigeno di riferimento è quello derivante dal processo. Se nell'emissione il tenore volumetrico di ossigeno è diverso da quello di riferimento, le concentrazioni misurate devono essere corrette mediante la seguente formula:

E = 21 - O2 * EM
21 - O2M
dove:
EM = concentrazione misurata
E = concentrazione
O2 M = tenore di ossigeno misurato
O2 = tenore di ossigeno di riferimento

13. I valori limite di emissione si riferiscono alla quantità di emissione diluita nella misura che risulta inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell'esercizio. In caso di ulteriore diluizione dell'emissione le concentrazioni misurate devono essere corrette mediante la seguente formula:

E = EM * PM
P
dove:
PM= portata misurata
EM = concentrazione misurata
P = portata di effluente gassoso diluita nella misura che risulta inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell'esercizio
E = concentrazione riferita alla P

14. Salvo quanto diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto, i valori limite di emissione si applicano ai periodi di normale funzionamento dell'impianto, intesi come i periodi in cui l'impianto è in funzione con esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi in cui si verificano anomalie o guasti tali da non permettere il rispetto dei valori stessi. L'autorizzazione può stabilire specifiche prescrizioni per tali periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di tali anomalie o guasti ed individuare gli ulteriori periodi transitori nei quali non si applicano i valori limite di emissione. In caso di emissione di sostanze di cui all'articolo 272, comma 4, lettera a), l'autorizzazione, ove tecnicamente possibile, deve stabilire prescrizioni volte a consentire la stima delle quantità di tali sostanze emesse durante i periodi in cui si verificano anomalie o guasti o durante gli altri periodi transitori e fissare appositi valori limite di emissione, riferiti a tali periodi, espressi come flussi di massa annuali. Se si verifica un'anomalia o un guasto tale da non permettere il rispetto di valori limite di emissione, l'autorità competente deve essere informata entro le otto ore successive e può disporre la riduzione o la cessazione delle attività o altre prescrizioni, fermo restando l'obbligo del gestore di procedere al ripristino funzionale dell'impianto nel più breve tempo possibile e di sospendere l'esercizio dell'impianto se l'anomalia o il guasto può determinare un pericolo per la salute umana. Il gestore è comunque tenuto ad adottare tutte le precauzioni opportune per ridurre al minimo le emissioni durante le fasi di avviamento e di arresto. Sono fatte salve le diverse disposizioni contenute nella parte quinta del presente decreto per specifiche tipologie di impianti. Non costituiscono in ogni caso periodi di avviamento o di arresto i periodi di oscillazione che si verificano regolarmente nello svolgimento della funzione dell'impianto.

15. Il presente articolo si applica anche ai grandi impianti di combustione di cui all'articolo 273 ed agli impianti e alle attività di cui all'articolo 275.

16. Per gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale i valori limite e le prescrizioni di cui al presente articolo si applicano ai fini del rilascio di tale autorizzazione, fermo restando il potere dell'autorità competente di stabilire valori limite e prescrizioni più severi.

17. L'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto stabilisce i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite di emissione. Con apposito decreto ai sensi dell'articolo 281, comma 5, si provvede ad integrare tale Allegato VI, prevedendo i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni, con l'indicazione di quelli di riferimento, i principi di misura e le modalità atte a garantire la qualità dei sistemi di monitoraggio delle emissioni. Fino all'adozione di tale decreto si applicano i metodi precedentemente in uso e, per il rilascio, il rinnovo ed il riesame delle autorizzazioni integrate ambientali e delle autorizzazioni di cui all'articolo 269, i metodi stabiliti dall'autorità competente sulla base delle pertinenti norme tecniche CEN o, ove queste non siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche nazionali, oppure, ove anche queste ultime non siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche ISO o di altre norme internazionali o delle norme nazionali previgenti. Nel periodo di vigenza delle autorizzazioni rilasciate prima dell'entrata in vigore di tale decreto, i controlli, da parte dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), e l'accertamento del superamento dei valori limite di emissione sono effettuati sulla base dei metodi specificamente indicati nell'autorizzazione o, se l'autorizzazione non indica specificamente i metodi, sulla base di uno tra i metodi sopra elencati. I successivi commi 18, 19 e 20, fatta salva l'immediata applicazione degli obblighi di comunicazione relativi ai controlli di competenza del gestore, si applicano a decorrere dal rilascio o dal primo rinnovo dell'autorizzazione effettuati successivamente all'entrata in vigore di tale decreto.

18. Le autorizzazioni alle emissioni e le autorizzazioni integrate ambientali, rilasciate, anche in sede di rinnovo, dopo l'entrata in vigore del decreto di cui al comma 17, indicano, per le emissioni in atmosfera, i metodi di campionamento e di analisi, individuandoli tra quelli elencati nell'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto, e i sistemi per il monitoraggio delle emissioni. In caso di modifica delle prescrizioni relative ai metodi ed ai sistemi di monitoraggio nell'ambito dell'autorizzazione, l'autorità competente provvede a modificare anche, ove opportuno, i valori limite di emissione autorizzati. I controlli, da parte dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), possono essere effettuati solo sulla base dei metodi elencati nell'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto, anche se diversi da quelli di competenza del gestore indicati dall'autorizzazione. Nel caso in cui, in sede di autorizzazione o di controllo, si ricorra a metodi diversi da quelli elencati nell'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto o a sistemi di monitoraggio non conformi alle prescrizioni di tale allegato, i risultati della relativa applicazione non sono validi ai sensi ed agli effetti del presente titolo. Il gestore effettua i controlli di propria competenza sulla base dei metodi e dei sistemi di monitoraggio indicati nell'autorizzazione e mette i risultati a disposizione dell'autorità competente per il controllo nei modi previsti dall'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto e dall'autorizzazione; in caso di ricorso a metodi o a sistemi di monitoraggio diversi o non conformi alle prescrizioni dell'autorizzazione, i risultati della relativa applicazione non sono validi ai sensi ed agli effetti del presente titolo e si applica la pena prevista dall'articolo 279, comma 2.

19. Se i controlli di competenza del gestore e i controlli dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati, forniscono risultati diversi, l'accertamento deve essere ripetuto sulla base del metodo di riferimento. In caso di divergenza tra i risultati ottenuti sulla base del metodo di riferimento e quelli ottenuti sulla base dei metodi e sistemi di monitoraggio indicati dall'autorizzazione, l'autorità competente provvede ad aggiornare tempestivamente l'autorizzazione nelle parti relative ai metodi ed ai sistemi di monitoraggio ed, ove ne consegua la necessità, ai valori limite di emissione.

20. Si verifica un superamento dei valori limite di emissione, ai fini del reato di cui all'articolo 279, comma 2, soltanto se i controlli effettuati dall'autorità o dagli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), accertano una difformità tra i valori misurati e i valori limite prescritti, sulla base di metodi di campionamento e di analisi elencati nell'Allegato V alla parte quinta del presente decreto e di sistemi di monitoraggio conformi alle prescrizioni di tale allegato. Le difformità accertate nei controlli di competenza del gestore devono essere da costui specificamente comunicate all'autorità competente per il controllo entro 24 ore dall'accertamento. Se i risultati dei controlli di competenza del gestore e i risultati dei controlli dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati, divergono in merito alla conformità dei valori misurati ai valori limite prescritti, si procede nei modi previsti dal comma 19; i risultati di tali controlli, inclusi quelli ottenuti in sede di ripetizione dell'accertamento, non possono essere utilizzati ai fini della contestazione del reato previsto dall'articolo 279, comma 2, per il superamento dei valori limite di emissione. Resta ferma, in tutti i casi, l'applicazione dell'articolo 279, comma 2, se si verificano le circostanze previste dall'ultimo periodo del comma 18.

272. Impianti e attività in deroga
(articolo così modificato dall'articolo 3, comma 6, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Non sono sottoposti ad autorizzazione di cui al presente titolo gli stabilimenti in cui sono presenti esclusivamente impianti e attività elencati nella parte I dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto. L'elenco si riferisce a impianti e ad attività le cui emissioni sono scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico. Si applicano esclusivamente i valori limite di emissione e le prescrizioni specificamente previsti, per tali impianti e attività, dai piani e programmi o dalle normative di cui all'articolo 271, commi 3 e 4. Al fine di stabilire le soglie di produzione e di consumo e le potenze termiche nominali indicate nella parte I dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto si deve considerare l'insieme degli impianti e delle attività che, nello stabilimento, ricadono in ciascuna categoria presente nell'elenco. Gli impianti che utilizzano i combustibili soggetti alle condizioni previste dalla parte II, sezioni 4 e 6, dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, devono in ogni caso rispettare almeno i valori limite appositamente previsti per l'uso di tali combustibili nella parte III II, dell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto. Se in uno stabilimento sono presenti sia impianti o attività inclusi nell'elenco della parte I dell'allegato IV alla parte quinta del presente decreto, sia impianti o attività non inclusi nell'elenco, l'autorizzazione di cui al presente titolo considera solo quelli esclusi. Il presente comma si applica anche ai dispositivi mobili utilizzati all'interno di uno stabilimento da un gestore diverso da quello dello stabilimento o non utilizzati all'interno di uno stabilimento. Il gestore di uno stabilimento in cui i dispositivi mobili di un altro gestore sono collocati ed utilizzati in modo non occasionale deve comunque ricomprendere tali dispositivi nella domanda di autorizzazione dell'articolo 269 salva la possibilità di aderire alle autorizzazioni generali del comma 2 nei casi ivi previsti. L'autorità competente può altresì prevedere, con proprio provvedimento generale, che i gestori comunichino alla stessa o ad altra autorità da questa delegata, in via preventiva, la data di messa in esercizio dell'impianto o di avvio dell'attività ovvero, in caso di dispositivi mobili, la data di inizio di ciascuna campagna di utilizzo. Gli elenchi contenuti nell'allegato IV alla parte quinta del presente decreto possono essere aggiornati ed integrati, con le modalità di cui all'articolo 281, comma 5, anche su indicazione delle regioni, delle province autonome e delle associazioni rappresentative di categorie produttive.

2. Per specifiche categorie di stabilimenti, individuate in relazione al tipo e alle modalità di produzione, l'autorità competente può adottare apposite autorizzazioni di carattere generale, relative a ciascuna singola categoria, nelle quali sono stabiliti i valori limite di emissione, le prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i combustibili utilizzati, i tempi di adeguamento, i metodi di campionamento e di analisi e la periodicità dei controlli. I valori limite di emissione e le prescrizioni sono stabiliti in conformità all'articolo 271, commi da 5 a 7. L'autorizzazione generale stabilisce i requisiti della domanda di adesione e può prevedere appositi modelli semplificati di domanda, nei quali le quantità e le qualità delle emissioni sono deducibili dalle quantità di materie prime ed ausiliarie utilizzate. All'adozione di tali autorizzazioni generali l'autorità competente deve in ogni caso procedere entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, per gli stabilimenti in cui sono presenti esclusivamente gli impianti e le attività di cui alla parte II dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto. Al fine di stabilire le soglie di produzione e di consumo e le potenze termiche nominali indicate nella parte II dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto si deve considerare l'insieme degli impianti e delle attività che, nello stabilimento, ricadono in ciascuna categoria presente nell'elenco. In caso di mancata adozione dell'autorizzazione generale, nel termine prescritto, la stessa è rilasciata con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e i gestori degli stabilimenti interessati comunicano la propria adesione all'autorità competente o ad altra autorità da questa delegata; è fatto salvo il potere di tale autorità di adottare successivamente nuove autorizzazioni di carattere generale, l'adesione obbligatoria alle quali comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella adottata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per gli stabilimenti in cui sono presenti anche impianti o attività a cui l'autorizzazione generale non si riferisce, il gestore deve presentare domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269. I gestori degli stabilimenti per cui è stata adottata una autorizzazione generale possono comunque presentare domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269.

3. Almeno quarantacinque giorni prima dell'installazione il gestore degli stabilimenti di cui al comma 2, presenta all'autorità competente o ad altra autorità da questa delegata una domanda di adesione all'autorizzazione generale corredata dai documenti ivi prescritti. L'autorità che riceve la domanda può, con proprio provvedimento, negare l'adesione nel caso in cui non siano rispettati i requisiti previsti dall'autorizzazione generale o i requisiti previsti dai piani e dai programmi o dalle normative di cui all'articolo 271, commi 3 e 4, o in presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela ambientale. Tale procedura si applica anche nel caso in cui il gestore intenda effettuare una modifica dello stabilimento. Resta fermo l'obbligo di sottoporre lo stabilimento all'autorizzazione di cui all'articolo 269 in caso di modifiche per effetto delle quali lo stabilimento non sia più conforme alle previsioni dell'autorizzazione generale. L'autorizzazione generale si applica a chi vi ha aderito, anche se sostituita da successive autorizzazioni generali, per un periodo pari ai dieci anni successivi all'adesione. Non hanno effetto su tale termine le domande di adesione relative alle modifiche dello stabilimento. Almeno quarantacinque giorni prima della scadenza di tale periodo il gestore presenta una domanda di adesione all'autorizzazione generale vigente, corredata dai documenti ivi prescritti. L'autorità competente procede, almeno ogni dieci anni, al rinnovo delle autorizzazioni generali adottate ai sensi del presente articolo. Per le autorizzazioni generali rilasciate ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989 e del d.P.R. 25 luglio 1991, il primo rinnovo è effettuato entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto e i soggetti autorizzati presentano una domanda di adesione, corredata dai documenti ivi prescritti, nei sei mesi che seguono al rinnovo o nei diversi termini stabiliti dall'autorizzazione stessa, durante i quali l'esercizio può essere continuato. In caso di mancata presentazione della domanda di adesione nei termini previsti dal presente comma lo stabilimento si considera in esercizio senza autorizzazione alle emissioni.

4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 non si applicano:

a) in caso di emissione di sostanze cancerogene, tossiche per la riproduzione o mutagene o di sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate, come individuate dalla parte II dell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, o
b) nel caso in cui siano utilizzate, nell'impianto o nell'attività, le sostanze o i preparati classificati dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, come cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, a causa del loro tenore di COV, e ai quali sono state assegnate etichette con le frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R 61.

4-bis. Con apposito decreto, da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 5, si provvede ad integrare l'allegato IV, parte II, alla parte quinta del presente decreto con l'indicazione dei casi in cui, in deroga al comma precedente, l'autorità competente può permettere, nell'autorizzazione generale, l'utilizzo di sostanze inquinanti classificate con frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R61, R68, in considerazione degli scarsi quantitativi d'impiego o delle ridotte percentuali di presenza nelle materie prime o nelle emissioni.

5. Il presente titolo non si applica agli stabilimenti destinati alla difesa nazionale ed alle emissioni provenienti da sfiati e ricambi d'aria esclusivamente adibiti alla protezione e alla sicurezza degli ambienti di lavoro. Agli impianti di distribuzione dei carburanti si applicano esclusivamente le pertinenti disposizioni degli articoli 276 e 277.

273. Grandi impianti di combustione
(articolo così modificato dall'articolo 3, comma 7, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. L'Allegato II alla parte quinta del presente decreto stabilisce, in relazione ai grandi impianti di combustione, i valori limite di emissione, inclusi quelli degli impianti multicombustibili, le modalità di monitoraggio e di controllo delle emissioni, i criteri per la verifica della conformità ai valori limite e le ipotesi di anomalo funzionamento o di guasto degli impianti.

2. Ai grandi impianti di combustione nuovi si applicano i valori limite di emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a 5, lettera B, e sezione 6 dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto.

3. Ai grandi impianti di combustione anteriori al 2006 i valori limite di emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a 5, lettera A, e sezione 6 dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto si applicano a partire dal 1° gennaio 2008. Fino a tale data si applicano gli articoli 3, comma 1, 6, comma 2, e 14, comma 3, nonché gli Allegati 4, 5, 6 e 9 del decreto del Ministro dell'ambiente 8 maggio 1989. Sono fatti salvi i diversi termini previsti nel suddetto Allegato II.

4. Ai grandi impianti di combustione anteriori al 1988 i valori limite di emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a 5, lettera A, e sezioni 6 e 7 dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto si applicano a partire dal 1° gennaio 2008. Fino a tale data si applicano i valori limite di emissione per il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, le polveri e per i metalli e loro composti previsti dal decreto del Ministro dell'ambiente 12 luglio 1990, o contenuti nelle autorizzazioni rilasciate ai sensi del d.P.R. 24 maggio, n. 203, nonché le prescrizioni relative alle anomalie degli impianti di abbattimento stabilite all'Allegato II, parte A, lettera E, dello stesso decreto ministeriale. Fino a tale data si applicano altresì i massimali e gli obiettivi di riduzione delle emissioni, fissati nella parte V dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto. Sono fatti salvi i diversi termini previsti in tale Allegato II.

5. I gestori dei grandi impianti di combustione di cui al comma 4 possono essere esentati dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione previsti dalla parte II, sezioni da 1 a 5, lettera A, e sezione 6 dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto, sulla base della procedura disciplinata dalla parte I dello stesso Allegato II.

6. Ai fini dell'adeguamento degli impianti di cui ai commi 3 e 4 ai valori limite di emissione ivi previsti, il gestore, nell'ambito della richiesta di autorizzazione integrata ambientale, presenta all'autorità competente una relazione tecnica contenente la descrizione dell'impianto, delle tecnologie adottate per prevenire l'inquinamento e della qualità e quantità delle emissioni, dalla quale risulti il rispetto delle prescrizioni di cui al presente titolo, oppure un progetto di adeguamento finalizzato al rispetto delle medesime.

7. Per gli impianti di potenza termica nominale pari a 50 MW, la relazione tecnica o il progetto di adeguamento di cui al comma 6 devono essere presentati entro il 1° agosto 2007 e, in caso di approvazione, l'autorità competente provvede, ai sensi dell'articolo 269, a rinnovare le autorizzazioni in atto.

8. In aggiunta a quanto previsto dall'articolo 271, comma 14, i valori limite di emissione non si applicano ai grandi impianti di combustione nei casi di anomalo funzionamento previsti dalla parte I dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto, nel rispetto delle condizioni ivi previste.

9. Se più impianti di combustione, anche di potenza termica nominale inferiore a 50 MW, sono localizzati nello stesso stabilimento l'autorità competente deve, in qualsiasi caso, considerare tali impianti come un unico impianto ai fini della determinazione della potenza termica nominale in base alla quale stabilire i valori limite di emissione. L'autorità competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può altresì disporre il convogliamento delle emissioni di tali impianti ad un solo punto di emissione ed applicare i valori limite che, in caso di mancato convogliamento, si applicherebbero all'impianto più recente.

10. L'adeguamento alle disposizioni del comma 9 è effettuato nei tempi a tal fine stabiliti dall'autorizzazione.

11. Nel caso in cui un grande impianto di combustione sia sottoposto alle modifiche qualificate come sostanziali dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, si applicano i valori limite di emissione stabiliti nella parte II, sezioni da 1 a 5, lettera B, e sezione 6 dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto.

12. Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, per gli impianti nuovi o in caso di modifiche ai sensi del comma 11, la domanda di autorizzazione deve essere corredata da un apposito studio concernente la fattibilità tecnica ed economica della generazione combinata di calore e di elettricità. Nel caso in cui tale fattibilità sia accertata, anche alla luce di elementi diversi da quelli contenuti nello studio, l'autorità competente, tenuto conto della situazione del mercato e della distribuzione, condiziona il rilascio del provvedimento autorizzativo alla realizzazione immediata o differita di tale soluzione.

13. Dopo il 1° gennaio 2008, agli impianti di combustione di potenza termica nominale inferiore a 50MW ed agli altri impianti esclusi dal campo di applicazione della parte quinta del presente decreto, facenti parte di una raffineria, continuano ad applicarsi, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, i valori limite di emissione calcolati, su un intervallo mensile o inferiore, come rapporto ponderato tra la somma delle masse inquinanti emesse e la somma dei volumi delle emissioni di tutti gli impianti della raffineria, inclusi quelli ricadenti nel campo di applicazione del presente articolo.

14. In caso di realizzazione di grandi impianti di combustione che potrebbero arrecare un significativo pregiudizio all'ambiente di un altro Stato della Comunità europea, l'autorità competente informa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'adempimento degli obblighi di cui alla convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, stipulata a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata con la legge 3 novembre 1994, n. 640.

15. Le disposizioni del presente articolo si applicano agli impianti di combustione destinati alla produzione di energia, ad esclusione di quelli che utilizzano direttamente i prodotti di combustione in procedimenti di fabbricazione. Sono esclusi in particolare:

a) gli impianti in cui i prodotti della combustione sono utilizzati per il riscaldamento diretto, l'essiccazione o qualsiasi altro trattamento degli oggetti o dei materiali, come i forni di riscaldo o i forni di trattamento termico;
b) gli impianti di postcombustione, cioè qualsiasi dispositivo tecnico per la depurazione dell'effluente gassoso mediante combustione, che non sia gestito come impianto indipendente di combustione;
c) i dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di craking catalitico;
d) i dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo;
e) i reattori utilizzati nell'industria chimica;
f) le batterie di forni per il coke;
g) i cowpers degli altiforni;
h) qualsiasi dispositivo tecnico usato per la propulsione di un veicolo, una nave, o un aeromobile;
i) le turbine a gas usate su piattaforme off-shore e sugli impianti di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore;
l) (abrogata)
m) gli impianti azionati da motori diesel, a benzina o a gas.

16. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle turbine a gas autorizzate successivamente all'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto. Alle turbine a gas autorizzate precedentemente si applicano esclusivamente le disposizioni alle stesse riferite dall'Allegato II alla parte quinta del presente decreto in materia di monitoraggio e controllo delle emissioni, nonché di anomalie e guasti degli impianti di abbattimento.

274. Raccolta e trasmissione dei dati sulle emissioni dei grandi impianti di combustione

1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette alla Commissione europea, ogni tre anni, una relazione inerente le emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di tutti i grandi impianti di combustione di cui alla parte quinta del presente decreto, nella quale siano separatamente indicate le emissioni delle raffinerie. Tale relazione è trasmessa per la prima volta entro il 31 dicembre 2007 in relazione al periodo di tre anni che decorre dal 1° gennaio 2004 e, in seguito, entro dodici mesi dalla fine di ciascun successivo periodo di tre anni preso in esame. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette inoltre alla Commissione europea, su richiesta, i dati annuali relativi alle emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri dei singoli impianti di combustione.

2. A partire dal 1° gennaio 2008, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta ogni anno alla Commissione europea una relazione concernente gli impianti anteriori al 1988 per i quali è stata concessa l'esenzione prevista dall'articolo 273, comma 5, con l'indicazione dei tempi utilizzati e non utilizzati che sono stati autorizzati per il restante periodo di funzionamento degli impianti. A tal fine l'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, comunica a tale Ministero le predette esenzioni contestualmente alla concessione delle stesse.
3. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta ogni anno alla Commissione europea una relazione circa i casi in cui sono applicate le deroghe di cui alla parte II, sezioni 1 e 4, lettera A, paragrafo 2, dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto e le deroghe di cui alle note delle lettere A e B del medesimo Allegato II, parte II, sezione 1. A tal fine l'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, comunica a tale Ministero le predette deroghe contestualmente all'applicazione delle stesse.

4. Entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2006, i gestori dei grandi impianti di combustione comunicano all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), con le modalità previste dalla parte III dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto, le emissioni totali, relative all'anno precedente, di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri, determinate conformemente alle prescrizioni della parte IV dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto, nonché la quantità annua totale di energia prodotta rispettivamente dalle biomasse, dagli altri combustibili solidi, dai combustibili liquidi, dal gas naturale e dagli altri gas, riferita al potere calorifico netto, e la caratterizzazione dei sistemi di abbattimento delle emissioni. In caso di mancata comunicazione dei dati e delle informazioni di cui al presente comma, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche ai fini di quanto previsto dall'articolo 650 del codice penale, ordina al gestore inadempiente di provvedere.

5. L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), sulla base delle informazioni di cui al comma 4, elabora una relazione in cui sono riportate le emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di tutti i grandi impianti di combustione di cui alla parte quinta del presente decreto. Tale relazione deve indicare le emissioni totali annue di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri e la quantità annua totale di energia prodotta rispettivamente dalle biomasse, dagli altri combustibili solidi, dai combustibili liquidi, dal gas naturale e dagli altri gas, riferita al potere calorifico netto. Almeno due mesi prima della scadenza prevista dal comma 1 per la trasmissione dei dati alla Commissione europea, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ( APAT ) trasmette al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la suddetta relazione, nonché i dati disaggregati relativi a ciascun impianto.

6. I dati di cui al comma 4 sono raccolti e inviati in formato elettronico. A tal fine debbono essere osservate, ove disponibili, le procedure indicate sul sito internet del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La relazione di cui al comma 5, nonché i dati disaggregati raccolti dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) sono resi disponibili alle autorità competenti sul sito internet del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

7. Il presente articolo si applica anche alle turbine a gas autorizzate prima dell'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto.
(comma aggiunto dall'articolo 3, comma 8, d.lgs. n. 128 del 2010)

275. Emissioni di cov
(articolo così modificato dall'articolo 3, comma 9, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. L'Allegato III alla parte quinta del presente decreto stabilisce, relativamente alle emissioni di composti organici volatili, i valori limite di emissione, le modalità di monitoraggio e di controllo delle emissioni, i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite e le modalità di redazione del piano di gestione dei solventi.

2. Se nello stesso stabilimento sono esercitate, mediante uno o più impianti o macchinari e sistemi non fissi o operazioni manuali, una o più attività individuate nella parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto le quali superano singolarmente le soglie di consumo di solvente ivi stabilite, a ciascuna di tali attività si applicano, secondo le modalità di cui al comma 7, i valori limite per le emissioni convogliate e per le emissioni diffuse di cui al medesimo Allegato III, parte III, oppure i valori limite di emissione totale di cui a tale Allegato III, parti III e IV, nonché le prescrizioni ivi previste. Tale disposizione si applica anche alle attività che, nello stesso stabilimento, sono direttamente collegate e tecnicamente connesse alle attività individuate nel suddetto Allegato III, parte II, e che possono influire sulle emissioni di COV. Il superamento delle soglie di consumo di solvente è valutato con riferimento al consumo massimo teorico di solvente. Le attività di cui alla parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto comprendono la pulizia delle apparecchiature e non comprendono la pulizia dei prodotti, fatte salve le diverse disposizioni ivi previste.

3. Ai fini di quanto previsto dal comma 2, i valori limite per le emissioni convogliate si applicano a ciascun impianto che produce tali emissioni ed i valori limite per le emissioni diffuse si applicano alla somma delle emissioni non convogliate di tutti gli impianti, di tutti i macchinari e sistemi non fissi e di tutte le operazioni.

4. Il gestore che intende effettuare le attività di cui al comma 2 presenta all'autorità competente una domanda di autorizzazione dello stabilimento in conformità all'articolo 269 e a quanto previsto nel presente articolo e nell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto oppure, ricorrendone i presupposti, una domanda di adesione all'autorizzazione generale di cui all'articolo 272, comma 3. In aggiunta ai casi previsti dall'articolo 269, comma 8, la domanda di autorizzazione deve essere presentata anche dal gestore dello stabilimento in cui sono esercitate delle attività che, a seguito di una modifica del consumo massimo teorico di solvente, rientrano tra quelle di cui al comma 2.

5. L'autorizzazione stabilisce, sulla base dei commi 2 e 7, i valori limite di emissione e le prescrizioni che devono essere rispettati. Per la captazione e il convogliamento si applica l'articolo 270.

6. L'autorizzazione indica il consumo massimo teorico di solvente e l'emissione totale annua conseguente all'applicazione dei valori limite di cui al comma 2, individuata sulla base di detto consumo, nonché la periodicità dell'aggiornamento del piano di gestione di cui alla parte V dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto.

7. Il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal comma 2 è assicurato mediante l'applicazione delle migliori tecniche disponibili e, in particolare, utilizzando materie prime a ridotto o nullo tenore di solventi organici, ottimizzando l'esercizio e la gestione delle attività e, ove necessario, installando idonei dispositivi di abbattimento, in modo da minimizzare le emissioni di composti organici volatili.

8. Se le attività di cui al comma 2 sono esercitate presso uno stabilimento autorizzato ai sensi del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, prima del 13 marzo 2004, le emissioni devono essere adeguate alle pertinenti prescrizioni dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto e alle altre prescrizioni del presente articolo entro il 31 ottobre 2007, ovvero, in caso di adeguamento a quanto previsto dal medesimo Allegato III, parte IV, entro le date ivi stabilite. Fermo restando quanto stabilito dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, l'adeguamento è effettuato sulla base dei progetti presentati all'autorità competente ai sensi del decreto ministeriale 14 gennaio 2004, n. 44.Tali stabilimenti si considerano anteriori al 2006 o anteriori al 1988 sulla base dei criteri di cui all'articolo 268, comma 1, lettere i) e i-bis). In caso di mancata presentazione del progetto o di diniego all'approvazione del progetto da parte dell'autorità competente, le attività si considerano in esercizio senza autorizzazione. I termini di adeguamento previsti dal presente comma si applicano altresì agli stabilimenti di cui al comma 20, in esercizio al 12 marzo 2004, i cui gestori aderiscano all'autorizzazione generale ivi prevista entro sei mesi dall'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto o abbiano precedentemente aderito alle autorizzazioni generali adottate ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 16 gennaio 2004, n. 44.

9. Se le attività di cui al comma 2 sono effettuate esclusivamente da macchinari e sistemi non fissi o da operazioni manuali, in esercizio prima dell'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, le emissioni devono essere adeguate alle pertinenti prescrizioni dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto e alle altre prescrizioni del presente articolo entro il 31 ottobre 2007. A tal fine l'autorizzazione di cui al comma 4 deve essere richiesta entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto. In caso di mancata presentazione della richiesta entro tale termine le attività si considerano in esercizio senza autorizzazione.

10. Sono fatte salve le autorizzazioni rilasciate prima del 13 marzo 2004 che conseguono un maggiore contenimento delle emissioni di composti organici volatili rispetto a quello ottenibile con l'applicazione delle indicazioni di cui alle parti III e IV dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto. In tal caso rimangono validi i metodi di campionamento e di analisi precedentemente in uso. È fatta salva la facoltà del gestore di chiedere all'autorità competente di rivedere dette autorizzazioni sulla base delle disposizioni della parte quinta del presente decreto.

11. La domanda di autorizzazione di cui al comma 4 deve essere presentata anche dal gestore degli stabilimenti nei quali sono esercitate le attività di cui al comma 2, effettuate ai sensi dei commi 8 e 9, ove le stesse siano sottoposte a modifiche sostanziali. L'autorizzazione prescrive che le emissioni provenienti dagli stabilimenti in cui si effettuano le attività oggetto di modifica sostanziale:

a) siano immediatamente adeguate alle prescrizioni del presente articolo o
b) siano adeguate alle prescrizioni del presente articolo entro il 31 ottobre 2007 se le emissioni totali di tutte le attività svolte dal gestore nello stesso luogo non superano quelle che si producono in caso di applicazione della lettera a).

12. Se il gestore comprova all'autorità competente che, pur utilizzando la migliore tecnica disponibile, non è possibile rispettare il valore limite per le emissioni diffuse, tale autorità può autorizzare deroghe a detto valore limite, purché ciò non comporti rischi per la salute umana o per l'ambiente.

13. Nei casi previsti nella parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto, l'autorità competente può esentare il gestore dall'applicazione delle prescrizioni ivi stabilite se le emissioni non possono essere convogliate ai sensi dell'articolo 270, commi 1 e 2. In tal caso si applica quanto previsto dalla parte IV dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto, salvo il gestore comprovi all'autorità competente che il rispetto di detto Allegato non è, nel caso di specie, tecnicamente ed economicamente fattibile e che l'impianto utilizza la migliore tecnica disponibile.

14. L'autorità competente comunica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella relazione di cui al comma 18, le deroghe autorizzate ai sensi dei commi 12 e 13.

15. Se due o più attività effettuate nello stesso luogo superano singolarmente le soglie di cui al comma 2, l'autorità competente può:

a) applicare i valori limite previsti da tale comma a ciascuna singola attività o
b) applicare un valore di emissione totale, riferito alla somma delle emissioni di tali attività, non superiore a quello che si avrebbe applicando quanto previsto dalla lettera a); la presente opzione non si estende alle emissioni delle sostanze indicate nel comma 17.

16. Il gestore che, nei casi previsti dal comma 8, utilizza un dispositivo di abbattimento che consente il rispetto di un valore limite di emissione pari a 50 mgC/N m3, in caso di combustione, e pari a 150 mgC/N m3, in tutti gli altri casi, deve rispettare i valori limite per le emissioni convogliate di cui alla parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto entro il 1° aprile 2013, purché, sin dalle date di adeguamento previste dal comma 8, le emissioni totali non superino quelle che si sarebbero prodotte in caso di applicazione delle prescrizioni della parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto.

17. La parte I dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto stabilisce appositi valori limite di emissione per le sostanze caratterizzate da particolari rischi per la salute e l'ambiente.

18. Le autorità competenti trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ogni tre anni ed entro il 30 aprile, a partire dal 2005, una relazione relativa all'applicazione del presente articolo, in conformità a quanto previsto dalla decisione 2007/531/CE del 26 luglio 2007 della Commissione europea. Copia della relazione è inviata dalle autorità competenti alla regione o alla provincia autonoma. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invia tali informazioni alla Commissione europea.

19. (abrogato)

20. I gestori degli stabilimenti costituiti da uno o più impianti a ciclo chiuso di pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso, per i quali l'autorità competente non abbia adottato autorizzazioni di carattere generale, comunicano a tali autorità di aderire all'autorizzazione di cui alla parte VII dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto. E' fatto salvo il potere delle medesime autorità di adottare successivamente nuove autorizzazioni di carattere generale, ai sensi dell'articolo 272, l'obbligatoria adesione alle quali comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella prevista dalla parte VII dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto relativamente al territorio a cui tali nuove autorizzazioni si riferiscono. A tali attività non si applicano le prescrizioni della parte I, paragrafo 3, punti 3.2, 3.3. e 3.4 dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto.

21. Costituisce modifica sostanziale, ai sensi del presente articolo:

a) per le attività di ridotte dimensioni, una modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporta un aumento delle emissioni di composti organici volatili superiore al venticinque per cento;
b) per tutte le altre attività, una modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporta un aumento delle emissioni di composti organici volatili superiore al dieci per cento;
c) qualsiasi modifica che, a giudizio dell'autorità competente, potrebbe avere effetti negativi significativi sulla salute umana o sull'ambiente;
d) qualsiasi modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporti la variazione dei valori limite applicabili;

22. Per attività di ridotte dimensioni, ai sensi del comma 2 1, si intendono le attività di cui alla parte III, punti 1, 3, 4, 5, 8, 10, 13,16 o 17 dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto aventi un consumo massimo teorico di solventi inferiore o uguale alla più bassa tra le soglie di consumo ivi indicate in terza colonna e le altre attività di cui alla parte III del medesimo Allegato III aventi un consumo massimo teorico di solventi inferiore a 10 tonnellate l'anno.

276. Controllo delle emissioni di cov derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali agli impianti di distribuzione

1. L'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto stabilisce le prescrizioni che devono essere rispettate ai fini del controllo delle emissioni di COV relativamente:

a) agli impianti di deposito presso i terminali;
b) agli impianti di caricamento di benzina presso i terminali;
c) agli impianti adibiti al deposito temporaneo di vapori presso i terminali;
d) alle cisterne mobili e ai veicoli cisterna:
e) agli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione dei carburanti;
f) alle attrezzature per le operazioni di trasferimento della benzina presso gli impianti di distribuzione e presso terminali in cui è consentito il deposito temporaneo di vapori.

2. Per impianti di deposito ai sensi del presente articolo si intendono i serbatoi fissi adibiti allo stoccaggio di benzina. Per tali impianti di deposito situati presso i terminali le pertinenti prescrizioni dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto costituiscono le misure che i gestori devono adottare ai sensi dell'articolo 269, comma 10. Con apposito provvedimento l'autorità competente può disporre deroghe a tali prescrizioni, relativamente agli obblighi di rivestimento, ove necessario ai fini della tutela di aree di particolare pregio sotto il profilo paesaggistico.

3. Per impianti di distribuzione, ai sensi del presente articolo, si intendono gli impianti in cui la benzina viene erogata ai serbatoi di tutti i veicoli a motore da impianti di deposito.

4. Nei terminali all'interno dei quali è movimentata una quantità di benzina inferiore a 10.000 tonnellate/anno e la cui costruzione è stata autorizzata prima del 3 dicembre 1997, ai sensi della normativa vigente al momento dell'autorizzazione, gli impianti di caricamento si adeguano alle disposizioni della parte II, paragrafo 2, dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto entro il 17 maggio 2010. Fino alla data di adeguamento deve essere garantita l'agibilità delle operazioni di caricamento anche per i veicoli-cisterna con caricamento dall'alto. Per quantità movimentata si intende la quantità totale annua massima di benzina caricata in cisterne mobili dagli impianti di deposito del terminale nei tre anni precedenti il 17 maggio 2000.

5. Le prescrizioni di cui alla parte II, punto 3.2, dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto si applicano ai veicoli cisterna collaudati dopo il 17 novembre 2000 e si estendono agli altri veicoli cisterna a partire dal 17 maggio 2010. Tali prescrizioni non si applicano ai veicoli cisterna a scomparti tarati, collaudati dopo il 1° gennaio 1990 e attrezzati con un dispositivo che garantisca la completa tenuta di vapori durante la fase di caricamento. A tali veicoli cisterna a scomparti tarati deve essere consentita l'agibilità delle operazioni di caricamento presso gli impianti di deposito dei terminali.

6. Gli stabilimenti in cui sono presenti gli impianti di cui al comma 1, lettera b), sono soggetti, ove producano emissioni in atmosfera, all'autorizzazione di cui all'articolo 269.
(comma aggiunto dall'articolo 3, comma 10, d.lgs. n. 128 del 2010)

277. Recupero di cov prodotti durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli presso gli impianti di distribuzione carburanti

1. I distributori degli impianti di distribuzione dei carburanti devono essere attrezzati con sistemi di recupero dei vapori di benzina che si producono durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli. Gli impianti di distribuzione, i distributori e i sistemi di recupero dei vapori devono essere conformi alle pertinenti prescrizioni dell'Allegato VIII alla parte quinta del presente decreto, relative ai requisiti di efficienza, ai requisiti costruttivi, ai requisiti di installazione, ai controlli periodici ed agli obblighi di documentazione.
(comma così modificato dall'articolo 3, comma 11, d.lgs. n. 128 del 2010)

2. Ai fini del presente articolo si intende per:

a) impianti di distribuzione: ogni impianto in cui la benzina viene erogata ai serbatoi degli autoveicoli da impianti di deposito;
b) impianti di deposito: i serbatoi fìssi adibiti allo stoccaggio di benzina presso gli impianti di distribuzione;
c) distributore: ogni apparecchio finalizzato all'erogazione di benzina; il distributore deve essere dotato di idonea pompa di erogazione in grado di aspirare dagli impianti di deposito o, in alternativa, essere collegato a un sistema di pompaggio centralizzato; se inserito in un impianto di distribuzione di carburanti in rapporto con il pubblico, il distributore deve essere inoltre dotato di un idoneo dispositivo per l'indicazione ed il calcolo delle quantità di benzina erogate;
d) sistema di recupero dei vapori: l'insieme dei dispositivi atti a prevenire l'emissione in atmosfera di COV durante i rifornimenti di benzina di autoveicoli. Tale insieme di dispositivi comprende pistole di erogazione predisposte per il recupero dei vapori, tubazioni flessibili coassiali o gemellate, ripartitori per la separazione della linea dei vapori dalla linea di erogazione del carburante, collegamenti interni ai distributori, linee interrate per il passaggio dei vapori verso i serbatoi, e tutte le apparecchiature e i dispositivi atti a garantire il funzionamento degli impianti in condizioni di sicurezza ed efficienza.

3. I dispositivi componenti i sistemi di recupero dei vapori devono essere omologati dal Ministero dell'interno, a cui il costruttore presenta apposita istanza corredata della documentazione necessaria ad identificare i dispositivi e dalla certificazione di cui al paragrafo 2, punto 2.3, dell'Allegato VIII alla parte quinta del presente decreto. Ai fini del rilascio dell'omologazione, il Ministero dell'interno verifica la rispondenza dei dispositivi ai requisiti di efficienza di cui al comma 1 ed ai requisiti di sicurezza antincendio previsti dalla vigente normativa. In caso di mancata pronuncia l'omologazione si intende negata.
(comma così modificato dall'articolo 3, comma 11, d.lgs. n. 128 del 2010)

4. I dispositivi componenti i sistemi di recupero dei vapori che sono stati omologati delle competenti autorità di altri Paesi appartenenti all'Unione europea possono essere utilizzati per attrezzare i distributori degli impianti di distribuzione, previo riconoscimento da parte del Ministero dell'interno, a cui il costruttore presenta apposita istanza, corredata dalla documentazione necessaria ad identificare i dispositivi, dalle certificazioni di prova rilasciate dalle competenti autorità estere e da una traduzione giurata in lingua italiana di tali documenti e certificazioni. Ai fini del riconoscimento, il Ministero dell'interno verifica i documenti e le certificazioni trasmessi e la rispondenza dei dispositivi ai requisiti di sicurezza antincendio previsti dalla vigente normativa. In caso di mancata pronuncia il riconoscimento si intende negato.
(comma così modificato dall'articolo 3, comma 11, d.lgs. n. 128 del 2010)

5. Durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli i gestori degli impianti di distribuzione devono mantenere in funzione i sistemi di recupero dei vapori di cui al comma 1.

278. Poteri di ordinanza

1. In caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 279 e delle misure cautelari disposte dall'autorità giudiziaria, l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a) alla diffida, con l'assegnazione di un termine entro il quale le irregolarità devono essere eliminate;
b) alla diffida ed alla contestuale temporanea sospensione dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida o qualora la reiterata inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per l'ambiente.
(lettere b) e c) così sostituite dall'articolo 3, comma 12, d.lgs. n. 128 del 2010)

279. Sanzioni
(articolo così modificato dall'articolo 3, comma 13, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Chi inizia a installare o esercisce uno stabilimento in assenza della prescritta autorizzazione ovvero continua l'esercizio con l'autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa o revocata è punito con la pena dell'arresto da due mesi a due anni o dell'ammenda da 258 euro a 1.032 euro. Con la stessa pena è punito chi sottopone uno stabilimento ad una modifica sostanziale senza l'autorizzazione prevista dall'articolo 269, comma 8. Chi sottopone uno stabilimento ad una modifica non sostanziale senza effettuare la comunicazione prevista dall'articolo 269, comma 8, è assoggettato ad una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 1.000 euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità competente.

2. Chi, nell'esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione o le prescrizioni stabiliti dall'autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all'articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall'autorità competente ai sensi del presente titolo è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a 1.032 euro. Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell'autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione.

3. Chi mette in esercizio un impianto o inizia ad esercitare un'attività senza averne dato la preventiva comunicazione prescritta ai sensi dell'articolo 269, comma 6, o ai sensi dell'articolo 272, comma 1, è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a 1.032 euro.

4. Chi non comunica all'autorità competente i dati relativi alle emissioni ai sensi dell'articolo 269, comma 6, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a 1.032 euro.

5. Nei casi previsti dal comma 2 si applica sempre la pena dell'arresto fino ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa.

6. Chi, nei casi previsti dall'articolo 281, comma 1, non adotta tutte le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o dell'ammenda fino a 1.032 euro.

7. Per la violazione delle prescrizioni dell'articolo 276, nel caso in cui la stessa non sia soggetta alle sanzioni previste dai commi da 1 a 6, e per la violazione delle prescrizioni dell'articolo 277 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 15.493 euro a 154.937 euro. All'irrogazione di tale sanzione provvede, ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la diversa autorità indicata dalla legge regionale. La sospensione delle autorizzazioni in essere è sempre disposta in caso di recidiva.

280. Abrogazioni

1. Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto preveda l'ulteriore vigenza e fermo restando quanto stabilito dall'articolo 14 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351:

a) il d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203;
b) l'articolo 4 della legge 4 novembre 1997, n. 413;
c) l'articolo 12, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387;
d) il decreto del Ministro dell'ambiente 10 marzo 1987, n. 105;
e) il decreto del Ministro dell'ambiente 8 maggio 1989;
f) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989;
g) il decreto del Ministro dell'ambiente 12 luglio 1990;
h) il d.P.R. 25 luglio 1991;
i) il decreto del Ministro dell'ambiente 21 dicembre 1995;
l) il decreto del Ministro dell'ambiente del 16 maggio 1996;
m) il decreto del Ministro dell'ambiente 20 gennaio 1999, n. 76;
n) il decreto del Ministro dell'ambiente 21 gennaio 2000, n. 107;
o) il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 16 gennaio 2004, n. 44.

281. Disposizioni transitorie e finali
(articolo così modificato dall'articolo 3, comma 14, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. I gestori degli stabilimenti autorizzati, anche in via provvisoria o in forma tacita, ai sensi del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, ad esclusione di quelli dotati di autorizzazione generale che sono sottoposti alla disciplina di cui all'articolo 272, comma 3, devono presentare una domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 entro i termini di seguito indicati. Le regioni e le province autonome adottano, nel rispetto di tali termini, appositi calendari per la presentazione delle domande; in caso di mancata adozione dei calendari, la domanda di autorizzazione deve essere comunque presentata nei termini stabiliti dal presente comma. La mancata presentazione della domanda nei termini, inclusi quelli fissati dai calendari, comporta la decadenza della precedente autorizzazione. L'autorità competente si pronuncia in un termine pari a otto mesi o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a dieci mesi dalla ricezione della domanda stessa. Se la domanda è presentata nei termini, l'esercizio degli stabilimenti può essere proseguito fino alla pronuncia dell'autorità competente; in caso di mancata pronuncia entro i termini previsti, l'esercizio può essere proseguito fino alla scadenza del termine previsto per la pronuncia del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare a cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi dell'articolo 269. In caso di stabilimenti autorizzati in via provvisoria o in forma tacita, il gestore deve adottare, fino alla pronuncia dell'autorità competente, tutte le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni. La domanda di autorizzazione di cui al presente comma deve essere presentata entro i seguenti termini:

a) tra la data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto ed il 31 dicembre 2011, per stabilimenti anteriori al 1988;
b) tra il 1° gennaio 2012 ed il 31 dicembre 2013, per stabilimenti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data anteriore al 1° gennaio 2000;
c) tra il 1° gennaio 2014 ed il 31 dicembre 2015, per stabilimenti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data successiva al 31 dicembre 1999.

2. Non sono sottoposti alla procedura autorizzativa prevista dal comma 1, gli stabilimenti per cui l'autorizzazione è stata rinnovata ai sensi dell'articolo 269, commi 7 o 8. Se uno stabilimento anteriore al 1988 è sottoposto ad una modifica sostanziale, ai sensi dell'articolo 269, comma 8, prima del termine previsto dal comma 1, l'autorità competente procede, in ogni caso, al rinnovo dell'autorizzazione.

3. I gestori degli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadono nel campo di applicazione del presente titolo e che non ricadevano nel campo di applicazione del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, si adeguano alle disposizioni del presente titolo entro il 1° settembre 2013 o nel più breve termine stabilito dall'autorizzazione alle emissioni. Se lo stabilimento è soggetto a tale autorizzazione la relativa domanda deve essere presentata, ai sensi dell'articolo 269 o dell'articolo 272, commi 2 e 3, entro il 31 luglio 2012. L'autorità competente si pronuncia in un termine pari a otto mesi o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a dieci mesi dalla ricezione della domanda stessa. Dopo la presentazione della domanda, le condizioni di esercizio ed i combustibili utilizzati non possono essere modificati fino all'ottenimento dell'autorizzazione. In caso di mancata presentazione della domanda entro il termine previsto o in caso di realizzazione di modifiche prima dell'ottenimento dell'autorizzazione, lo stabilimento si considera in esercizio senza autorizzazione alle emissioni. Se la domanda è presentata nel termine previsto, l'esercizio può essere proseguito fino alla pronuncia dell'autorità competente; in caso di mancata pronuncia entro i termini previsti, l'esercizio può essere proseguito fino alla scadenza del termine previsto per la pronuncia del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare a cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi dell'articolo 269. Ai soli fini della determinazione dei valori limite e delle prescrizioni di cui agli articoli 271 e 272, tali stabilimenti si considerano nuovi. La procedura prevista dal presente articolo si applica anche in caso di stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadevano nel campo di applicazione del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, ma erano esentati dall'autorizzazione ivi disciplinata e che, per effetto di tale parte quinta, siano soggetti all'autorizzazione alle emissioni in atmosfera.

4. Per gli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadono nel campo di applicazione del presente titolo e che ricadevano nel campo di applicazione della legge 13 luglio 1966, n. 615, del d.P.R. 22 dicembre 1970, n. 1391, o del titolo  II del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002, aventi potenza termica nominale inferiore a 10 MW, l'autorità competente, ai fini dell'applicazione del comma 3, adotta le autorizzazioni generali di cui all'articolo 272, comma 2, entro cinque anni da tale data. In caso di mancata adozione dell'autorizzazione generale, nel termine prescritto, la stessa è rilasciata con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e i gestori comunicano la propria adesione all'autorità competente o all'autorità da questa delegata; è fatto salvo il potere dell'autorità competente di adottare successivamente nuove autorizzazioni di carattere generale, ai sensi dell'articolo 272, l'obbligatoria adesione alle quali comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella adottata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

5. All'integrazione e alla modifica degli allegati alla parte quinta del presente decreto provvede il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. All'adozione di tali atti si procede altresì di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, relativamente alle emissioni provenienti da attività agricole, e di concerto con i Ministri dell'interno, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, relativamente alla modifica degli allegati VII e VIII alla parte quinta del presente decreto. I decreti sono adottati sulla base dell'articolo 17, comma 2, della legge 17 agosto 1988, n. 400, e, in caso di attuazione di direttive comunitarie che modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico previste negli allegati, sulla base dell'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11. L'allegato I e l'allegato VI alla parte quinta del presente decreto sono aggiornati per la prima volta rispettivamente entro il 30 giugno 2011 ed entro il 31 dicembre 2010.

6. Alla modifica ed integrazione degli Allegati alla parte quinta del presente decreto, al fine di dare attuazione alle direttive comunitarie per le parti in cui le stesse comportino modifiche delle modalità esecutive e delle caratteristiche di ordine tecnico stabilite dalle norme vigenti, si provvede ai sensi dell'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

7. Le domande di autorizzazione, i provvedimenti adottati dall'autorità competente e i risultati delle attività di controllo, ai sensi del presente titolo, nonché gli elenchi delle attività autorizzate in possesso dell'autorità competente sono messi a disposizione del pubblico ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.

8. L'adozione, da parte dell'autorità competente o della regione che abbia delegato la propria competenza, di un atto precedentemente omesso preclude la conclusione del procedimento con il quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita i poteri sostitutivi previsti dal presente titolo. A tal fine l'autorità che adotta l'atto ne dà tempestiva comunicazione al Ministero.

9. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è istituita, senza oneri a carico della finanza pubblica, una commissione per la raccolta, l'elaborazione e la diffusione, tra le autorità competenti, dei dati e delle informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione della parte quinta del presente decreto e per la valutazione delle migliori tecniche disponibili di cui all'articolo 268, comma 1, lettera aa). La commissione è composta da un rappresentante nominato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con funzioni di presidente, un rappresentante nominato dal Ministro delle attività produttive, un rappresentante nominato dal Ministro della salute e cinque rappresentanti nominati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Alle riunioni della Commissione possono partecipare uno o più rappresentanti di ciascuna regione o provincia autonoma. Il decreto istitutivo disciplina anche le modalità di funzionamento della commissione, inclusa la periodicità delle riunioni, e le modalità di partecipazione di soggetti diversi dai componenti. Ai componenti della commissione e agli altri soggetti che partecipano alle riunioni della stessa non spetta la corresponsione di compensi, indennità, emolumenti a qualsiasi titolo riconosciuti o rimborsi spese.

10. A fini di informazione le autorità competenti rendono disponibili al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in formato digitale, le autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 269 e 272.

11. Per l'esercizio dei poteri sostitutivi previsti dal presente titolo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si può avvalere dell'ISPRA ai sensi dell'articolo 2, comma 4, del d.P.R. 3 agosto 2009, n. 140, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

Titolo II - Impianti termici civili

282. Campo di applicazione
(articolo così sostituito dall'articolo 3, comma 15, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Il presente titolo disciplina, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale inferiore a 3 MW. Sono sottoposti alle disposizioni del titolo I gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale uguale o superiore.

2. Un impianto termico civile avente potenza termica nominale uguale o superiore a 3 MW si considera in qualsiasi caso come un unico impianto ai fini dell'applicazione delle disposizioni del titolo I.

283. Definizioni

1. Ai fini del presente titolo si applicano le seguenti definizioni:

a) impianto termico: impianto destinalo alla produzione di calore costituito da uno o più generatori di calore e da un unico sistema di distribuzione e utilizzazione di tale calore, nonché da appositi dispositivi di regolazione e di controllo;
b) generatore di calore: qualsiasi dispositivo di combustione alimentato con combustibili al fine di produrre calore, costituito da un focolare ed eventualmente uno scambiatore di calore;
(lettera così sostituita dall'articolo 3, comma 16, d.lgs. n. 128 del 2010)
c) focolare: parte di un generatore di calore nella quale avviene il processo di combustione;
d) impianto termico civile: impianto termico la cui produzione di calore è esclusivamente destinata, anche in edifici ad uso non residenziale, al riscaldamento o alla climatizzazione invernale o estiva di ambienti o al riscaldamento di acqua per usi igienici e sanitari; l'impianto termico civile è centralizzato se serve tutte le unità dell'edificio o di più edifici ed è individuale negli altri casi;
(lettera così sostituita dall'articolo 3, comma 16, d.lgs. n. 128 del 2010)
e) potenza termica nominale dell'impianto: la somma delle potenze termiche nominali dei singoli focolari costituenti l'impianto;
f) potenza termica nominale del focolare: il prodotto del potere calorifico inferiore del combustibile utilizzato e della portata massima di combustibile bruciato all'interno del focolare, espresso in Watt termici o suoi multipli;
g) valore di soglia: potenza termica nominale dell'impianto pari a 0.035MW;
h) modifica dell'impianto: qualsiasi intervento che sia effettuato su un impianto già installato e che richieda la dichiarazione di conformità di cui all'articolo 7 del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37;
(lettera così sostituita dall'articolo 3, comma 16, d.lgs. n. 128 del 2010)
i) autorità competente: l'autorità responsabile dei controlli, gli accertamenti e le ispezioni previsti dall'articolo 9 e dall'allegato L del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e dal d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412 o la diversa autorità indicata dalla legge regionale;
(lettera così sostituita dall'articolo 3, comma 16, d.lgs. n. 128 del 2010)
l) installatore: il soggetto indicato dall'articolo 3 del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37;
(lettera così sostituita dall'articolo 3, comma 16, d.lgs. n. 128 del 2010)
m) responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto: il soggetto indicato dall'articolo 11. comma 1, del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37;
n) conduzione di un impianto termico: insieme delle operazioni necessarie al fine di assicurare la corretta combustione nei focolari e l'adeguamento del regime dell'impianto termico alla richiesta di calore.

284. Installazione o modifica
(articolo così sostituito dall'articolo 3, comma 17, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Nel corso delle verifiche finalizzate alla dichiarazione di conformità prevista dal decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37, per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia, l'installatore verifica e dichiara anche che l'impianto è conforme alle caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 ed è idoneo a rispettare i valori limite di cui all'articolo 286. Tali dichiarazioni devono essere espressamente riportate in un atto allegato alla dichiarazione di conformità, messo a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto da parte dell'installatore entro 30 giorni dalla conclusione dei lavori. L'autorità che riceve la dichiarazione di conformità ai sensi del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37, provvede ad inviare tale atto all'autorità competente. In occasione della dichiarazione di conformità, l'installatore indica al responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto l'elenco delle manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie ad assicurare il rispetto dei valori limite di cui all'articolo 286, affinché tale elenco sia inserito nel libretto di centrale previsto dal d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412. Se il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto non è ancora individuato al momento dell'installazione, l'installatore, entro 30 giorni dall'installazione, invia l'atto e l'elenco di cui sopra al soggetto committente, il quale li mette a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto entro 30 giorni dalla relativa individuazione.

2. Per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia, in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, il libretto di centrale previsto dall'articolo 11 del d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412 deve essere integrato, a cura del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto, entro il 31 dicembre 2012, da un atto in cui si dichiara che l'impianto è conforme alle caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 ed è idoneo a rispettare i valori limite di cui all'articolo 286. Entro il 31 dicembre 2012, il libretto di centrale deve essere inoltre integrato con l'indicazione delle manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie ad assicurare il rispetto dei valori limite di cui all'articolo 286. Il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto provvede ad inviare tali atti integrativi all'autorità competente entro 30 giorni dalla redazione.

285. Caratteristiche tecniche
(articolo così sostituito dall'articolo 3, comma 18, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono rispettare le caratteristiche tecniche previste dalla parte II dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto pertinenti al tipo di combustibile utilizzato e le ulteriori caratteristiche tecniche previste dai piani e dai programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, ove necessarie al conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria.

286. Valori limite di emissione
(articolo così sostituito dall'articolo 3, comma 19, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Le emissioni in atmosfera degli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono rispettare i valori limite previsti dalla parte III dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto e i più restrittivi valori limite previsti dai piani e dai programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, ove necessario al conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria.

2. I valori di emissione degli impianti di cui al comma 1 devono essere controllati almeno annualmente dal responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto nel corso delle normali operazioni di controllo e manutenzione. I valori misurati, con l'indicazione delle relative date, dei metodi di misura utilizzati e del soggetto che ha effettuato la misura, devono essere allegati al libretto di centrale previsto dal d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412. Tale controllo annuale dei valori di emissione non è richiesto nei casi previsti dalla parte III, sezione 1 dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto. Al libretto di centrale devono essere allegati altresì i documenti o le dichiarazioni che attestano l'espletamento delle manutenzioni necessarie a garantire il rispetto dei valori limite di emissione previste dal libretto di centrale.

3. Ai fini del campionamento, dell'analisi e della valutazione delle emissioni degli impianti termici di cui al comma 1 si applicano i metodi previsti nella parte III dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto.

4. A decorrere dal 29 ottobre 2006, l'installatore, contestualmente all'installazione o alla modifica dell'impianto, verifica il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal presente articolo. La documentazione relativa a tale verifica è messa a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto che la allega al libretto di centrale previsto dal d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412. Tale verifica non è richiesta nei casi previsti dalla parte III, sezione 1, dell'Allegato IX VIII alla parte quinta del presente decreto.

287. Abilitazione alla conduzione
(articolo così modificato dall'articolo 3, comma 20, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Il personale addetto alla conduzione degli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore a 0.232 MW deve essere munito di un patentino di abilitazione rilasciato da una autorità individuata dalla legge regionale, la quale disciplina anche le opportune modalità di formazione nonché le modalità di compilazione, tenuta e aggiornamento di un registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici. I patentini possono essere rilasciati a persone aventi età non inferiore a diciotto anni compiuti. Il registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici è tenuto presso l'autorità che rilascia il patentino o presso la diversa autorità indicata dalla legge regionale e, in copia, presso l'autorità competente e presso il comando provinciale dei vigili del fuoco.

2. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 11, comma 3, del d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412.

3. Ai fini del comma 1 sono previsti due gradi di abilitazione. Il patentino di primo grado abilita alla conduzione degli impianti termici per il cui mantenimento in funzione è richiesto il certificato di abilitazione alla condotta dei generatori di vapore a norma del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, e il patentino di secondo grado abilita alla conduzione degli altri impianti. Il patentino di primo grado abilita anche alla conduzione degli impianti per cui è richiesto il patentino di secondo grado.

4. Il possesso di un certificato di abilitazione di qualsiasi grado per la condotta dei generatori di vapore, ai sensi del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, consente, ove previsto dalla legge regionale, il rilascio del patentino senza necessità dell'esame di cui al comma 1.

5. Il patentino può essere in qualsiasi momento revocato in caso di irregolare conduzione dell'impianto. A tal fine l'autorità competente comunica all'autorità che ha rilasciato il patentino i casi di irregolare conduzione accertati. Il provvedimento di sospensione o di revoca del certificato di abilitazione alla condotta dei generatori di vapore ai sensi degli articoli 31 e 32 del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, non ha effetto sul patentino di cui al presente articolo.

6. Fino all'entrata in vigore delle disposizioni regionali di cui al comma 1, la disciplina dei corsi e degli esami resta quella individuata ai sensi del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 12 agosto 1968.

288. Controlli e sanzioni
(articolo così modificato dall'articolo 3, comma 21, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. E' punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro l'installatore che non redige o redige in modo incompleto l'atto di cui all'articolo 284, comma 1, o non lo mette a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto o del soggetto committente nei termini prescritti o non lo trasmette unitamente alla dichiarazione di conformità nei casi in cui questa è trasmessa ai sensi del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37. Con la stessa sanzione è punito il soggetto committente che non mette a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto l'atto e l'elenco dovuti nei termini prescritti. Con la stessa sanzione è punito il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto che non redige o redige in modo incompleto l'atto di cui all'articolo 284, comma 2, o non lo trasmette all'autorità competente nei termini prescritti.

2. In caso di esercizio di un impianto termico civile non conforme alle caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 516 euro a 2.582 euro:

a) l'installatore, nei casi disciplinati all'articolo 284, comma 1;
b) il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto, nei casi soggetti all'articolo 284, comma 2.

3. Nel caso in cui l'impianto non rispetti i valori limite di emissione di cui all'articolo 286, comma 1, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 516 euro a 2.582:

a) il responsabile dell'esercizio e della manutenzione, in tutti i casi in cui l'impianto non è soggetto all'obbligo di verifica di cui all'articolo 286, comma 4;
b) l'installatore e il responsabile dell'esercizio e della manutenzione, se il rispetto dei valori limite non è stato verificato ai sensi dell'articolo 286, comma 4, o non è stato dichiarato nell'atto di cui all'articolo 284, comma 1;
c) l'installatore, se il rispetto dei valori limite è stato verificato ai sensi dell'articolo 286, comma 4, e dichiarato nell'atto di cui all'articolo 284, comma 1, e se dal libretto di centrale risultano regolarmente effettuati i controlli e le manutenzioni prescritti dalla parte quinta del presente decreto e dal d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412, purché non sia superata la durata stabilita per il ciclo di vita dell'impianto:
d) il responsabile dell'esercizio e della manutenzione, se il rispetto dei valori limite è stato verificato ai sensi dell'articolo 286, comma 4, e dichiarato nell'atto di cui all'articolo 284, comma 1, e se dal libretto di centrale non risultano regolarmente effettuati i controlli e le manutenzioni prescritti o è stata superata la durata stabilita per il ciclo di vita dell'impianto.

4. Con una sanzione amministrativa pecuniaria da 516 euro a 2.582 euro è punito il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto che non effettua il controllo annuale delle emissioni ai sensi dell'articolo 286, comma 2, o non allega al libretto di centrale i dati ivi previsti.

5. Ferma stando l'applicazione delle sanzioni previste dai commi precedenti e delle sanzioni previste per la produzione di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni, l'autorità competente, ove accerti che l'impianto non rispetta le caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 o i valori limite di emissione di cui all'articolo 286 o quanto disposto dall'articolo 293, impone, con proprio provvedimento, al contravventore di procedere all'adeguamento entro un determinato termine oltre il quale l'impianto non può essere utilizzato. In caso di mancato rispetto del provvedimento adottato dall'autorità competente si applica l'articolo 650 del codice penale.

6. All'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo, ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, provvede l'autorità competente di cui all'articolo 283, comma 1, lettera i), o la diversa autorità indicata dalla legge regionale.

7. Chi effettua la conduzione di un impianto termico civile di potenza termica nominale superiore a 0.232 MW senza essere munito, ove prescritto, del patentino di cui all'articolo 287 è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da quindici euro a quarantasei euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità indicata dalla legge regionale.

8. I controlli relativi al rispetto del presente titolo sono effettuati dall'autorità competente in occasione delle ispezioni effettuate ai sensi dell'allegato L al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, anche avvalendosi degli organismi ivi previsti, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.

289. Abrogazioni

1. Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l'ulteriore vigenza, la legge 13 luglio 1966, n. 615, ed il d.P.R. 22 dicembre 1970, n. 1391.

290. Disposizioni transitorie e finali
(articolo così modificato dall'articolo 3, comma 22, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. (abrogato)

2. L'installazione di impianti termici civili centralizzati può essere imposta dai regolamenti edilizi comunali relativamente agli interventi di ristrutturazione edilizia ed agli interventi di nuova costruzione qualora tale misura sia individuata dai piani e dai programmi previsti di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, come necessaria al conseguimento dei valori di qualità dell'aria.

3. La legge 13 luglio 1966, n. 615, il d.P.R. 22 dicembre 1970, n. 1391, e il titolo II del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 continuano ad applicarsi agli impianti termici assoggettati al titolo I della parte quinta al del presente decreto, fino alla data in cui è effettuato l'adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 281, comma 3.

4. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico, da adottare entro il 31 dicembre 2010, sono disciplinati i requisiti, le procedure e le competenze per il rilascio di una certificazione dei generatori di calore, con priorità per quelli aventi potenza termica nominale inferiore al valore di soglia di 0,035 MW, alimentati con i combustibili individuati alle lettere f), g) e h) della parte I, sezione 2, dell'allegato X alla parte quinta del presente decreto. Nella certificazione si attesta l'idoneità dell'impianto ad assicurare specifiche prestazioni emissive, con particolare riferimento alle emissioni di polveri e di ossidi di azoto, e si assegna, in relazione ai livelli prestazionali assicurati, una specifica classe di qualità. Tale decreto individua anche le prestazioni emissive di riferimento per le diverse classi, i relativi metodi di prova e le verifiche che il produttore deve effettuare ai fini della certificazione, nonché indicazioni circa le corrette modalità di installazione e gestione dei generatori di calore. A seguito dell'entrata in vigore del decreto, i piani di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa possono imporre limiti e divieti all'utilizzo dei generatori di calore non aventi la certificazione o certificati con una classe di qualità inferiore, ove tale misura sia necessaria al conseguimento dei valori di qualità dell'aria. I programmi e gli strumenti di finanziamento statali e regionali diretti ad incentivare l'installazione di generatori di calore a ridotto impatto ambientale assicurano priorità a quelli certificati con una classe di qualità superiore.

Titolo III - Combustibili

291. Campo di applicazione

1. Il presente titolo disciplina, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, le caratteristiche merceologiche dei combustibili che possono essere utilizzati negli impianti di cui ai titoli I e II della parte quinta del presente decreto, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, e le caratteristiche merceologiche del gasolio marino. Il presente titolo stabilisce inoltre le condizioni di utilizzo dei combustibili, comprese le prescrizioni finalizzate ad ottimizzare il rendimento di combustione, e i metodi di misura delle caratteristiche merceologiche.

292. Definizioni

1. Ai fini del presente titolo si applicano, ove non altrimenti disposto, le definizioni di cui al titolo I ed al titolo II della parte quinta del presente decreto.

2. In aggiunta alle definizioni del comma 1, si applicano le seguenti definizioni:

a) olio combustibile pesante: qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio del codice NC 2710 1951 - 2710 1969 ovvero qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il gasolio di cui alle lettere b) e d), che, per i suoi limiti di distillazione, rientra nella categoria di oli pesanti destinati ad essere usati come combustibile e di cui meno del sessantacinque per cento in volume, comprese le perdite, distilla a 250 °C secondo il metodo ASTM D86, anche se la percentuale del distillato a 250° C non può essere determinata secondo il predetto metodo;
b) gasolio: qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio del codice NC 2710 1945 - 2710 1949, ovvero qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio che, per i suoi limiti di distillazione, rientra nella categoria dei distillati medi destinati ad essere usati come combustibile o carburante e di cui almeno l’ottantacinque per cento in volume, comprese le perdite, distilla a 350 °C secondo il metodo ASTM D86;
c) metodo ASTM: i metodi stabiliti dalla «American Society for Testing and Materials» nell'edizione 1976 delle definizioni e delle specifiche tipo per il petrolio e i prodotti lubrificanti;
d) gasolio marino: qualsiasi combustibile per uso marittimo che corrisponde alla definizione di cui alla lettera b) ovvero che ha una viscosità o densità che rientra nei limiti della viscosità o densità definiti per i distillati marini nella tabella dell'ISO 8217 - 1996, ad esclusione di quello utilizzato per le imbarcazioni destinate alla navigazione interna, per il quale valgono le disposizioni di cui al decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 66, e ad esclusione di quello utilizzato dalle navi che provengono direttamente da un Paese non appartenente all'Unione europea;
e) navigazione interna: navigazione su laghi, fiumi, canali e altre acque interne.
f) depositi fiscali: impianti in cui vengono fabbricati, trasformati, detenuti, ricevuti o spediti i combustibili oggetto della parte quinta del presente decreto, sottoposti ad accisa; ricadono in tale definizione anche gli impianti di produzione dei combustibili.
g) combustibile sottoposto ad accisa: combustibile al quale si applica il regime fiscale delle accise.

293. Combustibili consentiti

1. Negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo II della parte quinta del presente decreto, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, possono essere utilizzati esclusivamente i combustibili previsti per tali categorie di impianti dall'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, alle condizioni ivi previste. I materiali e le sostanze elencati nell'allegato X alla parte quinta del presente decreto non possono essere utilizzati come combustibili ai sensi del presente titolo se costituiscono rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. è soggetta alla normativa vigente in materia di rifiuti la combustione di materiali e sostanze che non sono conformi all'allegato X alla parte quinta del presente decreto o che comunque costituiscono rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. Agli impianti di cui alla parte I, lettere e) ed f), dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto si applicano le prescrizioni dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto relative agli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta del presente decreto. Il gasolio marino deve essere conforme a quanto previsto dalla parte I, sezione 3, dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto.
(comma così modificato dall'articolo 3, comma 23, d.lgs. n. 128 del 2010)

2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, previa autorizzazione della Commissione europea, possono essere stabiliti valori limite massimi per il contenuto di zolfo negli oli combustibili pesanti o nel gasolio, incluso quello marino, più elevati rispetto a quelli fissati nell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto qualora, a causa di un mutamento improvviso nell'approvvigionamento del petrolio greggio, di prodotti petroliferi o di altri idrocarburi, non sia possibile rispettare tali valori limite.

294. Prescrizioni per il rendimento di combustione
(articolo così modificato dall'articolo 3, comma 24, d.lgs. n. 128 del 2010)

1. Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta del presente decreto, con potenza termica nominale pari o superiore a 6 MW, devono essere dotati di rilevatori della temperatura nell'effluente gassoso nonché di un analizzatore per la misurazione e la registrazione in continuo dell'ossigeno libero e del monossido di carbonio. I suddetti parametri devono essere rilevati nell'effluente gassoso all'uscita dell'impianto. Tali impianti devono essere inoltre dotati, ove tecnicamente fattibile, di regolazione automatica del rapporto aria-combustibile. Ai fini dell'applicazione del presente comma si fa riferimento alla potenza termica nominale di ciascun focolare, anche nei casi in cui più impianti siano considerati, ai sensi dell'articolo 270, comma 4, o dell'articolo 273, comma 9, o dell'articolo 282, comma 2, come un unico impianto.

2. Nel caso di impianti di combustione per i quali l'autorizzazione alle emissioni in atmosfera o l'autorizzazione integrata ambientale prescriva un valore limite di emissione in atmosfera per il monossido di carbonio e la relativa misurazione in continuo, quest'ultima tiene luogo della misurazione del medesimo prescritta al comma 1. Il comma 1 non si applica agli impianti elencati nell'articolo 273, comma 15, anche di potenza termica nominale inferiore a 50MW.

3. Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta del presente decreto, di potenza termica nominale per singolo focolare superiore a 1,16 MW, devono essere dotati di rilevatori della temperatura negli effluenti gassosi nonché di un analizzatore per la misurazione e la registrazione in continuo dell'ossigeno libero e del monossido di carbonio. I suddetti parametri devono essere rilevati nell'effluente gassoso all'uscita del focolare. Tali impianti devono essere inoltre dotati, ove tecnicamente fattibile, di regolazione automatica del rapporto aria-combustibile.

295. Raccolta e trasmissione di dati relativi al tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi

1. Al fine di consentire l'elaborazione della relazione di cui al comma 4, il controllo delle caratteristiche dell'olio combustibile pesante, del gasolio e del gasolio marino prodotti o importati, e destinati alla commercializzazione sul mercato nazionale, è effettuato dai laboratori chimici delle dogane o, ove istituiti, dagli uffici delle dogane nel cui ambito operano i laboratori chimici delle dogane. Il campionamento è effettuato con una frequenza adeguata e secondo modalità che assicurino la rappresentatività dei campioni rispetto al combustibile controllato. Entro il 31 marzo di ogni anno gli esiti di tali controlli effettuati nel corso dell'anno precedente sono messi a disposizione dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

2. Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori dei depositi fiscali che importano i combustibili di cui comma 1 da Paesi terzi o che li ricevono da Paesi membri dell'Unione europea e i gestori degli impianti di produzione dei medesimi combustibili inviano all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, osservando le modalità e utilizzando i moduli indicati nella parte 1, sezione 3, appendice 1, dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, i dati concernenti i quantitativi e il contenuto di zolfo di tali combustibili prodotti o importati, e destinati alla commercializzazione sul mercato nazionale, nel corso dell'anno precedente. I dati si riferiscono ai combustibili immagazzinati nei serbatoi in cui sono sottoposti ad accertamento volto a verificarne la quantità e la qualità ai fini della classificazione fiscale. Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori dei grandi impianti di combustione che importano olio combustibile pesante da Paesi terzi o che lo ricevono da Paesi membri dell'Unione europea inviano all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, osservando le modalità e utilizzando i moduli indicati nella parte I, sezione 3, appendice 1 dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, i dati concernenti i quantitativi di olio combustibile pesante importati nell'anno precedente e il relativo contenuto di zolfo.

3. Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori degli impianti di cui alla parte I, sezione 3, punto 1.2, dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto inviano all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT) e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, osservando le modalità e utilizzando i moduli indicati da tale sezione nell'appendice 2, i dati inerenti i quantitativi ed il tenore di zolfo dell'olio combustibile pesante utilizzato nel corso dell'anno precedente.

4. Entro il 31 maggio di ogni anno l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (APAT), sulla base dei risultati dei controlli di cui al comma 1 e dei dati di cui ai commi 2 e 3, trasmette al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione circa il tenore di zolfo dei combustibili di cui al comma 1 prodotti, importati e utilizzati nell'anno civile precedente e circa i casi di applicazione delle deroghe di cui alla parte I, sezione 3, punto 1.2, dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto.

5. Entro il 30 giugno di ciascun anno il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invia alla Commissione europea un documento elaborato sulla base della relazione di cui al comma 4.

6. Non sono soggetti al presente articolo i combustibili destinati alla trasformazione prima della combustione finale e i combustibili usati a fini di trasformazione nell'industria della raffinazione.

296. Sanzioni

1. Chi effettua la combustione di materiali o sostanze non conformi alle prescrizioni del presente titolo, ove gli stessi non costituiscano rifiuti ai sensi della vigente normativa, è punito:

a) in caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al titolo I della parte quinta del presente decreto, con l'arresto fino a due anni o con l’ammenda da 258 euro a 1.032 euro;
b) in caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al titolo II della parte quinta del presente decreto, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, con una sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 1.000 euro; a tale sanzione, da irrogare ai sensi dell'articolo 288, comma 6, non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689; la sanzione non si applica se, dalla documentazione relativa all'acquisto di tali materiali o sostanze, risultano caratteristiche merceologiche conformi a quelle dei combustibili consentiti nell'impianto, ferma restando l'applicazione dell'articolo 515 del codice penale e degli altri reati previsti dalla vigente normativa.
(lettera così modificata dall'articolo 3, comma 25, d.lgs. n. 128 del 2010)

2. La sanzione prevista dal comma 1, lettera b), si applica anche a chi effettua la combustione di gasolio marino non conforme alle prescrizioni del presente titolo. In tal caso l'autorità competente all'irrogazione è la regione o la diversa autorità indicata dalla legge regionale.

3. I controlli sul rispetto delle disposizioni del presente titolo sono effettuati, per gli impianti di cui al titolo I della parie quinta del presente decreto, dall'autorità di cui all'articolo 268, comma 1, lettera p), e per gli impianti di cui al titolo II della parte quinta del presente decreto, dall'autorità di cui all'articolo 283, comma 1, lettera i).

4. In caso di mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 294, il gestore degli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta del presente decreto è punito con l'arresto fino a un anno o con l’ammenda fino a 1.032 euro. Per gli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta del presente decreto si applica la sanzione prevista dall'articolo 288, comma 2; la medesima sanzione, in caso di mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 294, si applica al responsabile per l'esercizio e la manutenzione se ricorre il caso previsto dall'ultimo periodo dell'articolo 284, comma 2.

5. In caso di mancata trasmissione dei dati di cui all'articolo 295, commi 2 e 3, nei termini prescritti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche ai fini di quanto previsto dall'articolo 650 del codice penale, ordina ai soggetti inadempienti di provvedere.

297. Abrogazioni

1. Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l'ulteriore vigenza, l'articolo 2, comma 2, della legge 8 luglio 1986, n. 349, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 settembre 2001, n. 395, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 e l'articolo 2 del decreto-legge 7 marzo 2002, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 maggio 2002, n. 82.

298. Disposizioni transitorie e finali

1. Le disposizioni del presente titolo relative agli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta del presente decreto si applicano agli impianti termici civili di cui all'articolo 290, comma 3, a partire dalla data in cui è effettuato l'adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 281, comma 3.
(comma così modificato dall'articolo 3, comma 26, d.lgs. n. 128 del 2010)

2. Alla modifica e all'integrazione dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto si provvede con le modalità previste dall'articolo 281, commi 5 e 6. All'integrazione di tale Allegato si procede per la prima volta entro un anno dall'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto.

2-bis. Entro il 30 giugno di ciascun anno il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare invia alla Commissione europea, sulla base di una relazione trasmessa dall'APAT entro il mese precedente, un rapporto circa il tenore di zolfo dell'olio combustibile pesante, del gasolio e dei combustibili per uso marittimo utilizzati nell'anno civile precedente. I soggetti di cui all'articolo 296, commi 2 e 9, i laboratori chimici delle dogane o, ove istituiti, gli uffici delle dogane nel cui ambito operano i laboratori chimici delle dogane, i gestori dei depositi fiscali, i gestori degli impianti di produzione di combustibili e i gestori dei grandi impianti di combustione trasmettono all'APAT ed al Ministero, nei casi, nei tempi e con le modalità previsti nella parte I, sezione 3, dell'Allegato X alla parte quinta, i dati e le informazioni necessari ad elaborare la relazione.
(comma aggiunto dall'articolo 1, comma 6, legge n. 205 del 2007)

2-ter. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute ed il Ministro dello sviluppo economico ed il Ministro delle politiche agricole e forestali è istituita, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, una commissione per l'esame delle proposte di integrazione ed aggiornamento dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, presentate dalle amministrazioni dello Stato e dalle regioni. La commissione è composta da due rappresentanti di ciascuno di tali Ministeri e da un rappresentante del Dipartimento affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ai componenti della Commissione non sono dovuti compensi, né rimborsi spese.
(comma aggiunto dall'articolo 3, comma 26, d.lgs. n. 128 del 2010)

Parte sesta - Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente

Titolo I - Ambito di applicazione

299. Competenze ministeriali

1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di tutela, prevenzione e riparazione dei danni all'ambiente, attraverso la Direzione generale per il danno ambientale istituita presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dall'articolo 34 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, e gli altri uffici ministeriali competenti.

2. L'azione ministeriale si svolge normalmente in collaborazione con le regioni, con gli enti locali e con qualsiasi soggetto di diritto pubblico ritenuto idoneo.

3. L'azione ministeriale si svolge nel rispetto della normativa comunitaria vigente in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, delle competenze delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali con applicazione dei princìpi costituzionali di sussidiarietà e di leale collaborazione.

4. Per le finalità connesse all'individuazione, all'accertamento ed alla quantificazione del danno ambientale, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale, in regime convenzionale, di soggetti pubblici e privati di elevata e comprovata qualificazione tecnico-scientifica operanti sul territorio, nei limiti delle disponibilità esistenti.

5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive, stabilisce i criteri per le attività istruttorie volte all'accertamento del danno ambientale e per la riscossione della somma dovuta per equivalente patrimoniale ai sensi del titolo III della parte sesta del presente decreto. I relativi oneri sono posti a carico del responsabile del danno.

6. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.

300. Danno ambientale

1. È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima.

2. Ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato:

a) alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 ed attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, recante regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, nonché alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive norme di attuazione;
b) alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE ad eccezione degli effetti negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7, di tale direttiva;
c) alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali;
d) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell'introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l'ambiente.

301. Attuazione del principio di precauzione

1. In applicazione del principio di precauzione di cui all'articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l'ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione.

2. L'applicazione del principio di cui al comma 1 concerne il rischio che comunque possa essere individuato a sèguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva.

3. L'operatore interessato, quando emerga il rischio suddetto, deve informarne senza indugio, indicando tutti gli aspetti pertinenti alla situazione, il comune, la provincia, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, nonché il Prefetto della provincia che, nelle ventiquattro ore successive, informa il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in applicazione del principio di precauzione, ha facoltà di adottare in qualsiasi momento misure di prevenzione, ai sensi dell'articolo 304, che risultino:

a) proporzionali rispetto al livello di protezione che s'intende raggiungere;
b) non discriminatorie nella loro applicazione e coerenti con misure analoghe già adottate;
c) basate sull'esame dei potenziali vantaggi ed oneri;
d) aggiornabili alla luce di nuovi dati scientifici.

5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare promuove l'informazione del pubblico quanto agli effetti negativi di un prodotto o di un processo e, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente, può finanziare programmi di ricerca, disporre il ricorso a sistemi di certificazione ambientale ed assumere ogni altra iniziativa volta a ridurre i rischi di danno ambientale.

302. Definizioni

1. Lo stato di conservazione di una specie è considerato favorevole quando:

a) i dati relativi alla sua popolazione mostrano che essa si sta mantenendo, a lungo termine, come componente vitale dei suoi habitat naturali;
b) l'area naturale della specie non si sta riducendo né si ridurrà verosimilmente in un futuro prevedibile;
c) esiste, e verosimilmente continuerà ad esistere, un habitat sufficientemente ampio per mantenerne la popolazione a lungo termine.

2. Lo stato di conservazione di un habitat naturale è considerato favorevole quando:

a) la sua area naturale e le zone in essa racchiuse sono stabili o in aumento;
b) le strutture e le funzioni specifiche necessarie per il suo mantenimento a lungo termine esistono e continueranno verosimilmente a esistere in un futuro prevedibile; e
c) lo stato di conservazione delle sue specie tipiche è favorevole, ai sensi del comma 1.

3. Per "acque" si intendono tutte le acque cui si applica la parte terza del presente decreto.

4. Per "operatore" s'intende qualsiasi persona, fisica o giuridica, pubblica o privata, che esercita o controlla un'attività professionale avente rilevanza ambientale oppure chi comunque eserciti potere decisionale sugli aspetti tecnici e finanziari di tale attività, compresi il titolare del permesso o dell'autorizzazione a svolgere detta attività.

5. Per "attività professionale" s'intende qualsiasi azione, mediante la quale si perseguano o meno fini di lucro, svolta nel corso di un'attività economica, industriale, commerciale, artigianale, agricola e di prestazione di servizi, pubblica o privata.

6. Per "emissione" s'intende il rilascio nell'ambiente, a seguito dell'attività umana, di sostanze, preparati, organismi o microrganismi.

7. Per "minaccia imminente" di danno si intende il rischio sufficientemente probabile che stia per verificarsi uno specifico danno ambientale.

8. Per "misure di prevenzione" si intendono le misure prese per reagire a un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente di danno ambientale, al fine di impedire o minimizzare tale danno.

9. Per "ripristino", anche "naturale", s'intende: nel caso delle acque, delle specie e degli habitat protetti, il ritorno delle risorse naturali o dei servizi danneggiati alle condizioni originarie; nel caso di danno al terreno, l'eliminazione di qualsiasi rischio di effetti nocivi per la salute umana e per la integrità ambientale. In ogni caso il ripristino deve consistere nella riqualificazione del sito e del suo ecosistema, mediante qualsiasi azione o combinazione di azioni, comprese le misure di attenuazione o provvisorie, dirette a riparare, risanare o, qualora sia ritenuto ammissibile dall'autorità competente, sostituire risorse naturali o servizi naturali danneggiati.

10. Per "risorse naturali" si intendono specie e habitat naturali protetti, acqua e terreno.

11. Per "servizi" e "servizi delle risorse naturali" si intendono le funzioni svolte da una risorsa naturale a favore di altre risorse naturali e/o del pubblico.

12. Per "condizioni originarie" si intendono le condizioni, al momento del danno, delle risorse naturali e dei servizi che sarebbero esistite se non si fosse verificato il danno ambientale, stimate sulla base delle migliori informazioni disponibili.

13. Per "costi" s'intendono gli oneri economici giustificati dalla necessità di assicurare un'attuazione corretta ed efficace delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto, compresi i costi per valutare il danno ambientale o una sua minaccia imminente, per progettare gli interventi alternativi, per sostenere le spese amministrative, legali e di realizzazione delle opere, i costi di raccolta dei dati ed altri costi generali, nonché i costi del controllo e della sorveglianza.

303. Esclusioni

1. La parte sesta del presente decreto:

a) non riguarda il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno cagionati da:

1) atti di conflitto armato, sabotaggi, atti di ostilità, guerra civile, insurrezione;
2) fenomeni naturali di carattere eccezionale, inevitabili e incontrollabili;

b) non si applica al danno ambientale o a minaccia imminente di tale danno provocati da un incidente per il quale la responsabilità o l'indennizzo rientrino nell'ambito d'applicazione di una delle convenzioni internazionali elencate nell'allegato 1 alla parte sesta del presente decreto cui la Repubblica italiana abbia aderito;
c) non pregiudica il diritto del trasgressore di limitare la propria responsabilità conformemente alla legislazione nazionale che dà esecuzione alla convenzione sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi (LLMC) del 1976, o alla convenzione di Strasburgo sulla limitazione della responsabilità nella navigazione interna (CLNI) del 1988;
d) non si applica ai rischi nucleari relativi all'ambiente né alla minaccia imminente di tale danno causati da attività disciplinate dal Trattato istitutivo della Comunità europea dell'energia atomica o causati da un incidente o un'attività per i quali la responsabilità o l'indennizzo rientrano nel campo di applicazione di uno degli strumenti internazionali elencati nell'allegato 2 alla parte sesta del presente decreto;
e) non si applica alle attività svolte in condizioni di necessità ed aventi come scopo esclusivo la difesa nazionale, la sicurezza internazionale o la protezione dalle calamità naturali;
f) non si applica al danno causato da un'emissione, un evento o un incidente verificatisi prima della data di entrata in vigore della parte sesta del presente decreto; i criteri di determinazione dell’obbligazione risarcitoria stabiliti dall’articolo 311, commi 2 e 3, si applicano anche alle domande di risarcimento proposte o da proporre ai sensi dell’articolo 18 della legge 18 luglio 1986, n. 349, in luogo delle previsioni dei commi 6, 7 e 8 del citato articolo 18, o ai sensi del titolo IX del libro IV del codice civile o ai sensi di altre disposizioni non aventi natura speciale, con esclusione delle pronunce passate in giudicato; ai predetti giudizi trova, inoltre, applicazione la previsione dell’articolo 315 del presente decreto;
(lettera così modificata dall'articolo 5-bis, comma 1, lettera c), legge n. 166 del 2009)
g) non si applica al danno in relazione al quale siano trascorsi più di trent'anni dall'emissione, dall'evento o dall'incidente che l'hanno causato;
h) non si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causa ti da inquinamento di carattere diffuso, se non sia stato possibile accertare in alcun modo un nesso causale tra il danno e l'attività di singoli operatori;
i) non si applica alle situazioni di inquinamento per le quali siano effettivamente avviate le procedure relative alla bonifica, o sia stata avviata o sia intervenuta bonifica dei siti nel rispetto delle norme vigenti hi materia, salvo che ad esito di tale bonifica non permanga un danno ambientale.

Titolo II - Prevenzione e ripristino ambientale

304. Azione di prevenzione

1. Quando un danno ambientale non si è ancora verificato, ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, l'operatore interessato adotta, entro ventiquattro ore e a proprie spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza.

2. L'operatore deve far precedere gli interventi di cui al comma 1 da apposita comunicazione al comune, alla provincia, alla regione, o alla provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, nonché al Prefetto della provincia che nelle ventiquattro ore successive informa il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Tale comunicazione deve avere ad oggetto tutti gli aspetti pertinenti della situazione, ed in particolare le generalità dell'operatore, le caratteristiche del sito interessato, le matrici ambientali presumibilmente coinvolte e la descrizione degli interventi da eseguire. La comunicazione, non appena pervenuta al comune, abilita immediatamente l'operatore alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1. Se l'operatore non provvede agli interventi di cui al comma 1 e alla comunicazione di cui al presente comma, l'autorità preposta al controllo o comunque il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare irroga una sanzione amministrativa non inferiore a 1.000 euro né superiore a 3.000 euro per ogni giorno di ritardo.

3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi momento, ha facoltà di:

a) chiedere all'operatore di fornire informazioni su qualsiasi minaccia imminente di danno ambientale o su casi sospetti di tale minaccia imminente;
b) ordinare all'operatore di adottare le specifiche misure di prevenzione considerate necessarie, precisando le metodologie da seguire;
c) adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie.

4. Se l'operatore non si conforma agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 3, lettera b), o se esso non può essere individuato, o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha facoltà di adottare egli stesso le misure necessarie per la prevenzione del danno, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni dall'effettuato pagamento.

305. Ripristino ambientale

1. Quando si è verificato un danno ambientale, l'operatore deve comunicare senza indugio tutti gli aspetti pertinenti della situazione alle autorità di cui all'articolo 304, con gli effetti ivi previsti, e, se del caso, alle altre autorità dello Stato competenti, comunque interessate. L'operatore ha inoltre l'obbligo di adottare immediatamente:

a) tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali ed effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi, anche sulla base delle specifiche istruzioni formulate dalle autorità competenti relativamente alle misure di prevenzione necessarie da adottare;
b) le necessarie misure di ripristino di cui all'articolo 306.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi momento, ha facoltà di:

a) chiedere all'operatore di fornire informazioni su qualsiasi danno verificatosi e sulle misure da lui adottate immediatamente ai sensi del comma 1;
b) adottare, o ordinare all'operatore di adottare, tutte le iniziative opportune per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi;
c) ordinare all'operatore di prendere le misure di ripristino necessarie;
d) adottare egli stesso le suddette misure.

3. Se l'operatore non adempie agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 2, lettera b) o c), o se esso non può essere individuato o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha facoltà di adottare egli stesso tali misure, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o comunque concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni dall'effettuato pagamento.

306. Determinazione delle misure per il ripristino ambientale

1. Gli operatori individuano le possibili misure per il ripristino ambientale che risultino conformi all'allegato 3 alla parte sesta del presente decreto e le presentano per l'approvazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare senza indugio e comunque non oltre trenta giorni dall'evento dannoso, a meno che questi non abbia già adottato misure urgenti, a norma articolo 305, commi 2 e 3.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare decide quali misure di ripristino attuare, in modo da garantire, ove possibile, il conseguimento del completo ripristino ambientale, e valuta l'opportunità di addivenire ad un accordo con l'operatore interessato nel rispetto della procedura di cui all'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

3. Se si è verificata una pluralità di casi di danno ambientale e l'autorità competente non è in grado di assicurare l'adozione simultanea delle misure di ripristino necessarie, essa può decidere quale danno ambientale debba essere riparato a titolo prioritario. Ai fini di tale decisione, l'autorità competente tiene conto, fra l'altro, della natura, entità e gravità dei diversi casi di danno ambientale in questione, nonché della possibilità di un ripristino naturale.

4. Nelle attività di ripristino ambientale sono prioritariamente presi in considerazione i rischi per la salute umana.

5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invita i soggetti di cui agli articoli 12 e 7, comma 4, della direttiva 2004/35/CE, nonché i soggetti sugli immobili dei quali si devono effettuare le misure di ripristino a presentare le loro osservazioni nel termine di dieci giorni e le prende in considerazione in sede di ordinanza. Nei casi di motivata, estrema urgenza l'invito può essere incluso nell'ordinanza, che in tal caso potrà subire le opportune riforme o essere revocata tenendo conto dello stato dei lavori in corso.

307. Notificazione delle misure preventive e di ripristino

1. Le decisioni che impongono misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino, adottate ai sensi della parte sesta del presente decreto, sono adeguatamente motivate e comunicate senza indugio all'operatore interessato con indicazione dei mezzi di ricorso di cui dispone e dei termini relativi.

308. Costi dell'attività di prevenzione e di ripristino

1. L'operatore sostiene i costi delle iniziative statali di prevenzione e di ripristino ambientale adottate secondo le disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.

2. Fatti salvi i commi 4, 5 e 6, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare recupera, anche attraverso garanzie reali o fideiussioni bancarie a prima richiesta e con esclusione del beneficio della preventiva escussione, dall'operatore che ha causato il danno o l'imminente minaccia, le spese sostenute dallo Stato in relazione alle azioni di precauzione, prevenzione e ripristino adottate a norma della parte sesta del presente decreto.

3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare determina di non recuperare la totalità dei costi qualora la spesa necessaria sia maggiore dell'importo recuperabile o qualora l'operatore non possa essere individuato.

4. Non sono a carico dell'operatore i costi delle azioni di precauzione, prevenzione e ripristino adottate conformemente alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto se egli può provare che il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno:

a) è stato causato da un terzo e si è verificato nonostante l'esistenza di misure di sicurezza astrattamente idonee;
b) è conseguenza dell'osservanza di un ordine o istruzione obbligatori impartiti da una autorità pubblica, diversi da quelli impartiti a seguito di un'emissione o di un incidente imputabili all'operatore; in tal caso il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta le misure necessarie per consentire all'operatore il recupero dei costi sostenuti.

5. L'operatore non è tenuto a sostenere i costi delle azioni di cui al comma 5 intraprese conformemente alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto qualora dimostri che non gli è attribuibile un comportamento doloso o colposo e che l'intervento preventivo a tutela dell'ambiente è stato causato da:

a) un'emissione o un evento espressa mente consentiti da un'autorizzazione conferita ai sensi delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari recanti attuazione delle misure legislative adottate dalla Comunità europea di cui all'allegato 5 della parte sesta del presente decreto, applicabili alla data dell'emissione o dell'evento e in piena conformità alle condizioni ivi previste;
b) un'emissione o un'attività o qualsiasi altro modo di utilizzazione di un prodotto nel corso di un'attività che l'operatore dimostri non essere stati considerati probabile causa di danno ambientale secondo lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento del rilascio dell'emissione o dell'esecuzione dell'attività.

6. Le misure adottate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in attuazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto lasciano impregiudicata la responsabilità e l'obbligo risarcitorio del trasgressore interessato.

309. Richiesta di intervento statale

1. Le regioni, le province autonome e gli enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino previste dalla parte sesta del presente decreto possono presentare al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, depositandole presso le Prefetture - Uffici territoriali del Governo, denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l'intervento statale a tutela dell'ambiente a norma della parte sesta del presente decreto.

2. Le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente, di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, sono riconosciute titolari dell'interesse di cui al comma 1.

3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare valuta le richieste di intervento e le osservazioni ad esse allegate afferenti casi di danno o di minaccia di danno ambientale e informa senza dilazione i soggetti richiedenti dei provvedimenti assunti al riguardo.

4. In caso di minaccia imminente di danno, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nell'urgenza estrema, provvede sul danno denunciato anche prima d'aver risposto ai richiedenti ai sensi del comma 3.

310. Ricorsi

1. I soggetti di cui all'articolo 309, comma 1, sono legittimati ad agire, secondo i princìpi generali, per l'annullamento degli atti e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale.

2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, il ricorso al giudice amministrativo può essere preceduto da una opposizione depositata presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o inviata presso la sua sede a mezzo di posta raccomandata con avviso di ricevimento entro trenta giorni dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell'atto. In caso di inerzia del Ministro, analoga opposizione può essere proposta entro il suddetto termine decorrente dalla scadenza del trentesimo giorno successivo all'effettuato deposito dell'opposizione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
(comma così modificato dall'articolo 4, Allegato 4, del d.lgs. n. 104 del 2010)

3. Se sia stata presentata l'opposizione e non ancora il ricorso al giudice amministrativo, quest'ultimo è proponibile entro il termine di sessanta giorni decorrenti dal ricevimento della decisione di rigetto dell'opposizione oppure dal trentunesimo giorno successivo alla presentazione dell'opposizione se il Ministro non si sia pronunciato.

4. Resta ferma la facoltà dell'interessato di ricorrere in via straordinaria al Presidente della Repubblica nel termine di centoventi giorni dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell'atto o provvedimento che si ritenga illegittimo e lesivo.

Titolo III - Risarcimento del danno ambientale

311. Azione risarcitoria in forma specifica e per equivalente patrimoniale

1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare agisce, anche esercitando l'azione civile in sede penale, per il risarcimento del danno ambientale in forma specifica e, se necessario, per equivalente patrimoniale, oppure procede ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.

2. Chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno all'ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, è obbligato all’effettivo ripristino a sue spese della precedente situazione e, in mancanza, all’adozione di misure di riparazione complementare e compensativa di cui alla direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, secondo le modalità prescritte dall’Allegato II alla medesima direttiva, da effettuare entro il termine congruo di cui all’articolo 314, comma 2, del presente decreto. Quando l’effettivo ripristino o l’adozione di misure di riparazione complementare o compensativa risultino in tutto o in parte omessi, impossibili o eccessivamente onerosi ai sensi dell’articolo 2058 del codice civile o comunque attuati in modo incompleto o difforme rispetto a quelli prescritti, il danneggiante è obbligato in via sostitutiva al risarcimento per equivalente patrimoniale nei confronti dello Stato, determinato conformemente al comma 3 del presente articolo, per finanziare gli interventi di cui all’articolo 317, comma 5.
(comma così modificato dall'articolo 5-bis, comma 1, lettera a), legge n. 166 del 2009)

3. Alla quantificazione del danno il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede in applicazione dei criteri enunciati negli Allegati 3 e 4 della parte sesta del presente decreto. All'accertamento delle responsabilità risarcitorie ed alla riscossione delle somme dovute per equivalente patrimoniale il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede con le procedure di cui al titolo III della parte sesta del presente decreto. on decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, in conformità a quanto previsto dal punto 1.2.3 dell’Allegato II alla direttiva 2004/35/CE, i criteri di determinazione del risarcimento per equivalente e dell’eccessiva onerosità, avendo riguardo anche al valore monetario stimato delle risorse naturali e dei servizi perduti e ai parametri utilizzati in casi simili o materie analoghe per la liquidazione del risarcimento per equivalente del danno ambientale in sentenze passate in giudicato pronunciate in ambito nazionale e comunitario. Nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità personale. Il relativo debito si trasmette, secondo le leggi vigenti, agli eredi nei limiti del loro effettivo arricchimento. Il presente comma si applica anche nei giudizi di cui ai commi 1 e 2.
(comma così modificato dall'articolo 5-bis, comma 1, lettera b), legge n. 166 del 2009)

312. Istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale

1. L'istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale di cui all'articolo 313 si svolge ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'accertamento dei fatti, per l'individuazione dei trasgressori, per l'attuazione delle misure a tutela dell'ambiente e per il risarcimento dei danni, può delegare il Prefetto competente per territorio ed avvalersi, anche mediante apposite convenzioni, della collaborazione delle Avvocature distrettuali dello Stato, del Corpo forestale dello Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di finanza e di qualsiasi altro soggetto pubblico dotato di competenza adeguata.

3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'accertamento delle cause del danno e per la sua quantificazione, da effettuare in applicazione delle disposizioni contenute negli Allegati 3 e 4 alla parte sesta del presente decreto, può disporre, nel rispetto del principio del contraddittorio con l'operatore interessato, apposita consulenza tecnica svolta dagli uffici ministeriali, da quelli di cui al comma 2 oppure, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente, da liberi professionisti.

4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche anche in apparecchiature informatiche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l'accertamento del fatto dannoso e per l'individuazione dei trasgressori, può disporre l'accesso di propri incaricati nel sito interessato dal fatto dannoso. Gli incaricati che eseguono l'accesso devono essere muniti di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell'ufficio da cui dipendono. Per l'accesso a locali che siano adibiti ad abitazione o all'esercizio di attività professionali è necessario che l'Amministrazione si munisca dell'autorizzazione dell'autorità giudiziara competente. In ogni caso, dell'accesso nei luoghi di cui al presente comma dovrà essere informato il titolare dell'attività o un suo delegato, che ha il diritto di essere presente, anche con l'assistenza di un difensore di fiducia, e di chiedere che le sue dichiarazioni siano verbalizzate.

5. In caso di gravi indizi che facciano ritenere che libri, registri, documenti, scritture ed altre prove del fatto dannoso si trovino in locali diversi da quelli indicati nel comma 4, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può chiedere l'autorizzazione per la perquisizione di tali locali all'autorità giudiziaria competente.

6. E' in ogni caso necessaria l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente per procedere, durante l'accesso, a perquisizioni personali e all'apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l'esame dei documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali sia stato eccepito il segreto professionale.

7. Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte all'interessato o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute, nonché le sue dichiarazioni. Il verbale deve essere sottoscritto dall'interessato o da chi lo rappresenta oppure deve indicare il motivo della mancata sottoscrizione. L'interessato ha diritto di averne copia.

8. I documenti e le scritture possono essere sequestrati soltanto se non sia possibile riprodurne o farne constare agevolmente il contenuto rilevante nel verbale, nonché in caso di mancata sottoscrizione o di contestazione del contenuto del verbale; tuttavia gli agenti possono sempre acquisire dati con strumenti propri da sistemi meccanografici, telematici, elettronici e simili.

313. Ordinanza

1. Qualora all'esito dell'istruttoria di cui all'articolo 312 sia stato accertato un fatto che abbia causato danno ambientale ed il responsabile non abbia attivato le procedure di ripristino ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto oppure ai sensi degli articoli 304 e seguenti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con ordinanza immediatamente esecutiva, ingiunge a coloro che, in base al suddetto accertamento, siano risultati responsabili del fatto il ripristino ambientale a titolo di risarcimento in forma specifica entro un termine fissato.

2. Qualora il responsabile del fatto che ha provocato danno ambientale non provveda in tutto o in parte al ripristino nel termine ingiunto, o il ripristino risulti in tutto o in parte impossibile, oppure eccessivamente oneroso ai sensi dell'articolo 2058 del codice civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con successiva ordinanza, ingiunge il pagamento, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica, di una somma pari al valore economico del danno accertato o residuato, a titolo di risarcimento per equivalente pecuniario.

3. Con riguardo al risarcimento del danno in forma specifica, l'ordinanza è emessa nei confronti del responsabile del fatto dannoso nonché, in solido, del soggetto nel cui effettivo interesse il comportamento fonte del danno è stato tenuto o che ne abbia obiettivamente tratto vantaggio sottraendosi, secondo l'accertamento istruttorio intervenuto, all'onere economico necessario per apprestare, in via preventiva, le opere, le attrezzature, le cautele e tenere i comportamenti previsti come obbligatori dalle norme applicabili.

4. L'ordinanza è adottata nel termine perentorio di centottanta giorni decorrenti dalla comunicazione ai soggetti di cui al comma 3 dell'avvio dell'istruttoria, e comunque entro il termine di decadenza di due anni dalla notizia del fatto, salvo quando sia in corso il ripristino ambientale a cura e spese del trasgressore. In tal caso i medesimi termini decorrono dalla sospensione ingiustificata dei lavori di ripristino oppure dalla loro conclusione in caso di incompleta riparazione del danno. Alle attestazioni concernenti la sospensione dei lavori e la loro incompletezza provvede il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con apposito atto di accertamento.

5. Nei termini previsti dai commi 1 e 3 dell'articolo 2947 del codice civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può adottare ulteriori provvedimenti nei confronti di trasgressori successivamente individuati.

6. Nel caso di danno provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anziché ingiungere il pagamento del risarcimento per equivalente patrimoniale, invia rapporto all'Ufficio di Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio.

7. Nel caso di intervenuto risarcimento del danno, sono esclusi, a seguito di azione concorrente da parte di autorità diversa dal Ministro dell'ambiente e della tutela territorio, nuovi interventi comportanti aggravio di costi per l'operatore interessato. Resta in ogni caso fermo il diritto dei soggetti danneggiati dal fatto produttivo di danno ambientale, nella loro salute o nei beni di loro proprietà, di agire in giudizio nei confronti del responsabile a tutela dei diritti e degli interessi lesi.

314. Contenuto dell'ordinanza

1. L'ordinanza contiene l'indicazione specifica del fatto, commissivo o omissivo, contestato, nonché degli elementi di fatto ritenuti rilevanti per l'individuazione e la quantificazione del danno e delle fonti di prova per l'identificazione dei trasgressori.

2. L'ordinanza fissa un termine, anche concordato con il trasgressore in applicazione dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per il ripristino dello stato dei luoghi a sue spese, comunque non inferiore a due mesi e non superiore a due anni, salvo ulteriore proroga da definire in considerazione dell'entità dei lavori necessari.

3. La quantificazione del danno deve comprendere il pregiudizio arrecato alla situazione ambientale con particolare riferimento al costo necessario per il suo ripristino. Ove non sia motivatamente possibile l'esatta quantificazione del danno non risarcibile in forma specifica, o di parte di esso, il danno per equivalente patrimoniale si presume, fino a prova contraria, di ammontare non inferiore al triplo della somma corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa, oppure alla sanzione penale, in concreto applicata. Se sia stata erogata una pena detentiva, al fine della quantificazione del danno di cui al presente articolo, il ragguaglio fra la stessa e la somma da addebitare a titolo di risarcimento del danno ha luogo calcolando 400 euro per ciascun giorno di pena detentiva.

4. In caso di sentenza di condanna in sede penale o di emanazione del provvedimento di cui all'articolo 444 del codice di procedura penale, la cancelleria del giudice che ha emanato la sentenza o il provvedimento trasmette copia degli stessi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro cinque giorni dalla loro pubblicazione.

5. Le regioni, le province autonome e gli altri enti territoriali, al fine del risarcimento del danno ambientale, comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le sanzioni amministrative, entro dieci giorni dall'avvenuta irrogazione.

6. Le ordinanze ministeriali di cui agli articoli 304, comma 3, e 313 indicano i mezzi di ricorso ed i relativi termini.

315. Effetti dell'ordinanza sull'azione giudiziaria

1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che abbia adottato l'ordinanza di cui all'articolo 313 non può né proporre né procedere ulteriormente nel giudizio per il risarcimento del danno ambientale, salva la possibilità dell'intervento in qualità di persona offesa dal reato nel giudizio penale.

316. Ricorso avverso l'ordinanza

1. Il trasgressore, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione dell'ordinanza di cui all'articolo 313, può ricorrere al Tribunale amministrativo regionale competente in relazione al luogo nel quale si è prodotto il danno ambientale.
(comma così modificato dall'articolo 4, Allegato 4, del d.lgs. n. 104 del 2010)

2. Il trasgressore può far precedere l'azione giurisdizionale dal ricorso in opposizione di cui all'articolo 310, commi 2 e 3.

3. Il trasgressore può proporre altresì ricorso al Presidente della Repubblica nel termine di centoventi giorni dalla ricevuta notificazione o comunicazione dell'ordinanza o dalla sua piena conoscenza.

317. Riscossione dei crediti e fondo di rotazione

1. Per la riscossione delle somme costituenti credito dello Stato ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto, nell'ammontare determinato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o dal giudice, si applicano le norme di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

2. Nell'ordinanza o nella sentenza può essere disposto, su richiesta dell'interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che gli importi dovuti vengano pagati in rate mensili non superiori al numero di venti; ciascuna rata non può essere inferiore comunque ad euro 5.000.

3. In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento.

4. Il mancato adempimento anche di una sola rata alla sua scadenza comporta l'obbligo di pagamento del residuo ammontare in unica soluzione.

5. Le somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno ambientale disciplinato dalla parte sesta del presente decreto, ivi comprese quelle derivanti dall'escussione di fideiussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento medesimo, affluiscono al fondo di cui all’articolo 7-quinquies , comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, per essere destinate alle seguenti finalità:
(comma così modificato dall'articolo 5-bis, comma 1, lettera d), legge n. 166 del 2009)

a) interventi urgenti di perimetrazione, caratterizzazione e messa in sicurezza dei siti inquinati, con priorità per le aree per le quali ha avuto luogo il risarcimento del danno ambientale;
b) interventi di disinquinamento, bonifica e ripristino ambientale delle aree per le quali abbia avuto luogo il risarcimento del danno ambientale;
c) interventi di bonifica e ripristino ambientale previsti nel programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati;
d) attività dei centri di ricerca nel campo delle riduzioni delle emissioni di gas ad effetto serra e dei cambiamenti climatici globali.

6. (abrogato dall'articolo 5-bis, comma 1, lettera e), legge n. 166 del 2009)

318. Norme transitorie e finali

1. Nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 317, comma 6, continua ad applicarsi il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 14 ottobre 2003.

2. Sono abrogati:

a) l'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, ad eccezione del comma 5;
b) l'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
c) l'articolo 1, commi 439, 440, 441, 442 e 443 della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

3. In attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2004/35/CE, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive, sono adottate misure per la definizione di idonee forme di garanzia e per lo sviluppo dell'offerta dei relativi strumenti, in modo da consentirne l'utilizzo da parte degli operatori interessati ai lini dell'assolvimento delle responsabilità ad essi incombenti ai sensi della parte sesta del presente decreto.

4. Quando un danno ambientale riguarda o può riguardare una pluralità di Stati membri dell'Unione europea, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare coopera, anche attraverso un appropriato scambio di informazioni, per assicurare che sia posta in essere un'azione di prevenzione e, se necessario, di riparazione di tale danno ambientale. In tale ipotesi, quando il danno ambientale ha avuto origine nel territorio italiano, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare fornisce informazioni sufficienti agli Stati membri potenzialmente esposti ai suoi effetti. Se il Ministro individua entro i confini del territorio nazionale un danno la cui causa sì è invece verificata al di fuori di tali confini, esso ne informa la Commissione europea e qualsiasi altro Stato membro interessato; il Ministro può raccomandare l'adozione di misure di prevenzione o di riparazione e può cercare, ai sensi della parte sesta del presente decreto, di recuperare i costi sostenuti in relazione all'adozione delle misure di prevenzione o riparazione.

Allegati:
- alla Parte seconda

- alla Parte terza
- alla Parte quarta
- alla Parte quinta
- alla Parte sesta